L’Evoluzione della Rivoluzione. Parte II: Dove Non Sventolano Bandiere

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traduzione dall’originale inglese per Comedonchisciotte di Andrea
Cesanelli.

-Umanità e Tribù.
Oltre il cielo azzurro e nello spazio esterno, fuori dalla dimensione
di questa Terra sferica, dove ci si sente circondati dalle stelle e
dall’oscura vastità dell’universo, e contemplando ed esplorando l’infinito,
un’energia appare, incomprensibile alle menti primitive: è un pianeta
vivente che ruota attorno al suo asse, facendo così scorrere la luce
solare sulla sua superficie, alternando luce e buio, esibendo le sue
nuvole bianche, i suoi oceani azzurri, i suoi continenti verdi e terre
marroni e tutta la sua vitalità nel nero vuoto dello spazio.
Un pianeta senza linee di separazioni, confini, bandiere o segni di
nazionalismo; questo è come si presenta il nostro mondo già a poche
migliaia di chilometri di altezza, dove qualche uomo e donna si sono già
avventurati; un mondo fatto solo di barriere naturali, mentre non si
scorge nessuna delle barriere artificiali di legge o di guerra imposte
dall’umanità.
Dall’alto, disteso sotto le sue nuvole che a volte lo nascondono, un
solo mondo può essere visto: unito e senza etichette, un pianeta di acqua
e terre, un paradiso che esiste come un’energia, che non conosce né
dogane né paesi, né segregazione di popoli, né rivolte di esseri contro un
incomprensibile universo, in cui l’uomo, non è che un ciottolo nel
tempo e nello spazio. Dall’alto, si vede un solo pianeta, una sola casa,
che tutti gli esseri che ci vivono possono pretendere come loro propria,
di tutti e di nessuno. Dalla luna, tra stelle e dall’oscurità dell’universo solo la Terra emerge come casa in cui vivere, la scialuppa che ci ha partoriti e su cui andiamo alla deriva nell’oceano dell’oscurità.

Se le nazioni avessero dovuto esistere, il potere che ha creato montagne, fiumi, laghi foreste e l’umanità stessa le avrebbe poste in essere fin da subito insieme con quest’essere di creta e polvere che è l’uomo.
Se l’umanità fosse stata destinata alle recinzioni, la Terra gliele avrebbe fornite fin dall’inizio della sua esistenza, rendendo impossibili le migrazioni umane, limitando la nostra esistenza al territorio in cui
siamo nati, destinandoci a vivere in lande sigillate, alcuni, più fortunati, su territori ricchi e prosperi, altri, per loro sfortuna, su zone povere e aride. Se le nazioni sono il destino della civiltà umana, perché sono apparse solo così recentemente nella nostra storia? Perché sono state così instabili e mutevoli in questo brevissimo lasso di tempo da cui esistono? Cambiando, alterandosi, sparendo, facendosi distruggere,
ricostituendosi e acquistando e perdendo territorio continuamente senza stabilità? Perché i confini sono così sensibili ad ogni nuova guerra o terremoto politico?

Se il territorio è un diritto giusto ed equo, allora 6,3 miliardi di persone sono nate con una terra promessa che spetterebbe loro, una partizione ad ognuno, in uguaglianza e giustizia, senza gelosie o avidità, un
dono metafisico, non acquisito attraverso sfide, criminalità, frodi, colpi bassi, furti, eliminazioni etniche, genocidi e spoliazioni di interi gruppi umani.

Di più, i confini nazionali non sono stati creati insieme con le montagne, i fiumi, i laghi, gli oceani e le valli, e sono sempre state un’anomalia assurda sulla superficie della Terra. Sono infatti invisibili appena saliti un po’ oltre la nostra altezza umana, e scompaiono completamente in una visione dallo spazio. Non sono mai stati parte della Terra, fino all’arrivo dell’umanità pochissimo tempo fa.

