DI PANAGIOTIS GRIGORIOU
greekcrisis.fr
È senza ombra di dubbio l’epoca degli spauracchi e delle paure. XXI secolo. Style nouveau e totalitarismo collaterale. Ed ecco che l’«elezione-cosmetica» del nuovo Presidente della Repubblica nella colonia greca torna ad essere una questione importante per gli affari del nostro inedito mondo.
Perfino il Commissario Moscovici è recentemente venuto ad Atene per spiegarci quanto sarebbe… pericoloso arrivare ad indire nuove elezioni politiche, qualora entro tre giorni di scrutini in Parlamento l’ex Commissario UE Dimas (o in alternativa un altro dello stesso gruppo di autocrati) non fosse eletto.
Pericoloso, beninteso, per gli interessi delle burocrazie manageriali e per quelle degli speculatori, vale a dire per i reali governanti mai eletti, per i quali Moscovici lavora sodo, sull’esempio di tutta la Commissione Europea.
Dato che dalle nostre parti lo spirito natalizio è già abbastanza smisurato, in questo dicembre 2014 percorre tutte le vie di Atene, almeno quanto corrono i promotori dello spirito di Eurolandia attraverso tutte le capitali facendo ogni cosa per dissuadere i Greci, i Francesi, gli Italiani, gli Spagnoli e… tutti gli altri sudditi dall’abusare degli ultimi brandelli delle libertà, ormai solo parziali e difensive. Un minimo di autonomia di sopravvivenza all’interno del nostro regime globalmente (e globalizzante) eteronomo, quello dell’oligarchia liberale (vedi, fra gli altri, Cornelius Castoriadis, La montée de l’insignifiance).
Per dirla in due parole ed essere anche alla moda, al teatro di Atene è in scena praticamente senza interruzione dal 2010, l’anno fondante del nostro nuovo calendario preistorico dall’avvento della Troika, lo spettacolo «Rent», un musical americano di Jonathan Larson basato sull’opera di Puccini La Bohème, rappresentato con successo assicurato. La storia è quella di un gruppo di giovani artisti impoveriti che cercano di sopravvivere in una Alphabet City di New York afflitta dall’Aids (che prende così il posto della tubercolosi dell’Opera originale).
Per essere altrettanto brevi, al primo scrutinio fra i parlamentari il candidato (peraltro unico) del direttorio UE, presentato dal lugubre Samaras, ha ottenuto 160 voti. Bisognerà quindi «convincere» una ventina di deputati in più per far eleggere il Commissario al terzo scrutinio, fissato per il 29 dicembre. Ovviamente sarà assai improbabile, a meno che la propaganda ci vada giù duro, accompagnata dal ricatto, dalle minacce, e… dalle tariffe al rialzo. Una deputata del partito dei «Greci Indipendenti» (della destra anti-memorandum) sostiene che dai banchi del partito di Samaras le siano stati offerti due milioni di euro per cambiare il suo voto. Per ora la notizia non è verificabile.
E per perfezionare questo nuovo (ma in realtà permanente) colpo di Stato, si agitano lo spettro del caos e il suo spauracchio in tutte le dichiarazioni pubbliche, da Berlino a Bruxelles, passando per Atene. La «governance economica» non ha tempo da perdere, dal che si comprende l’abbandono degli ultimi simulacri di democrazia.
Dal suo blog Jacques Sapir scrive al proposito che “questa prassi di costituzione economica è ormai diventata dominante in virtù della crisi del debito che infuria in molti Paesi. È di fatto un soggetto politico di discussione. L’abbiamo visto recentemente quando molti Greci si sono indignati per le dichiarazioni di Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea. Quest’ultimo aveva chiaramente espresso la propria preferenza per un governo conservatore in Grecia, nel momento in cui si stavano preparando importanti elezioni. L’incidente è esemplare e mostra bene la deriva che da quindici anni imperversa sul piano della giustizia nelle istituzioni europee”. Beh, secondo me è molto più grave e preoccupante.
