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La Redazione

 

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LO SPECCHIO

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A cura di Davide
Il 2 Febbraio 2014
48 Views

DI HS
Come Don Chisciotte

Fra due mesi andrà in scena al Teatro Piccolo di Milano un dramma del celebre drammaturgo norvegese Henrik Ibsen “I pilastri della società” che tratta alcune tematiche cruciali per la società di ogni tempo. “I pilastri della società dovrebbero essere la verità e la libertà, ma” così espone Lavia, regista e attore dell’allestimento “non c’è verità senza libertà e non c’è libertà senza verità.” Gli effetti dell’elusione di questi postulati sono devastanti: l’ipocrisia, la corruzione morale e materiale, l’individualismo e l’egoismo sfrenati, la bramosia di potere e di ricchezza, l’imbroglio e, in definitiva la stessa disgregazione sociale, per non parlare della mancanza di democrazia e della più elementare cognizione dei diritti del cittadino. Ebbene è proprio questa la fotografia della nostra piccola e decadente Italia repubblicana e contemporanea, senza tralasciare che il resto del mondo non se la passa poi tanto bene… Restringendo il dettaglio e guardando con attenzione ci si accorge che la verità e la libertà non sono proprio di casa nel nostro paese con le note conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti…

Alla Corte d’Assise di Palermo si sta celebrando il famoso processo sulla cosiddetta trattativa “Stato – Mafia” che dovrebbe quanto meno illuminare su alcuni retroscena di quanto avvenne agli albori della disgraziata Seconda Repubblica. Alla sbarra il consueto campionario delle più torbide vicende italiche e sicule: oltre a mafiosi e rampolli di mafiosi di un certo calibro, ufficiali dei carabinieri presumibilmente “felloni”, ministri non troppo fedeli al proprio mandato, politici e parlamentari riconducibili ai due schieramenti che hanno preteso e pretendono di egemonizzare la vita civile e politica del paese senza pagare lo scotto dei propri, reiterati “errori” – od “orrori”, a seconda dei punti di vista – compiacendo i reali “poteri forti” interni ed internazionali che condizionano ed orientano la rotta della nave “Italia”.

A partire dagli anni Ottanta una parte non indifferente dell’opinione pubblica ha sempre nutrito aspettative di palingenesi e resurrezione morale nell’azione dei magistrati, di fatto delegando fondamentali scelte politiche su cui la società civile doveva quantomeno meditare. Non che non siano mancati i magistrati coraggiosi, quelli che sono stati assassinati dalle pistole e dai mitra di mafiosi e terroristi o dalle autobombe, quelli che si sono avvicinati a realtà molto scomode anche per quell’opinione pubblica che celebrava il loro operato. Personalmente ritengo che sia fuorviante e perfino pericoloso coltivare queste illusioni. Esclusi coloro che, nel peggiore dei casi sono stati eliminati fisicamente e nel migliore sono stati destinati ad altre sedi o altri incarichi, quanti hanno proseguito coraggiosamente sulla strada dei colleghi senza guardare in faccia gli indagati e prestando fede a quell’antica e civile massima secondo cui la “legge è uguale per tutti” ? Di fatto i grandi processi e le inchieste sui grandi delitti italiani – nel senso più generale del termine, comprendendo le stragi, i rapporti fra stato e mafia, i casi più clamorosi di corruzione e concussione, ecc… – si sono sempre arrestate davanti alle mura del Palazzo.

Per quel che concerne la grande criminalità mafiosa è sempre stata perseguita, piuttosto, la componente “militare” e prettamente “delinquenziale”, lambendo difficilmente i territori delle collusioni e delle complicità dei politici corrotti, degli imprenditori compiacenti e dei finanzieri che si sono prestati a riciclare ed investire i capitali “sporchi”, mentre molto spesso i politici – ministri, parlamentari e amministratori locali – poi condannati, sono stati semplicemente i meno scaltri o furbi o quelli avviati sul viale del tramonto e della decadenza. Per non parlare poi dei grandi processi sulle stragi impunite e non rivendicate e su varie vicende della “strategia della tensione” su cui solo la malafede può far dire che rimangono episodi “misteriosi” della nostra storia, mentre una discreta mole di documenti giudiziari o provenienti da varie Commissioni Parlamentari d’Inchiesta (Antimafia, P2, stragi e terrorismo, ecc…) concorre a comporre un quadro piuttosto preciso. Tuttavia troppo spesso nelle aule di tribunale sono state pronunciate sentenze di assoluzione e proscioglimento che, sotto certi aspetti, gridano vendetta…

