DI PEPE ESCOBAR
AsiaTimes
Monna Lisa doveva avere il blues della highway
lo si capisce dal modo in cui sorride
– Bob Dylan, Visions of Johanna
– Sono le 5 del sabato pomeriggio a Shungopavi (“villaggio dell’erba delle sabbie e della primavera”), fondata dal Clan dell’Orso, il primo ad arrivare nei tre altopiani Hopi del nord-est dell’Arizona. Tutto il paese, insieme ai villaggi circostanti prima del tramonto vede una danza del cesto; uno spettacolo stupefacente nel quale l’Asia centrale incontra il sud-ovest americano. La geologia dice che questo potrebbe essere facilmente l’Afghanistan.
Non era permesso scattare fotografie, quindi mi impegnai molto a cercare di imprimere nella mente l’immagine completa di una casa tradizionale Hopi, a due piani e fatta di mattoni essiccati al sole, come fosse un organismo vivente; un’anziana signora faceva da angelo custode, i bambini salivano le scale, una famiglia allargata era in conversazione. E fu tutto un miracolo; sono inciampato nella cerimonia sacra per caso, mentre guidavo negli altipiani prima del tramonto, quei piccoli villaggi arroccati in alto a contemplare le pianure infinite.
La nazione Hopi ha sempre vissuto nella zona del Four Corners dell’Altopiano del Colorado. Essi mostrano una delle cosmologie più sofisticate del mondo. In base ad essa, gli Hopi emersero dagli inferi attraverso un sipapu – un’apertura – nel Grand Canyon. Poi essi furono lanciati nella luce di questo quarto mondo – con l’aiuto di un piccolo uccello, lo shrike, e fecero voto di vivere virtuosamente al Sootukwnangwu, il creatore supremo. Lo spirito guardiano della terra disse agli Hopi che avrebbero dovuto fungere da amministratori della terra una volta che avessero finito il loro mandato di quattro migrazioni: verso nord, sud, est e ovest alla ricerca del centro della terra.
La leggenda ci narra che gli Hopi viaggiarono fino ai templi Aztechi in Messico, giù nel sud America, su nel circolo polare artico e verso entrambe le coste degli USA. Il centro della croce formata dai loro quattro percorsi indicati è l’altopiano Hopi. Ogni volta che torno qui – ed è un pezzo – seguendo la highway 264 East dell’Arizona, mi rendo conto che questa terra è quanto di più sacro si possa raggiungere.
Come altre tribù, anch’esse migrate verso l’altopiano Hopi, essi hanno contribuito a varie tecniche e cerimonie dedicate alla prosperità comune. Il calendario cerimoniale Hopi è ultra sofisticato. In ogni villaggio, un uomo santo determina le fasi di ogni cerimonia in base alla posizione del sole.
I Kachinas sono i più importanti spiriti della cosmologia Hopi, responsabili di assicurare la pioggia. Essi visitano gli Hopi e portano doni – così le signore del villaggio vestite come i Kachinas, con i loro costumi incredibilmente elaborati distribuiscono cesti agli spettatori e adesso anche utensili di plastica per la vita quotidiana. Al termine di una danza, le piume della preghiera vengono consegnate ai Kachinas in modo che le preghiere per la pioggia e per vari eventi propizi siano sparse in tutte le direzioni.
E loro votano democratico
Tutti i siti archeologici della riserva Hopi sono protetti dalla legge federale e soprattutto dalla legge tribale Hopi. Non è possibile scattare foto, girare dei video e neanche disegnare uno schizzo del villaggio o della cerimonia – dimostrando ancora una volta che in America, terra dell’eccesso di immaginario, le immagini più sorprendenti sono assolutamente misteriose, invisibili e non pubblicabili.
Uno degli abitanti del villaggio mi ha gentilmente chiesto di non prendere appunti sull’Iphone – alcool e droghe sono vietati anche se purtroppo i contrabbandieri prosperano, alcuni dei quali sono Hopi, tradendo i codici della loro nazione. Ogni villaggio Hopi è autonomo e stabilisce le proprie politiche, successivamente sancite dal consiglio tribale Hopi.
Mitt Romney non sarebbe stato catturato morto in un posto come la nazione Hopi. Innanzi tutto gli Hopi sopravvissuti sono solo 15.00, distribuiti in 12 villaggi. Come spiegava Rhonda, la mia amica nella città di Tuba, questo è prevalentemente un territorio democratico in uno stato profondamente repubblicano.
Per gli standard americani, questi territori fanno parte del 47% di Mitt [Romney], alcuni veramente poveri, vivono in sgradevoli case di cemento, anche se numerosi giovani Hopi si iscrivono all’università dell’Arizona. Sembra che la nazione Hopi voti a gran maggioranza Obama, che è stato elogiato per “aver fatto cose belle per il nostro popolo”. Tuttavia l’unico presidente democratico ad aver mai visitato la nazione Hopi in persona fu -chi altri- il grande Bubba in persona; Bill Clinton durante il suo primo mandato.
