LATOUCHE E L'EURO: LA SALDATURA COL DECRESCISMO CHE PIACE AL MAINSTREAM

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Guardate un pò qui: persino un personaggio di indecifrabile collocazione culturale, in termini di competenza scientifica, quale risulta essere Latouche profetizza la fine dell’euro.

Ovviamente per le ragioni sbagliate: crede che l’euro sia funzionale ad un aumento continuo dei consumi, laddove, al contrario, è il principale mezzo di loro compressione rispetto al livello raggiungibile in un assetto costituzionale-democratico.
E ciò come inevitabile corollario della deflazione salariale e della sistematica compressione della domanda di cui è lo strumento, per di più fortemente autoritario, se non altro perchè postula la disattivazione della legalità costituzionale dei paesi interessati, incentrata sui diritti fondamentali culminanti nella “effettiva” tutela del lavoro. Cosa di cui Latouche, nel suo schematismo senza attendibili basi scientifiche, non potrà mai accorgersi.

Gli sfugge la REALTA’, cioè la effettiva compressione dei consumi DECISA DAL SISTEMA FINANZIARIZZATO DELLA GRANDE INDUSTRIA DI OLIGOPOLISTI MONDIALI, con la prosecuzione “decentrata” (data la liberalizzazione dei capitali) del modello produttivo industriale attuale, certamente distruttivo delle risorse ambientali, date le tecnologie attualmente usate e abusate.
Questa compressione dei consumi rispetto al livello precedente – chiedere a italiani, portoghesi, greci, spagnoli, irlandesi e, ormai, francesi, ma ancor prima ai cittadini USA non facenti parte dell’1% creato dalla golden age clintoniana, a colpi di abolizione del Glass-Steagall Act e di emendamenti costituzionali che fissavano i tetti al deficit pubblico-, mira contemporaneamente all’allargamento mondializzato della platea dei consumatori, realizzata, nell’appiattimento (“equalizzazione”) verso il basso dei salari reali, ed attraverso il coevo allargamento del credito al consumo.
Questa strategia è fondata su un’idea errata ed ossessiva, secondo Krugman, di “competitività” applicata agli Stati, che rende i creditori finanziari i giganteschi e permanenti membri di quella governance “internazionalista“, che predica la morale incondizionata della DEFLAZIONE; e che si serve del TOTALITARISMO MEDIATICO, DI CUI IL DECRESCISMO ALLA LATOUCHE E’ UN POTENTE ELEMENTO SERVENTE, contribuendo a minare il sistema immunitario democratico delle sovranità dei diritti.
Ciò in quanto, svincolando l’idea del PIL dal suo vero significato di registrazione oggettiva di benessere diffuso, nonchè di diretto indicatore del dato occupazionale, non seriamente riducibile al solo aspetto dei “profitti”, come si tenta di accreditare (non a caso pure e proprio da parte di Renzi), Latouche finisce per accomunarlo rozzamente al consumo delle risorse ambientali, indimostrata conseguenza del preteso “eccesso” di consumi. Tale manipolatoria “colpevolizzazione” di massa, presuppone di addebitare ai lavoratori occupati ed alle famiglie la responsabilità della “composizione” dei consumi stessi, elemento che sfugge completamente alla loro scelta, derivando dall’orientamento culturale e regolatorio (cioè imposto a governi asserviti) della governance istituzionalizzata dei “mercati”, orientamento tanto più suggestivo e vincolante, quanto più tale governance possa imporre la pura legge della domanda e offerta come regolatrice del mercato del lavoro.
E si ha un bel respingere la globalizzazione-universalizzazione del paradigma occidentale, se poi si diffonde una pseudo conoscenza che la agevola in modo indiretto ma rilevante, invertendo i processi causali ed addebitando ai lavoratori-consumatori, una possibilità di “scelta” che in realtà è ascrivibile tutta a coloro che possono decidere l’orientamento produttivo e finanziario dei mercati liberalizzati.
E anche dimenticando come questo processo, nello specifico UE, sia proprio della strategia dell’euro, che sacrifica i consumi dei lavoratori europei, proprio come spinta alla creazione esportatrice di nuove platee di consumatori, fuori dall’UEM (secondo il ben noto modello imperialista mercantilista pan-germanico).
Insomma, per le oligarchie mega-finanziarie, meglio 4 miliardi di consumatori “piccoli” e indebitati, che qualche centinaio di milioni di consumatori-risparmiatori tutelati dagli Stati sovrani democratici.
Inutile dire che, cosciente o meno della realtà che non è capace di enunciare, Latouche è il propugnatore, implicitamente necessario, di un mondo quale quello descritto nell’incipit di questo post.
Cioè il latore di un messagggio che disattiva gli anticorpi democratici, aprendo lo spazio a processi di colonizzazione: in sostanza, accettando preventivamente l’imposizione autoritaria di tecnologie “green” che corrispondono ad una capture dei governi (ex-democratici), accuratamente pianificata dall’alto.
