DI CLAUDIO MOFFA
21e33.it
Claudio Moffa intervista Renato Pallavidini
Il professor Renato Pallavidini, sottoposto a gogna mediatica per aver osato – su domanda degli studenti – criticare in classe la politica dello stato di Israele, vince la causa contro i suoi persecutori: sconfitta l’intolleranza dentro le mura della scuola di stato, riaffermato il carattere laico dell’insegnamento. Una vittoria di grande portata, che costituisce un’inversione di tendenza rispetto alle vicende liberticide degli ultimi tre anni.
Certo come lui stesso dice, ci potranno essere contraccolpi pericolosi. Ma intanto si può dire con tranquillità che il vittimismo eccessivo non paga, vincere si può: anche in sede giudiziaria.
Difeso dall’avv. Roberto Preve, il prof. Renato Pallavidini ha vinto la causa contro il liceo Cavour di Torino che nel 2007 lo aveva sospeso e sanzionato con la riduzione dello stipendio e l’annullamento di uno scatto di anzianità, per aver “osato” nel gennaio 2007 criticare in classe -peraltro su domande degli studenti- la politica estera di Israele. Si
tratta di una vittoria eccezionale per la libertà di insegnamento e di espressione in Italia, che costituisce una netta inversione di tendenza rispetto a quanto accaduto negli ultimi anni, vedi per citare solo l’ultimo clamoroso “scandalo”, il caso Caracciolo.
A seguito, un commento di Claudio Moffa (21e33.it);
Professor Pallavidini, innanzitutto come sta? Che effetto le fa la sentenza del giudice Daniela Paliaga di Torino?
Prof. Pallavidini – Un effetto tonificante! Vorrei vedere in questo momento le facce della Preside Zanini e dell’Ispettore Favro, che tanta pena si sono dati per cercare di distruggermi professionalmente, e di ottemperare alle rimostranze dei genitori di due mie studentesse che avevano sollevato il caso: la signora Loewenthal, de la Stampa, e la signora Masia. Ma al di là di questo mio risentimento, spero comprensibile a tutti per quanto sono stato costretto a subire in questi 3 anni, sono contento: verranno abolite tutte le sanzioni ingiustamente inflittemi dall’autorità scolastica. L’unico cruccio come cittadino è che a pagare il risarcimento delle spese legali sarà lo Stato: soldi, sia pure pochi, buttati via in tempi di crisi economica.
Cosa dice esattamente la sentenza?
Prof. Pallavidini – Conosco solo il dispositivo. So che sono stati revocati i 14 giorni di sospensione a suo tempo inflittimi, effetti economici compresi (la riduzione dello stipendio, ndr), che è stato revocata l’abolizione dello scatto d’anzianità già toltomi in base al provvedimento disciplinare, e inoltre, come ho già detto, che avrò il risarcimento delle
spese legali. Vittoria totale. L’Inquisizione è stata sconfitta …
Inquisizione … In effetti la sua vicenda è stata per molti versi allucinante. Lei, intellettuale stimato e autore di numerosi libri di filosofia- uno dei quali con la prefazione di Remo Bodei: sicuramente un motivo di possibile invidia in certo mondo scolastico venne addirittura sottoposto a perizia psichiatrica. Veramente pazzesco! Che ricordo ha di quella esperienza? E chiederebbe lei adesso una perizia psichiatrica per i suoi nemici che volevano annientarla professionalmente?
Prof. Pallavidini – E’ stata un’esperienza squallida! Psichiatri della mutua che s’inventavano domande assurde, come quelle relative alle relazioni sessuali fra mio padre e mia madre buonanima, per poi chiedermi cosa ne pensavo del Partito Democratico! Roba da Gulag! Ne ho sofferto: ma in tutta sincerità voglio dire che non farei fare la stessa esperienza né alla signora Zanini né al signor Favro, per me la vicenda è chiusa, punto e
basta. Si volta pagina.