Perché la Terra e le sue meraviglie naturale non contemplano il complesso sistema di interazioni che le tribù umane si sono costruite né concepisce le divisioni politiche e le aspirazioni territoriali. Le sue lande e vie d’acqua sono esistite per milioni di anni, e esisteranno per altrettanti milioni ancora, senza preoccuparsi troppo, anche dopo che l’umanità dovesse estinguersi. C’erano prima di noi, ci saranno anche dopo
di noi. La superficie terrestre obbedisce ai diktat della natura, non alle teorie politiche umane o ai leader politici umani. Essa cambia secondo le leggi del tempo, non secondo i capricci di una specie, e i cambiamenti avvengono in ordini di epoche, non secoli, in una calma e lentezza, e non in movimenti rapidi e improvvisi. L’ambiente, l’aria, le montagne, le foreste, gli oceani, i fiumi, benché disturbati, intossicati,
stravolti, avvelenati dall’operato dell’uomo, potranno in un certo lasso di tempo tornare al loro equilibrio pre-umano pronte a ristabilire l’armonia di un ecosistema plurimilionario che reclama il suo ordine.

All’interno dei contorni di un pianeta fisico senza bandiere o etichette resiste questo sistema-Terra e non possiamo negargli bellezza e fascino incredibili. I suoi colori, la sua armonia, la sua durata stabile
nel tempo, la sua magnificenza che trascende qualunque costruzione politica sia sorta su di essa e abbia tentato di avvelenarla. Essa sta lì, in tutta la sua intatta e primigenia bellezza, anche negli eventi
catastrofici come i terremoti e le altre calamità, ignara delle divisioni politiche che tormentano l’umanità e la dividono opponendola a se stessa.

L’umanità non è che un singhiozzo nella lunga storia del pianeta Terra, un nanosecondo (1/1.000.000 di sec.) se poniamo l’età della terra uguale a 24 ore. Eppure questa giovanissima specie ha stuprato e
saccheggiato questo veneranda casa, benché sia l’unico posto che ha per vivere.

Abbiamo, da buoni mammiferi, marchiato il territorio terrestre come nostra proprietà, ne abbiamo reclamato il possesso, ne abbiamo sfruttato al massimo le risorse, lo abbiamo difeso con la violenza, la guerra,
l’aggressività vigile. L’animale umano si dimostra per quel che è: una bestia territoriale.

Le prime tribù di ominidi si spinsero in ogni angolo del globo, in una migrazione di centinaia di migliaia di anni, hanno occupato tutte le zone abitabili del pianeta, come un gigantesco albero i cui rami si
diffondevano a riempire il cielo. Così abbiamo reclamato terre e risorse, scacciandone precedenti abitanti e difendendole da nuovi possibili concorrenti e adattandoci anche al clima e alle esigenze del nuovo territorio
colonizzato. E la diaspora è continuata, perché le nuove generazioni sempre più numerose erano affamate di terre e se quelle vicine erano già occupate si partiva a cercarne altre lontane, ancora vergini dall’unico
predatore che era rischioso combattere, il proprio simile: l’uomo. E così, riempiendo sempre più gli ultimi spazi incontaminati, la specie umana ha raggiunto tutti gli angoli del pianeta, e di ogni angolo si è
arrogato del titolo di padrone e dominatore.

Questo è stato il modo di popolare e colonizzare questo pianeta da parte della nostra specie. E le stesse motivazioni che hanno consentito una così rapida diffusione e successo colonizzatorio hanno anche imposto
uno status di continua violenza, aggressività e guerra fredda continua che a cicli diventava calda. Con confini ora stabiliti, territorio da difendere, una casa da proteggere; con terre migliori di altre, zone più
ricche, lande più fornite di risorse o più adatte allo stanziamento umano, le cupidigie, le invidie, i desideri e le guerre non potevano che nascere e prosperare!

Sono i confini e le entità politiche che dominano le menti umane che, insieme con le religioni, ci hanno condannato ad un destino di problemi, di conflitti e di guerre per dirimerli e che inevitabilmente creavano
altri problemi, altri conflitti e altre guerre, e con esse: stupri, devastazioni, invasioni e morte e distruzione.