O rinvia a una formula totalitaria statale vetero-marxista, strutturalmente incapace di realizzare, seguendo le sue claudicanti analisi economiche, il volume di risparmi-investimenti, quand’anche “solo” pubblici, idoneo a raggiungere il grado di ricerca-sviluppo-innovazione necessario per non far ripiombare l’umanità in una sorta di medioevo a tecnologie obsolete e a divisione del lavoro di tipo medioevale.
Di questi argomenti abbiamo ampiamente trattato: per chi si volesse divertire a verificare la conseguenze delle proposizioni decresciste basate su un malinteso ed ipocrita concetto di consumi (nonchè sul significato socio-culturale della loro progressiva estensione pluriclasse nel secondo dopoguerra), segnalo questa trattazione critica. In guardia, da chi attacca Keynes, un gigante del pensiero sociale pro-umanitario tout-court, senza menzionare deflazione salariale e potere bancario-finanziario!
Quanto alla variazione del modello industriale attuale, laddove realizzata in modo conforme alla previsioni costituzionali di Stati in grado ancora di gestire le proprie politiche sociali, fiscali e industriali, nell’interesse del rispettivo popolo, detentore della sovranità, dovrebbe essere inutile sottolineare ancora che tale variazione, correttamente stimata nei suoi effetti macroeconomici, conduce piuttosto, con ogni probabilità ad un aumento del PIL (da Latouche odiato, senza averlo capito).
Anche qui, si veda, come approccio ad una impostazione razionale del problema, il dibattito seguito al post da ultimo linkato.
Ben diversa è la concezione di Georgescu-Roegen, che si incentra, con ben più pertinente e profonda scientificità dell’approccio, sulla contestazione non del concetto di consumo, inteso come disponibilità di reddito trasformato in effettiva spesa da parte del cittadino di un ordinamento democratico, bensì sulla rimessa in discussione della funzione di produzione, come ben illustrò Cesare Pozzi nel post che siamo riusciti a fargli pubblicare.
Una diversa composizione della spesa delle famiglie, non significa limitare i consumi, come conseguenza inevitabile della decrescente quota salari sul PIL, ma renderli coerenti con UNA DIVERSA COMPOSIZIONE DELL’OFFERTA. Cioè conseguenti ad un diverso sistema produttivo, nei suoi rapporti tra finanza, conoscenze e capacità di dare alle seconde una priorità che riduca la prima a quel mero strumento di agevolazione del fenomeno imprenditoriale che dovrebbe costituire.
Questa è la “traiettoria culturale” di cui Cesare Pozzi ha parlato a Pescara.
Che presuppone una prevalenza delle conoscenze come fattore-guida, riproduttivo dell’impiego di capitale, ma, ancor prima, una correlazione istituzionale tra conoscenze e politiche industriali, in modo tale che lo Stato democratico sia il decisore sovrano delle seconde, per fini che trascendono, per definizione, la logica del profitto, programmato a livello ormai planetario da mega-operatori finanziari che si disinteressano dei valori sociali-comunitari sanciti dalle Costituzioni.
Il riassunto che precede, spero ben presente a chi ha la pazienza di seguire questo blog, ci rinvia, in fin dei conti, ad un altra serie di interrogativi correlati:
a) sarà un caso che un personaggio come Latouche abbia stranamente uno spazio così ampio, in sede accademica, tanto da poter parlare a studenti che, per altro verso, sono piuttosto rigidamente orientati verso lo studio privilegiato delle teorie economiche “mainstream”?
b) e soprattutto, questa connessione tra la teoria macroeconomica dominante e la “versione” di Latouche, certamente non l’unica alternativa tra quelle proponibili (e scientificamente ben più solide) in senso oppositivo allo stesso mainstream, non dovrebbe colpire i militanti del M5S, e portarli ad interrogarsi, sul come venga gestita la questione “decrescismo” in un senso che si rivela obiettivamente funzionale alla direzione culturale impressa alle nuove generazioni?
Per comodità, riproduco il commento da ultimo linkato:
“…”loro” contano sul consolidamento, nel tempo, e per un fatto generazionale, dell’abituarsi a questo diverso e decrescente livello di reddito (e benessere sociale).
Cioè, via via che coloro che ancora “ricordano” il tentativo di società redistributiva pluriclasse vengono espulsi dalla scena, possono pensare che senso di colpa e palliativi “von Hayek” riescano a creare una nuova società strutturalmente di ineguali.
Ma utilizzando un ferreo controllo mediatico, una forte morale “di facciata” e l’orientamento distrattivo ai “diritti cosmetici”.
Certo che sbagliano, per incompetenza metodologica, i calcoli macroeconomici; ma con pazienza e contando sulla disinformatja possono indicarne le cause sbagliate e giungere a qualche forma di stabilizzazione…”

Fonte: http://orizzonte48.blogspot.it
Link: http://orizzonte48.blogspot.it/2013/11/latouche-e-leuro-la-saldatura-col.html
21.11.2013

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