Riceviamo e pubblichiamo da un gruppo di analisti geopolitici iraniani a testimonianza del particolare momento storico che sta vivendo il loro Paese e che, ovviamente, si riflette in accadimenti ed episodi non lontano da noi.
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Di Jack Turner
L’incontro annuale dell’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo (MEK) si è tenuto per molti anni a Villepinte, nei pressi di Parigi.
Tuttavia, dopo l’arresto di un diplomatico iraniano accusato di aver messo una bomba nella sede degli incontri, la Francia si era sentita minacciata e aveva immediatamente vietato qualsiasi tipo di riunione dei Mojahedin sul proprio territorio, divieto che continua tutt’ora.
In seguito a questo incidente, il governo francese aveva anche deciso l’espulsione dei membri dell’organizzazione da Parigi e dal campo di Auvers-sur-Oise, tanto che oggi nessuno di essi risiede ad Auvers-sur-Oise, essendosi tutti trasferiti in Albania.
Quest’anno, l’incontro dell’organizzazione, che avrebbe dovuto tenersi in Albania, incontro a cui i leader e i membri del MEK stavano lavorando da mesi e che avrebbe dovuto presentare un programma speciale e diverso da quello degli anni precedenti, con una nutrita presenza di Americani e di alcune personalità europee e arabe, non si è tenuto a causa di un cyber-attacco alle infrastrutture elettroniche del governo albanese che aveva divulgato i messaggi intercorsi tra il governo albanese e gli Americani. Per questo motivo, il governo albanese aveva cancellato l’incontro dell’organizzazione e il divieto, oltre ad imporre costi materiali, aveva inferto un duro colpo al morale e al prestigio del MEK.
Dopo l’attacco informatico, la polizia albanese aveva bloccato l’area in cui risiedevano i Mojahedin, impedendo loro di muoversi liberamente all’esterno e aveva addirittura mandato un mezzo di pattuglia all’interno del loro quartier generale, questa era una linea rossa per i Mojahedin, visto che in Iraq non avevano mai concesso neanche agli Americani di fare una cosa simile. Il governo albanese aveva nominato un rappresentante per i membri dell’organizzazione e li aveva obbligati a richiedere un permesso governativo anticipato anche per la cerimonia di sepoltura dei loro uomini.
Il primo ministro albanese Edi Rama, durante un’intervista televisiva, il cui resoconto era stato pubblicato il 23 settembre dall’agenzia di stampa albanese Telegraph, aveva condannato le attività politiche del MEK. Questo nonostante avesse annunciato, prima dell’attacco informatico all’Albania, che non avrebbe smesso di sostenere l’Organizzazione dei Mojahedin in virtù degli aiuti forniti dall’America all’Albania. In una recente intervista ha dichiarato: “l’Albania ha dato rifugio ai Mojahedin per proteggere le loro vite, ma non sostiene la loro linea politica.”
La posizione di Edi Rama sembra essere stata influenzata dai pesanti attacchi missilistici dell’Iran contro le posizioni dei gruppi curdi che si oppongono all’Iran e che hanno sede nel nord dell’Iraq. Questo perché l’Iran si riserva il diritto alla legittima difesa, anche al di fuori dei propri confini.
Nelle scorse settimane, Maryam Rajavi, moglie di Masoud Rajavi, il leader scomparso dell’Organizzazione Mojahedin Khalq del Popolo, avrebbe dovuto recarsi in Canada per parlare al Parlamento canadese. Nonostante le relazioni tra Iran e Canada siano completamente rotte, il governo canadese aveva immediatamente annullato il visto di Maryam Rajavi e l’incontro si era svolto praticamente ad un livello molto basso. Sembra che l’invio e la pubblicazione di messaggi minatori da parte del gruppo di hacker Homeland Justice, così come i feroci attacchi missilistici dell’Iran contro le sedi dei gruppi di opposizione iraniani nella regione del Kurdistan, abbiano inviato un forte messaggio ai funzionari canadesi.
Alcuni giorni fa, alla mezzanotte del 5 dicembre, uno dei più importanti uffici dell’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo a Londra era stato incendiato con una molotov. La cosa interessante è che la notizia dell’incendio era stata resa pubblica solo 13 ore dopo l’incidente. In seguito, il canale televisivo dei Mojahedin (Simaye Azadi), la pagina del Mojahedin-e Khalq e altri media legati all’organizzazione avevano, a loro volta, iniziato a diffondere la notizia. Ad oggi, l’incidente è stato ripreso dai media inglesi LBC e HeadTopic, dalla sito web iraniano di Al-Arabiya e dalla pagina Twitter del canale televisivo affiliato all’Arabia Saudita, Iran International.
Oltre agli effetti negativi sull’organizzazione dei Mojahedin, i suddetti incidenti hanno provocato una risposta simile anche nel comportamento dei Paesi europei che ospitano l’organizzazione, in pratica “l’applicazione di sempre maggiori restrizioni alla precedente libertà d’azione dell’organizzazione è dovuta alla paura del costo della loro presenza e delle attività terroristiche per gli ospiti europei.”
Gli Europei hanno dimostrato che la sicurezza è la loro linea rossa e qualsiasi gruppo che la metta in discussione verrà subito estromesso. L’Organizzazione dei Mojahedin ha ripetutamente dimostrato che la sua presenza in un qualsiasi Paese rappresenta una sfida per quello stesso Paese. Il governo iraniano ha sempre perseguito, pazientemente ma con decisione, i suoi nemici in qualsiasi parte del mondo e non ha mai esitato ad usare contro di essi le armi convenzionali più efficaci.
In questo contesto, quale sarà il futuro dell’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo? E quale sarà il prossimo Paese in cui troveranno rifugio? È vero che il quartier generale dell’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo è stato trasferito in Israele?
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Tradotto da Markus per ComeDonChisciotte.org