Dai tempi del nostro esodo dalla Grande Rift Valley, le tribù umane, ovunque si sono spinte nel loro pellegrinaggio, hanno portato con sé la loro territorialità psicologica e una forte aggressività per
realizzarla. Come tutti i mammiferi, cerchiamo un territorio-casa, un territorio zona-di-caccia, nostre risorse esclusive e uno spazio vitale e siamo pronti a tutto per averli e difenderli.

Per centinaia di migliaia di anni i confini territoriali separavano tribù distinte, mantenendole in pace, almeno finché non compariva una nuova ondata migratoria umana; allora si innestava una nuova guerra: dei
locali per difendere ciò che era loro, dei nuovi venuti per conquistarlo.

Durante le epoche, se una tribù stanziata in una zona, veniva invasa, conquistata, perseguitata o costretta ad accettare degli invasori essa poteva o perire o muoversi verso altre terre, concordemente con un
equilibrio di poteri che imponevano di trovare zone libere da altri uomini o con tribù più pacifiche da soggiogare o sterminare a loro volta. Nella perenne caccia a terre, risorse e quant’altro e nella perenne lotta per conquistare e tenere tutte queste cose.

Lo stesso principio psicologico giuda gli stati-nazione esistenti oggigiorno, perché la mentalità tribale e territoriale continua ad essere un imperativo biologico-psicologico potente nella nostra mente! Solo il
meccanismo psicologico si è evoluto ed è cresciuto, ma le regole di base sono sempre quelle; le tribù non sono più fatte di poche centinaia di individui, bensì da centinaia di milioni.
Alcune tribù si sono enormemente accresciute mentre altre sono rimaste piccole; con l’avvento della domesticazione animale e dell’agricoltura fu possibile per i nostri antenati cessare la vita nomade e costruire
dapprima villaggi e poi città sempre più grandi e da ciò poi costituire i primi regni governati dai faraoni, dai re e dai cesari e dagli altri prelati. Questi stati, molto vicini gli uni agli altri erano sempre nel rischio di una guerra con i loro simili vicini. Questo per quel che riguarda le tribù che hanno progredito velocemente, adattandosi al nuovo sistema che imponeva aggressività e creazioni di entità politiche complesse, che inevitabilmente si espandevano sempre più in imperi a danno dei loro vicini fino a soccombere come tutti gli imperi fanno prima o poi.

Ma ci sono state anche tribù conservatrici, relegate in angoli lontani del pianeta, che sono rimaste nomadi e legate ad antichissime forme di convivenza con l’ambiente e la natura; rimasero nomadi, cacciatori,
spiritualmente liberi e politicamente arretrati.
Ma la maggioranza delle tribù si convertirono al ‘regno’, all’organizzazione politica che è già moderna, perché essa forniva maggiore aggressività verso l’esterno e maggiore protezione dai nemici e con essa
comparvero: città fortificate, guerra, schiavitù e tutte le altre caratteristiche della civiltà umana, come la differenziazione sociale, i dominatori e gli sfruttati.

E intanto le terre vergini erano sempre meno, la concorrenza per accaparrarsele sempre maggiore, le risorse diminuivano, la popolazione mondiale umana cresceva e ovviamente anche l’aggressività. E i primi
regnucoli si sono uniti in regni più grandi, che poi si sono uniti in imperi e all’interno e all’esterno di essi la violenza era la costante nei rapporti tra uomo e uomo, stato e stato.

E tanto i monarchi crescevano di potere con i loro regni, tanto più usavano questa ricchezza e potere, date spesso dallo sfruttamento della manovalanza delle classi più misere, per aumentare la sottomissione sia
all’interno del regno sia all’esterno con guerre di conquista.

Ma ecco che iniziarono le prime rivoluzioni quando i gioghi si fecero troppo stretti e le popolazioni sottomesse presero una pur vaga coscienza del loro status, e così nacquero i primi regni democratici in cui il
popolo si autorealizzava un governo invece di farsi governare da inetti regnanti. L’umanità si trovò a non esser più del tutto soggiogata, serva, usata ma prendeva coscienza dell’esistenza della libertà.

