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La Redazione

 

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L'ATTACCO SOCIALE DELL'AUSTERIT ECONOMICA NELLA GRECIA RURALE

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A cura di Truman
Il 20 Novembre 2012
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DI CHRIS JONES
Global Research


Ambelos è solo uno dei tanti villaggi di montagna dell’isola di Samo. E’ qui che ho vissuto negli ultimi cinque anni. Gli ultimi due censimenti hanno fatto registrare una popolazione di oltre 300 persone, il che è una grave esagerazione se si pensa che la popolazione residente tutto l’anno ammonta a poco più di 120 unità. Questa cifra è stata appositamente inventata da coloro che hanno delle proprietà nel villaggio, ma che risiedono altrove e scelgono Ambelos solo in occasione delle elezioni o del censimento. Nonostante siano pochissime le risorse stanziate direttamente nel paese, sia dal governo centrale che da quello regionale, l’ammontare della popolazione ha una certa portata nella determinazione delle assegnazioni, incluse quelle relative alla rappresentanza politica. Con meno di 300 abitanti, ad esempio, il paese non può avere un sindaco.

Non c’è motivo di credere che il caso di Ambelos sia eccezionale in Grecia. Ma se è vero che tutti i paesini sono intenzionati come Ambelos a far figurare che la popolazione non scende sotto i 300 abitanti, allora è assai improbabile che i dati emersi dal censimento – come del resto quelli ricavati dalla maggior parte delle statistiche in Grecia – siano attendibili.

Ma nessun tentativo di falsificazione può nascondere la realtà che villaggi come Ambelos sono intrappolati in un lungo processo di decadenza che si trascina da decenni. La combinazione tra il fatto di dipendere da un’economia su scala ridotta, un’agricoltura essenzialmente contadina ed un turismo prettamente estivo non è mai stata sufficiente a soddisfare il fabbisogno della popolazione. L’emigrazione per periodi sia lunghi che brevi è storicamente conclamata da quando gli isolani hanno cominciato ad andarsene alla ricerca di lavoro, stipendi più alti e condizioni migliori di quelle che avrebbero potuto trovare a Samo.

Di ritorno alla terra?

Il processo di decadenza che si era manifestato in maniera sporadica e graduale sta ora accelerando, man mano che l’austerità aumenta.

Per un certo periodo io ed altri ci siamo chiesti se l’aumento dell’austerità avrebbe giovato a villaggi agonizzanti come Ambelos. Due anni fa sia i media greci che quelli internazionali hanno parlato molto del fenomeno dell’emigrazione, in particolare da Atene, dove la situazione era diventata disumana. Hanno detto che migliaia di persone stavano facendo ritorno ai villaggi rurali della Grecia, dove i genitori o i nonni avevano terre e proprietà. A quanto pareva, la mancanza di lavoro, di guadagno e di prospettive, unita al conseguente deterioramento delle relazioni sociali nella città di Atene, avevano reso appetibile l’idea di ritornare in campagna.
Sicuramente sono molte le storie che possono servire come fonte d’ispirazione per un ritorno alla terra ma, dal punto di vista di Ambelos e di altri villaggi simili nell’isola di Samo, non c’è nessuna prova significativa di questo fenomeno. E ciò nonostante il fatto che molte delle case sparse in paese appartengano a famiglie che vivono ad Atene. A quanto ne so, nell’ultimo anno ad Ambelos si è trasferita una sola famiglia proveniente da una cittadina del nord della Grecia devastata dalla recessione. La loro intenzione è di mettere insieme un gregge di capre e di dedicarsi alla produzione di formaggio e yogurt.

