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L’imam rapito a Milano: una pista porta in Germania

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A cura di Davide
Il 22 Marzo 2005
54 Views

Individuato un jet «fantasma», forse noleggiato dalla Cia, che avrebbe trasferito l’estremista al Cairo
Il Gulfstream partito da Ramstein due giorni dopo il sequestro dell’egiziano

Il 17 febbraio 2003 Abu Omar, imam radicale a Milano, viene rapito nei pressi della sua abitazione da un misterioso commando di americani. Caricato a forza su un furgone, viene trasportato nella zona statunitense della base di Aviano. Da qui il 18 viene portato con un aereo speciale in Egitto, dove è imprigionato e torturato. Ma nel viaggio del prigioniero c’è anche uno scalo intermedio. Questi i dati accertati dall’inchiesta della procura di Milano sul sequestro di Abu Omar, ipotizzando un’azione clandestina della Cia. Ora si scopre che proprio il 18 febbraio 2003, alle 4.19, un Gulfstream – piccolo jet da dieci posti – è atterrato all’aeroporto internazionale del Cairo. Secondo i registri di volo è decollato dalla base americana di Ramstein (Germania). Il quotidiano Chicago Tribune , che ha rivelato il fatto, ipotizza che quel jet venisse utilizzato per missioni segrete della Cia. E non esclude che quel giorno, a bordo, ci fosse proprio Abu Omar. Le rivelazioni del quotidiano americano aprono una nuova pista nell’indagine condotta dal procuratore Armando Spataro. Fino a oggi l’attenzione degli inquirenti era concentrata su due-tre aerei usati dall’intelligence statunitense per eseguire le cosiddette «consegne speciali»: terroristi veri o presunti rapiti in un Paese amico e trasferiti in uno stato disposto a usare metodi crudeli per farli parlare. A disposizione degli 007 ci sono sicuramente un Boeing 737 e un paio di Gulfstream V. Ora il Chicago Tribune aggiunge un altro aereo. Un Gulfstream che cambia spesso numero di matricola (N85VM oppure N227SV) e che tra il giugno 2002 e il gennaio di quest’anno ha compiuto 51 viaggi a Guantanamo (Cuba). Nella grande installazione militare statunitense sorge il campo di prigionia riservato ai presunti seguaci di Al Qaeda catturati in Afghanistan e in altre parti del mondo. Sempre nello stesso periodo il jet ha fatto scalo 82 volte al Dulles International Airport di Washington, alla base dell’Us Air Force di Andrews, a Ramstein e almeno una volta a Roma.

Il jet è stato usato non solo dalla Cia. Il Gulfstream in questione appartiene a uno dei proprietari della famosa squadra di baseball dei «Boston Red Sox» ed è stato quindi impiegato per voli meno misteriosi. Quando è in viaggio ufficiale, l’aereo porta sulla coda il logo del team, simbolo che poi scompare in caso di missioni clandestine. In questi casi il velivolo viene noleggiato dalla Cia. La tariffa è di 5 mila euro all’ora.
Le implicazioni diplomatiche e giudiziarie del caso Abu Omar – sottolinea il Chicago Tribune – potrebbero rendere difficili i rapporti Usa-Italia. Il giudice Guido Salvini, nei primi atti d’indagine, ha scritto che il sequestro, se provato, rappresenterebbe «una grave violazione della sovranità dell’Italia». Ora Spataro è deciso a portare fino in fondo l’inchiesta che riguarda almeno 15 indagati, tra cui agenti della Cia. Come anticipato dal «Corriere», gli 007 americani hanno lasciato dietro di loro una montagna di tracce. Chiamate telefoniche, contratti per l’auto, spostamenti proverebbero il coinvolgimento delle spie americane nel sequestro. La scoperta del nuovo jet di copertura potrebbe aiutare gli inquirenti a chiudere la ricostruzione. L’imam rapito a Milano viene portato in auto ad Aviano e poi trasferito con un primo velivolo speciale a Ramstein. In Germania c’è il cambio d’aereo. Quindi l’ultimo volo verso l’Egitto, dove il sospettato viene incarcerato e torturato. Per polizia e magistrati, è una nuova pista che porta alla Cia.

Fonte:www.corriere.it
19.03.05

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