Lei è stato linciato mediaticamemte, come altri docenti – il sottoscritto a Teramo, il prof. Valvo e per ultimo il prof. Caracciolo da una campagna di stampa indecente e che spesso travisava i fatti, li isolava per una migliore demonizzazione, e soprattutto invitava l’autorità scolastica o universitaria a procedere nei confronti della vittima di turno. Secondo Lei tutto questo, in un paese normale, si sarebbe potuto evitare? Come legge l’origine vera di quanto le è accaduto?
Prof. Pallavidini – Ho sin dall’inizio avuto la netta impressione (e la relazione Favro da Lei smontata pezzo per pezzo sul suo sito nel febbraio 2007 lo dimostra! – ndr: www.claudiomoffa.it) di una manovra strumentale per liquidare un professore scomodo e preparare la strada alla legge antirevisionista, di cui si parlava in quei mesi e si parla
tuttora. La CGIL scuola era ed è chiaramente infastidita dall’attività docente del sottoscritto, che continua orgogliosamente a muoversi secondo canoni pedagogici gentiliani, ignorando la loro riforma. Poi ci sono gli ambienti sionisti che, al solito, ne cercano uno per “educarne” 100 e far passare la legge liberticida contro i revisionisti: vedi le esternazioni del deputato PD Fiano a favore dell’abolizione dell’articolo 21 della Costituzione.
Quello che dice è emblematico della degenerazione filosionista di ormai quasi tutta la sinistra. Ma la sua vicenda, con la conclusione odierna, dimostra anche che il nostro paese, per nostra fortuna, non è la Francia o la Germania, dove chi osa solo pensare e scrivere cose diverse dalla lettura ufficiale della II guerra mondiale, finisce addirittura
condannato in sede giudiziaria e persino incarcerato. A cosa attribuisce questa parziale anomalia italiana, più alla destra, più alla sinistra, o pensa che in entrambe gli schieramenti ci siano persone disoneste e servili da una parte, e oneste e dotate di coraggio civile dall’altra?
Prof. Pallavidini – Persone servili sono presenti certamente ovunque, soprattutto nelle ex ali estreme che hanno il problema di rifarsi la cartà d’identità: non faccio nomi, ma penso alla guerra di Jugoslavia, o a quel sindaco di estrema destra che è diventato improvvisamente filo sionista e chiede vigliaccamente la testa dei cosiddetti “negazionisti” senza sapere nulla di quel che è successo. Tuttavia credo che a destra ci sia una maggiore complessità di schieramento che blocca certe manovre liberticide, a livello di magistratura come di scuola. Io non sono mai stato simpatizzante di Berlusconi, ma devo ammettere che sarebbe ora di rivederne il ruolo politico assunto in questi anni. Penso che, minimo, senza di lui la scuola sarebbe diventata una catena di montaggio berlingueriana asfissiante.
Certamente un governo Prodi una bella legge sul revisionismo ce l’avrebbe già regalata!
Io dubito di quest’ultima affermazione, qualche debole resistenza c’è anche a sinistra, ma di questo se ne può discutere una prossima volta. Un’ultima domanda: cosa augura a quanti hanno subito come lei delle vessazioni e delle censure a causa delle loro posizioni critiche, sempre argomentate, su problemi storiografici come la vicenda dei lager nazisti, o come l’annoso conflitto israelo-palestinese?
Prof. Pallavidini – Esprimo loro tutta la mia solidarietà, spero che ne escano bene come me e siano lasciati in pace. Spero anche che la Giudice che ha avuto il coraggio civile di darmi ragione con la sentenza di oggi non sia presa di mira dalla stampa!
Claudio Moffa
Fonte: www.21e33.it
Link: http://www.21e33.it/pdf/liberticidi/liberticidi/liberticidi07/pallavidini/091106pallavidini-interv.pdf
6.11.2009
IL COMMENTO DI CLAUDIO MOFFA
21e33.it
Nel gennaio 2007 il caso Pallavidini rimbalzò da Torino su tutti i media nazionali: il professore torinese venne linciato e l’autorità amministrativa scolastica si mosse al seguito dello strapotere dei media, ormai quasi diventati il primo potere della nostra poco democratica Repubblica. L’ispettore ministeriale tallonò il docente e appena due giorni dopo lo “scandalo” – l’aver il docente criticato, in risposta a una domanda di una studentessa, l’uso politico della Giornata della Memoria da parte di Israele – lo sottopose a interrogatorio, primo passo del calvario che lo avrebbe portato alla perizia psichiatrica e poi al sanzionamento da parte del MIUR di Fioroni. Eppure la risposta di Pallavidini alla sua allieva era argomento non diverso da quelli de L’Industria dell’Olocausto di Norman Finkelstein, il figlio di deportati ad Auschwitz odiato dai suoi correlegionari per aver scritto il vero, esattamente come Ariel Toaff; né diverso da quanto detto qualche anno fa, sul Jerusalem Post, dalla giornalista israeliana Amira Hass.