Così ho avuto la fortuna di assistere ad una danza del cesto; ho ricevuto un Kachina – un “uomo farfalla” per guardarmi le spalle; e un braccialetto nuovo, zampe d’orso, in sostituzione di uno che avevo e ho rotto. Ancora una volta mi ritrovavo a porgere i miei omaggi a ciò che rimane del sogno dei Nativi Americani.
Ma non riuscivo a trovare un uomo della medicina Hopi per dirmi cosa fosse successo al sogno americano – nel sua versione singolare. Così continuai a guidare nel territorio sacro della nazione Navajo, seguendo l’indispensabile “Native Roads” di Frank Kozik (Rio Nuevo Publishers, Tucson, seconda edizione), inoltrandomi nello spettacolo geologico più grande della vita, oltre l’IMAX della Monument Valley.
La riserva Hopi è circondata dalla riserva Navajo. Dire che non vanno molto d’accordo è perlopiù un eufemismo. Per non parlare delle oscure storie dei coloni Mormoni -la tribù di Mitt- che rilevarono le terre Navajo nel 19° secolo. A differenza di Jim Morrison che in una nube psichedelica fu visitato da un uomo della medicina Navajo e poi vide la luce – io in sostanza ero alla ricerca di una piccola conversazione. Non era esattamente sollevante apprendere che il presidente Ben Shelly del Navajo è ora coinvolto nel rinnovo del contratto di locazione della Navajo Generation Station (NGS) a carbone, altamente inquinante, senza nemmeno parlare con gli stessi Navajos.
Come ha ricordato a tutti Marie Gladue, in una lettera pubblicata dal Navajo-Hopi Observer, “l’NGS è il più grande emettitore singolo di gas a effetto serra in Arizona”, il che porta siccità, incendi e temperature record, per non parlare dei bambini con l’asma e le persone anziane con la bronchite e sempre più inclini ad attacchi di cuore. Ma sembra che non ci sia nessuna speranza di convertire l’NGS dal carbone al solare.
Non essendoci uomini della medicina Navajo in vista, fui lasciato in una gradevole osservazione improvvisa che avrebbe fatto arrossire John Ford con invidia. Ciò fu fornito da Albert con il suo cavallo sullo sfondo della Monument Valley; suo figlio vende gioielli Navajo proprio nel punto di vendita John Ford. Albert dice che è stato duro vivere dopo l’incessante recessione cominciata nel 2007/2008. Ma lui crede ancora nella promessa della sua terra benedetta. Come nella Grey Hills Academy High School- uno dei migliori esempi di stimolo alla riserva Navajo per l’autodeterminazione nell’educazione.
L’apparizione del cowboy ebreo
Al Four Corners ho incontrato Wayne, che mi ha presentato l’intera cosmologia Navajo, disegnata e pitturata da lui stesso in arenaria. Questo era come un buon augurio per incontrare un vero sciamano. Eppure ho attraversato metà del Colorado, attraverso maestose foreste di pini, immacolati caffè/bar dell’epoca dell’eccezionalismo americano, l’embrionale stagione dello sci a Vail, un ciclone da capogiro di pubblicità negativa risuonava senza fermarsi, dalle campagne di Obama e Romney, all’ultra verde, ecologico Boulder del Naropa Istitute dove si studiano buddismo con motociclisti e skateboarders dovunque.
E poi, finalmente, l’incarnazione definitiva dello sciamano americano l’ho vista a Broomfield, vicino a Boulder. La realizza un cowboy/rabbino ebreo che racconta storie con rude voce dell’al di là. Naturalmente era un concerto di Bob Dylan come parte del suo tour senza fine; una sorta di cerimonia sacra per soli iniziati o per coloro che sanno dove cercare le chiavi per ottenere una risposta.
Così lui era qui, questo buffone sciamano, sempre ingarbugliato nel blu, sempre in movimento sulla highway 61, mentre ricorda a tutti che qui sta succedendo qualcosa e non sappiamo cosa sia, ossessionato dall’essere nient’altro che una pietra rotolante, lungo tutta la torre di guardia e aspettando la pioggia – o la risposta soffia nel vento.
Alla fine del mio pellegrinaggio alla ricerca dell’uomo della medicina ho trovato la mia risposta quando lui ha cantato un’incredibile versione di Vision of Johanna – anche i veri abitanti del Colorado al mio fianco sono rimasti senza parole. Mentre la nostra coscienza può esplodere cercando un sogno americano ormai evaporato,
Le armoniche suonano pioggia e tonalità scheletriche
E queste visioni di Johanna sono tutto quel che rimane ora
[parte finale della canzone di Bob Dylan, Vision of Johanna, ndt]
Oh sì, eccezionale l’America:
Non è questa la notte per far scherzi a quelli che provano a stare tranquilli?
E’ come se tutti noi stessimo distesi giusto un attimo – continuando nello stesso tempo a fare del nostro meglio per negarlo.
[prime due righe del testo della canzone di Bob Dylan, Vision of Johanna, ndt]
Pepe Escobar
Fonte: http://atimes.com
Link: http://atimes.com/atimes/Front_Page/NK03Aa02.html
3.11.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura DI GIORGIA MOTRENA