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DI AMBROSE EVANS PRITCHARD

telegraph.co.uk

Lo ‘sweet spot’ demografico sta per svanire. Siamo sulla soglia di un’inversione demografica che sancirà la fine dell’egemonia delle imprese sul mondo del lavoro e colmerà le disuguaglianze che si son venute a creare nel corso degli anni.

I lavoratori di tutto il mondo stanno per ottenere la loro vendetta. I capitalisti dovranno accontentarsi di una fetta ridotta della torta.

Le potenti forze sociali che hanno invaso l’economia globale, garantendo negli ultimi quattro decenni manodopera in abbondanza, stanno improvvisamente invertendo il loro moto, sancendo la fine sia del super-ciclo deflazionistico che dell’epoca dei tassi d’interesse a zero.

“Siamo a un netto ‘punto di flesso’”, ha dichiarato il Prof. Charles Goodhart, Professore alla ‘London School of Economics’ ed ex alto funzionario della Banca d’Inghilterra.

La manodopera a buon mercato sta prosciugandosi e i ‘risparmi’ [1] diminuiscono. I tassi d’interesse reali saliranno dai livelli sottozero [attuali] a quelli della loro norma storica, pari al 2,75 : 3%, o addirittura superiori.

Secondo il Prof. Goodhart le implicazioni per i Titoli a lungo termine del Tesoro degli Stati Uniti stanno diventando inquietanti. L’intera struttura del mercato obbligazionario sarebbe basata su una falsa antropologia.

Il periodo a venire sarà caratterizzato dalla scarsità di manodopera e l’equilibrio di potere si sposterà dai ‘datori di lavoro’ ai lavoratori, spingendo verso l’alto i salari. La corrosiva disuguaglianza che si è accumulata nei paesi in tutto il mondo andrà quindi a colmarsi.

Dovesse aver ragione, a breve termine gli eventi screditeranno le pretese neo-marxiste di Thomas Piketty, l’economista e scrittore francese balzato alla celebrità lo scorso anno. Il suo improbabile bestseller – Capital in the Twenty-First Century [2] – afferma che nel corso del tempo la remunerazione del capitale è stata più rapida della crescita dell’economia portando, in un sistema di mercato senza alcun limite, ad un’ineluttabile maggior concentrazione della ricchezza.

“Piketty si è sbagliato”, ha dichiarato il Prof. Goodhart. In realtà è successo che, a partire dal 1970, il crollo del tasso di natalità, giunto ad una vita sempre più lunga, ha portato a uno ‘sweet spot’ [3] demografico. Un episodio una tantum che ha temporaneamente distorto l’economia del lavoro.

Il Prof. Goodhart e Manoj Pradhan [4] hanno sostenuto, in un articolo per la ‘Morgan Stanley’, che questo ‘sweet spot’ è stato reso ancora più ‘sweet’ dal crollo dell’Unione Sovietica e dallo spettacolare ingresso della Cina nel sistema commerciale globale.

Nel 1990 la schiera di lavoratori del ‘mondo sviluppato’ era composta da 685 milioni di persone. La Cina e l’Europa Orientale ne hanno aggiunto ulteriori 820 milioni, più che raddoppiando, in un batter d’occhio, i numeri in gioco.

“E’ stata la più grande scossa al mondo del lavoro che si sia mai vista. E’ l’evento che ha portato a 25 anni di stagnazione dei salari”, ha sostenuto il Prof. Goodhart, parlando a un forum organizzato dalla ‘Lombard Street Research’.

Sappiamo tutti cos’è successo. Le imprese si sono appropriate a buon mercato dell’’esercito di riserva’ del mondo. Le aziende americane che non avevano esse stesse delocalizzato gli impianti in Cina furono in grado di ‘giocarsi’ i salari cinesi contro quelli dei lavoratori statunitensi, speculando fortemente sul lavoro. I profitti netti delle aziende USA equivalgono ora al 10% del Pil, il doppio della media storica e il valore più alto del dopo-guerra.

La storia è stata più o meno la stessa in Europa. La Volkswagen minacciò apertamente di spostare la produzione in Polonia, nel 2004, a meno che i lavoratori tedeschi inghiottissero sia il ‘blocco dei salari’ che la maggiorazione delle ore lavorative, fatto che equivaleva a un taglio dei salari. La ‘IG Metall’ [sindacato metalmeccanico tedesco] s’inchinò amaramente all’inevitabile.

