DI ANTONELLA RANDAZZO
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Il pianeta Terra è uno, ma il destino dei suoi abitanti non è uno solo.
Da diverso tempo ormai sentiamo strombazzare la parola “crisi” da molte fonti mediatiche. Ma molte aree del pianeta sono in crisi da molto tempo, e non si tratta di fallimento di banche ma di guerra, morte, torture, fame e violenza. Paesi come la Somalia, la Nigeria, il Ciad, il Darfur, lo Sri Lanka, il Nepal, la Birmania, l’Indonesia, Haiti, le Filippine e la Colombia vivono ormai da tempo in una realtà da incubo.
La guerra nello Sri Lanka ha ucciso oltre 70.000 persone. Dall’inizio degli anni Ottanta i singalesi lottano per quell’indipendenza che gli italiani, che vivono in un paese occupato militarmente e controllato capillarmente dal gruppo dominante, non sanno più nemmeno cosa sia.
Le nostre autorità sono sempre pronte a farci commuovere con le commemorazioni dell’Olocausto ebraico ma cercano in tutti i modi di insabbiare i genocidi che stanno avvenendo oggi, e i tanti pogrom contro tutti coloro che lottano per i loro diritti. Addirittura, quando questi dissidenti giungono nel nostro paese, spesso vengono bollati come “terroristi” e perseguitati. Ad esempio, nel giugno dello scorso anno la Digos ha arrestato diverse persone tamil, che pur essendo in lotta per i loro diritti, sono considerate in Europa e negli Usa come “terroristi”.
Si sa quanto i nostri governanti siano ossequiosi verso i loro padroni stranieri, infatti, essi non si risparmiano nel perseguitare dissidenti che hanno l’unica colpa di credere nel rispetto dei diritti umani. La criminalizzazione mediatica degli immigrati, attivata in grande stile negli ultimi decenni ha, fra le altre cose, anche l’obiettivo di ostacolare la comunicazione fra dissidenti che fuggono per salvare la loro vita da sistemi dittatoriali sostenuti dalle autorità occidentali, e cittadini dei paesi in cui si rifugiano.Spiega il coordinatore dell’organizzazione dei giovani tamil in Italia, Kugathasan Thanushan: “Se veramente l’Italia è dalla parte della democrazia, invece di arrestare i tamil dovrebbe indagare sulla reale situazione in Sri Lanka, dove l’unica organizzazione terroristica è il governo che sta continuando il massacro di civili da ormai venticinque anni, con operazioni di pulizia etnica e di distruzione della cultura tamil. Gli arrestati sono tutti membri delle varie associazioni locali dei tamil, che hanno sempre svolto le loro attività con il permesso delle forze dell’ordine e organizzato eventi con l’appoggio delle autorità locali. Il mandato di arresto arriva non a caso dalla città di Napoli, dove c’è una forte presenza di singalesi sostenitori del governo. Non ci stupiamo di questo fatto: in Sri Lanka la libertà di stampa non esiste, e gli oppositori del governo hanno vita breve”.(1)
In Italia vivono alcune migliaia di tamil, riusciti a sfuggire all’inferno della guerra. Una guerra che ha le stesse caratteristiche di altre guerre: bombardamenti indiscriminati, persecuzioni spietate di tutti coloro che lottano per avere i minimi diritti umani, omicidi mirati e violenze contro i giornalisti che vorrebbero raccontare la verità su queste guerre.
In alcuni periodi i morti civili raggiungono livelli altissimi, avvengono veri e propri massacri, ma i mass media li ignorano e tutti noi crediamo che i bambini vengano massacrati soltanto in Medio Oriente. I genocidi o i massacri avvengono in moltissimi luoghi, in cui si chiede libertà e la possibilità di vivere una vita dignitosa.
I nostri soldati in Afghanistan si trovano a fianco degli occupanti e a sostegno degli oppressori portano diversi velivoli da combattimento pagati da tutti noi, che saranno utilizzati contro la resistenza afghana. Le autorità ci raccontano che questi mezzi servirebbero per “fotografare i papaveri da oppio”, calpestando così la nostra intelligenza. Nel settembre del 2006 gli italiani parteciparono all’offensiva chiamata operazione ‘Wyconda Pincer’, che per sbaglio venne resa nota, facendo capire a tutti che le truppe Isaf non sono “truppe di pace” come ci raccontano.
Il “terrorismo” è un modo per giustificare la militarizzazione e la guerra da parte delle truppe occidentali. Come spiega lo storico Frank Furedi: “terroristi diventano tutte le persone straniere che non piacciono. Inoltre il terrorismo viene ridefinito come metafora multiuso ogni qualvolta il Terzo Mondo richieda un’azione concorde dell’Occidente”.(2)
Le autorità anglo-americane ritengono di dover tenere ancora a lungo l’Afghanistan in “crisi” perché si tratta di un’area geostrategicamente importante, e perché occorre controllare la produzione di oppio.
La popolazione somala, attraverso le Corti islamiche, ha cercato di svincolarsi dal controllo statunitense, e di creare un sistema diverso. Per questo ha subito feroci bombardamenti e l’occupazione militare.