Si pensi alla strage alla Banca dell’Agricoltura a Piazza Fontana, a quella della Questura di Milano, a piazza della Loggia a Brescia, ecc…

In un caso si è giunti all’individuazione dei responsabili perché uno dei colpevoli, l’ordinovista Vincenzo Vinciguerra, l’autore della strage di carabinieri a Peteano, uno dei pochi che ha contribuito a fare luce sul torbido mondo del neonazismo e neofascismo italiano degli anni Settanta, confessò l’atto terroristico. Intendiamoci…

Non tutto può essere imputato all’operato di un potere giudiziario comunque in massima parte troppo intrecciato a poteri dai connotati criminali, ma in buona parte, all’impreparazione e alla mancanza di strumenti per fare fronte a determinati fenomeni. Ad esempio i magistrati inquirenti non possedevano e, forse, ancora, non possiedono una visione generale, ampia e complessiva di quella che potremmo etichettare come “alta criminalità”. C’è stata la persistente sottovalutazione dei rapporti, degli intrecci, delle relazioni fra organizzazioni, associazioni, personaggi provenienti da ambienti diversi. Per fare un altro esempio come mai non sono state approfondite alcune inchieste che hanno fatto emergere curiosi contatti di carattere logistico fra le mafie nostrane, l’estremismo “nero” e “rosso” e la delinquenza comune per l’attuazione di singole imprese criminose come attentati e rapine. Senza contare le azioni di depistaggio, di inquinamento, manipolazione, ecc… commesse per fuorviare il corso delle inchieste più delicate e scottanti…

Per quanto sia notevole l’impegno profuso da singoli magistrati, il Potere non si farà mai processare in maniera imparziale e proteggerà i suoi complici. In questo senso è emblematica una grande pellicola degli anni Settanta, quell’”Indagine su un cittadino al disopra di ogni sospetto” in cui un grande Volontè – nei panni di un commissario di polizia poco ortodosso – uccide la sua amante seminando prove ed indizi schiaccianti a beneficio dei superiori che, però, non cesseranno mai di coprirlo. Chi è delegato dal Potere – statuale, ma da intendersi anche in senso più ampio come garanzia di un certo tipo di ordine e di “pace sociale” – non potrà mai essere assicurato alla giustizia e sfugge al giudizio dei comuni cittadini. In fondo in fondo è solo un funzionario che riceve – anche implicitamente – il compito di sporcarsi le mani e, a tal fine, è edotto e istruito…

Per quanto mi sforzi di fare il tifo per i Pubblici Ministeri che rappresentano l’accusa nel processo della cosiddetta “Trattativa Stato – Mafia” nella speranza che vengano al pettine i nodi di rapporti inconfessati e, direi, quasi istituzionalizzati, mi rendo conto che si tratta di una pia illusione… La verità – quella vera, quella che chiarifica a trecentosessanta gradi – non la troveremo mai in un’aula di Tribunale anche se, in fondo, sta sotto il nostro naso…

