DI JUAN COLE
Sono proprio spaventato per i toni vittoriosi della stampa americana a proposito delle cosiddette elezioni di domenica in Irak. La settimana scorsa, in TV, ho dichiarato che questo evento è un “terremoto politico” e “uno storico primo passo per l’Irak.” Si tratta proprio di un avvenimento della massima importanza per l’Irak, il Medio Oriente e il mondo. Tutti festeggiamenti, anche se esagerati, hanno comunque un fondo di verità. Gli iracheni dei passati decenni non hanno mai potuto scegliere, sia pure attraverso strane procedure con le quali si eleggono candidati anonimi, i loro dirigenti. Ma questo tipo di elezioni non deve essere un modello per nessuno, e non dovrebbe essere imitato da nessun altro nella regione. Le elezioni del 1997 in Iran sono state molto più democratiche, come lo sono state quelle del Bahrain e in Pakistan nel 2002, rispetto a quelle dell’Irak
Inoltre, come ci è ricordato da Swopa, l’amministrazione Bush si è sempre opposta a una consultazione basata sul principio di una persona, un voto. All’inizio l’Irak doveva essere affidato a Chalabi per sei mesi. Poi Bremer doveva diventare il Mac Arthur di Baghdad per anni. Poi, il 15 novembre 2003, Bremer ha annunciato un piano per indire le elezioni, basate sui consigli locali, nel maggio 2004. Gli americani e gli inglesi avevano in qualche maniera favorito la creazione di questi consigli locali, i cui membri erano tutti pro-americani. Bremer voleva restringere l’elettorato a questi piccoli gruppi di elite.Ma l’Ayatollah Ali Sistani immediatamente emise una fatwa contro questo piano domandando libere elezioni sotto l’egida di una risoluzione del consiglio di sicurezza dell’ONU. Bush, secondo quanto si seppe, fu “estremamente offeso”da queste due richieste e si oppose a Sistani. Bremer allora continuò con il suo Consiglio di governo, da lui stesso designato, per combattere Sistani. Ma Sistani riuscì a portare in piazza migliaia di persone nel gennaio 2004, con la richiesta di libere elezioni. Subito dopo Bush cedette e concesse quanto veniva richiesto. Temeva però che delle elezioni irachene aperte, non manipolate, avrebbero potuto diventare un tema di battaglia nelle elezioni americane, così decise di spostarle al gennaio 2005. Questo enorme ritardo ha fatto sì che il paese precipitasse in un caos ancora maggiore; Sistani è ancora irritato con gli americani per non aver consentito che le elezioni si tenessero nel maggio 2004. Gli americani hanno sostenuto che non si potevano usare le carte annonarie delle razioni ONU come schede elettorali. Però alla fine è ciò che hanno fatto.
Così, se fosse stato per Bush, l’Irak avrebbe avuto un dittatore light come Chalabi, oppure avrebbe avuto una elezione “guidata” in mano a pochi notabili pro-americani. E’ stato Sistani, e i partiti Shiiti che hanno richiesto elezioni libere e una risoluzione de Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Essi hanno fatto il loro dovere e hanno ottenuto quello che volevano. Ma gli americani non sono stati capaci di fornire loro la necessaria sicurezza per vere elezioni democratiche.
Con tutti questi entusiasmi è facile dimenticare che queste elezioni sono state grandemente disturbate e manipolate. L’Irak è un campo di battaglia. Ci sono soldati e posti di controllo a ogni angolo. Il traffico è stato eliminato. Queste misure sono state efficaci nell’evitare gli attacchi con le macchine-bomba, che avrebbero potuto causare enormi danni. Ma anche queste misure draconiane non hanno potuto evitare il verificarsi di molti attacchi, il che non è una buona notizia. C’è ragione di credere che, non appena il traffico ritornerà normale, la guerriglia tornerà a farsi sentire.
Gli iracheni non conoscevano i nomi dei candidati per i quali dovevano votare. Un elezione anonima che razza di elezione è?! Ci sono stati anche degli uomini politici che, la settimana scorsa, si sono trovati in elenco senza il loro consenso. Al-Zaman ha paragonato queste elezioni come comprare la frutta all’ingrosso e senza vederla. (Questa è la parte della procedura che ho chiamato “scherzo” e lo ripeto.)
Questa cosa è stata più un referendum che una elezione. E’ stato un referendum per decidere quale maggior partito, collegato a quale maggior leader, guiderà l’assemblea.
Molti votanti hanno creduto che questo fosse l’unico mezzo rimasto della loro sovranità per dire agli americani di andarsene dal loro paese. La nuova assemblea molto difficilmente potrà presentare subito tale richiesta, perché i suoi membri, una volta noti, * avranno paura di essere uccisi dai militanti Bahat. Si può ritenere che l’elettorato sarà un po’ risentito quando questa reticenza diventerà evidente.
L’Irak si trova di fronte a molti pericoli che possono dividere il paese, da Kirkuk a Mosul alla legge coranica. James Zogby, su Wolf Blitzer, ha prudentemente avvertito il pubblico USA sul pericolo di un’altra “Missione compiuta”. Le cose possono anche gradualmente migliorare, ma queste elezioni “viziate” non rappresentano il Martedì Grasso che credono gli americani, e se ne possono pentire presto se lo considerano come tale.
Juan Cole
Fonte:
1.02.05
Traduzione per Comedonchisciotte.net a cura di Vichi