L’IMPERO DI ROSS 708

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DI MIGUEL MARTINEZ
Kelebek

Ogni tanto, parlo di “imperialismo” e di “antimperialismo”.

Immancabilmente, qualcuno risponde. O meglio, per uno che risponde civilmente qui, ce ne sono dieci altrove che manco ti parlano, ma fanno subito il gioco delle tre carte: se sei contro l’imperialismo, dicono, significa che odi collettivamente “gli americani” oppure – immancabile trucco – “gli ebrei”. Così, giusto perché i primi non sanno arrotare la “erre” oppure perché i secondi nascono con cognomi tipo Goldstein.

Sarebbe difficile per me provare antipatie collettive, viste le mie origini transcontinentali, ma le accuse piovono lo stesso.

Questa è una falsificazione interessante perché proviene, congiuntamente, da destra e da sinistra, in un promiscuo fronte rosso-azzurro (dove azzurro è il colore di Forza Italia, per capirci), che va da Magdi Allam a certo cascame anonimo o pseudonimico di Indymedia.

Comunque, è uscito un bell’articolo
di Giampaolo Visetti su Repubblica (lunedì 7 gennaio), intitolato “Camerun, la battaglia al cibo globale”, che ci dà un esempio molto concreto di cosa voglia dire imperialismo.

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Del rapporto tra Camerun e imperialismo, abbiamo già parlato nelle note a
questo post ma qui torniamo sull’argomento per parlare di un fatto più recente.

Partiamo da un pollo, con il bel nome ruspante di Ross 708.

Ross 708 è un’invenzione dell’Aviagen, che assieme a un’altra ditta, la Cobb-Vantress, produce il 90% dei “parentali” dei polli consumati nel mondo. L’Aviagen ha base a Edinburgo e negli Stati Uniti, ma è stata acquistata recentemente dalla tedesca Erich Wesjohann GmbH & Co. KG, e questo ci aiuta a capire perché l’Europa che conta non sarà mai nemica e nemmeno rivale degli Stati Uniti.

Ross 708 è un coso transgenico, riprodotto con tanto di manuale per l’utente, e qui è facile lasciarsi prendere da paure emotive e forse scientificamente infondate.

E’ un fatto però che Ross 708 matura in un mese, e consumando appena un chilo e 600 grammi di mangime, diventa un chilo di carne.

Il Ross 708 quindi sta al pollo normale come la Maxim, la prima mitragliatrice portatile, stava ai fucili ad avancarica dei nativi africani, all’epoca del colonialismo:

And when the heat of Afric’s sun
Grew quite too enervating,
Some bloodshed with the Maxim gun
Was most exhilarating!

Il Ross 708 produce un gigantesco petto, e relativamente poco altro. Il Ceto Medio Globalizzato consuma quei petti. Il resto si potrebbe anche buttare; ma perché non guadagnare qualche dollaro lo stesso con gli scarti?

Così gli avanzi (zampe, cosce, viscere, cresta…), a prescindere dalle loro condizioni eventuali di deterioramento, vengono surgelati e smerciati nel cosiddetto Terzo Mondo. Nemmeno il trasporto costa tanto, visto che i voli internazionali oggi non pagano le tasse sul carburante. E i dazi non sono certo un grosso problema, visto che il Fondo Monetario ha imposto al regime camerunense tutti i sani valori del progresso, dall’apertura dei mercati alle privatizzazioni.

I rottami di Ross 708 arrivano nel Camerun a prezzi talmente bassi da distruggere gli allevamenti locali – due famiglie camerunensi su tre hanno un po’ di polli o di altri animali.

Il colpo all’allevamento non arriva solo. Visetti parla anche di

“sacchi di riso da Cina, Vietnam e Thailandia. Cipolle dall’Olanda. Mais dagli Usa. Pomodori dalla Turchia. Pesce dalla Danimarca. Scatolame scaduto dall’Europa. Vestiti e scarpe ancora dalla Cina”.

Il risultato è la distruzione radicale dell’economia tradizionale e la migrazione di massa nelle baraccopoli.

Certo, restano le produzioni direttamente al servizio del mercato occidentale.

Al primo posto c’è il petrolio, che come in tutto il resto del mondo è più un male che un bene: dà poco lavoro, inquina, va a finire altrove. E’ vero che rende molto denaro, ma solo a un numero ristretto di governanti corrotti, che lo investono nei paesi dominanti. E poi in Camerun
è arrivata anche la Halliburton…

Al secondo posto, viene il legname, che dà però lavoro ad appena 25.000 persone in tutto il paese.

Persone che lavorano alacremente –
almeno alcuni anni fa, si prevedeva l’esaurimento delle risorse boschive del Camerun entro il 2010.

Il costo umano di Ross 708 (e di tutto il resto, ovviamente) è difficile da calcolare. Cosa significa non solo la perdita di un reddito, ma anche la migrazione nelle metropoli e la distruzione dei legami familiari e tribali, che come in tutte le città del Terzo Mondo vengono sostituiti dalla cultura delle bande dedicate al reciproco saccheggio?

Il nostro asservimento mentale è tale che parliamo di “violenza” solo quando qualcuno, senza divisa, picchia qualcun altro.

In realtà, la violenza sta nell’imposizione di una volontà sull’altra in maniera ineludibile e vincolante, non nella presenza o meno di ematomi.

Gli effetti di Ross 708 sono paragonabili a quelli di un’invasione armata. E quindi sarebbe sciocco negare che anche questa sia violenza.

Arriviamo alle lezioni da trarre da tutta questa vicenda, così simile a quelle di tutti gli altri paesi colpiti dall’imperialismo.

Parlando con elementare linguaggio fallaciano, non sono “loro” che vengono “qui”. Prima di tutto, siamo “noi” (o i “nostri” conculturanei dell’Aviagen) che andiamo “lì”.

Secondo, quando “loro” vengono “qui”, è vero che nascono dei problemi, di cui quello più reale è la svalutazione della forza lavoro proprio quando questa meno serve.

Ma cosa succede quando “noi” andiamo “lì”?

Milioni di persone perdono i mezzi di sopravvivenza, la famiglia, la casa e diventano profughi in immense bidonville da cui non si può sperare di uscire mai.

Terzo (e qui vediamo allontanarsi molti amici che si ritengono “progressisti” e “democratici”), la soluzione non si trova con le buone intenzioni o gli aiuti: l’ambigua e spesso famelica orda delle ONG crea e insieme sfrutta la nostra percezione delle esigenze del “Terzo Mondo”, canalizzandola verso la devastante via di “altri soldi”.

Quarto, sopravvivenza e indipendenza sono inseparabili; e ci renderemmo ridicoli se dovessimo cercare di suggerire noi in base a quali principi i popoli debbano liberarsi: l’indipendenza è per definizione cosa loro e non nostra.

Ma sappiamo che i paesi del Terzo Mondo sono in genere governati da imprenditori, che sfruttano il fatto di avere il monopolio delle armi e dei posti statali, unicamente per accumulare tesori da investire in banche estere. Sembra un paradosso, ma più è “forte” un regime, più tende a indebolire la nazione davanti agli interessi stranieri.

Perciò, la sopravvivenza presuppone qualcosa di molto difficile, che può accadere solo raramente: liberarsi insieme dai lacci internazionali e da quelli locali.

Ecco, in una frase, cosa vuol dire antimperialismo.

Miguel Martinez
Fonte: http://kelebek.splinder.com/
8.01.08

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