Il Potere non può processare sé stesso e , quando lo fa, non potrà garantire la piena e autonoma imparzialità…
Strano paese è questa Italia che nelle intenzioni dei padri costituenti doveva essere evolvere verso una Repubblica democratica e parlamentare avanzata e, invece, è stata pian piano demolita da una serie di “colpetti di stato” compiuti da soggetti che spesso avevano e hanno una caratura criminale. In quanto ad “alta criminalità” abbiamo assistito a tutto e al suo contrario: una mafia – quella siciliana, poi rimpiazzata dai calabresi – in grado di dettare legge in Sicilia e la progressiva occupazione dell’Italia meridionale da parte di altre mafie e organizzazioni criminali, potenti logge massoniche che hanno condizionato la vita politica, economica e civile del paese per soddisfare interessi particolarissimi, servizi segreti apparentemente senza controllo impegnati a portare a compimento “false flag operations” e “dirty jobs”, forme di scientifica e brutale repressione poliziesca, il “golpismo” usato come costante arma di ricatto, la compresenza di fenomeni eversivi ed “estremistici” apparentemente distanti e non assimilabili come il “golpismo bianco”, “lo stragismo nero” e il “brigatismo rosso”, la presenza di vasti settori di borghesia parassitaria, lo strapotere di classi dirigenti – economiche, politiche, finanziarie e imprenditoriali – afflitte di un’avidità senza limiti, una corruzione e un clientelismo che in forme sempre nuove e aggiornate immobilizzano il paese, ecc… Per quanto, invece, riguarda i “grandi crimini”, quelli riconducibili allo stragismo, all’alta mafia, al terrorismo, ecc…, quelli che attengono le responsabilità nelle varie “strategie della tensione” e del “terrore” e negli attentati eccellenti mirati emergono giorno dopo giorno indizi e prove testimoniali e documentali, di carattere più o meno storico, di collegamenti sempre più precisi e stringenti. Forse non dovremo aspettare molto, ma verrà il tempo che scopriremo con nostro rammarico e amaro in bocca che episodi apparentemente “misteriosi” che ci sono uno o più fili che uniscono la strage di Portella della Ginestra, l’”incidente” mortale occorso al Presidente dell’ENI Enrico Mattei, la strage di Piazza Fontana e gli altri attentati inseriti nel programma della “strategia della tensione”, il caso Moro, i tentativi golpisti, ecc…

Apparentemente gli attentati bombaroli e “mafiosi” del biennio 1992 – 1993 (quelli in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino e gli uomini delle loro scorte così come gli attentati al patrimonio artistico, monumentale e storico di Roma, Milano e Firenze) e la presunta trattativa fra organi dello Stato e mafia per interrompere la catena terroristica costituiscono un’individualità. Così come i tentativi di depistare alcune indagini come quella della strage di via D’Amelio a Palermo attraverso un falso “pentito” peraltro costretto a rendere testimonianza sotto pressione e, perfino, tortura. Non è così… Si tratta di prassi, quasi norma in Italia…

Precisamente è accaduto questo: in seguito ai più eclatanti casi di alta criminalità mafiosa e terroristica – e verrebbe da dire, statuale – sono scattati precisi meccanismi… Il depistaggio e l’inquinamento delle indagini, la sottrazione di reperti o prove, la “creazione” di colpevoli di comodo da dare in pasto all’opinione pubblica oppure di capri espiatori, singoli soggetti entrati in un gioco più grande di loro, la manipolazione dell’opinione pubblica con le tecniche di disinformazione previste dai manuali di “guerra psicologica” imbeccando a dovere stampa e televisione, l’eliminazione dei testimoni scomodi simulando “suicidi”, malori, incidenti, ecc… Per limitarsi alla costruzione dei “falsi colpevoli” creati ad arte, degli innocenti su cui far ricadere le gravissime responsabilità di aver compiuto stragi o attentati i casi sono veramente tanti… Ricordo che all’indomani dell’attentato che costò la vita a tre carabinieri a Peteano sul confine jugoslavo il 31 maggio del 1972, i militi dell’Arma del carabinieri prima accusarono Lotta Continua, la più nota delle formazioni extraparlamentari di estrema sinistra, per poi concentrarsi su un’inconsistente ed inesistente pista “gialla” accusando alcuni balordi locali. Ci volle la confessione del terrorista “nero” Vincenzo Vinciguerra a mettere un po’ a posto le cose… Intanto furono processati per depistaggio alti ufficiali della Divisione Pastrengo di Milano comandata dal Generale Giovan Battista Palumbo, uomo di solide convinzioni di destra e iscritto alla loggia P2. Si tratti di carabinieri, di ufficiali dei servizi segreti militari come i generali Miceli, Maletti, Santovito e Musumeci o funzionari dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero degli Interni come il questore D’Amato, i depistatori che dovrebbero comunicare le informazioni in loro possesso alla magistratura, sono quasi tutti muniti della tessera della famosa loggia ultratlantica coperta di Licio Gelli. Tre anni dopo – in Sicilia ad Alcamo Marina, nella locale stazione dei CC – venne compiuta un’altra strage, meno nota, di militi dell’Arma. Sullo sfondo i traffici di armi ed esplosivi fra mafiosi e neofascisti sul litorale, evidentemente sotto gli occhi complici delle autorità. Come da copione, le indagini dei carabinieri puntarono su alcuni giovani del luogo le cui confessioni vennero estorte con la violenza come è stato accertato recentemente. Quel che dovrebbe sconvolgere il lettore che vuole informarsi e documentarsi è il fatto che i carabinieri, invece, di assicurare alla giustizia gli assassini dei loro commilitoni, inquinano le indagini creando ad arte false piste senza trascurare il ricorso alla violenza e alla tortura per ottenere le confessioni dagli occasionali e sfortunati malcapitati. Non è scandaloso il caso di Vincenzo Scarantino in sé quanto il ripetersi di questo schema…