Con il potere crescente di qualche stato-nazione quella che era stata la piccola e timida tribù si trova ad essere un organizzazione potente e molto più pericolosa, ricchezza e potere una volta impensabili,
possesso di terre sconfinate, centinaia di milioni di individui che vivono all’interno dei suoi confini.

Le odierne tribù più potenti, principalmente quelle viventi nel nord fortunato, dotato di clima temperato, dei terreni fertili, dei raccolti abbondanti, di una posizione migliore, resesi estremamente ricche a scapito del sud pur ricco di risorse, grazie alla colonizzazione coercitiva, grazie al controllo economico-finanziario dell’intero pianeta in un sistema capitalistico inventato da loro stesse, e grazie al possesso esclusivo dei mezzi militari e tecnologici più potenti, dominano e sfruttano in tutti i sensi il pianeta.

-Senza Bandierine, Senza Nazioni .

Oggi lo stato-nazione è un vasto sistema di controllo realizzato per soggiogare i suoi cittadini, tenere le masse nell’ignoranza della realtà e ossequiose e servizievole verso l’élite che è al potere. Non conta
nulla se i dominatori e sfruttatori hanno cambiato il feudalesimo nel capitalismo moderno, confondendo la nostra schiavitù con i comfort dati dal benessere materiale e addolcendo la nostra servaggio con i balocchi
del consumismo. Lo stato-nazione resta una organizzazione umana fortemente gerarchica con una élite che ha lo scopo di sfruttare chi le è sottoposta.
Le odierne nazioni non sono altro che le ancestrali tribù, che, molto e molto cresciute in dimensioni, ormai drogate dal bisogno di ricchezza e potere, hanno affinato la loro naturale tendenza allo sfruttamento.
Con il controllo e la manipolazione della gente, usando un assortimento ampio dei mezzi, l’élite può mantenere il potere, apparentemente, sembrerebbe, in totale accordo con i desideri delle masse governate.

Il mantenimento della fiducia e della lealtà da parte delle masse è molto importante per poter conservare lo statu quo, e i governanti, questo, lo sanno molto bene e fanno di tutti per realizzarlo.
La menzogna, le bugie, le false promesse sono presenti continuamente e devono essere, come in effetti sono, le più persuasive possibili. Così il cittadino, dalla culla alla tomba, è cresciuto e indottrinato nella
assoluta necessità dello stato e all’oscuro delle verità scomode che gli stanno dietro. Il sistema è basato sulla Fede, e la fede è uno strumento potente contro la ragione, ma dev’essere inculcata fin da piccoli
per attecchire bene, e così vien fatto ai cittadini, affinché si crei in loro un’autocensura che gli impedisca di criticare il sistema-stato e che invece li induca a vederlo come unico e sano sistema possibile.
Questo è il sistema-stato-nazione all’alba del XXI secolo.
Il condizionamento e la manipolazione mentali iniziano fin dalla nascita quando l’idea della nazione-stato è impressa nel cervello del bambino ancora in formazione. Come tutte le religioni organizzate, il sistema-stato sa, che per ottenere una lealtà a vita e una dipendenza dei suoi sudditi, il lavaggio del cervello dev’essere fatto il prima possibile: dai primi momenti della vita stessa. Deve iniziare a inquinare la mente umana e insinuarsi nei suoi pensieri naturali prestissimo, bombardando l’ancora innocente e ingenua identità di una persona che si sta formando e che è del tutto indifesa e incapace di spirito critico. Solo così la mente non oserà più tardi criticare o avere dei dubbi su guerre, colonialismi, e quant’altro lo stato imporrà come buono e giusto. E’ la ricetta per trasformare un piccolo cucciolo di primate in un servo fedele, leale e stupido dello stato-nazione.

