DI MAURIZIO BLONDET
Fatto raro in Russia, dove la libertà d’informazione ha qualche limite, emergono particolari agghiaccianti e rivelatori sulla strage di Beslan. Uno viene dai medici legali: quasi tutti i 32 terroristi uccisi avevano in corpo concentrazioni di stupefacenti che sarebbero mortali per persone normali. Quali? Eroina e morfina, per i periti. Ma il senatore Aleksander Torshin, che presiede la commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage (almeno 330 morti, per lo più scolari) ritiene che i terroristi fossero sotto l’effetto di altre, sconosciute sostanze. Che hanno consentito loro “di continuare a combattere anche gravemente feriti, e presumibilmente in preda a gravi dolori fisici”. La tolleranza a dosi altrimenti letali di narcotici implica lunga assuefazione; e poiché né l’eroina né la morfina sono precisamente droghe da guerrieri (al contrario delle eccitanti coca e anfetamine, che esaltano la resistenza a sonno, dolore e fatica) c’è da chiedersi se qui non si apra uno squarcio sulla misteriosa “formazione” dei terroristi islamici. Contrariamente a quel che appare dalla superficialità giornalistica, infatti, gli aspiranti al terrorismo suicida non si trovano spontaneamente ad ogni angolo di strada. Bisogna che gli individui siano condizionati in qualche modo per giungere a tanto.
Il fanatismo non basta: occorre che sia portato all’apice dell’autodistruzione. Ed ora, dalle autopsie di Beslan, riusciamo ad intuire che il condizionamento psichico può essere stato coadiuvato da sussidi, diciamo così, farmacologici. Già gli assassini dell’antica setta erano “preparati” con l’hashish a smarrire i confini tra la realtà e il sogno, e così indotti a morire per il Vecchio della Montagna loro capo, il Pir di Alamut. Ma negli assassini d’oggi, sembra esserci un uso più “scientifico” degli psicofarmaci per creare bombe umane. Esistono metod i psichiatrici per “produrre” terroristi suicidi a volontà? E chi ne possiede il segreto? Sarebbe interessante saperne di più.
Ma non sapremo molto. Lo stesso senatore Turshin ha detto che i peggiori retroscena di Beslan non saranno divulgati: «La verità sui veri organizzatori della strage terrorista è così spaventosa, che rivelarla provocherebbe nuovi, sanguinosi conflitti». Cosa ha voluto dire? Certo è che subito dopo questa frase la Mosnews, l’agenzia moscovita che la riportava, aggiunge che la commissione “ha da fare molte domande all’ex presidente dell’Inguscezia Ruslan Aushev”; il quale, va ricordato, il 2 settembre si offrì a Beslan come mediatore verso i terroristi ceceni, e riuscì a farsi consegnare da loro 26 ostaggi.
E qui intravvediamo che l’atrocità del terrorismo non si esaurisce nelle sporche scie di sangue che si lascia dietro. Anni di esperienza ci hanno insegnato che gli esecutori di un atto terroristico possono talora ignorare che i loro mandanti militano magari sul fronte opposto. Che nel clima ripugnante che il terrorismo crea, s’innesta ogni sorta di provocazione, infiltrazione, operazione “false flag”, come si dice nel gergo dei servizi segreti: un atto compiuto sotto “falsa bandiera” da alcuni, per incolparne gli avversari. E’ questo il vero veleno del terrorismo: la sua stessa indecifrabilità. Che intossica le menti con la domanda – necessaria ma in genere inane – del cui prodest.
Maurizio Blondet
Fonte: Avvenire 23.10.04