Ma rappresentano un’eccezione. Durante l’estate ho chiesto a Georgios se ha mai considerato l’idea di lasciare Atene per tornare in paese. Ha circa vent’anni e la prospettiva di tornare nel villaggio dov’è cresciuto e dove ha frequentato le elementari gli piacerebbe. “Non se ne parla nemmeno”. Impossibile, mi ha detto, per il semplice fatto che non c’è lavoro per un libraio specializzato, né in paese né in tutta Samo. Per lui l’idea di restare arenato, senza reddito e senza lavoro, in un villaggio senza un’autolinea, senza una scuola, divenuto oramai un posto dove non è possibile nemmeno farsi una famiglia, è uno scenario da incubo. Vassilis, che ha passato l’estate ad Atene, mi ha di recente raccontato le esperienze di alcuni dei suoi amici che hanno lasciato la città per tornare nei loro paesi natii. Esperienze tristemente segnate dallo sconforto e dalla profonda delusione di ritrovarsi isolati, più poveri ed in luoghi semplicemente consumati dalla recessione e dall’austerità. Stando a quanto dice Vassilis, alcuni dei suoi amici sono rimasti sconvolti nel constatare che ciò che a loro era parso come un passo avanti verso una nuova vita, più ricca e soddisfacente, si fosse rivelato così disastroso.

Trasferirsi in città

Ad Ambelos non c’è nessun nuovo afflusso di gente intenzionata a stabilirsi permanentemente, cosa che servirebbe moltissimo per il rinnovamento del villaggio, specie si trattasse di famiglie giovani, che con la loro presenza darebbero una chance alla riapertura della scuola elementare, chiusa tre anni fa. Ma finché non si creano posti di lavoro è difficile che ciò accada. Questa settimana ho parlato con Vangelis, che a circa trent’anni è una delle poche persone che sono riuscite a creare un piccolo business di successo e ad aprire una bottega nel centro del paese. Si è sorpreso del mio stupore quando ho saputo che per prendere una simile iniziativa non era previsto nessun incentivo da parte dello Stato. Vangelis è certo che lo Stato non ha alcun interesse a sostenere i piccoli villaggi come Ambelos e che anzi sarebbe ben felice di abbandonarli alla loro deriva o di trasformarli in insediamenti di case-vacanza. E’ ed è sempre stata, dice lui, la politica dei governi che si sono succeduti quella di incoraggiare l’immigrazione dalla campagna alle principali aree urbane, come in effetti è accaduto ad Atene.

Ora di andare?

Nel frattempo accelera il processo di decadenza. La maggior parte dei residenti stabili ha più di 70 anni. Il piccolo cimitero del villaggio ora è pieno e a partire dagli ultimi due anni la possibilità di conservare la tomba gratuitamente per un periodo di 4/5 anni non può più essere rinnovata. Così le tombe vengono regolarmente svuotate e le ossa trasferite negli ossari in modo da fare spazio. Ma va anche segnalato che, man mano che lo stato sociale si sgretola, le entrate delle famiglie calano, le pensioni diminuiscono e gli spostamenti ridotti per la mancanza di bus e per il prezzo del carburante, si assiste ad un aumento del numero di persone single anziane che lasciano il paese per l’intero anno o solo per l’inverno per andare a stare con le loro famiglie ad Atene o nelle città di Samo e Karlovassi. Per le persone sole, di qualsiasi età esse siano, sta diventando impossibile sopravvivere: da qui il diffondersi di nuclei famigliari dalla fisionomia sempre più mutevole. Persino in paese le famiglie stanno re-inglobando quelli che per mancanza di fondi non hanno potuto terminare i loro studi e quindi ritornano dalle università. So di famiglie in cui l’esigua pensione del parente più anziano rappresenta l’unica fonte regolare di reddito. Kostas, metallurgista specializzato mai assunto, che vive in città a Samo con la sua famiglia, mi ha raccontato che oggi il suo nucleo famigliare comprende 5 adulti in età da lavoro e che l’unica entrata proviene da suo padre. Questa è la norma oramai.
Tutte le persone più giovani sotto i 35 anni di età che si sono laureate hanno già lasciato sia il paese che l’isola, tranne una che lavora in un’attività finanziaria famigliare. Per i giovani rimasti (circa 10) quest’ultimo anno è stato incredibilmente difficile, in quanto il mercato dell’edilizia e quello del lavoro da barista si è esaurito. Persino i 3 nel villaggio che erano stati presi per un progetto occupazionale finanziato dall’Unione Europea hanno vissuto un periodo tremendo. Già duramente sotto pressione, le centinaia di lavoratori coinvolti in questo progetto non hanno nemmeno ricevuto la paga settimanale. I gestori hanno mentito e li hanno trattati in una maniera vergognosa.