Il sistema sa che per realizzare il suo esercito di api operose e formiche guerriere deve conquistare le anime dei suoi sudditi, perfezionato sempre più in migliaia di anni, il metodo di imprinting è sempre più potente in modo da evitare che nell’età adulta al suddito possa venire anche solo una vaga idea contraddittoria al sistema-stato.
Dalla nascita e per tutto il periodo educativo questo processo viene portato avanti e il risultato non manca di realizzarsi come sperato! E’ l’indottrinamento: familiare, scolare (la scuola è gestita dallo stato
che ovviamente le dà l’impronta che più è da lui considerata utile a sé), sociale ecc. contro cui un cervello vergine e naïve non può che soccombere!
Fin dall’inizio i bambini dell’uomo vengono sottoposti a lunghi training di indottrinamento per renderli compatibili con il sistema, indottrinamento che li rende sempre più cittadini obbedienti sottomessi
all’autorità, cittadini che non porranno mai in dubbio i fondamenti della nazione o la legittimità di quelli che la comandano. Sono manipolati per diventare un altro ennesimo ingranaggio del sistema e farlo andare avanti,
cresciuti a conformismo reso abitudine, essi svolgeranno poi il compito in maniera eccellente.
Naturalmente predisposti all’attenzione e alla curiosità i bambini accettano acriticamente quel che viene loro insegnato nell’assoluta buona fede della loro età.
L’idea nazione è profondamente inserita in tutti i programmi educativi scolastici. Ma anche la società ne è pregna, si pensi alle centinaia di canzoni a sfondo patriottico, e i libri che raccontano la storia
nazionale quasi sempre distorta a nostro favore facendo sempre apparire l’altra nazione come cattiva e la nostra vittima anche quando aggredisce palesemente. E’ un lavaggio del cervello che insegna a non vedere
pulizie etniche, crimini di tutti i tipi, guerre imperialistiche, genocidi, utilizzo con leggerezza di bombe terribilmente devastanti… quel che fa la nazione-stato è giusto, viene detto, e il bambino a forza di sentirlo
si abitua a pensarlo come pregiudizio automatico.
E quelli che più hanno contribuito a rendere grande e potente la nazione, non importa se con le azioni più orribili e abiette, diventano eroi semidei additati ad esempio alle masse, e così è per la classe dirigente,
dipinta come dotata di moralità superiore e invece, sono i criminali e gli assassini a diventare presidenti, sono i razzisti più abietti a farsi corte suprema, e i parlamenti sono il covo dei corrotti della peggior specie.

In questo mondo di finzione-fatta-realtà, dove la verità è spesso capovolta, ai bambini vengono insegnate leggende come realtà al solo fine di far credere loro in un passato glorioso della nazione che non è mai
esistito, ma che li deve far sentire in dovere verso i grandi eroi che hanno creato la loro nazione in cui vivono e verso cui anche loro hanno grandissimi obblighi.

Non si può criticare queste idee, vanno accettate, assimilate e poi ridistribuite a loro volta, così funziona il sistema. Chi esce da questo conformismo viene escluso, ridicolizzato, attaccato, eliminato…

Il Governo è per forza saggio e non può essere posto in discussione, cittadino virtuoso è chi capisce questa ‘verità’ è la accetta subito diffondendola a sua volta.
Niente verità, solo propaganda, per mesi, per anni, per decadi… alla fine il cervello del primate uomo viene plagiato dal sistema: diventa ossequioso strumento del sistema.

Non c’è adulto nato e cresciuto nel sistema stato-nazione che non abbia parecchi pregiudizi del tutto irrazionali a favore dello stato, chi più chi meno, tutti siamo indottrinati e non possiamo sfuggire a questo
imprinting perché è stato troppo forte e troppo prolungato.
Questo imprinting ci induce pensieri e azioni automatiche in molte occasioni in cui lo stato-nazione ci chiama all’obbedienza, cui siamo indirizzati da anni di esercizio ad esserlo.
L’amore della nazione è inculcato, il sacrificio alla bandierina è imparato, il patriottismo è imposto e la lealtà al governo predicato, e allo scoccare di qualche dita o al premere di un qualche interruttore da
parte dell’autorità ci ritroviamo tutti irreggimentati servi obbedienti pronti ad agire secondo i voleri dell’élite.
Rabbioso come i cani randagi, l’animale umano è, una volta ancora rilasciato, con il risvegliarsi delle nostre inclinazioni aggressive e violente. Dieci milioni di cittadini, da sempre fuorviati dalle dottrine
nazionaliste, sono, come i cani di Pavlov, svegliati dal loro sonno dai campanelli che chiamano a raccolta per la guerra. La saggezza sparisce di colpo e il logico e analitico cervello umano diventa succube del
frenetico e ipnotico piacere per la guerra.
Le poche voci che invitano alla prudenza e cercano di fermare un mondo che si butta, allegro e incosciente, verso la morte, vengono inascoltate, ridicolizzate, zittite.

