Il non-senso civile e giuridico dell’incriminazione di Sabina Guzzanti per offesa al papa.
DI LUIGI TOSTI
giancarloscotuzzi.org
È del 10 settembre 2008 la notizia che la Procura di Roma ha chiesto al ministro Angiolino Alfano l’autorizzazione a procedere nei confronti di Sabina Guzzanti, dopo averla incriminata per il reato di “vilipendio” del “Sommo Pontefice”, cioè di Colui che, “a buon diritto”, vanta il titolo di “legale rappresentante di Dio sul Pianeta Terra”, nonché quello di Monarca assoluto dello Stato teocratico del Vaticano.
Alla Guzzanti si imputa, grottescamente, di aver pubblicamente stigmatizzato un crimine che è stato e che viene abitualmente perpetrato dal Vaticano e dalla Chiesa Cattolica, ovverosia la discriminazione ai danni degli omosessuali, sanzionata, dall’articolo 3 della legge n. 654 del 1975, con la reclusione. Le parole che la Guzzanti ha pronunciato per stigmatizzare questo crimine dei cattolici sono state ritenute “offensive” dell’“onore” dell’autore morale di questo crimine, cioè del “Sommo Pontefice”, al quale la Guzzanti ha auspicato – facendo peraltro rigorosa applicazione della legge del contrappasso – di essere sodomizzato da vigorosi diavoloni, attivi, allorquando potrà anche Lui godere del privilegio di raggiungere quell’amena località, così cara al sadismo ed al masochismo dei Cattolici: l’Inferno.
Potrebbe suscitare un po’ di sconcerto la circostanza che, anziché indagare sulla discriminazione del Vaticano e della Chiesa ai danni degli omosessuali, i pubblici ministeri indaghino sul conto di chi, come Sabina Guzzanti, stigmatizza questo crimine. Potrebbe anche suscitare un po’ di sconcerto il fatto che alcun pubblico ministero abbia mai attivato procedimenti penali contro il papa e contro i vertici della Chiesa Cattolica per la loro abituale istigazione del “gregge” dei “credenti” a non far uso del preservativo, anche in presenza del rischio di contagio di malattie mortali, cioè per comportamenti che integrano il reato di istigazione a delinquere.
Però non c’è da meravigliarsi di tutto questo perché, anzi, rientra nella “normalità” dell’Italia: essendo infatti una colonia del Vaticano, è più che “giusto” che le offese al Capo della Madrepatria – cioè al “Sommo Pontefice” – contino di più di quelle al Presidente della Repubblica, che è soltanto il Capo della Colonia.
D’altro canto, la normativa penale che è stata contestata alla Guzzanti è illuminante e dimostra – semmai ce ne fosse bisogno – che è oramai un’impresa titanica stabilire se fosse più fascista l’Italia di Mussolini o se lo sia quella, Repubblicana, degli attuali governanti, siano essi di destra, di centro o di sinistra.
Ma andiamo con ordine. Alla Guzzanti si imputa la violazione dell’articolo 278 del codice penale Rocco, che così dispone:
«Chiunque offende l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni».
E allora? Vi chiederete: che “ci’azzecca” questa norma col papa? Il papa non è mica il Presidente della Repubblica!
E no: ci’azzecca e come!
Bisogna infatti considerare che la “recentissima” legge 27 maggio 1929 n. 810 – che la Magistratura italiana ha ritenuto tutt’ora in vigore ad onta della nuova forma Repubblicana dello Stato italiano e dei principi costituzionali di eguaglianza dei cittadini e delle religioni – dispone all’art. 8 (si aprano bene gli occhi!) che –«l’Italia, considerando sacra e inviolabile la persona del Sommo Pontefice, dichiara punibili l’attentato contro di essa e la provocazione a commetterlo con le stesse pene stabilite per l’attentato e la provocazione a commetterlo contro la persona del re.
Le offese e le ingiurie pubbliche commesse nel territorio italiano contro la persona del Sommo Pontefice con discorsi, con fatti e con scritti, sono punite come le offese e le ingiurie alla persona del Re.»
Dunque, avete inteso? La “persona” del cosiddetto “Sommo Pontefice” non è mica una persona come me o come voi: no, “Egli”, come il suo Diretto Superiore, cioè il “Buon” Dio che siede sugli “angeli troni”, lassù nel Ciel, è una persona… “sacra e inviolabile”!
E perché la persona del Dalai Lama, vi chiederete, non è altrettanto “sacra e inviolabile” come quella del “Sommo Pontefice”?
No, per carità, non fate obiezioni assurde: non vorrete mica metterli sullo stesso piano! Come da tempo tuonano il papa, la Chiesa Cattolica, i vertici Rai e gli augusti Governanti di destra, di centro, di sinistra, di centro destra e di centro sinistra, il fatto che la Costituzione sancisca che tutti i cittadini e tutte le religioni sono uguali tra loro, non significa mica che tutti i cittadini e tutte le religioni debbano essere trattate allo stessso modo! Il Cattolicesimo, infatti, è la religione “super”, perché è l’unica “vera” e l’unica “giusta”, sicché è giusto privilegiarla in tutti i modi, non solo con l’8 per mille, l’insegnamento nelle scuole, le esenzioni fiscali, i crocifissi nei tribunali e negli uffici pubblici, ma anche con la tutela penale esclusiva riservata alla “persona” del “Sommo Pontifex”. In sostanza, i cattolici sono perfettamente d’accordo sul fatto che “siamo tutti uguali”: solo che, però, essi sono più uguali degli altri.