Durante l’estate era normale vedere gruppi in grado di includere fino a 15 categorie di lavoratori dedicarsi alla pulizia delle strade, allo sfoltimento della vegetazione e allo smaltimento dei rifiuti.
Dal momento che lavoravano sulla strada tutti quanti indossavano gilet arancioni fosforescenti, il che li faceva sembrare una colonia di carcerati in una sorta di punizione socialmente utile. Tutto ciò per 500 euro mensili e senza essere regolarizzati. E’ uno scandalo.

Senza quasi eccezioni, la voce tra i giovani del villaggio è quella di lasciare Samo e la Grecia e senza dubbio molti partiranno non appena possibile. All’orizzonte non si vede uno spiraglio di luce che faccia pensare che le cose possano volgere al meglio. La maggior parte dei discorsi in paese riguardano le difficoltà che aumentano man mano che la povertà si aggrava. Le famiglie che fino a 2 anni fa credevano di poter sostenere le spese universitarie dei propri figli, ora sono sul punto di richiamarli a casa; la stazione di servizio che un’altra famiglia ha preso in gestione 4 anni fa è sull’orlo della chiusura in seguito alla morte del padre. Queste sono le storie di tutti i giorni. Non c’è da stupirsi che i giovani siano ansiosi di avere notizie sulle opportunità di lavoro e sul destino di quelli che sono partiti. Questa settimana la notizia è che Miko, il costruttore che si è trasferito dal villaggio a Karlovassi con la moglie e i due bambini quando la scuola del paese ha chiuso, è in partenza per andare a lavorare a delle strutture turistiche da qualche parte nell’Africa Occidentale. E quando mi soffermo un attimo a pensare mi sembra incredibile che al di fuori della mia piccola cerchia di amici e conoscenti 2 siano tornati dalle loro famiglie in Nord Africa, uno ce l’abbia fatta a Londra, un altro stia andando a piedi dalla Grecia all’Italia e al momento si trova accampato in Romania, un altro dovrebbe partire per Parigi tra 3 settimane, un altro ancora parte questa settimana per Monaco, altri 2 contano di essere in Polonia per Natale. E tutto ciò negli ultimi sei mesi. Siamo testimoni di un esodo di disperati che se ne vanno con la tristezza nel cuore, perché sanno che la loro partenza renderà le loro famiglie ancor più fragili. È certo che Ambelos non può più permettersi di perdere altri giovani.

Un paese bi-stagionale

Al momento Ambelos è 2 villaggi: il villaggio estivo, dove il posto è vivo, le case abitate, la “platia” centrale piena di rumori per via dei bambini che giocano mentre i loro genitori stanno seduti con gli amici alle 2 “tavernas” del villaggio, che rimangono aperte fino a tardi. Da giugno a settembre ci sono circa 5 eventi di musica e ballo che durano l’intera nottata. È persino difficile trovare parcheggio! Poi c’è il villaggio invernale. La popolazione si riduce a circa 120 persone. Ci sono intere porzioni del villaggio dove mancano residenti fissi e che quindi durante l’inverno rimangono deserte, senza vita. Le “tavernas” tirano avanti con i pochi affezionati, ma vendono pochissimo cibo e, inevitabilmente, finiscono per chiudere presto. A differenza di quanto accade in estate, d’inverno il paese è silenzioso. Il parcheggio non è più un problema. È un posto completamente diverso.