Il discorso non cambia per quel che concerne la presunta “trattativa” con la mafia corleonese. Perché uno Stato autorevole dovrebbe rinunciare alle sue prerogative e abbassarsi a trattare con feroci criminali coinvolti in una serie piuttosto impressionante di stragi ed omicidi ? Cosa mette sul piatto Cosa Nostra per trattare la propria impunità o lo smantellamento della legislazione Antimafia (41 bis, legge Rognoni – La Torre, ecc…) ? Chi erano i referenti dei boss Riina e Provenzano nella finanza, nell’imprenditoria, in vari settori dello Stato e della Pubblica Amministrazione ? Sotto certo aspetti la vicenda della cosca corleonese ricorda quella di Salvatore Giuliano e della sua banda…

La “banda Giuliano” – sicuramente collegata con le cosche palermitane e trapanesi – venne istigata a compiere omicidi e attentati terroristici come la strage di Portella della Ginestra e a sparare sui comunisti in cambio dell’amnistia per tutti i suoi membri che, peraltro, erano gravati da precedenti penali come l’omicidio, il sequestro di persona e la rapina a mano armata. Qualcuno non mantenne i patti se poi Giuliano ordinò ai suoi di “giustiziare” alcuni eminenti membri della locale DC. Esattamente come Riina – con il probabile concorso di altri soggetti – lanciò una campagna di attentati contro quegli autorevoli esponenti della DC e del PSI eletti in Sicilia. Non si sa poi veramente come è andata a finire, ma sembra che una trattativa fu realmente avviata con la mediazione dei capimafia. E Giuliano è veramente morto ? Forse siamo nel campo della “fantapolitica” ma gli storici Giuseppe Casarrubea e Mario Josè Cereghino non ne sono convinti e hanno fatto aprire un procedimento giudiziario per appurare se il cadavere rinvenuto a Castelvetrano fosse realmente quello del bandito – terrorista. In ogni caso circola la voce insistente che quest’uomo che ha causato la morte di circa quattrocento persone fosse riuscito ad espatriare prima in Spagna e poi negli Stati Uniti d’America ove suo padre aveva soggiornato per circa vent’anni. E’, comunque, chiaro che serpeggiava la paura che Giuliano si decidesse a fare i nomi dei suoi ispiratori e mandanti nelle “alte sfere”. E nel caso di Riina & c. ? Un altro probabile caso di “trattativa” ancora tutto da indagare ed esplorare è quello fra i brigatisti e gli ignoti soggetti interessati alla sorte dell’onorevole Moro e a certi documenti in suo possesso. Un negoziato che potrebbe essersi protratto durante gli anni successivi alla morte di Moro e alla cattura dei suoi presumibili carnefici. Invece è curioso come, secondo ipotesi formulate recentemente da persone accreditate, una struttura supersegreta e clandestina come l’ANELLO o “Noto Servizio” faccia capolino in entrambe queste oscure vicende della nostra storia…