E’ il trionfo del condizionamento ereditato protratto per decadi e che può essere visto in tutta la sua forza soprattutto negli anni di guerra, in cui anni di disastri, sacrifici, morti vengono salutati come una
festa inevitabile. Niente conta più, tutto passa in secondo piano, per la guerra si rinuncia anche ai propri diritti fondamentali, alle proprie libertà, alla propria salute e vita.

Seguendo ciecamente le blateranti bugie, scioccamente credendo alle arroganti chiacchiere di criminali e assassini, irreggimentandosi sotto bandiere e in divise coloratissime, ipnotizzati dal nazionalismo e dal
presunto senso di superiorità, moltissimi diventano automi al servizio dello stato aggressivo e della sua lotta per il potere. Tutto questo avviene in un lasso di tempo brevissimo, quale automatismo psicologico
indotto, non viene meditato: scatta semplicemente e molto velocemente. Le persone – rare – cui questo non accade vengono additate dal governo come nemiche dello stato e pertanto isolate, ridicolizzate, ostracizzate, eliminate; solo il cittadino guerra-compatibile è considerato buon cittadino! Lo stato si è creato i suoi bravi sudditi. Ora, con essi, può fare ciò che gli pare; li manderà a morire, li manderà a vedere l’inferno
più inimmaginabile, quelli che erano figli, fidanzati, padri ecc. ecc. torneranno, se torneranno, rotti nel fisico e nella mente, mai più gli stessi. E intanto lo stato saccheggia anche i nostri tesori e le nostre casse oltre a negare, sempre per necessità bellica, i nostri più semplici diritti.

Il nazionalismo ed il patriottismo distruttivi alle relazioni umane quanto mai nient’altro è stato.
L’amore per il paese, il cieco nazionalismo, il patriottismo aggressivo, la xenofobia ignorante, la paura indotta e irrazionale e via di seguito creano un potente cocktail che libera i peggiori istinti dell’animale umano. Questo sta avvenendo oggi in America.
La popolazione di una super tribù che sta aggredendo le tribù vicine perché si crede a tutte superiore. Falsi nemici creati solo dalla propaganda, oggi sono visti come non mai pericoli immediati e da controbattere
immediatamente. E’ il tempo del fervore cieco nazionalista e della morte della logica analisi: razzismo e aggressività esplodono, le bandiere sventolano e i governi mentono ma mai come oggi siamo così pazzi da
amarli incondizionatamente.

La divisione dell’umanità in nazioni e popoli divisi è un modo che la classe dirigente di ogni paese ha creato per controllare meglio il proprio popolo. Confini, bandiere, governi e idee nazionaliste creano
divisioni, minacce e pericoli, facendo di 6 miliardi di uomini nemici non amici. E separati e paurosi siamo meglio controllabili da un governo, che ci manda a combattere l’un contro l’altro per le risorse e le ricchezze che la classe dirigente userà per sé e per aumentare il potere con cui ci tiene aggiogati. Insieme con la religione, il nazionalismo (o super trialismo) ha prodotto più morte e distruzione di qualunque altra idea
creata dalla mente umana. Corrosivo e senza valore, idea di menzogna e per il male della gente, dove il povero di una nazione combatte a morte il povero di un’altra, mentre la grassa classe dirigente si arricchisce e schiavizza entrambi.
La nazione è la reincarnazione della proprietà feudale su una scala molto più grande, e noi ne siamo i servi il cui lavoro è sfruttato da dei nobili nullafacenti e parassitari che poi ci mandano anche a morire per
le loro sciocce e insensate questioni senza che noi ci guadagniamo assolutamente nulla.
Siamo forzati a combattere nostri simili che ci vengono dipinti come nemici, ma in realtà essi non hanno nulla contro di noi, come noi non abbiamo nulla contro di loro: sono uguali a noi, nonostante ogni
propaganda voglia farci vedere chissà cos’altro. Ma la guerra vuole nemici e se nemici non ci sono li si crea, del resto la classe dirigente ha bisogno delle guerre per arricchirsi ancor di più.