C’è un forte impegno da parte dei greci che durante l’estate vanno a trovare coloro che sono nati e cresciuti nel villaggio. Spendono soldi nella manutenzione delle case, pubblicano e distribuiscono a tutti gli abitanti un giornale di 6 pagine che riporta notizie relative sia agli emigrati che ai paesani, organizzano una festa danzante e finanziano diversi progetti, come quello di restaurare i punti di maggiore attrazione e di installare delle panchine vicino ai belvedere. Ironia della sorte, nonostante rivestano una grande importanza per il paese, essi rappresentano allo stesso tempo una delle manifestazioni più evidenti di quello che oramai è diventato un villaggio bi-stagionale.

Questo modello diventerà probabilmente uno standard per una serie di luoghi simili a Samo. Manolates, un villaggio montuoso nelle vicinanze, è molto più sviluppato turisticamente di quanto non lo sia Ambelos, con i suoi numerosi residenti d’estate ed anche visitatori giornalieri. D’inverno il contrasto non potrebbe essere più evidente, viste le strade deserte e le botteghe artigiane, le gioiellerie e le case dei vacanzieri sprangate. I residenti sono pochissimi e sproporzionatamente anziani. Il paese estivo e quello invernale si differenziano in maniera scioccante.

Come i villaggi diventano bi-stagionali, così accade a diversi aspetti importanti dell’isola nel complesso. I collegamenti via aerea e via mare sono ridotti e i voli charter sospesi tra la metà di ottobre e l’inizio di maggio. Molte di quelle che sono considerate le “zone calde” dell’isola durante l’estate, come ad esempio Kokari, in inverno assumono l’aspetto di centri abbandonati, con intere vie di negozi turistici, bar e locali con le saracinesche abbassate. Questa non è una novità per Samo, ma l’austerità ha in qualche modo accentuato il senso di isolamento e di fragilità. Il mio sospetto è che ciò sia dovuto alla riduzione della stagione turistica, che prima durava da aprile a ottobre ed ora va dalla metà di maggio alla fine di agosto.

Villaggi invernali

Non c’è un piano territoriale che tenga conto dei possedimenti ad Ambelos. Coloro che stanno cercando di vendere piccoli lotti di terreno all’interno del villaggio e nelle sue vicinanze sperano di poter attirare molti acquirenti dal Nord Europa disposti a spendere una cifra dignitosa. I bisogni dei residenti e tutto ciò che si richiede in termini di piani collettivi per il lavoro e le opportunità non vengono tenuti in considerazione. Le poche case vendute di recente sono andate tutte a persone che intendono utilizzarle solo come residenze estive. Ciò evidentemente non contribuisce a sanare il divario tra la stagione invernale e quella estiva: la dura realtà è che per molti Ambelos può continuare ad essere un posto solitario ed isolato durante i mesi invernali.
Non ho mai visto raccogliere così tanta legna come quest’autunno. Ora accade spesso di vedere mucchi di ceppi accatastati fuori dalle case, alcuni sono stati comprati, altri raccolti nelle foreste dell’isola o nei terreni privati. Che io ricordi l’ unico nuovo negozio che abbia aperto di recente – questa settimana – a Karlovassi vende stufe. Al contrario di quanto accade in Inghilterra, dove i negozi di stufe sono “trendy” e frequentati prevalentemente dal ceto sociale medio-alto, qui non si tratta di dare un tocco chic alla propria casa, bensì di avere di che scaldarsi, dato che la gente non può più permettersi il petrolio per il riscaldamento. Qui avere una stufa non fa “fashion”, è una strategia per sopravvivere.

Tutto ciò, insieme ad altre cose – come ad esempio la decisione presa quest’inverno di aggiungere alle imposte già esistenti una tassa di 50 centesimi per ogni litro di olio ricavato dalla spremitura al frantoio – sembra una cospirazione ai danni del villaggio. Ora ci sono addirittura voci che il governo imporrà una sorta di imposta fondiaria sia sugli oliveti che sui vigneti. Se questo provvedimento verrà reso effettivo sarà un brutto colpo. Molti abitanti semplicemente non hanno di che pagare queste tasse addizionali.

