L'ETERNO RITORNO DELLA CRESCITA: ALCUNI GRAFICI CHE TV E PD NON VI POSSONO RACCONTARE

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FONTE: SENZASOSTE.IT

Uno dei danni più grossi inferti dal renzismo a questo paese è la trasmissione dello spettacolo dell’economia a reti unificate. Insomma, la piattaforma mediale permanente della “ripresa”, della “ripartenza”, della “crescita” nella quale giornalisti, membri del governo, economisti e dati sembrano parlare tutti allo stesso modo.

Si tratta della stessa televisione (o stampo siti internet o social media che importa) a reti unificate che racconta delle performance di Draghi che, con occhio benevolo verso l’Italia, favorisce l’economia nazione in un quadro, ci mancherebbe, di ripresa mondiale. Un danno alla democrazia grave eppure non avvertito.

Lo spettacolo della “ripresa”, oggi detto della “crescita”, va avanti da quando l’economia continentale è in declino. È dall’epoca delle prime crisi valutarie dell’eurozona, prima ancora che circolasse l’euro, che gli “esperti” vedono “segni di ripresa” sui “mercati” o “nell’economia” oppure negli “investitori istituzionali”. C’è da chiedersi come sia potutto accadere che un intero continente sia stato seppellito, per oltre tre lustri (per non parlare di prima della moneta unica) da un diluvio biblico di dati, previsioni, pronostici, affermazioni tutti a senso unico. Tutti lontani dalla realtà. Certo, con l’indice della borsa tedesca, il Dax, che in questi giorni raggiunge un altro record storico qualcuno, da questa imponente produzione di previsioni surreali, ci ha guadagnato. Ma andiamo per gradi. Siamo nel 2001, la moneta unica sta per vedere la luce ma, che ci crediate o no, la BCE suona già l’allarme. Ecco cosa dice ufficialmente secondo Repubblica: “La Banca centrale europea taglia le stime di crescita dell’eurozona per il 2002”.

http://www.repubblica.it/online/economia/ottimismo/bce/bce.html

Fatto, come sappiamo, già avvenuto negli anni successivi. E come per i tredici anni successivi al 2002 , al taglio delle previsioni per un anno per la Bce, e per i media che gli fanno da ufficio stampa, corrisponde una rosea visione dell’andamento economico per l’anno successivo: “La spesa per i consumi sarà la leva per la ripresa nel 2003, poi, il Pil crescerà del 2-3%”. Naturalmente qualcuno penserà che si tratta di condizioni, per la ripresa, diverse dall’oggi. Eh no, la Bce a fine 2001 diceva le stesse cose che dice oggi con Draghi quando si tratta di fare l’oracolo dell’economia a venire. Leggiamo dal link di Repubblica di allora: esistono “condizioni di finanziamento “molto favorevoli”. Il calo dei prezzi del petrolio, unito all’atteso ribasso dell’inflazione, determinerà inoltre un più rapido ritmo di crescita del reddito disponibile in termini reali e dovrebbe sostenere la domanda interna”. Ricorda niente? Ecco qua un articolo di circa quattordici (!) anni dopo dove si sostiene che esistono oggi (nel 2015) condizioni di finanziamento “favorevoli” che, grazie alla Bce, trascinano la crescita

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-03-08/bce-primo-giorno-qe-polizza-contro-deflazione-182709.shtml?uuid=ABk8655C

il tutto unito al ribasso del prezzo del petrolio. Solo che le stesse condizioni per la ripresa oggi dovrebbero alzare un po’ l’inflazione, e non tenerla bassa, ma, si sa, dopo quasi 15 anni tutto proprio non si può ripetere proprio a memoria. Se la macchina del tempo inviasse al 2002 una indicazione delle politiche di “crescita” proveniente dal 2015 praticamente racconterebbe le stesse cose. Ed è l’”Europa” non un romanzo di Philip Dick.

È quindi giunto il momento di scoprire, dove hanno portato L’Italia e L’Europa quasi tre lustri di politiche “di stabilità” e di parametri “di rigore” orientati verso la “crescita” ci mancherebbe. Ecco l’andamento del Pil pro capite dal 2002 ad oggi in Europa. Fonte Eurostat:

Grafico a1

Come si può agilmente notare, il Pil pro capite, o per abitante, è diminuito dal 2002 di 4 punti. E rappresentato sempre con lo stesso schema dalla Bce: un anno le cose sono viste negative o stagnanti mentre per l’anno sucessivo si promettono condizioni finanziare favorevolo e via, “la crescita”, mito di inizio XXI secolo. Ma poi rimangono, come si vede, i risultati. Andiamo però a vedere l’Italia, i cui governi hanno fatto a gara per mantenere “gli impegni con Bruxelles. Ecco qua il risultato dei patti di sangue con l’Europa dei governi Berlusconi, Prodi, Monti etc., del “senso di responsabilità per il rigore” di Pd, sindacati e parti sociali: 13 punti in meno di Pil per abitante dal 2002 fino ad oggi. Fonte Eurostat

grafico a2

Si dirà che perlomeno, pur perdendo Pil pro capite, l’Italia ha frenato l’enorme debito pubblico con le politiche di austerità e rigore. È quello che il Pd, e prima ancora Prodi, spergiurava accadesse. Tanto da mettere in costituzione, liquidandola, il pareggio di bilancio e mantenendo, come la Grecia, un alto avanzo primario di bilancio tagliando il possibile nella spesa sociale. Ecco quindi l’andamento del debito pubblico dopo quasi tre lustri di “rigore”, “compiti a casa” prescritti da “Europa”, “mercati” e Bce. E dopo aver liquidato la costituzione e tagliata la spesa pubblica col machete. Fonte Eurostat.

grafico a3

Insomma, l’alto avanzo primario di bilancio (in soldoni lo stato italiano trattiene i soldi che riceve dalle tasse NON destinandoli alla spesa sociale, stipendi, investimenti etc.) italiano non è servito a nulla. Urlare all’irresponsabilità della spesa pubblica, tagliarla senza ritegno, non ha portato effetti. Anzi, si guardino le date nel grafico per capire dove ci ha portato il “rigorista” Monti. Motivo? Semplice: hai voglia di tirare la cinghia, l’Italia paga il combinato del declino della propria economia e del prezzo dei prodotti finanziari che acquista. Siamo pur sempre una delle tre-quattro piazze più importanti al mondo per il collocamento del debito pubblico. Questo collocamento bisogna che qualcuno lo paghi: gli italiani.

A questo punto si potrà sempre dire, dimenticandosi che la Bce dice sempre le stesse cose da 15 anni (con questi risultati), che però con Renzi l’Italia riparte. Ecco qualche grafico sempre dall’Eurostat. La disoccupazione e’ in AUMENTO

grafico1

Mentre i media a reti unificate, tra cui il curiale Avvenire

http://www.avvenire.it/Economia/Pagine/istat-a-gennaio-scende-tasso-di-disoccupazione-.aspx

avevano parlato di diminuzione della disoccupazione (con Renzi che batteva il cinque affermando, bontà sua, che non bastava).

La produzione industriale è IN CALO

grafico a5

Mentre le fonti filogovernative parlano di “produzione ANCORA in crescita a febbraio”

http://www.firstonline.info/a/2015/03/03/confindustria-produzione-industriale-cresce-a-febb/82e1eede-2dcf-4d65-b4fc-2a61d620ddbd

Il quadro è quindi piuttosto chiaro. In quasi quindici anni di raccomandazioni della Bce a reti unificate, l’economia europea, nel complesso, è andata declinando. Mentre l’Italia ha subito un forte calo. Il renzismo a reti unificate non ha poi basi reali. Al massimo ha i microfoni che lanciano tutti gli stessi messaggi commentando gli stessi tweet. Ma allora in Europa chi è veramente cresciuto in questi anni? Chi ha prodotto valore? È semplice, rivolgiamoci ad un altro grafico, stavolta da infomine.com. Ecco qui l’andamento del Dax, borsa di Francoforte, dal 2000 ad oggi

grafico a6

Come possiamo notare, all’inizio della storia dell’Euro, dopo una prima fase di declino, il Dax decolla. Anche se l’economia europea è stagnante. Poi tocca quota 8000 prima della crisi dei subprime (2008). Oggi è su quota 12000, il cinquanta per cento in più rispetto alla crisi. Mentre l’economia europea dalla crisi non ci è uscita. Ecco la riprova che le politiche, e le raccomandazioni della Bce servono a qualcosa: a tenere alti i mercati finanziari. Tanto che le aziende comprano ben più volentieri asset finanziari che quelli, come si dice, legati alla cosiddetta economia reale.

Da una semplice lettura di pochi grafici possiamo quindi evidenziare tre questioni piuttosto forti: la prima che questo paese è a declino economico in un continente stagnante.

La seconda che il valore finanziario si riproduce, e si sviluppa, in modo inversamente proporzionale rispetto alla crescita economica.

La terza che l’informazione economica e finanziaria mainstream, in Italia ed in Europa, è in preda ad un effetto Orwell complesso e pericoloso.

E ora vai con lo spettacolo dell’Italia che riparte, ennesima replica in cartello della solita sceneggiatura di Matteo Renzi, il gelataio di Rignano.

Fonte: www.senzasoste.it

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18.03.2015

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