L’élite fa di tutto per evitare la tendenza dell’umanità a riconoscersi come sorella perché una simile consapevolezza vorrebbe dire la fine delle guerre e lo smascheramento della sua politica di menzogne
interessate! Ma la tendenza all’unione di tutta l’umanità in un’unica super tribù è inevitabile; dai tempi delle prime aggregazioni umani si è passati a entità sempre più grandi ed il processo potrà concludersi solo quando l’intero pianeta diventerà l’unico villaggio di una singola tribù. In molti paesi l’appartenenza etnica, già oggi, non conta a formare la coscienza nazionale e la fusione tra idee, razze e culture diverse va sempre
più realizzandosi. E l’avanzare della tecnologia non fa che accelerare il processo di internazionalizzazione dell’umanità.

L’inevitabile costituzione di un’unica tribù globale è alle porte, un semplice battito di ciglia nella storia e sarà realizzata, probabilmente in 100 anni, al massimo in 250.
Purtroppo non abbiamo il tempo per l’autocompiacimento e l’attesa di tante decadi potrebbe rivelarsi fatale, dato che la terra sta annaspando e l’umanità continua a spingere sulla via dell’autodistruzione.
Il futuro deve cominciare adesso, visto che questa cosa, chiamata nazionalismo e competizione tra paesi e ricerca delle risorse sta drammaticamente e irreversibilmente distruggendo il pianeta. La super tribù deve
nascere presto, la fratellanza di tutti gli uomini e popoli deve cominciare. E questo prima che qualcuna delle tribù più potenti di oggi, vista anche la situazione di penuria che stiamo vivendo, decida di imporre
con la forza il suo dominio parziale e imperialistico alle altre tribù più piccole, è una storia che si è ripetuta per millenni, è facilissimo che si ripeta, drammaticamente, ancora.

La più grande sfida e minaccia per l’umanità è l’umanità. Nazionalismi e religioni continuano a distruggere i nostri veri potenziali.
Continuano a tirar fuori l’animale umano che è dentro di noi lasciando che esso
distrugga noi e la terra su cui siamo. Le divisioni dei popoli in tribù hanno sempre portato a guerre e conflitti.
Ma le nazioni e i confini sono delle illusioni, mezzi di segregazione, di divisione, di dominio e
di schiavitù. Sono gli strumenti che ci tengono barbari e ci impediscono di vincere e superare gli istinti peggiori dell’animale umano che è in noi.
E’ un faccenda che ci riguarda tutti, com’è vero che tutti noi, homines sapientes, veniamo da un unico comune antenato che lasciò l’Africa ere fa. Siamo umani, ognuno e tutti, nati senza bandiere né confini
politici o idee di nazione, possiamo esser in armonia con la natura. La nazione è qualcosa di costruito dall’uomo stesso, così come il nazionalismo e il patriottismo. Ma la nostra lealtà dovrebbe essere per la Terra e l’un l’altro, non per le intangibili fantasie di divisione o di confine.

Dall’alto nello spazio i nostri occhi ora vedono le monolitiche montagne coperte di neve e le valli fertili, le grandi pianure e le fitte giungle, gli oceani blu e le foreste verdissime, i deserti aridi ed i
gorghi fluviali, tutta la continuazione dei miliardi di anni di un pianeta cangiante, interamente costituiti dalla natura, come un’oasi nel nero vuoto dell’universo. Vediamo una terra intera esente dalle linee di
delimitazione, bordi definiti che separano le nazioni. Siamo la mega-tribù, da una, molte, da molti, una. Le divisioni basate sulle nazioni-stato spariranno inevitabilmente, e verranno un giorno ricordate come un
meccanismo imperfetto e arcaico dalla civilizzazione umana avanzante. La creazione delle nazioni ha avuto il relativo scopo; ora si è trasformato in una minaccia. Ora siamo cittadini del mondo, non dei paesi, per
sempre leali alla terra e, non alle istituzioni, sappiamo che divisi periremo tutti, e insieme prospereremo.