Ad Haiti, dopo lo sterminio degli indigeni Arawak e Taino ad opera dei conquistadores francesi e spagnoli, gli abitanti, che sono soprattutto i discendenti degli ex schiavi, per la loro volontà di autodeterminazione sono stati perseguitati e la loro economia ha subito gravissime devastazioni. Haiti è fra i paesi più poveri del mondo. A lungo i Caschi blu dell’Onu, insieme alla polizia haitiana, hanno commesso ogni sorta di crimine: stupri, uccisioni mirate e massacri di civili. Oggi i cittadini haitiani sono ancora in crisi e si sollevano gridando “abbiamo fame”, “fuori gli stranieri, via i Caschi blu”.
In Colombia le persone sono strette in un sistema oppressivo che uccide tutti quelli che non accettano di sottomettersi a chi imbraccia un’arma. I programmi di “aiuto” pagati dalle autorità statunitensi, come il “Plan Colombia” sono modi mascherati di alimentare la guerra e l’oppressione. Come spiega il Parroco della Parroquia de San Isidro Labrador, Padre Ángelo Casadei: “Qualunque guerra crea solo ingiustizie, da ogni parte, e chi ne porta il peso maggiore sono coloro che stanno nel mezzo: in questo caso i contadini. Sono pochi quelli rimasti da quando è iniziata la repressione nel Caguán, inaugurata dall’attuale Presidente. Una repressione che ha cambiato molto il nostro territorio. Molta gente se ne è andata e dà dolore vedere questo paese quasi vuoto. Qui abbiamo subito una vera “purga”: è una repressione che vuole farla finita con la gente. Si stanno attaccando i piccoli commercianti del luogo, i loro lideres comunitari. È una guerra che sta lasciando solo morti. Le persone che restano sono disanimate… La cosa più triste di tutta questa storia è che molti dei desplazados fuggiti da Remolino si stanno vendendo all’Esercito e stanno denunciando persone innocenti che ancoro vivono qui cercando di rifarsi una vita onestamente. È una guerra tra poveri alimentata dalle stesse forze militari. E a pagare sono sempre gli stessi”.(3)
Questi sono soltanto alcuni dei tanti esempi di gravissime crisi che esistono nel mondo.
Addirittura Medici senza Frontiere (Msf) parla di “adottare una crisi dimenticata”, in riferimento ai sessanta paesi attanagliati da gravissime crisi di vario genere (disastri naturali, guerre, epidemie, violenze, povertà, dittature, ecc.), completamente ignorate dai mass media. Msf, da cinque anni, pubblica il “Rapporto sulle crisi dimenticate”, per far emergere notizie che mai verranno date nei nostri telegiornali (per ulteriori informazioni www.crisidimenticate.it)
La “crisi” non è altro che il tentativo di abbattere un sistema ormai vissuto come tremendamente oppressivo persino nelle aree del Primo mondo.
Nel Terzo mondo queste crisi significano guerra, persecuzioni, mancanza di cibo e acqua e violenze di ogni genere.
Nel Primo mondo “crisi” significa che i paesi, sotto la stretta del debito e incalzati dai paradossi dell’attuale assetto economico-finanziario, diventano sempre più poveri e privi di risorse per la crescita sociale, culturale, civile ed economica. Le “crisi” sono dunque dovute alle stesse caratteristiche del sistema, e vengono sfruttate per sottrarre ancora più risorse pubbliche, attraverso le richieste di denaro per sostenere quelle banche e quelle grandi imprese controllate dalle stesse persone che sono responsabili della crescente povertà del paese e della stessa crisi.
Oggi ci chiediamo cosa accadrà e lo chiediamo ai politici, ossia agli stessi complici di chi ha ridotto il paese in miseria.
Ma non possiamo certo credere che quelle stesse autorità che perseguitano coloro che nel Terzo mondo ancora credono nell’autodeterminazione abbiano a cuore le nostre sorti.
Le autorità occidentali non si riuniscono per avanzare la proposta di sopprimere il debito pubblico, per riformare il sistema finanziario o per sottrarre l’assetto economico al controllo dei pochi. No. Si riuniscono per cercare di elaborare nuovi modi per ingannare i popoli, nuovi modi per proteggere il gruppo egemone, nuovi modi per sottrarre altro denaro pubblico o nuovi modi per far accettare un sistema talmente iniquo che nel tempo non potrà che continuare a degenerare.
Qual è la soluzione?
Allo stato attuale delle cose l’unica via d’uscita è quella di non riconoscere più le istituzioni che reggono l’attuale sistema. Chiediamoci: cosa farebbero gli attuali personaggi al potere se nessuno andasse a votare, se nessuno riconoscesse più il valore dei loro pezzi di carta o se nessuno più li stesse ad ascoltare o si aspettasse da loro le soluzioni ai problemi?
Il potere di queste persone esiste soltanto se viene riconosciuto dai popoli, in caso contrario non esiste. Il potere è sempre stato dei popoli e sempre lo sarà, e la libertà non è altro che l’essere coscienti di questo. La forza dei popoli oggi sta nel riconoscere che esiste in realtà una sola, unica crisi, e non è quella economica o bellica, ma quella che richiede l’abbattimento di un’oppressione secolare ormai inaccettabile.
Antonella Randazzo
Fonte: http://lanuovaenergia.blogspot.com
Link: http://lanuovaenergia.blogspot.com/2009/03/le-crisi-ignorate.html
21.03.2009
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NOTE
1) http://www.peacereporter.it/dettaglio_articolo.php?idart=11385
2) Furedi Frank, “New ideology of Imperialism”, Pluto, Londra, 2004, p.116.
3) http://it.peacereporter.net/articolo/14694/Colombia%2C+una+scomoda+guerra+civile