La manodopera a buon mercato spinse in basso i costi globali e i prezzi. La Cina aggravò gli effetti investendo massicciamente nelle fabbriche (con crediti agevolati), spingendo gli investimenti al 48% del Pil (un record mondiale) e inondando i mercati di merci a basso costo – prima vestiti, scarpe e mobili, poi acciaio, navi, prodotti chimici e pannelli solari.

Cullate dalla bassa inflazione dei prezzi al consumo, le Banche Centrali lasciarono fare, ‘allentando’ le politiche monetarie (molto prima della crisi della Lehman) che portarono a loro volta a dei tassi d’interesse reali sempre più bassi e a delle bolle speculative. I ricchi, al contempo, diventavano sempre più ricchi.

Tuttavia, quest’epoca è ormai passata alla storia. I salari in Cina non sono più a buon mercato, dopo essere saliti a un tasso medio annuo del 16% lungo tutto un decennio.

Anche lo yuan è sopravvalutato. Dalla metà del 2012, ovvero da quando il Giappone ha dato il via guerra valutaria in Asia, si è apprezzato del 22% in ‘termini commerciali ponderati’. La Panasonic, ad esempio, ha preferito trasferire la produzione dei ‘forni a microonde’ dalla Cina al Giappone.

Ma le cause alla base del periodo deflazionistico sono più profonde.

Il ‘tasso di fertilità mondiale’ è costantemente declinato. Le ‘nascite per donna’ sono passate dal 4,85 del 1970 al 2,43 di oggi – negli ultimi vent’anni c’è stato un crollo epocale in Asia Orientale.

Le ultime stime, in effetti, sono le seguenti: India (2,5), Francia (2,1), Stati Uniti (2,0), Regno Unito (1,9), Brasile (1,8), Russia e Canada (1,6), Cina (1,55), Spagna (1,5), Germania, Italia e Giappone (1,4), Polonia (1,3), Corea (1,25) e Singapore (0,8). Come regola generale, ci vogliono 2.1 ‘nascite per donna’ per mantenere la popolazione in equilibrio.

Il numero delle persone in età lavorativa [dal 1970] è aumentato notevolmente rispetto a quello dei bambini e, per un po’, a quello degli anziani. L’’indice di dipendenza’ [5] mondiale è sceso dallo 0,75 del 1970 allo 0,50 dello scorso anno. Quest’ultimo dato viene generalmente considerato come lo ‘sweet spot’ demografico.

“Siamo sulla soglia di un completo capovolgimento [dell’economia mondiale]. L’offerta di lavoro tenderà sempre più a scarseggiare. Le aziende nel corso degli anni hanno fatto un sacco di soldi … ma la vita non sarà più così accogliente per loro”, ha continuato il Prof. Goodhart.

Nei paesi ricchi l’’indice di dipendenza’ ha già toccato il fondo. Ora sta risalendo molto più velocemente di quanto non abbia fatto cadendo, quando i ‘baby boomers’ [nati fra il 1946 e il 1964] cominciarono ad andare in pensione e le persone a vivere molto più a lungo.

La Cina dovrà affrontare un duplice colpo, grazie agli effetti della politica del ‘figlio unico’: “E’ disastrosamente andata avanti per 15 anni di troppo”, ha sostenuto il Prof. Goodhart. La forza lavoro sta già diminuendo di 3 milioni di unità l’anno.

È opinione diffusa che la crisi demografica spingerà la deflazione ancor più in profondità, soprattutto perché è questo ciò che è successo in Giappone (probabilmente per ragioni particolari) quando, vent’anni fa, ha avuto inizio l’invecchiamento di massa.

Il documento di Goodhart, però, arriva a conclusioni opposte.

La sanità e i costi dell’invecchiamento porteranno a un’espansione fiscale, mentre la scarsità della manodopera innescherà una ‘guerra delle offerte’ a vantaggio dei lavoratori, il tutto condito da uno stato di latente guerra sociale tra le generazioni: “Stiamo tornando a un mondo inflazionistico”, egli ha concluso.

La Cina non inonderà più il mondo con il suo ‘risparmio in eccesso’ [1]. Gli anziani dovranno attingere alle loro riserve. Le aziende dovranno investire di nuovo in tecnologie labour-saving [automazione dei processi industriali], attingendo alle loro inutilizzate e segrete scorte di denaro.

Assisteremo a un rovesciamento di quelle forze che hanno spinto il ‘tasso di risparmio mondiale’ al record del 25% del Pil [globale], creando quell’ampio bacino di capitali che si è poi rovesciato nell’acquisto a valanga di assets in tutto il mondo, anche se l’economia globale continua a soffrire di depressione.