Il grande filosofo ateniese Socrate dovrebbe insegnare: la sola consapevolezza che abbiamo è quella di non sapere, ma chi sa di non sapere è in una posizione di vantaggio rispetto a coloro che vivono nella presunzione di avere la conoscenza in tasca. Perché possono porsi le domande “giuste”, le domande più scomode… Perché uno Stato o chi per esso dovrebbe mantenere il segreto su gravissimi episodi terroristici o criminali come le stragi ? Perché dovrebbe depistare, inquinare e insabbiare le indagini ? Perché dovrebbe proteggere i responsabili o trattare con loro ? A tali risposte possono essere date solo due risposte razionali: perché quei crimini sono stati ispirati e commessi da un alleato straniero, oppure perché vi sono coinvolti i vertici dello Stato interessato o personaggi altolocati che vi fanno riferimento. Oppure si può rispondere che una circostanza non esclude necessariamente l’altra, concependo una complicità fra forze “esogene” ed “endogene”…

A mio giudizio non si può prescindere da due aspetti essenziali e, secondo me, non smentibili dai documenti setacciati negli archivi americani, inglesi e italiani…

In primo luogo durante il secondo conflitto mondiale l’Italia è stata occupata dagli Alleati angloamericani ed è passata sotto la loro sfera di influenza con la progressiva sostituzione del ruolo americano a quello britannico. Ciò ha comportato che il nostro paese – peraltro uscito formalmente sconfitto dalla guerra – dovesse necessariamente aderire al Patto Atlantico, stretto fra gli USA e i principali paesi dell’Europa Occidentale nel 1949, anche se con qualche anno di ritardo. Non si conoscono ancora i contenuti delle clausole segrete degli accordi, ma molti esperti sono concordi nel ritenere che dovessero prevedere la sottrazione di una consistente fetta di sovranità con inevitabili riflessi anche sugli sviluppi della giovane democrazia. Insomma per volontà degli angloamericani l’Italia si trasformava in paese “controllato”, a sovranità limitata e a “democrazia monca”. Solo un capo di uno degli stati europei aderenti all’Alleanza, il Presidente francese De Gaulle che pure come leader della Resistenza antinazista francese aveva agevolato e affiancato le operazioni militari degli alleati angloamericani, denunciò il contenuto “segreto” di quegli accordi e fece ritirare le truppe francesi dalla NATO la cui sede fu trasferita da Parigi a Bruxelles nel 1966. Come è noto De Gaulle era il bersaglio della campagna terroristica dell’organizzazione colonialista e di estrema destra OAS che vantava collaboratori nella CIA. In Italia non si è mai levata alcuna voce del genere…

Ogni tanto è opportuno cogliere ciò che qualcuno dei protagonisti delle nostre storie sussurra nel corso di qualche audizione nell’ennesima Commissione o in un’intervista. Il generale Maletti, già capo piduista dell’Ufficio di controspionaggio del SID, condannato per aver favoreggiamento di alcuni imputati delle prime inchieste sulla strage di piazza Fontana e per il procacciamento di documentazione riservata in merito all’affare del petrolio Mi. Fo. Biali. (traffici di armi e petrolio fra Italia e Libia) ha fatto qualche timida ammissione…

In merito al terrorismo neofascista di stampo stragista ha puntato il dito contro la CIA americana responsabile di aver sostenuto un aggressivo nazionalismo di destra in funzione anticomunista e ha asserito che gli organi di intelligence e di sicurezza lasciarono che le BR agissero indisturbate, senza intervenire…

Ma soprattutto ha dovuto ammettere che il compito dei nostri servizi di intelligence non era quello di salvaguardare la democrazia italiana, ma, piuttosto di rispondere alle esigenze dell’Alleanza egemonizzata dagli americani. In sostanza i servizi italiani – evidentemente in buona compagnia degli altri alleati – dipendeva dalle direttive di quelli americani a cui, aggiungo io, interessava soprattutto organizzare l’apparato di “guerra al comunismo”. Quanto hanno affermato Maletti e altri è riconducibile al contenuto delle “clausole segrete” della NATO. Innanzitutto i nostri servizi dovevano avviare un’intensa attività spionistica nei confronti dei soggetti di un certo “interesse” – socialcomunisti o loro simpatizzanti e altri sospetti – e trasmettere copia delle informative a Washington e Langley. Proprio in quello scorcio finale degli anni Quaranta i servizi segreti italiani vennero riorganizzati sotto l’impulso degli americani e ad opera di fiduciari come il Ministro della Difesa Randolfo Pacciardi, repubblicano anticomunista già aderente della Mazzini Society, circolo di esuli antifascisti con agganci nel Dipartimento di Stato americano e il Ministro degli Interni Mario Scelba, democristiano di destra e protagonista non secondario dei fatti che coinvolsero la banda Giuliano. I nuovi servizi segreti – quello militare il SIFAR e quello del Viminale l’Ufficio Affari Riservati – vennero istituiti tramite semplici circolari amministrative ministeriali senza alcun tipo di controllo parlamentare. Che, infatti, non interessava…