Dove le bandierine non sventolano più ed i confini non dividono, lì, è dove il nostro viaggio deve indirizzarsi, lasciando le divisioni, l’aggressività, la violenza e le guerre indietro senza rimpianti.
I cittadini del mondo siamo noi, uniti e forti, che vogliono por fine a nemici e separazioni, consci che quelle idee ci stanno distruggendo tutti, ma invece cercando la collaborazione come sostituto alla
competizione e la comunione invece dell’isolamento diffidente.
Dentro al futuro dobbiamo andare, dove né bandiere sventoleranno né confini ci divideranno più, trasformando oggi il nostro mondo e il nostro modo di viverlo. Se falliamo, il sorpassato sistema nazione-tribù continuerà a dominarci e continuerà a distruggerci dal dentro della nostra stessa anima, tenendoci in prigioni mentali e in balìa dei peggiori demoni dell’animale umano. Se invece avremo successo, forse una nuova alba apparirà per l’uomo, e noi potremo vivere una rinascita positiva come individui e come specie.

Image di John Lennon

Imagine there's no heaven,
It's easy if you try,
No hell below us,
Above us only sky,

Imagine all the people
living for today…
Imagine there's no countries,
It isn’t hard to do,

Nothing to kill or die for,
No religion too,
Imagine all the people
living life in peace...

Imagine no possessions,
I wonder if you can,
No need for greed or hunger,
A brotherhood of man,

Imagine all the people
Sharing all the world...
You may say I’m a dreamer,
but I’m not the only one,
I hope some day you'll join us,
And the world will live as one.

Immagina non ci sia paradiso
è facile, basta provare,
nessun inferno sotto di noi,
soltanto il cielo al di sopra,
immagina che tutti quanti 
vivano solo per l’Oggi...
Immagina non ci siano nazioni,
non è difficile raffigurarselo,
niente per cui uccidere o morire, 
né nessuna religione,
Immagina che tutti quanti
vivano la vita in pace…
Immagina basta proprietà,
ce la fai a crederlo?
nessun rabbia o avidità,
l’umanità riunita in fratelli,
immagina tutti quanti,
dividersi il mondo...
Puoi dire che sono un sognatore,
ma non sono da solo a sperare,
spero un giorno spererai con noi,
ed il mondo vivrà come uno solo.
 

Parte I

Il nuovo racconto di Valenzuela è ora in vendita su Authorhouse.com sulla pagina di “Echoes in the Wind”. Una storia filosofica, educativa e spirituale sull’umanità e la nostra civiltà, argomenti di stretta
attualità, il libro è di circa 600 pagine. Il libro è disponibile su Amazon.com e barnesandnoble.com, e anche su altri negozi di libri on line. Il libro può essere anche acquistato attraverso la rete di vendita mondiale di libri attraverso il numero ISBN 1418489905.

Manuel Valenzuela è un sociologo e commentatore, analista di affari
internazionali, opinionista internet, e autore di “Echi Nel Vento” (Echoes
in the Wind), un racconto pubblicato da Authorhouse.com. Una serie di
saggi, “Oltre Lo Specchio Che Fuma” (Beyond the Smoking Mirror):
riflessioni sull’America e sull’umanità, sarà pubblicato presto nel 2005. I
suoi articoli appaiono regolarmente su www.informationclearinghouse.info.
Il suo stile unico e pregevole è seguito in molti paesi e cerca di
esporre le verità e le realtà confrontandole con il mondo di oggi. Mr
Valenzuela apprezza molto i commenti e può essere raggiunto su:
[email protected].
Una serie di suoi lavori può essere trovata visitando il suo archivio o
cercando su Internet.

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Manuel Valenzuela.

PARTE III

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