Il ‘tasso di equilibrio’ dell’interesse reale tornerà alla normalità e potremo smetterla di parlare di ‘stagnazione secolare’. Le Banche Centrali la smetteranno di preoccuparsi degli orrori della vita a ‘tasso zero” (Zero Lower Bound – ZLB) e in questo senso hanno già cominciato a muoversi.

La scorsa settimana l’economista-capo della Banca d’Inghilterra, Andrew Haldane, attraverso un inquietante discorso ha avvertito che, per quanto al momento si possa vedere, potremmo restare bloccati nella trappola del ‘tasso zero’, con poche armi a disposizione per combattere la prossima crisi. In generale, per raddrizzarsi una crisi richiede un taglio di 3 – 5 punti percentuali dei tassi d’interesse.

“Le Banche Centrali potrebbero trovarsi ad urtare contro il vincolo dello ‘ZLB’ su base ricorrente”, egli ha detto. La sua risposta, però, è un menù composto da un Quantitative Easing a tal punto esotico da sconfiggere per eterodossia finanche la Corbynomics [6].

Il Prof. Goodhart, invece, parte da un importante e diverso presupposto. Egli dubita che i robots possano sostituire i lavoratori così velocemente da compensare la carenza di manodopera, o che le nazioni invecchiate siano in grado di assorbire culturalmente immigrati a sufficienza per colmare il divario occupazionale, o che l’India o l’Africa abbiano le infrastrutture indispensabili per ripetere l’’effetto Cina’.

Il mondo non ha mai affrontato un’’epidemia da invecchiamento’ prima d’ora … e quindi siamo in acque inesplorate. Quello che è decisamente chiaro è che il decollo verticale del ‘tasso di dipendenza’ sta per distruggere tutte le nostre ipotesi economiche.

L’ultima volta che i ‘servi della gleba’ europei si trovarono improvvisamente ad essere fortemente richiesti fu nel periodo successivo alla ‘Morte Nera’, a metà del 14° secolo [7]. Si dice che quell’evento abbia posto fine al feudalesimo.

Ambrose Evans-Pritchard

Fonte: http://www.telegraph.co.uk

Link: http://www.telegraph.co.uk/finance/comment/ambroseevans_pritchard/11882915/Deflation-supercyle-is-over-as-world-runs-out-of-workers.html

23.09.2015

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO

Fra parentesi tonda ( … ) le note dell’Autore

Fra parentesi quadra [ … ] le note del Traduttore ed inoltre:

[1] Risparmio Nazionale:si parte dalla definizione del Pil: Y = C + G + I + X – M + RNE, dove:

Y = Pil, Prodotto Interno Lordo

C = consumi (acquisti delle famiglie)

G = consumi collettivi (acquisti del Governo, cioè dello stato, del settore pubblico)

I = investimenti (acquisti di beni durevoli da parte delle imprese)

X= esportazioni (acquisti di beni e servizi da parte del resto del mondo)

M = importazioni (perché sono beni consumati nel paese, ma prodotti altrove, e che per questo motivo hanno prodotto reddito altrove)

RNE = redditi netti dall’estero, ovvero la differenza fra: a) i redditi percepiti dai ‘fattori residenti’ (capitale e lavoro) impiegati all’estero, e b) i redditi corrisposti ai ‘fattori esteri’ impiegati in Italia.

Si ottiene infine la definizione del Risparmio: S = Y – C – G, ovvero reddito nazionale meno i consumi nazionali privati e pubblici.

[2] Questo il link http://comedonchisciotte.org/controinformazione/modules.php?name=News&file=article&sid=15442 alla ‘distruttiva’ recensione di Paul Krugman a ‘Capital in the Twenty-First Century’, proposta a metà Agosto da Come Don Chisciotte (3° brano).

[3] Lo ‘sweet spot’ è il ‘punto giusto’, ovvero il punto dell’attrezzo sportivo con cui è meglio colpire la palla. Più in dettaglio: http://www.thefreedictionary.com/sweet+spot

[4] Economista-capo presso la Morgan Stanley riguardo l’area CEEMEA, Central and Eastern Europe, the Middle East and Africa.

[5] Indice di Dipendenza Mondiale. Per saperne di più: https://it.wikipedia.org/wiki/Indice_di_dipendenza.

[6] Per Corbynomics si intendono le soluzioni economiche proposte da Jeremy Corbin, neo-leader del Labour Party inglese.

[7] Per ‘Morte Nera’ si intende l’epidemia di ‘peste nera’ che uccise oltre 1/3 della popolazione europea.

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