DI MANUEL DAVID ORRIO
Rebelion
Ormai è certo, Cuba è un paese strano. Una nazione singolare che ha vissuto per più di 40 anni sotto le misure economiche unilaterali degli Stati Uniti d’America, ed i cui danni per l’economia cubana sono stimati dagli economisti creoli già come superiori agli 86 100 milioni di dollari in totale, di cui 4000 solo nello scorso anno.
Poco importa che sia ormai di routine per le Nazioni Unite condannare tale politica; che Giovanni Paolo II l’abbia classificata come “eticamente inaccettabile” e sembra che poco importi che si diano valutazioni sull’attività economica cubana prendendo poco in considerazione la dura realtà, o semplicemente gettandola nel cestino dell’immondizia.Un esempio paradigmatico è la relazione presentata lo scorso 20 luglio dalla cosiddetta Commissione di Assistenza per Cuba Libera al presidente Bush, nella quale si afferma con straordinaria serenità:
“Il potenziale economico del popolo cubano è stato soffocato per molto tempo, prigioniero di un sistema economico fallito che sostiene il regime ma che non fa nulla per dare prosperità al popolo cubano… Un Governo Cubano di Transizione deve affrontare situazioni critiche che vanno dallo stabilizzare le condizioni macroeconomiche al creare una struttura microeconomica che permetta la crescita degli affari tra privati… Solo il 62% dei cubani ha accesso all’acqua potabile”.
Cuba è lontana dall’essere una società perfetta, lo sottolinea per l’ennesima volta questo giornalista. Ma da qui ne corre a considerare l’economia cubana come un fallimento, incapace di garantire ai suoi cittadini una crescita equa e stabile, in cui le valutazioni non necessariamente amichevoli riconoscano che nell’ultimo quinquennio uno dei risultati principali è stato, proprio, stabilizzare le “condizioni macroeconomiche”, capaci di porre le basi per uno sviluppo sostenibile, sebbene gravati da questo gioco chiamato da alcuni embargo e da altri blocco. Di passata, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo segnala che più del 90% dei cubani ha accesso a fonti di acqua potabile.
L’economia cubana ha chiuso il 2005 con una crescita del Prodotto Interno Lordo (PIB in spagnolo, ndt) pari all’11,8%, d’accordo con le cifre ufficiali anche se oggetto di differenti problematiche a causa dell’impiego di una nuova metodologia di calcolo il cui fine è calcolare il valore aggiunto presente nei servizi gratuiti cui la popolazione ha accesso, come quelli relativi all’educazione ed alla sanità, ma che al momento dà voce ad alcuni dubbi sollevati da enti come la Commissione Economica per l’America Latina (CEPAL), che per questi motivi non ha incluso Cuba nelle sue statistiche più recenti.
Anche alcuni articoli della stampa creola sembrano avallare questi dubbi, per lo meno in un settore tanto importante per la spesa pubblica cubana come quello della sanità. D’accordo con un rapporto dell’Agenzia di Informazione Nazionale del 26 Maggio, “In questi momenti si procede verso la distinzione di tariffe in numerosi procedimenti assistenziali e di altro tipo, che sarà esteso progressivamente a tutte le unità di attenzione primaria, secondaria e terziaria, che entrerà in vigore nel 2007”.
Ciò vuol dire che, in qualche modo ancora non sono chiaramente definiti i procedimenti statistici per poter affermare categoricamente, secondo la nuova metodologia, se la crescita del PIL cubano sia effettivamente tale o meno.
Ciononostante alcuni economisti cubani confutano tali dibattiti poco accademici e impugnano le relazioni statunitensi, come quello della cosiddetta Commissione di Assistenza a Cuba Libera con il semplice meccanismo del calcolare il PIL con il metodo classico di considerare l’apporto di questi servizi gratuiti solo come “spesa del governo”.
In questo modo l’accademico Juab Triana Cordoví, del Centro Studi per l’Economia Cubana, segnalò durante una conferenza che, considerando il metodo sopra enunciato, nel 2005 il PIL era cresciuto non meno del 5%.
Naturalmente si può accusare Triana di parzialità filo-governativa, ma di certo non si può fare a meno di considerare quanto sia menzognero l’articolo dell’Agenzia Centrale di Intelligence degli Stati Uniti d’America (la CIA).
La Cia, niente meno che la CIA, ha stimato una crescita del PIL cubano pari all’8% nel 2005, segnalando altresì che il tasso di disoccupazione è stato inferiore al 2% e l’indice di inflazione vicino al 7% così come ha calcolato che le riserve finanziarie di Cuba ammontano a non meno di 2618 milioni di dollari, più o meno il 6,6% del totale del PIL stimato da detta agenzia per l’anno preso in considerazione.
Quindi, in questi indicatori, la celeberrima “Compagnia” non solo dà una visione di Cuba ben lontana dal discorso dell’Amministrazione Bush riguardo la terra di José Martí e dei supposti insuccessi del Governo di Fidel Castro, ma riconosce anche con l’assoluta freddezza dei servizi segreti il successo nel raggiungere un insieme di obiettivi economici e sociali, come quello di aver tenuto sotto controllo un flagello come quello dell’AIDS o quello della ricostruzione di un quadro di alleanze geopolitiche necessarie alla sicurezza nazionale in tutti i suoi aspetti. La CIA, niente meno che la CIA. (1).
Da allora un osservatore attento si chiede perciò come possano esserci tali contraddizioni tra il discorso ufficiale nordamericano sulla situazione cubana e le valutazioni del suo principale servizio di sicurezza. Molto semplice, la risposta è molto semplice: è certo, Cuba è un paese strano.
(1) https://www.cia.gov/cia/publications/factbook/geos/cu.html
Manuel David Orrio ([email protected])
Fonte: http://www.rebelion.org/
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=38759
05.10.2006
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIO