DI PEPE ESCOBAR
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Nel suo seminario “La caduta di Roma: e la fine della civilizzazione” Bryan Ward-Perkins scrive “I Romani prima della caduta era certi quanto noi che il loro mondo sarebbe continuato per sempre… si sbagliavano. Saremmo saggi a non avere la stessa noncuranza”.
Oggi l’Impero del Caos non è noncurante. È tracotante – e spaventato. Dall’inizio della guerra fredda il punto focale è stato chi avrebbe controllato le grandi reti commerciali in Eurasia – o “il cuore”, secondo Sir Halfrod John Mackinder (1861-1947), il padre della geopolitica.
Potremmo dire riguardo l’Impero del Caos, il gioco è iniziato veramente quando la CIA ha sostenuto il colpo di stato in Iran nel 1953, quando gli USA si sono decisi ad affrontare faccia a faccia i famosi incroci eurasiatici delle centenarie vie della seta, per conquistarli tutti.
Solo sessant’anni dopo, è chiaro che non ci saranno vie della seta statunitensi nel 21° secolo, piuttosto, come era accaduto in passato, ce ne saranno di cinesi. La spinta di Pechino per quella che definisce “Una cintura, una via” è inscritta nel conflitto del 21° secolo tra l’impero in declino e l’integrazione eurasiatica. Trame secondarie ma fondamentali includono la costante spinta di espansione della NATO e l’ossessione dell’impero di creare una zona di tensione nel Mar Cinese del Sud.
Dal punto di vista della partnership strategica tra Pechino e Mosca, le elite di oligarchi che davvero controllano l’Impero del Caos sono decise ad accerchiare l’Eurasia – convinte che saranno largamente escluse da un processo di integrazione basato sul commercio connessioni di comunicazione avanzate.
Pechino e Mosca subiscono chiaramente provocazioni su provocazioni, accompagnate da una costante demonizzazione. Ma non si faranno mettere in trappola, dato che la loro strategia è a lungo termine.
Il presidente russo Vladimir Putin continua diplomaticamente a trattare l’occidente come “partner”. Ma sa, e lo sanno anche i Cinesi, che questo non è veramente un “partner”. Non dopo il bombardamento NATO, durato 78 giorni, ai danni di Belgrado nel 1999. Non dopo il bombardamento volontario dell’ambasciata cinese. Non dopo l’espansionismo costante della NATO. Non dopo un nuovo Kosovo perpetrato attraverso il colpo di stato illegale a Kiev. Non dopo l’abbattimento del prezzo del greggio da parte dei complici del Golfo. Non dopo l’attacco al rublo messo in atto da Wall Street. Non dopo le sanzioni di USA e UE contro la Russia. Non dopo che i delegati di Wall Street hanno fatto crollare i mercati azionari cinesi. Non dopo le tensioni costanti nel Mar Cinese del Sud. Non dopo l’abbattimento dell’Su-24.
Manca poco
Un piccolo riassunto dell’escalation che ha portato al’abbattimento dell’Su-24 è illuminante. Obama ha incontrato Putin. Subito dopo Putin ha incontrato Khamenei. Il Sultano Erdogan era sicuramente allarmato: una concreta alleanza tra Russia ed Iran era stata delineata a Teheran. Era solo un giorno prima dell’abbattimento dell’Su-24.
Hollande ha incontrato Obama. Poi però ha incontrato Putin. Erdogan stava vivendo l’illusione di aver creato il pretesto perfetto per una guerra NATO, dichiarata appellandosi all’articolo 5 dello Statuto. Non per nulla solo l’Ucraina (uno stato fallito) è stato l’unico paese ad avvallare – in maniera repentina – l’abbattimento dell’Su-24. La NATO stessa invece ha fatto un passo indietro – in qualche modo terrorizzata; l’Impero non era pronto per un conflitto nucleare.
Almeno non ancora. Napoleone sapeva che la storia cambia sul filo. Fino a che la guerra fredda 2.0 resta in opera siamo, e continueremo ad essere, ad un passo da una guerra nucleare.
Qualsiasi cosa succeda nel cosiddetto processo per la pace in Siria, la guerra per procura tra Washington e Mosca non finirà. Gli arroganti centri di pensiero USA non vedono alternative.
Per gli eccezionali neocon e neoliberali, l’unica soluzione possibile è uno smembramento della Siria. Il sistema di Erdogan ingloberebbe il nord. Israele si prenderebbe le Alture Golan, ricche di petrolio. I delegati della Casa di Saud si prenderebbero il deserto orientale.
La Russia ha letteralmente bombardato questi piani fino a ridurli in cenere perché la conseguenza della partizione vedrebbe Ankara, Riyadh – e una Washington “a spingere dalle retrovie” – a spingere la jihad verso nord fino al Caucaso, all’Asia Centrale e allo Xinjiang (ci sono già circa 300 Uiguri a combattere nelle file di Daesh). Quando niente funziona, non c’è niente di meglio di un’autostrada della jihad ben puntata nel fianco dell’integrazione eurasiatica.