Furono in effetti i mass media a decidere della sorte di Pallavidini, tanto che nella sua relazione l’ispettore addusse come “prove” gli articoli “della Stampa” (sic, con la maiuscola). Furono i mass media a processarlo al posto dei Giudici: come i parlamentari di Tangentopoli, e come in tutti gli altri casi di ordinario totalitarismo scolastico e universitario. Il caso Faurisson a Teramo, dove quel che accadde il 18 marzo 2007 e dopo, fu la velenosa conseguenza degli attacchi furibondi, falsi e diffamatori de L’Unità; il caso Valvo, 5 mesi e passa di sospensione per aver fatto l’insegnante di via Ripetta qualche battuta sui viaggi ad Auschwitz – uno spreco di denaro pubblico, come raccontato recentemente in una cronaca da Cremona – ma non in aula bensì nel Consiglio di classe; il caso Caracciolo esploso a freddo – senza cioè alcuna nuova notizia che desse una vera giustificazione al lancio mediatico – a fine settembre scorso grazie a Repubblica; il caso Valvo bis, con un velenosissimo trafiletto ancora del quotidiano di Mauro in cui si ricordava – di nuovo assolutamente a freddo, come nel quadro di una strategia preordinata – che il docente aveva avuto più di cinque mesi di sospensione.
Prima i mass media dispongono, e poi l’ “autorità” impone la “sua” legge: vedi Alemanno, che uno ormai si chiede se sia lui il sindaco – quando non avendo alcun potere e autorità per intervenire, pretende di cacciare il “negazionista” di turno dalla scuola o dall’Ateneo – e non qualcun altro di cui egli è solo il portavoce.
Dal linciaggio all’assordante silenzio dei Mass media
Ora però, improvvisamente, i giornali tacciono. Pallavidini ha vinto la causa – abolizione della sanzione, restituzione dello stipendio tolto, riconferimento dello scatto di anzianità già toltogli, e risarcimento delle spese legali – ma la notizia è stata ripresa solo dalla Repubblica, e nella pagina della cronaca locale. E attenzione, in una pagina web graficamente confusa quasi se ne volesse nascondere sia l’autrice (il cui nome è al maschile sul sito), sia persino il giornale che lo ospita: infatti almeno fino a ieri l’articolo non era leggibile tramite normale cliccaggio del titolo del richiamo sulla prima schermata, ma in una colonna a destra, senza titolo tranne un generico “link correlati”: link con che cosa, con qualche altro sito? Chiunque non sia un lettore torinese de La Repubblica, con la possibilità di verificare il cartaceo, potrebbe porsi la domanda.
L’assordante silenzio dei mass media sul “caso Pallavidini alla rovescia” è peraltro indice che la notizia della sentenza del giudice Daniela Paliaga – esperta di mobbing, a leggere altre sue sentenze sulla rete – è molto importante. E’ importante, perché – a parte la più antica e specifica vicenda Damiani – quello di Pallavidini è stato il primo caso della serie liberticida nel mondo dell’insegnamento, che sarebbe proseguita con Faurisson-Teramo, con Valvo, le insegnanti di Verona, la maestra di Livorno e oggi con Caracciolo: casi differenti ma tutti sollevati senza alcun distinguo sempre dal medesimo “furore totalitario” che, in diverse salse e con diversi contenuti (non c’è solo la annosa questione Israele), pretende di imporre una verità di stato su argomenti storici perciostesso sempre discutibili: che si tratti della prima o della seconda guerra mondiale, della religione cristiana o di quella musulmana o ebraica.