La continuità con il passato regime fascista è lampante ed evidente: il personale è lo stesso che aveva maturato la propria esperienza sul campo nel SIM (il servizio di intelligence militare fascista) e nell’OVRA (la polizia politica per la repressione degli antifascisti). Si tratta di prevalentemente di militari e carabinieri di fede monarchica e di funzionari convintamente fascisti, ossia di soggetti che hanno qualche problema a riconoscersi in uno stato repubblicano e democratico fondato sull’antifascismo. Tradizionalmente leale alla monarchia sabauda e informata a un tradizionale spirito di corpo l’Arma dei CC, che rimpolpa buona parte del personale dell’intelligence militare, offre garanzie di affidabilità nell’azione di contrasto nei confronti dei socialcomunisti. Non è senza significato che, proprio presso i Ministeri della Difesa e degli Interni, venissero costituiti gli USPA – Uffici Sicurezza Patto Atlantico -, anelli di collegamento fra gli organismi di informazione e di sicurezza nostrani e quelli “atlantici” diretti dagli americani. Cosa succedeva in occasione di determinate manifestazioni terroristiche e criminali ? Quali dispositivi scattavano ?
Si suole ripetere che questo sistema di “difesa, informazione e di sicurezza” fu allestito per difendere il mondo libero e occidentale dall’espansionismo sovietico e dalle loro quinte colonne comuniste, ma nessuno riesce a spiegare perché, terminata la “Guerra Fredda”, non venne sciolto. La risposta la diede già nel 1947 il Presidente repubblicano Truman quando enunciò al Congresso l’omonima dottrina. Gli USA avevano vinto la guerra e rivendicavano il diritto di interferire negli affari degli altri stati. Una dichiarazione di egemonia bella e buona, egemonia e dominio da difendere e conservare tramite un apparato e un sistema bellico e di intelligence quale mai si era mai visto fino ad allora, potendo contare sull’investimento di milioni e milioni di dollari. Occorreva difendere ed espandere l’American Way of Life calpestando che vi si fosse opposto, comunista, socialista o nazionalista che fosse…

A partire da un certo periodo la presenza del gigante sovietico risultò poi utile per giustificare il mantenimento di questa poderosa “macchina da guerra” internazionale. In questo contesto, con la sua posizione al crocevia del Mediterraneo, la posizione strategica dell’Italia ne faceva la grande base aeronavale degli americani e della NATO per le operazioni sul teatro mediorientale e balcanico.

Ma che razza di guerra è quella che per cui gli USA e i loro alleati edificano questo imponente sistema internazionale. Ovviamente non si tratta del conflitto tradizionale e territoriale, bensì di quello “totale” ed “immateriale”, che non prevede più campi di battaglia definiti, ma si propone di conquistare le coscienze… Con tutti i mezzi possibili: militari, paramilitari, economici, finanziari, politici, diplomatico, psicologici, propagandistici, culturali, massmediatici, ecc… In questi anni proprio negli ambienti atlantici si diffondono le teorie e la pratica della “guerra non ortodossa”, della “guerra a bassa intensità”, della “guerra psicologica”, ecc…

Il vero campo di battaglia e di conquista è l’opinione pubblica che deve essere “persuasa” ad aderire e preferire quella ideologia neoliberista e neoconservatrice che sta alla base della democrazia di stampo anglosassone.

