L'IRAQ TRE ANNI DOPO DI 'DEMOCRAZIA' TARGATA USA

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DI HAIDER S.KADHUM

Ogni settimana muoiono centinaia di Iracheni

Nonostante le promesse di democrazia e di sicurezza, tre anni dopo l’invasione dell’Iraq per mano degli Stati Uniti il paese è ancora nella stretta morsa del conflitto civile, della morte e del terrore. Una nazione che in passato era unita è adesso in fase di disintegrazione. Sotto il giogo dell’occupazione la sicurezza in Iraq non esiste più e uscire per comperare un giornale può costare a chiunque la vita. Le persone vengono uccise mentre stanno riempiendo i serbatoi delle proprie automobili alle stazioni di servizio o mentre stanno semplicemente facendo la spesa.

“Compero sempre molti beni alimentari per la mia famiglia in modo da non dover andare ripetutamente al mercato, perchè potrei essere ucciso da un’auto bomba,” dice Hussam Kamel, 41 anni, un ingegnere di Baghdad. “L’ultima esplosione che c’è stata a Sadr City ha fatto saltare in mille pezzi compratori e venditori,” ha aggiunto. Hussam si è anche lamentato del fatto che è da tre mesi che le razioni mensili di cibo non vengono distribuite dal governo. Durante questo periodo i prezzi dei beni alimentari sono aumentati in maniera vertiginosa. Come Hussam, molti Iracheni hanno cominciato a chiudersi in casa, avventurandosi fuori solo per far fronte a cose essenziali. Anche a casa, comunque, molte persone non si sentono sicure, specialmente dopo l’ultima ondata di violenza settaria fra le milizie Sannite e quelle Sciite. Aree di Baghdad con popolazione mista come quella di Al-Saydia si sono trasformate in un vero e proprio campo di battaglia. Non è inusuale sotto tali circostanze che un membro di qualunque famiglia rimanga sveglio tutta la notte per fare la guardia alla casa e proteggerla da possibili attacchi.

“In casa ho due Kalashnikov, uno per me ed uno per mio padre,” dice Mahmoud Al-Rawi, un negoziante di 31 anni. “Faccio la guardia alla casa durante la prima metà della notte poi mio padre mi sostituisce fino a mattina. Non abbiamo altra scelta: dobbiamo difenderci!”

Parte del problema può essere attribuito al fatto che le vere misure messe in atto per garantire la sicurezza vengono considerate dagli Iracheni ordinari come una fonte di pericolo. Gli abitanti evitano i chechpoint messi in piedi per tutta Baghdad dal Ministro degli Interni per timore che quelli che si trovano ai posti di blocco possano essere membri di milizie o gruppi militanti che indossano uniformi della polizia al solo scopo di ingannarli.

L’ultimo report sull’Iraq da parte di Amnesty International ha rivelato che il tasso quotidiano di decessi è cresciuto da 20 persone al giorno nel 2004 a 30 persone nel 2005. Adesso la media è di 36 Iracheni al giorno, un numero che in ogni momento potrebbe crescere in maniera drammatica. Il mese scorso l’obitorio di Baghdad ha ricevuto 87 corpi durante quella che è stata la giornata più impegnativa.

Il direttore dell’obitorio ha dichiarato che a causa della loro incapacità di far fronte all’enorme numero di morti, molti di questi sono stati mandati alle stanze di refrigerazione dell’ospedale locale. Là molti dei corpi hanno cominciato a decomporsi perchè l’elettricità a disposizione per le stanze di refrigerazione era sporadica e questo a causa dei numerosi tagli all’elettricità.

Ma l’elettricità non è la sola cosa che scarseggia negli ospedali. Molti di questi registrano anche la disperata mancanza di dottori esperti. Molti specialisti Iracheni hanno infatti deciso di abbandonare il paese dopo una recente ondata di assassinii.

“Il mio dottore ha lasciato il paese,” ha detto Abdulrahman Al-Rekabi, 62 anni, un ex sergente dell’esercito. “Mi ha detto che avevo bisogno di sottopormi ad un’operazione. Il problema è che non c’è nessun dottore nel paese che sia in grado di farla e adesso devo dipendere dai calmanti”.

Le persone che lavorano per le imprese straniere o per l’esercito o per qualunque direttorato ufficiale sono gli obiettivi favoriti per i rapimenti e le uccisioni. Ali Hussein, impiegato in una impresa straniera che lavora nel settore dei media, ha dichiarato: “A Baghdad mi ero abituato a cambiare ogni giorno il percorso che dovevo fare per recarmi dalla mia casa al mio ufficio, mentre sulla strada di casa continuavo a controllare gli specchietti retrovisori della mia macchina per essere sicuro che nessuno mi stesse seguendo.”

Molte persone preferiscono tener segreto il lavoro che fanno e non rivelarlo agli amici e alla famiglia. Temono che se questi ne parlassero apertamente, tutto questo potrebbe costargli la vita. L’impiego, tuttavia, non è l’unica cosa che potrebbe costare la vita agli Iracheni. Esiste una lunga lista di motivazioni, come le proprie opinioni politiche, quelle religiose o la propria affiliazione tribale e talvolta può bastare anche il solo nome se questo è in grado di rivelare queste affiliazioni. Giorno dopo giorno la lista si fa sempre più lunga mentre l’obitorio va facendosi sempre più affollato.

Haider S. Kadhum
Fonte: http://english.ohmynews.com
Link: http://english.ohmynews.com/articleview/article_view.asp?at_code=322742&no=284801&rel_no=1
14.04.06

Traduzione a cura di MELEKTRO per www.radioforpeace.info & www.comedonchisciotte.org

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