L'EUROPA IMPAURITA DALLA COLLABORAZIONE TRANSANTLANTICA ?

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DI CLAUDIO GALLO

rt.com

A Sevran, un comune della periferia nord-orientale di Parigi, la resistenza è già iniziata. Dallo scorso 11 aprile la città si è auto dichiarata una zona libera dal TTIP, il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, ossia una copia atlantica del NAFTA (accordo nordamericano di libero scambio).

La soluzione introdotta dal gruppo di sinistra Sevran Solidaire et Citoyen è stata adottata dalla vasta maggioranza del Consiglio di Sevran. La città chiede al governo francese di fermare i negoziati per la creazione una zona di libero scambio tra l’America e l’Europa, negoziati che si stanno protraendo da quasi 10 mesi.

A Sevran si crede che il trattato “non riguardi tanto la libera concorrenza e la mancanza di barriere, ma che sia invece una minaccia per il nostro modello sociale e per la vita alla francese: la demolizione di tutte le protezioni sociali e ambientali, la caduta dei salari e dei prezzi, le privatizzazioni, l’attacco allo stato da parte delle multinazionali in tribunali arbitrali privato.”

La paura causata da questo triste quadro si sta spargendo lentamente attraverso l’Europa, nonostante i media europei tendano a chiudere gli occhi davanti ad esso. Inoltre si avvicinano le elezioni europee previste per la fine di maggio e i politici europei, già assediati da orde di partiti nazionalisti scettici nei confronti dell’Europa, non vogliono parlare di un problema così controverso. Il modo in cui Bruxelles cerca continuamente di presentare il trattato è tipico di questa Europa priva di un cuore politico, un club di banche per cui la democrazia coincide con la regolazione di ogni aspetto della vita, compresa la lunghezza di una zucchina.

Non è niente meno che l’antropologia iper-astratta del neoliberalismo, un mondo di individui monadici senza connessioni sociali e solidarietà, la cui libertà consiste nel poter scegliere tra diversi beni e nel ‘potere’ di dire qualsiasi cosa gli passi per la testa ad una massa anonima di persone che non stanno ascoltando. Un mondo apparentemente regolato dalla mano magica del mercato, ma che è in realtà un’arena in cui solo i più forti contano e governano, ossia un ritorno alla legge della giungla.

Ciò è più evidente negli Stati Uniti dove, come molti film di Scorsese hanno dimostrato, la violenza di fondo della società è a malapena coperta da uno strato sottile di democrazia formale. La vecchia Europa, che si porta sulle spalle secoli di guerre sanguinose, ha bisogno di uno strato più spesso “per fare finta di essere qualcun altro”, come dice la canzone intitolata ‘Guilty’, di Randy Newman. Quindi nella rappresentazione standard europea del trattato in divenire tutto viene mostrato nella sua astrazione suprema, ogni evento umano è degradato e sottomesso alla burocratica possibilità di essere governato, cioè la sua umanità risulta dialetticamente distrutta.

Alla fine tutto viene falsificato perché la verità astratta può non coincidere con la verità sociale. Se il problema è rappresentato solo dalla semplificazione e dal rendere meno costoso il commercio tra le due coste atlantiche, chi può essere contrario?

Aprire, ma cosa ?

Se, come come afferma qualche economista, questo processo di apertura creerà nuovi posti di lavoro e incrementerà il PIL nel lungo periodo: chi può essere contrario? Le industrie automobilistiche europee e americane applaudono il trattato prevedendo di risparmiare decine di migliaia di dollari grazie alle regole semplificate: perché no?

Ma sfortunatamente i problemi sono più complessi di così. È questo tipo di complessità che fece perdere al critico mediatico americano Walter Lippmann quasi un secolo fa la sua fede nella democrazia dal basso e gli fece teorizzare un tipo di classe élite-burocratica per guidare il “gregge sperduto.” Anche se si è tentati da questo tipo di teoria, come sembra esserlo l’Eurocrazia, il punto è che l’autonomia di questi specialisti è una chimera. Anche l’élite deve sottomettersi alla legge del più forte che nel nostro mondo oggigiorno coincide spesso con le società globalizzate.

