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LE NOTIZIE SULLA RIPRESA ECONOMICA: CASO DI ABUSO DI CREDULITA' POPOLARE

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A cura di Davide
Il 28 Febbraio 2015
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FONTE: SENZASOSTE.IT

Come si fa a costruire la ripresa economica? Quella che serve per le elezioni di primavera e per i sondaggi, naturalmente. Prima di tutto ci vogliono trasmissioni economiche a reti unificate. Poi si prende un indice di fiducia pompandolo su fattori non economici (esempio l’elezione di Mattarella, come è stato detto dalle stesse agenzie di stampa). Poi si prende questo indice soggettivo e lo si incrocia con i dati (sui cui parametri non si dice niente): + 0,1 sul Pil e ribasso dello spread tra bond italiani e bundvtedeschi.

Raccontate con enfasi queste tre notizie assieme fanno una “ripresa”, l’ “addio alla recessione” e via abusando della credulità popolare. Di un paese che deve tirare la carretta tutti i giorni e magari presta fiducia a queste notizie ritenute oggettive anche perché sente solo quelle. Prendiamo invece un grafico, ci scusiamo della mancata traduzione ma commenteremo a dovere, per togliere ogni dubbio in materia. Occhio alla linea blu e a quella rossa. E occhio a come, e quando, le loro traiettorie si discostano periodicamente.

DWO_FI_Baltic_Dry_Dax_db__Aufm.jpg
La linea blu segue l’andamento del DAX, che è l’indice borsistico di Francoforte. Indice che è uno dei principali termometri di salute sia delle borse che dell’economia mondiale. La linea rossa segue, invece, l’andamento del Baltic Dry Index che è l’indice dell’andamento dei costi del trasporto marittimo e dei noli delle principali categorie delle navi dry bulk cargo. Il Baltic Dry Index è reputato un indicatore fondamentale della salute dell’economia mondiale. In una economia globalizzata infatti i traffici marittimi sono essenziali anche solo per permettere di assemblare merci che divengono tali a volte solo se riuniscono componenti di 80 paesi diversi. Come possiamo notare agilmente nel 2015 l’indice Dax è ai massimi il Baltic Dry Index ai minimi. Difficile qui parlare di “addio alla recessione” in un paese come l’Italia che, più di altri, dipende dalla domanda globale. Domanda che, come vediamo, è al minimo anche rispetto ai tempi di Lehman Brothers (il picco minimo prima del 2010). Come si vede si è creata una ampia zona bianca, la bolla, tra indice Dax e Baltic Dry index che sembra destinata ad allargarsi. Ma andiamo a leggere le altre bolle, le zone bianche che si creano quando c’è forte divaricazione tra linea blu (Dax) e rossa (Baltic Dry). La prima, da sinistra, porta con sé il crack di borsa del 1987 (Aktien-Crash von 1987, nella voce originale), la seconda, se si ha la pazienza di guardare, contiene il crack del 1998 e il crollo delle dot-com del 2000-2001. Per non parlare del botto Lehman che avviene si con un Baltic Dry in aumento ma, effetto bolla, trascindandolo poi ai minimi storici di sempre. Fino ad oggi, visto che siamo andati più in basso.
Che l’Italia sia condizionata da questo quadro lo si capisce dal calo, ufficiale, delle esportazioni (-2,4 in paesi extra-Ue) nonostante l’euro più basso. Segno che il Baltic Dry, in ribasso forte, vale anche l’Italia. Il più 0,1 del Pil, al netto dell’analisi dei parametri che l’hanno determinato (e anche del cambio di direzione dell’Istat più sensibile al renzismo che avanza) appare quindi come un rimbalzo tecnico. Il calo dello spread? Semplice, significa che la liquidità messa in circolazione dalle banche centrali, che promuovono l’acquisto di debito pubblico, sta facendo il suo lavoro. Gonfiando però gli indici borsistici come il Dax che, in presenza di calo dei commerci, a questo punto hanno solo un significato: bolla. E la bolla, paragonando la zona bianca di oggi a quelle del passato, pare grossina. L’ex presidente della Federal Reserve Greenspan, il maestro di tutte le bolle del passato, l’ha definita molto grossa e rischiosa. Ma questo non va nei tg renziani unificati. Ci va invece un discorso sulla diminuzione degli spread come garanzia di contrazione del debito pubblico. Ma anche lì, se non sconfiggi la deflazione, il debito pubblico rischia di aumentare. E il Jobs Act è una manovra deflattiva sul piano del lavoro..
Insomma, tutto va per il meglio almeno nei migliori media possibili. Quelli italiani dove, come si è visto, è persino arrivata la ripresa economica. Ah, il grafico non è ripreso dal bollettino di una qualche Karl Marx Stiftung ma da Die Welt, il quotidiano vicino a Angela Merkel. Segno che in Germania, per quanto liberisti, non è credibile raccontarsela.
Questo per l’oggi. Per il futuro abbiamo visto una previsione economica, sull’Italia, punteggiata di tanti 0,1 meno e in più fino al 2050. Ma questo, con le relative conseguenze, magari un’altra volta.
redazione
Fonte: www.senzasoste.it

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28.02.2015

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