Sul fronte cinese, qualsiasi “fantasiosa provocazione” l’Impero del Caos si faccia venire in mente, non cambierà i piani di Pechino per il Mar Cinese del Sud – un vasto bacino ricco di giacimenti petroliferi e di gas inesplorati, nonché via principale del traffico marittimo da e verso la Cina. La Cina si vede entro il 2020 come una formidabile haiyang qiangguo – una potenza navale.
Washington potrebbe fornire 250 milioni di dollari in “aiuti” militari a Vietnam, Filippine, Indonesia e Malesia nei prossimi due anni, ma la cosa è irrilevante. Qualsiasi “creativa” idea imperiale deve tenere da conto, ad esempio, il missile balistico DF-21D “abbatti portaerei”, il quale ha un raggio di 2.500Km ed è in grado di trasportare testate nucleari.
Sul fronte economico, Washington-Pechino resta un territorio principe della guerra per procura. Washington spinge per il TPP – alias la NATO del commercio in Asia. È un supplizio di Sisifo, perché le 12 nazioni membri devono ratificarlo, per non menzionare l’approvazione da parte di un Congresso USA ostile.
Contro questa unica cartuccia, Xi Jinping, dal canto suo, sta sviluppando una complessa strategia su tre fronti: la contromisura cinese diretta al TPP, il Free Trade Area of the Asia-Pacific (FTAAP), l’ambiziosissima “una cintura, una via” e i mezzi per finanziare uno tsunami di progetti, l’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) – l’antagonista cinese alla Banca Mondiale e alla Asian Development BAnk (ADB) sotto controllo nippo-statunitense.
Per il Sudest Asiatico, ad esempio, i numeri parlano da sé. L’anno scorso la Cina è stato il primo partner dell’ASEAN, per uno scambio di 367 miliardi di dollari. Questo aumenterà esponenzialmente con “Una cintura, una via” – nella quale verranno investiti 200 miliardi di dollari dalla Cina da qui al 2018.
Cuore di tenebra remix
Le prospettive europee sono tetre. Il ricercatore franco-iraniano Farhad Khosrokhavar è stato tra i pochi ad identificare il punto focale del problema. Un esercito di riserva di jihadisti in Europa continuerà ad alimentare battaglioni di giovani esclusi nei centri poveri delle città. Non c’è prova che i neoliberalcon in UE promuoveranno valide iniziative socioeconomiche per salvare queste masse alienate dai ghetti, creando nuovi forme di socializzazione.
Per cui la via di fuga continuerà ad essere una forma virale di jihadismo salafita, spacciato da scaltri approfittatori come segno di resistenza, l’unica contro-ideologia disponibile sul mercato. Khosrokhavar l’ha definito neo-umma – una “vera comunità che non è mai esistita prima nella storia”, ma che ora invita apertamente ogni giovane europeo, Musulmano o meno, che affronta una crisi di identità.
In parallelo, nel nostro percorso attraverso 15 anni di guerra neocon ininterrotta contro gli stati indipendenti in Medio Oriente, il Pentagono continuerà a spingere per l’espansione di alcune delle proprie basi esistenti – da Gibuti sul Corno d’Africa a Irbil nel Kurdistan iracheno – per trasformarle in propri hub.
Dall’Africa sub sahariana al Sudest Asiatico, ci sarà un boom di hub, in cui verranno lietamente ospitati Reparti Speciali: l’operazione è stata descritta dal boss del Pentagono Ash “Impero dei Piagnoni” Carter come “imprescindibile”: “Poiché non possiamo predire il futuro, questi nodi regionali – da Moron in Spagna a Jalalabad in Afghanistan – forniranno avamposti stabili per rispondere a varie crisi, al terrorismo e ad altre minacce. Serviranno per risposte a crisi unilaterali, operazioni di controterrorismo, o attacchi ad obiettivi strategici”.
È tutto concentrato qui: l’unilaterale Eccezionalistan in azione contro chiunque si permetta di ostare ai diktat imperiali.
Dall’Ucraina alla Siria, attraverso Medio Oriente e Nord Africa, la guerra per procura tra Washington e Mosca, con una posta in gioco sempre più alta, non smetterà. Nemmeno la disperazione imperiale nei confronti dell’inarrestabile ascesa cinese si fermerà. Mentre il Nuovo Grande Gioco va sempre più veloce e la Russia rifornisce le potenze mediorientali come Iran, Cina e India con i propri sistemi di difesa missilistici, in grado di proteggere da qualsiasi arma l’Occidente abbia a disposizione, abituiamoci alla nuova normalità: guerra fredda 2.0 tra Washington e Mosca-Pechino.
Vi lascio con una citazione di Joseph Conrad, da Cuore di Tenebra: “ci sono un alone di morte, un sapore o una mortalità nelle bugie… strappare tesori dalle viscere della terra era il loro desiderio, senza alle spalle alcun proposito morale di quelli che spingono un ladro ad aprire una cassaforte… non potevamo capire perché eravamo troppo lontani e non potevamo ricordare, perché percorrevamo la notte dei primi anni, quegli anni che ormai se ne sono andati, lasciando un duro segno – ma nessuna ricordo…”
Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a [email protected].
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25.12.2015
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione FA RANCO