Pallavidini fu il primo ad essere colpito, e il suo caso a dar vita al primo procedimento giudiziario. Il suo è il primo procedimento giudiziario a ben concludersi, sia pure solo in primo grado. Comunque un passo in avanti notevole, una inversione di tendenza rispetto al clima di paura che l’Inquisizione del III millennio (di Inquisizione parlò anche Sergio Romano, l’autore contestato di una Lettera a un amico ebreo di una decina di anni fa, in un articolo sul Corriere) incute persino nel mondo dei bloggers e delle ali estreme dello schieramento politico, dove prevale spesso l’autocensura e il vittimismo perdente.
Tutto questo non vuol dire affatto che la vicenda sia conclusa: la partita è grossa, e perciò ecco le possibili reazioni alla sentenza Paliaga.
1) Innanzitutto la risposta mediatica alla diffusione della notizia: come da alcuni commenti anonimi su Come Don Chisciotte che ha ospitato la mia intervista a Pallavidini, si sottolineeranno sicuramente le posizioni, le frasi, le battute più o meno fasciste di Pallavidini e dunque il terribile possibile connubio rosso-bruno. E’ un dejavu a fini di disorientamento del lettore, che gira da quasi vent’anni. Guerra contro la Jugoslavia, Milosevic è come Hitler e dunque chi lo difende è un rosso-bruno o un nazista. Guerra contro l’Iraq, anche Saddam Hussein è come Hitler, e nei cortei e negli appelli pro iracheni ci sono alcuni “antifascisti” che danno la caccia ai giovani di destra unitisi alle manifestazioni: per loro non è importante fermare la guerra – viene anzi il dubbio che erano a favore – era forse più importante che attraverso la denuncia di quella contaminazione, si diffamasse e si delegittimasse la solidarietà con l’Iraq. Ancora: appello pro Jurgen Graf del 1995 promosso dal sottoscritto, con firme di storici e docenti liberali (Di Nolfo), di destra (Cardini) e di sinistra ed ecco che il linciaggio liberticida di un quotidiano “comunista” parla appunto di “rosso bruni”.
Insomma, il gioco è evidente: si “lavora” sulla dialettica fascismo-antifascismo, per cominciare a delegittimare la giusta lotta in difesa o della pace o della libertà di parola, di opinione e di insegnamento. Peccato però che questa dialettica ha poco senso oggi: la lotta contro il razzismo, per la pace, per la democrazia e per tutti i valori iscritti nella nostra Costituzione – fermo restando che storicamente parlando anche nella Resistenza c’erano Poteri forti, eccome: Cefis non era Mattei – passa per il confronto con ben altri Poteri, quelli di cui al dibattito diffuso non solo in rete, su massonerie, circoli e club di potenti, sionismo, P2, dirigismo europeo.
E attenzione, si noti la tecnica su internet: la tecnica in rete è quella delle piccole gocce per tentare di scatenare poi il fiume della diffamazione o arginare il possibile consenso. Il piccolo insulto, la battutina velenosa di mezza riga: così sono la maggior parte dei falsi dibattiti su internet. Falsi perché questi dibattiti, anonimi, sono condotti o da una stessa persona con più nicknames, o da gruppi di bloggers che si sentono “eletti” alla grande battaglia contro il fascismo e il nazismo. Falsi perché una battuta non è un argomento, è solo un momento tattico di una diffamazione e di un attacco già pianificati a tavolino: si pensi alla polemica contro la CGIL fatta da Pallavidini, o al suo accenno critico alla riforma scolastica, o al suo richiamo a Gentili: sono tutte questioni che stanno anche dentro il DNA anche della sinistra critica. Di Gentile in termini positivi ne parlarono parecchi docenti di sinistra una decina di anni fa per denunciare la falsa autonomia universitaria della riforma Berlinguer (un discorso analogo vale per le scuole con l’autoritarismo e l’invasività crescente del direttore d’Istituto e dell’organo collegiale, sul docente in quanto singolo trasmettitore di sapere). La critica alla CGIL è stato pane quotidiano della sinistra non solo estrema, almeno fin dall’autunno caldo.