Sotto il logo accattivante del libero scambio si muove un gruppo di mostri, ognuno di essi conforme alla mimica della legge di Gresham: ‘I beni scadenti tirano fuori quelli buoni’. Usando le parole pragmatiche di Jean-Luc Mélenchon, esponente del partito francese di sinistra MP, “In Nord America i polli sono lavati col cloro, tu mangerai polli al cloro.” E per ora gli Stati Uniti e l’Europa non hanno ancora fatto i conti con molte tematiche difficili, come il cibo geneticamente modificato che è comune negli Stati Uniti, ma per la maggior parte ancora al bando in Europa; la carne trattata con ormoni, che è legale in America, ma proibita dall’Unione (anche se tutti sanno che ci sono molti agricoltori non scrupolosi che usano gli ormoni anche in Europa, essi sono comunque illegali).

Ironia vuole che un animale di fattoria benefici di diritti molto diversi dal lato opposto dell’Atlantico. Per il Trattato di Lisbona, il benessere degli animali fa parte dei valori europei, mentre negli USA, la carne è solo un prodotto. Indoviniamo qual è la visione più severa e chi sta sulla difensiva? Si può descrivere la creazione del trattato come uno sforzo dell’America per imporre all’Europa la sua giurisprudenza più orientata al business.

L’arma segreta

Ma, come dicevano i romani, in cauda venenum – il veleno è nella coda. Ossia, il peggio deve ancora venire. Tra tutte le sfide che questo libera-tutto apparentemente positivo può porre alle abitudini di vita degli europei, una è particolarmente insidiosa perché sembra essere un tecnicismo, mentre è in realtà un problema politico gigantesco. Di solito lo si presenta con le sue iniziali soporifere: ISDS (Investor State Dispute Settlement – accordo per le dispute tra investitore e Stato) .

L’Unione Europea lo definisce così: “L’accordo delle dispute tra investitore e Stato è uno strumento legale che permette agli investitori di porgere un reclamo ad un tribunale arbitrale, nel quale si afferma che lo stato ospitante non ha rispettato le regole di protezione dell’investimento.” Ancora una volta l’Unione Europea (e anche il rappresentate del commercio degli Stati Uniti, così è come lo difendono) sta presentando i fatti nella sua astrattezza complessiva, senza includerli in un contesto reale nel quale l’equilibrio (o sarebbe forse meglio dire squilibrio) del potere è in azione.

Cerchiamo di dare una visione più concreta del problema con le parole di Jim Shultz, direttore esecutivo del Centro di Democrazia: l’ISDI è “un arma poco capita” che le società “hanno costruito per difendersi dalla sfida: una vasta rete globale di scambio internazionale e di accordi d’investimento e un sistema di tribunali amichevole nei confronti delle aziende, progettato per rinforzare i diritti che quegli accordi garantiscono alle società.” Politicamente, l’ISDS può diventare uno strumento per forzare “indirettamente” i governi a governare, o a non governare, seguendo il beneficio, delle società, perché “le società internazionali possono forzare i governi davanti a tribunali di investimento internazionale e obbligarli a cedere centinaia di migliaia di dollari in compensazioni. (…) Il risultato è un sistema che danneggia la democrazia e minaccia seriamente il futuro”.

Lori Wallach, direttore dell’Osservatorio dello Scambio Globale, una divisione di Cittadino Pubblico, la mette così: “è come un silenzioso, lento colpo di stato.” Molti tribunali arbitrali lavorano senza la minima trasparenza, se non addirittura in segreto.

ISDS non è un invenzione del TTIP. Il mondo è coperto da una rete di oltre 3000 accordi di scambio ed investimento bilaterali e multilaterali. In questi accordi, che stanno in realtà costruendo un sistema di giustizia privatizzato, le società vedono un’opportunità per procedere con azioni legali contro i governi, quando le politiche pubbliche di questi ultimi vanno a toccare le loro possibilità di business in qualsiasi modo. Ci sono moltissimi esempi in tutto il mondo.

