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LITIGIO TRA SAUDITI E IRANIANI: UNA NUOVA SCHERMAGLIA NELLA GUERRA DEL PETROLIO

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A cura di Davide
Il 8 Gennaio 2016
61 Views

DI PEPE ESCOBAR

rt.com

L’Arabia Saudita è un paradiso della decapitazione, ma questo incubo delle PR è l’ultimo dei problemi all’interno della guerra del petrolio. Ancora una volta, il cuore della questione è – e cosa se no? – l’oro nero.

Fino ad ora, l’intera strategia energetica della Casa di Saud ha comportato un’iperproduzione a tutti i costi, fino alla necessità di emettere bond per coprire gli enormi deficit che ne sono conseguiti.

Ora la strategia è avanzata di un passo per mezzo di una provocazione evidente: l’esecuzione del santone sciita Nimr al-Nimr.

La Cas di Saud crede che attizzando le fiamme del confronto tra Riyadh e Teheran potrebbe aumentare di conseguenza il “fattore paura” nella sfera delle forniture di petrolio, alzando il prezzo del petrolio (perché ne ha bisogno), mantenendo il Sacro Graal wahabita di tenere il petrolio iraniano fuori dal mercato.

Fin dall’inizio Riyadh aveva scommesso sull’eventualità di nuove sanzioni energetiche ai danni dell’Iran, in caso questo avesse risposto con la forza alla decapitazione. Gli Iraniani però sono troppo sottili per cadere in una trappola così grossolana.

I broker del Golfo Persico hanno confermato che il budget saudita del 2016 è basato su una stima del prezzo medio del greggio di 29$ al barile, come riportato da Jadwa Investment a Riyadh.

Dalla drammatica prospettiva di budget della Casa di Saud, questo è insostenibile. La Casa di Saud è il più grande esportatore di petrolio dell’OPEC. La loro principale arroganza si concretizza nell’impedire all’Iran ogni possibilità di esportare, il che sarà praticamente inevitabile, soprattutto nella seconda metà del 2016. Per di più, la strategia di basso prezzo del petrolio non punisce solo l’Iran: è anche parte della guerra energetica contro la Russia.

Però a Riyadh non stanno facendo bene i conti. La strategia di prezzi al ribasso sta punendo duramente la Russia – il secondo maggior esportatore di petrolio al mondo. I Sauditi non possono pensare che la loro provocazione porti contemporaneamente ad un accordo OPEC-Russia sul taglio della produzione e ad un aumento dei prezzi, del quale beneficerebbero – indovinate un po’ – proprio Iran e Russia.

Sei mesi per distruggere la Russia

Si potrebbe mettere in evidenza che la strategia del prezzo del petrolio al ribasso è stata un hara kiri wahabita al rallenty fin dall’inizio (il che, tra l’altro, non è poi un male).

Il budget della Casa di Saud è crollato. Riyadh sta finanziando una costosissima guerra, che non può essere vinta, in Yemen, finanziando e armando ogni tipo di jihadista salafita in Siria e sta spendendo una fortuna per tenere a galla al-Sisi in Egitto contro ogni possibile offensiva di Daesh o della Fratellanza Musulmana. Come se non bastasse, la successione interna è un caos terribile, con il trentenne guerriero in capo, Mohammad Bin Salman, che diffonde il suo mix di arroganza ed incompetenza giorno dopo giorno.

Com’è prevedibile Riyadh anche stavolta sta seguendo gli ordini di Washington.

Il governo USA sta disperatamente cercando di tenere ai minimi il prezzo del petrolio per distruggere l’economia russa, sfruttando i propri produttori delegati del Golfo, facendoli pompare a più non posso. Per un ammontare di 7 milioni di barili al giorno più della quota OPEC, secondo i trader del Golfo. Il governo USA crede di poter distruggere – di nuovo – l’economia russa, come se l’orologio fosse stato portato indietro al 1985, quando il surplus globale era il 20% delle forniture e l’Unione Sovietica era incastrata in Afghanistan e a livello interno andava a pezzi.

Il petrolio aveva raggiunto i 7$ al barile nel 1985 e quella cifra è la meta a cui il governo USA vuole portare il petrolio oggi, ma oggi il surplus è meno del 3% delle forniture, non il 20 come nel 1985.

Il surplus oggi è solo di 2.2 milioni di barili al giorno, secondo Petroleum Intelligence Weekly. L’Iran immetterà inizialmente circa 600.000 barili al giorno in più nel 2016. Significa che in potenza il surplus si aggirerebbe attorno a 2.8 milioni di barili.

Il problema, secondo i trader del Golfo, è lo sfruttamento annuale di 7 milioni di barili al giorno, che non può essere rimpiazzato a causa del collasso delle estrazioni. Ciò significa che tutto il surplus dei petrolio potrebbe esaurirsi nel primo o nel secondo quadrimestre del 2016. Entro metà 2016, i prezzi potrebbero salire improvvisamente, nonostante il petrolio iraniano.

Per cui la strategia del governo USA si è incancrenita fino al tentare di distruggere l’economia Russa prima che il prezzo del petrolio inevitabilmente risalga. Ciò darebbe agli Stati Uniti una finestra di possibilità della durata di sei mesi.

Come ciò sia potuto accadere è ancora una volta testimonianza della incredibile forza degli speculatori di Wall Street, che usano i loro depositi di denaro: essi sono in grado di creare un crollo persino dove non esiste un surplus di petrolio. Anche se l’Impero del Caos manipola freneticamente il prezzo del petrolio al ribasso, potrebbe non farlo abbastanza in fretta per distruggere l’economia russa.

Persino Reuters è stata costretta ad ammettere brevemente che il surplus di petrolio era meno di 2 milioni di barili al giorno, e potrebbe addirittura arrivare ad essere pericolosamente meno di un milioni dei barili al giorno prima di arrivare ad un minimo storico dei prezzi. Queste informazioni sul reale surplus di petrolio per ora sono state completamente censurate. Al contrario l’egemonica narrativa USA parla di infinito surplus e dell’imminente crollo dell’economia russa.

Come per l’Arabia Saudita, è solo un pegno in un gioco molto più duro. Il buon senso ci dice che è una questione tra Daesh Nero (il finto “Califfato”) e Daesh Bianco (la Casa di Saud). Dopotutto, la matrice ideologica è la stessa, decapitazioni comprese. È il prossimo passo della guerra del petrolio che deciderà quale dei due sarà il primo a cadere.

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a [email protected].

Fonte: https://www.rt.com

Link: https://www.rt.com/op-edge/328097-oil-saudi-iran-war-crisis/

06.01.2016

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione FA RANCO

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