Dunque, se la persona del Dalai Lama non è “sacra e inviolabile” come il papa, ciò non dipende da una stortura del Trattato lateranense fascista, bensì dal fatto che il Dalai Lama non è il Legale rappresentante di Dio sul pianeta Terra: l’unico ad aver ricevuto la “procura” ,direttamente dal “Buon” Dio, è infatti il papa e, dunque, i “capi” delle altre religioni e i “capi” delle associazioni atee sono poco meno che delle “merde”. È quindi “giusto” che i pubblici ministeri della Repubblica Pontificia Italiana non incriminino penalmente chi offende i “Capi” delle altre religioni, non perché non siano uguali al Papa, ma soltanto perché sono delle “merde” che non appartengono alla “Superiore Razza Cattolica”.
Obietterete: ma la Costituzione non ha forse sancito che l’Italia è una democrazia – e non una monarchia fascista – e che tutti i cittadini e tutte le religioni sono eguali ed hanno pari dignità?
Ma no, che dite, ignorantoni!
I Supremi Giudici della Suprema Corte di Cassazione della Colonia Pontificia hanno infatti sancito, anche se con una datata sentenza della Prima Sezione penale, la n. 7461 del 22/05/1972, che «la disposizione dell’art 8 della legge 27 maggio 1929,n 810 non è in contrasto con la Costituzione, che garantisce nell’art 3 la parità dei cittadini di fronte alla legge e nei rapporti sociali, e nell’art 8 la libertà di trattamento giuridico delle confessioni religiose, poiché la stessa carta costituzionale nell’art 7, secondo comma, impone il rispetto dei patti lateranensi e le norme della legge del 1929, fra cui particolarmente quella dell’articolo 8, furono emanate in attuazione degli impegni assunti con i menzionati patti.»
Certo, qualcuno potrebbe a questo punto obiettare che questa datata sentenza fa a cazzotti con l’orientamento opposto della Corte Costituzionale che, sin dal 1989, ha affermato che «la diversità di trattamento giuridico tra religione cattolica e altre religioni non è giustificato, dal momento l’atteggiamento dello Stato non può che essere di equidistanza e imparzialità nei confronti di tutte le religioni, senza che possano assumere rilievo il dato quantitativo dell’adesione confessionale a questa o a quella chiesa, e la maggiore o minore ampiezza delle reazioni sociali cagionate dall’offesa a questa o quella religione» (sentenze n. 329 del 1997, n. 508 del 2000, n. 327 del 2002 e n. 168 del 2005).
Ma questa è un’altra storia, con la quale la Procura dell’Inquisizione Romana dovrà fare i conti nelle aule giudiziarie, dove intende trascinare Sabina Guzzanti. E, da parte mia, mi auguro che ciò accada al più presto: ovviamente non per spirito malevolo nei confronti di una delle pochissime persone che meritino rispetto in questa Colonia Pontificia mascherata da Repubblica “laica”, cioè Sabina Guzzanti, ma per consentire ai giudici di risolvere il problema della vigenza o meno e quello della compatibilità dell’art. 8 del Trattato fascista con la Costituzione repubblicana.
Questa vicenda, comunque, dimostra – semmai ce ne fosse bisogno – che l’attuale regime in nulla si differenzia dal tanto vituperato (a parole) fascismo, almeno ogni qual volta vi siano questioni religiose legate al Cattolicesimo e al Papa Re.
D’altra parte, la Storia ci ricorda che “Santo” Pio V, cioè il papa criminale e sessuofobo, sulla cui coscienza grava lo sterminio di almeno 50.000 ugonotti, che sfogò il suo odio viscerale e il suo razzismo contro gli ebrei cacciandoli da quasi tutte le città italiane, che confiscò i loro beni, che li confinò in ghetti ristrettissimi, che li costrinse a vendere le case sottocosto, che confiscò i loro cimiteri, che punì le fornicazioni con pubbliche fustigazioni, che proibì alle monache di possedere cani maschi per evitare nei conventi l’uso del sesso con le bestie e che vietò il carnevale, ebbene questo “Santo” criminale fece anche impiccare Niccolò Franco perché si ritenne “offeso” da questa pasquinata che ironizzarva sulla sua decisione di affiggere un’epigrafe su una una latrina: «Pio V, avendo compassione per tutto ciò che si ha sullo stomaco, eresse come opera nobili questo cacatoio».
Questo papa assassino, che è stato vergognosamente “santificato” dalla Chiesa ad onta della sua sconfinata criminalità, fece anche ardere sul rogo Aonio Paleario, perché si ritenne “offeso” da questo sonetto, scritto per ironizzare sulla persecuzione feroce degli eretici da parte della sua “Santa” Inquisizione: «Quasi che fosse inverno, brucia cristiani Pio siccome legna, per avvezzarsi al fuoco dell’inferno».
Come si vede, la persecuzione criminale del libero pensiero e delle parole costituisce una costante della Chiesa e dei regimi totalitari che a essa si ispirano: nessuna meraviglia, dunque, che dopo i roghi di Niccolò Franco, di Aonio Paleario e di Giordano Bruno, la Procura Romana cominci ad accatastare altra legna per arrostire, “cristianamente”, Sabina Guzzanti.
E questo – si badi bene – per “difendere” l’“onore” di quella che ho definito, nelle pubbliche udienze dinanzi al Consiglio Superiore della Magistratura e dinanzi al Tribunale Penale dell’Aquila, la più grande associazione per delinquere e della più grande banda di falsari che abbia funestato la storia di questo pianeta: la Chiesa Cattolica.
Luigi Tosti (magistrato)
Fonte: www.giancarloscotuzzi.org
Link: http://www.giancarloscotuzzi.org/tosti120908.html
11.09.08