Il Québec è stato citato in causa per 250 milioni di dollari dopo aver introdotto una moratoria sulla fratturazione idraulica e questa sta aumentando mentre si aspettano gli studi scientifici sull’impatto potenziale. Volendo riportare ciò che un funzionario canadese ha raccontato a William Greider: “Ho visto le lettere delle imprese legali di New York e DC dirette al governo canadese, riguardanti praticamente ogni nuova regolamentazione ambientale e proposta negli ultimi cinque anni. Esse parlavano di prodotti chimici per il lavaggio a secco, di farmaci, di pesticidi, e della legge per i brevetti. Praticamente tutte le nuove iniziative sono state bollate e la maggior parte di esse non fu mai messa in pratica.”

Si possono trovare svariati altri esempi di questo tipo di arbitrato, in cui lo stato è il perdente, nello studio di Thomas McDonagh intitolato ‘Unfair, Unsustainable and Under the Radar’ (‘Ingiusto, Insostenibile e Non Percepito’).

Riguardo al sistema ISDI, persino le non rivoluzionarie Nazioni Unite hanno espresso la loro preoccupazione “per l’attuale sistema ISDS, e tra le altre cose, per il suo chiaro deficit di legittimità e trasparenza; per le contraddizioni tra i riconoscimenti arbitrari; per le difficoltà a correggere decisioni arbitrarie errate; per le domande sull’indipendenza e imparzialità degli arbitri, e per le preoccupazioni relazionate ai costi e al tempo delle procedure arbitrarie”.

Con quei fatti, la rassicurazione ufficiale europea che “L’Unione Europea punta ad assicurare un sistema ISDS trasparente, responsabile e ben funzionante, che rifletta l’interesse pubblico e i fini delle norme,” suona un po’ strana. Mentre l’Unione Europea sta meditando sui fondi dell’ISDS, ai cittadini sono state chieste le loro opinioni, mostrando un esempio del concetto surreale di democrazia che hanno gli Euro-burocratici: servono una laurea in legge e una in economia e molto tempo libero per completare il questionario. Sicuramente il cittadino medio europeo incontrerebbe parecchie difficoltà cercando di capirlo. Giudicate voi stessi: http://ec.europa.eu/yourvoice/ipm/forms/dispatch?form=ISDS

Forse con più tattica cha strategia, la politica europea sembra voler ritardare il suo supporto al sistema ISDS, a maggior ragione visto che l’Australia e il Giappone hanno appena firmato un accordo di libero scambio che non include un ISDS.

Ci sono segnali secondo cui governo francese e specialmente quello tedesco, il pugno di ferro dell’Europa, stanno considerando di non supportare le scorte dell’ISDS. Karel De Gutcht, il commissario europeo per lo scambio, solitamente non percepito come un nemico dell’ISDS, ha detto in un suo recente discorso che il sistema ISDS “ha creato delle preoccupazioni riguardo lo scopo ampio di alcuni dei 3000 accordi sugli investimenti bilaterali esistenti, attualmente applicati nel mondo. Per dirlo in tono più provocante, è stata espressa la paura che questi accordi siano una tentazione per le multinazionali a prevaricare i governi, particolarmente negli stati con pochi membri, affinché non adottino certe leggi o misure. ISDS ha fatto sorgere dei dubbi sulla capacità degli accordi d’investimento attuali di dare ai governi lo spazio necessario per regolamentare nell’interesse pubblico. Lasciatemi dire chiaro e tondo che il nostro obiettivo primario nella protezione dell’investimento è quello di creare un tipo di accordo sull’investimento nuovo e migliorato. Questo dovrebbe assicurare che i governi possano creare delle norme nell’interesse pubblico e allo stesso tempo provvedere alla protezione dell’investimento.”

Si riconosce la filosofia allineante ufficiale dell’Unione Europea nelle parole finali? Si possono salvare capra e cavoli. Ma abbiamo visto che in realtà è molto difficile proteggere l’investimento (o l’aspettativa di investimento) e l’interesse pubblico contemporaneamente, soprattutto in un tribunale privato. Vince il più forte. Indovinate chi è.

Claudio Gallo

Fonte: http://rt.com

Link: http://rt.com/op-edge/154816-europe-transatlantic-partnership/

25.04.2014

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di JONATHAN FERLIN

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