Non ci vuole molto a capire che l’austerità e la recessione stanno accentuando il divario tra il paese estivo e quello invernale. Non ci sono più 2 aspetti equivalenti di Ambelos. Il villaggio invernale diventa sempre più piccolo e sempre meno sostenibile, come un bambino a cui vengono fatti indossare abiti troppo larghi. Non passerà molto tempo prima che la Grecia si riduca a migliaia di villaggi rurali abitati d’inverno da uno sparuto gruppo di residenti, e d’estate stracolmi di turisti e visitatori.

E poi?

Ovviamente esistono delle alternative che possono consentire ad Ambelos e a tutti gli altri villaggi rurali greci di diventare posti meravigliosi, dove le persone si possono insediare e prosperare. Ma esse sembrano così remote, raramente prese in considerazione. C’è talmente tanta confusione attorno a quello che sta accadendo e a ciò che deve ancora avvenire; la gente sembra ancora così scioccata e turbata dai danni al suo benessere che non riesce a fare altro che arrancare, giorno dopo giorno. Ma chi sa cosa succederà? L’insieme di tutti questi fattori sta diventando sempre più deleterio di mese in mese, e la gente continua a sentirsi dire che le cose possono solo peggiorare. Ma è ancora difficile prevedere cosa accadrà. E’ probabile, ma non certo, che prima o poi si assista ad una rivolta sociale di qualsiasi matrice. Le misure restrittive hanno già superato la linea rossa che secondo alcuni commentatori avrebbe dovuto portare ad eventi simili, ma in realtà essi non si sono mai verificati, o almeno non con la portata e con le conseguenze pronosticate. Detesto l’idea che l’unico interesse che qualcuno ha nei confronti della Grecia sia quello di vedere fino a che punto una società ed i suoi abitanti possono reggere alle pressioni prima che qualcosa accada. Come tutti dovremmo sapere, un eccesso di pressione causa delle esplosioni.

Forse dovremmo prestare maggiore attenzione a ciò che dicono e fanno coloro che sono fuggiti da realtà dilaniate dalle lotte e che ora vivono in Grecia. Alcuni dei miei amici che provengono da questi posti sono già partiti o stanno progettando di farlo non appena possibile. La profonda ostilità dimostrata dallo Stato ed il correlato rinforzamento del partito fascista di Alba Dorata li hanno resi sempre più timorosi ed insicuri. Notano come le buone relazioni fra cittadini si stiano sgretolando, deteriorando man mano che l’austerità, diventando sempre più dura, rende la società greca simile a quelle violente e in preda al disordine da cui sono fuggiti. Ciò che vedono accadere oggi in Grecia – e che pensano accadrà anche in futuro – , ovvero il passaggio dall’ordine al caos, la nascita di focolai di resistenza e di protesta, è ciò che li spaventa maggiormente. Molti dei rifugiati, come mi ha raccontato Tariq, sono sopravvissuti grazie alla solidarietà ed all’aiuto dei greci, ma non mi nasconde che, come peraltro confermano con decisione i suoi amici, ciò che lui ha visto e vissuto è stata una generale mancanza di solidarietà tra la gente, come ben dimostrano le gelosie meschine ed il parlarsi alle spalle tra le persone che incontravano nei caffè e nelle “tavernas”. I politici di sinistra non sono meglio, dicono, sempre in balia di divisioni ed ostilità. Mi hanno parlato di quanto poco i greci si fidino, e di come questa mancanza di fiducia si trascini da anni segnati da rivalità e contrasti mai risolti. Dal punto di vista dei rifugiati questo è il problema più grave. Com’è possibile infatti opporre una resistenza costruttiva senza un minimo di fiducia reciproca?

Chris Jones
Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/the-social-onslaught-of-economic-austerity-on-rural-greece/5310349
01.11. 2012

Traduzione per Comedonchisciotte.org a cura di DONAC78

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