Sul piano del settore dedicato alle operazioni paramilitari, di guerriglia e terroristiche vorrei solo ricordare che già prima della fine della guerra gli americani erano molto attivi sul piano della “lotta di contrasto al comunismo”. Ovviamente protagonisti erano i servizi segreti: l’OSS, nella persona del leggendario capo della sezione X2 James Jesus Angleton e i servizi di controspionaggio militari – i CIC – diretti dall’italoamericano Philip Corso. Il primo divenne il famoso direttore del controspionaggio della CIA in collegamento anche con i servizi israeliani e inglesi. Conosciuto come il “liberatore” del principe “nero” Junio Valerio Borghese, comandante del reparto della X Mas al servizio della RSI, Angleton si diede da fare per reclutare tutti gli elementi anticomunisti più utili e, quindi, estremisti e viscerali. Ufficiali dell’esercito e dei carabinieri, funzionari di polizia, monarchici, neonazisti e neofascisti, repubblicani pacciardiani, partigiani “bianchi” come il filoamericano e filoinglese Edgardo Sogno, un soggetto a metà strada fra i monarchici badogliani e i repubblicani pacciardiani, “azionisti di destra”… Così fiorì una miriadi di associazioni e gruppi armati: ex militi della X Mas e dei Nuotatori Paracadutisti, i partigiani “bianchi” anticomunisti della Brigata Osoppo e della Divisione Julia, i gruppetti del “clandestinismo fascista” come le SAM e il FAR, i carabinieri della UPM (monarchici), l’ECA di Nino Buttazzoni, l’Armata Italiana della Libertà, gli Atlantici d’Italia, ecc…

Questa costellazione di sigle celava un grande esercito di riserva formato da civili e militari spesso disponibili all’azione terroristica e a sparare sui “comunisti”, ovvero sui loro compatrioti. Evidentemente parte di questi nuclei verrà assorbita dalla sezione italiana della STAY BEHIND, l’esercito clandestino atlantico ideato e organizzato dagli americani e dagli inglesi, un’altra parte manterrà un piede negli organismi statali e uno fuori, un’altra ne rimarrà convenientemente fuori… A queste unità bisogna aggiungere la mafia che non solo può essere convenientemente utilizzata per le operazioni paramilitari e terroristiche, ma è un soggetto in grado di controllare l’Italia meridionale e la Sicilia e di indirizzare opportunamente consistenti pacchetti elettorali. A fianco della mafia si muove l’armata “separatista” della Sicilia, l’EVIS, e la banda Giuliano, con collegamenti con il “clandestinismo fascista”. A completare il quadro, invece, i CIC reclutarono e ingaggiarono soggetti convintamente nazisti come il maggiore Hass, l’industriale bulgaro Vesselinoff e un certo Licio Gelli, futuro capo della P2. Gli agenti nazisti dei CIC rimandano alle torbide operazioni di salvataggio di notissimi criminali nazisti come Mengele, Priebke e Barbie, il boia di Lione che, con la complicità dei servizi vaticani, dal porto di Genova approdarono indisturbati in America Latina e, soprattutto, a Buenos Aires. Le unità dei CIC si insediarono presso le basi NATO ove furono costituite logge massoniche che, probabilmente, dovevano coprire l’attività dei servizi di intelligence. La stessa loggia P2 dovrebbe essere fatta risalire a questa rete e ricondotta ai servizi del Pentagono. E un certo Theodore G. Shackley, per alcuni anni responsabile per le operazioni speciali della CIA in Italia e promotore delle operazioni MANGOOSE a Cuba e PHOENIX in Vietnam, cominciò la sua carriera proprio nei CIC…

Se proprio bisogna rintracciare le origini della “strategia della tensione”, di tanti presunti misteri, della rete di rapporti fra servizi americani – israeliani – inglesi – italiani, massoneria, Cosa Nostra, Vaticano, alta finanza e impresa e classi dirigenti politiche filoatlantiche è lì che bisogna cercare…

In secondo luogo bisogna tener conto delle dinamiche e della dialettica interna fra poteri finanziari, politici, economici, militari, ecc… con le loro cordate e società… Anche i conflitti “interni” non risparmiano l’uso di ogni tipo d’arma: pressione, ricatto, minacce, corruzione, violenza fisica, ecc… Un campo minato che, però, ha certo il suo peso nella storia repubblicana…

Alla fine di questo faticoso viaggio non so se i miei argomenti sono stati realmente convincenti. Per la vostra libertà e dignità, cercate la verità e munitevi di un grande specchio per poter guardare chi siete…
Per poter guardare chi siamo…

Forse per capire e poter finalmente cambiare…

HS

Fonte: www.comedonchisciotte.org

2.02.2014

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