Il nostro regime tendente al liberal-totalitario (ai tempi di Cornelius Castoriadis si diceva «liberal-autoritario») è già in piena costruzione, e sarà rapidamente pronto. La meta-società di domani (domani mattina!) e la meccanica dell’euro non sono altro che il primo passo per sperimentare una moneta arbitrariamente economica e forzatamente politica e simbolica. L’euro è perciò la testa di ponte per una completa mondializzazione, la fabbrica delle mentalità e dell’immaginario comune che si è venuta creando a Euroland e alla qual seguirà la «governance mondiale», già in piena gestazione.
Per i «sofisti» che seguono tutti i promotori di Euroland e del domani globale, “la crisi che attraversiamo non è solo una crisi economica congiunturale, ma è una crisi che fin dall’inizio abbiamo definito «storica». Nel febbraio 2006 l’abbiamo descritta come una crisi capace di rimettere in discussione l’ordine mondiale così com’era uscito dalla Seconda Guerra Mondiale. Ben presto però ci siamo resi conto che eravamo davanti ad un cambiamento di tutto il mondo europeo così come si era venuto formando dall’epoca del Rinascimento e delle grandi esplorazioni, oltre 500 anni fa (…). In realtà stiamo uscendo da un’era di cinque secoli «europei» (compresi i suoi avatar nordamericani e sovietici) ed entriamo in un mondo multipolare. È un processo che va avanti da una ventina di anni, ed ora stiamo vivendo le ultime fasi di questa multipolarizzazione, con tutto il corollario di difficoltà legate in particolare all’integrazione di questa nuova realtà all’interno di istituzioni di governance mondiale” (Marie-Hélène Caillol, Un paysage politico-institutionnel européen et mondial possible – La crise systémique globale comme fabrique du monde de demain in «Une journée en 2053 – Actes de l’Université d’été 2013 de GS1 in occasione dei 40 anni del codice a barre», documento scaricabile su internet)
“Questa evoluzione è già in atto: sono la BCE e l’Eurogruppo a prendere le decisioni importanti riguardo alla zona Euro, zona Euro che non è altro che il gruppo degli Stati membri legati dal maggior grado di integrazione, per i quali è dunque imperativo mettere in atto un quadro efficace di risoluzione dei problemi e di orientamento strategico. L’euro ha creato di fatto un nuovo «sovrano», l’Euroland, che è fin d’ora dotato di un’embrionale struttura istituzionale (una banca centrale, un esecutivo, ecc…) che deve solo essere completata e democratizzata” (“Quelle Europe en 2053 ?”, ibid.).
Si capisce meglio l’importanza cruciale, per le oligarchie promotrici di questo modello, dell’«irreversibilità» della zona euro, anche se alcune di loro considerano che un’uscita provvisoria della… pecora greca sarebbe auspicabile.
L’euro non è una moneta, men che meno una moneta comune: è un’arma di distruzione di massa di quanto resta dello spazio pubblico e degli “individui deperibili e sostituibili che vivono sul territorio” (Cornelius Castoriadis), uno strumento che partecipa a suo modo alla gestazione intensa e programmata del «Nuovo Mondo». Per dirla meglio, l’euro partecipa a quel nuovo immaginario facente parte del tipo antropologico che il nuovo capitalismo neo-schumpeteriano ha già di fatto imposto.
Secondo Jacques Sapir “il termine è sconosciuto al grande pubblico, ciò nonostante la nozione di «costituzione economica» è oggi ben presente. È in atto nei diversi trattati che ormai gestiscono il funzionamento dell’UE. Una «costituzione economica» consiste in un quadro di leggi e regole che si pretendono al di fuori del controllo del potere legittimo, che si tratti di quello del Legislatore o di quello del Governo. È chiaro dove si voglia arrivare: dato che non è stato possibile imporre un trattato costituzionale, in virtù del rifiuto da parte dei popoli francese e olandese, si è pensato bene di aggirare la difficoltà imponendo una «costituzione economica» con il pretesto di una necessità tecnica. È questa la natura dei diversi trattati che organizzano ormai tutte le politiche budgetarie degli Stati membri dell’UE. In questo modo, però, si è realizzato un rovesciamento fondamentale dell’UE, uscendo dai sottili confini di quella che si chiama democrazia”, op. cit.