2) Seconda reazione prevedibile: si cercheranno in tutti i modi rivalse su altri terreni e in altri casi: si monteranno altri scandali mediatici, si devierà l’attenzione su altri problemi collaterali (trasformare hic et nunc il caso Pallavidini in un dibattito per altro utile e necessario su internet?)
3) Si lavorerà sul piano giudiziario, fin da subito, e in due modi: il primo, cercando di far pressioni sulla coraggiosa magistrata Daniela Paliaga. Proprio Repubblica ha accennato in modo indiretto alla questione, ricordando che della sentenza si conosce solo il dispositivo e che bisognerà vedere se nelle motivazioni la Giudice argomenterà solo in termini procedurali o anche nel merito. Come dire: “speriamo” che la causa sia stata vinta da Pallavidini solo per vizi procedurali, che indubbiamente ci sono stati (qualche riferimento sui documenti sul sito www.21e33.it), non per questioni di merito.
Ma attenzione, innanzitutto c’è merito e merito: per chi scrive non è giusto che un giudice entri nel merito del dibattito storiografico o politologico – come nella sentenza del giudice inglese contro Irving – dicendo cosa è vero e cosa non è vero storicamente. E’ auspicabile invece che la Giudice – come in suo potere, ove ne riscontri gli elementi – entri nel merito del diritto alla libertà di opinione e insegnamento violate nei confronti di Pallavidini. Ma non c’è dubbio che, dati i tempi, persino una vittoria per meri vizi procedurali resterebbe tale.
Il pericolo maggiore viene invece dal possibile ricorso in appello dell’autorità scolastica provinciale e regionale. Ma qui la palla passa al governo di centrodestra e ai suoi equilibri politici, visto che il resistente è il MIUR e le sue articolazioni. Un problema tutto aperto, su cui converrebbe non far calare l’attenzione dell’ “opinione pubblica”, ma anzi rispondere colpo su colpo alla contropropaganda che già sta girando in rete.
Qualche tempo fa il Presidente del Consiglio Berlusconi fece una battuta sui “cittadini normali” che non hanno le spalle forti per resistere alle malefatte di certa Giustizia italiana. Più che le spalle, Presidente, non hanno i soldi per affrontare cause comunque dispendiose per i magri stipendi dei docenti. Nel caso in oggetto, il professor Pallavidini meriterebbe di chiudere qui la partita, senza ulteriori strascichi giudiziari: e non solo per gli appena detti banali motivi di vita quotidiana, ma anche per una questione di contenuto importante che ha come protagonista proprio l’attività legislativa politica del centrodestra.
Un ricorso in appello da parte dell’Autorità amministrativa contro il prof. Pallavidini – “reo” di aver espresso una sua libera opinione, peraltro in risposta a una domanda di una sua studentessa – contrasterebbe infatti almeno due delle battaglie del centrodestra in questi ultimi anni, apparentemente contraddittorie e invece perfettamente coerenti: la prima è l’impegno a depenalizzare i reati di opinione, come nel caso della legge 85 del 2006 che ha ridimensionato la stessa legge Mancino; la seconda è quella contro gli “eccessi” dei mass media, mascherati da “libertà di stampa” e di “opinione” e che invece risultano essere quasi sempre diffamazioni a mezzo stampa. Il caso Pallavidini rientra perfettamente, in modo rovesciato, in questo doppio binario: hanno cercato di tappargli la bocca addebitandogli di fatto un inesistente reato di opinione, mentre una campagna di stampa isterica e a briglie sciolte lo diffamava pesantemente creando il clima che lo avrebbe condotto all’insulto abominevole della perizia psichiatrica. Accanirsi contro di lui – autore peraltro di diversi libri, fra cui uno prefatto da Remo Bodei – significherebbe smentire l’operato del governo in tutti e due i sopraddetti campi di battaglia, e abbandonare un “cittadino normale” – con i suoi 3600 volumi nella biblioteca di casa: non è questo un segnale da insegnante modello? – nelle fauci degli stessi o consimili Poteri forti che l’alleanza di centrodestra dice di voler contrastare a beneficio non dei soliti pochi, ma di tutto il popolo italiano.
Claudio Moffa
9.11.2009