In questo mese di dicembre 2014 il Tempio di Artemide a Vravròna, in Attica, è stato inondato, mentre in un’intervista alla Reuters (18 dicembre) Alexis Tsìpras ha dichiarato che “Syriza annullerà le politiche di austerità decise dall’attuale governo, e negozierà con i creditori la possibilità di un allargamento del debito, senza prendere misure unilaterali. Il suo impegno è quello di mantenere la Grecia nella zona euro, ma l’Europa dovrà ridurre o eliminare una parte del debito greco”. Non servono commenti, al di fuori di questo: le politiche di austerità sono consustanziali all’euro!
Ciò nonostante, leggendo gli articoli pubblicati sul sito internet iskra.gr, quello del «Movimento Sinistra» interno a Syriza, si tratta di Eurototalitarismo. Dal che si deducono due cose. Primo, che è in questo modo che Syriza non perderà il suo elettorato più a sinistra, che è anche il più lucido, trattandosi di fatti ben reali e concreti nell’Euroland. Secondo, che potrebbero verificarsi alcune dinamiche potenzialmente al di fuori dalle «previsioni meteo della Troika».
Le elezioni sono ormai assai probabili, e in tal caso la vittoria di Syriza sembra un fatto compiuto. Sabato e domenica, 13 e 14 dicembre, la Regione Attica, insieme alle municipalità di Voùla, Vàrkiza, Vouliagméni, ha organizzato un incontro sul tema «il destino del litorale sud dell’Attica (Atene metropolitana)». Da qualche mese infatti il governo Samaras ha messo su una società anonima denominata «Fronte Litorale dell’Attica», della quale lo Stato è – per ora – l’unico azionario.
Tutta la fascia litorale che va dal Pireo al Capo Sunio passerà sotto la gestione di questa nuova struttura, che secondo i suoi rappresentanti “non ha diritto di vendere, ma solo di affittare, ai potenziali investitori, per una durata massima di 99 anni”. Il clima dell’incontro era incandescente, con i quelli del governo e i rappresentanti del «Fronte Litorale d’Attica» da una parte e dall’altra gli eletti di Syriza negli enti locali, regionali e nazionali. “Staremo a vedere quello che farete come… nuovi rapaci” urlavano quelli della nuova destra. “Tra due mesi sarete finiti!” rispondevano quelli si Syriza. Bel clima.
Più seriamente, Kòstas Merkouràkis, Consigliere comunale di Syriza a Paleo Faliro, è insorto contro la società «Fronte Litorale d’Attica» biasimando l’assenza dei media internazionali: “non si interessano di questa faccenda, che è così importante”. Dal canto suo Dionissis Hatzidakis, popolare sindaco di Paleo Faliro, a detta di tutti molto attivo e membro di Nuova Democrazia, siede nel CdA della stessa società e si dichiara “garante dello statuto aperto del litorale e della promessa che non ci sarà alcuna vendita”. Avrà certo un futuro travagliato.
Dalle parti del litorale sud, come nel resto dell’Attica, in questo mese ci si preoccupa degli animali abbandonati organizzando per loro il tradizionale mercato… improvvisato. Esseri certamente “deperibili e sostituibili che vivono sul territorio”… da adottare. La politica, detta altrimenti.
Il mio vicino Christos, perenne disoccupato, ha portato dei kiwi solidali: “è il municipio che ne cura la distribuzione, arrivano dai lotti invenduti dopo l’embargo russo, una bella fortuna per i tempi che corrono in Grecia… perché qui tutti sono un po’ stitici!”.
La Grecia, il suo tipo antropologico… chiuso, e il capitalismo meta-schumpeteriano, con in più i kiwi. Senza dubbio, tempi nuovi.
Panagiotis Grigoriou
Fonte: www.greekcrisis.fr
Link: http://www.greekcrisis.fr/2014/12/Fr0385.html#deb
19.12.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARTINO LAURENTI
Titolo originale: “Spauracchi impauriti”