DI FINIAN CUNNIGHAM
sputniknews.com
Donald Trump è entrato in una kill zone politica.
L’establishment statunitense si sta allineando per eliminarlo. Ne parliamo qui in termini virtuali, almeno per ora.
Al giorno d’oggi, l’assassinio politico ad opera dell’autorità costituita non comporta necessariamente la liquidazione fisica di un individuo ritenuto un nemico dello stato. Chi ha bisogno di tutto quel sangue e di quelle polemiche? Specialmente quando la diffamazione di un personaggio pubblico raggiunge lo stesso risultato desiderato, vale a dire l’eliminazione del bersaglio dalla scena pubblica.
La pioggia di spietati attacchi dei media cui è sottoposto il candidato repubblicano che corre per le presidenziali lascia pochi dubbi sul fatto che si tratti di uno sforzo concertato per distruggere la sua figura politica.
La scorsa settimana, abbiamo assistito ad una raffica di attacchi denigratori rivolti al magnate newyorkese che aspira alla presidenza. A quanto sembra gli è stato gettato addosso di tutto, dalle violazioni in tema di permesso di soggiorno della moglie di origini slovene, alle sue prepotenze nei confronti di bimbi in lacrime alle manifestazioni politiche, al suo essere l’ignaro servitore del leader russo Vladimir Putin.
È così chiaro e assurdo da sembrare quasi ridicolo.
È evidente che i mezzi di comunicazione istituzionali americani stiano cercando di scalzare Trump malgrado il tenace supporto tra le fila degli elettori repubblicani americani. È ovvio che il potere costituito di Washington ha deciso di fare della rivale democratica Hillary Clinton la scelta da preferire per proteggere i loro interessi privilegiati, in qualità di prossimo occupante della Casa Bianca.
I media statunitensi, pilastri del sistema, stanno contribuendo all’eliminazione di Trump dalla presunta libera competizione elettorale di novembre, divenendo complici dell’assassinio del suo personaggio agli occhi dell’opinione pubblica.
È davvero ironico dato che ci sono molte più sordide storie sul conto della Clinton, dato il suo coinvolgimento nella propaganda di guerra, in operazioni clandestine volte ad un cambio di regime, nonché dell’abuso del segreto di stato per accrescere il proprio prestigio grazie a risorse finanziarie di provenienza estera.
L’ultimissimo segno che il segreto Stato Profondo degli Stati Uniti – il Pentagono, la CIA, l’FBI, i colossi finanziari di Wall Street – si stia muovendo per insediare il proprio candidato alla Casa Bianca è la lettera pubblicata questa settimana da 50 repubblicani di lungo corso, esperti in materia di sicurezza nazionale, che appoggiano la Clinton mentre massacrano Trump.
Ebbene sì, i repubblicani sostengono un democratico. Questo è il chiaro segno di un’uniformità di interesse.
Tra i firmatari figurano l’ex direttore della CIA Michael Hayden e l’ex capo della sicurezza nazionale Michael Chertoff, entrambi in servizio negli anni del governo di George W Bush, nonché John Negroponte ex direttore dei servizi di intelligence americani e presunto fornitore degli squadroni della morte in America Centrale durante gli anni ’80.
La lettera a firma congiunta contro Trump segue solo di pochi giorni la pubblicazione di un articolo d’opinione sul New York Times da parte dell’ex capo della CIA Michael Morrell in cui bastona Trump, additandolo come un burattino nelle mani russe.
Ciascuna di queste figure è intimamente connessa allo Stato Profondo americano e in maniera unanime stanno esponendo Trump alla gogna, etichettandolo come “una pericolosa minaccia alla sicurezza nazionale americana”.
Dal suo canto, Trump respinge in maniera decisa quest’ultima raffica di insulti sostenendo che gli esperti in materia di sicurezza nazionale sono gli stessi responsabili della creazione della guerra in Iraq, della perdita di soldati tra le file delle truppe americane nonché della nascita del terrorismo in Medio Oriente. Con estrema sfrontatezza, Trump li ringrazia per aver reso pubblici i loro nomi di modo che il popolo americano sappia chi accusare per i disastri della politica estera.
Ad ogni modo, il punto è che la campagna di discredito verso Trump non è solo frutto di un fortuito incidente di percorso per il candidato, attribuibile a passi falsi e dichiarazioni inappropriate che potrebbe aver emesso durante il suo percorso elettorale.
L’intensa e concertata natura della campagna congeniata per annientare Trump dimostra quanto la struttura del potere di Washington, inclusi i media istituzionali, lo stiano incastrando per diffamazione.
Questo è il tipo di liquidazione politica in cui la plutocrazia statunitense eccelle.
Qualche decennio fa, “l’azione esecutiva” americana – o “terminazione con effetto immediato” per dirla in termini eufemistici – comportava spesso l’effettiva uccisione del bersaglio.
Il caso più noto è quello del presidente John Fitzgerald Kennedy assassinato a Dallas il 22 novembre 1963. In quel periodo, diversi altri leader politici stranieri vennero assassinati da agenti di stato americani, inclusi Patrice Lumumba in Congo, Rafael Trujillo nella Repubblica Dominicana e Ngo Dinh Diem nel Vietnam del Sud. L’assassinio politico era e continua ad essere la norma in America.
L’ormai estinto procuratore di New Orleans, Jim Garrison, che indagò sull’assassinio di JFK, sostenne che la ragione primaria per il suo assassinio era che il presidente stava lavorando per portare a conclusione la Guerra Fredda con la Russia: Kennedy stava utilizzando in sordina un canale riservato con la controparte russa Nikita Krushchev per implementare piani ambiziosi per il disarmo nucleare.
Per di più, JFK aveva nettamente bocciato le proposte segrete presentate dal Pentagono per un’azione nucleare preventiva ai danni dell’Unione Sovietica. Stava in aggiunta chiudendo con le operazioni terroristiche finanziate dalla CIA contro Cuba e dichiarando il ritiro delle truppe americane dalla nascente guerra in Vietnam.
In questo modo Kennedy era entrato nella kill zone politica per quel che riguardava il potente e non eletto Stato Profondo. Le sue politiche stavano minacciando gli enormi interessi delle imprese degli armamenti militari, le grandi compagnie petrolifere e l’alta finanza di Wall Street. Quindi la CIA e i suoi killer a contratto vennero schierati per eliminare il problema.
Donald Trump ha due aspetti in comune con JFK. Come Kennedy, il magnate ha grosse disponibilità economiche, il che lo mette in condizione di parlare apertamente, senza il bisogno di doversi ingraziare potenti finanziatori.
Il secondo e più importante aspetto è che Trump si è ripetutamente scagliato dalla piattaforma elettorale contro l’inarrestabile consolidamento dell’alleanza militare condotta dagli USA, la NATO, nell’Europa dell’Est, contro lo schieramento delle truppe americane oltremare e in particolare contro la politica ostile di Washington nei confronti della Russia.
Trump ha richiesto la normalizzazione delle relazioni con la Russia. La sua posizione in materia di politica estera è un anatema per l’establishment di Washington che richiede, come assoluta necessità, la demonizzazione delle nazioni straniere come minacce alla sicurezza nazionale al fine di mantenere la gargantuesca economia militarizzata degli Stati Uniti. In sostanza, lo Stato Profondo americano prospera grazie al perpetuo ricrearsi delle guerre. La guerra è una funzione permanente del fallito capitalismo americano.
Questa disfunzione sistemica consiste in ciò che era e continua ad essere la Guerra Fredda con la Russia – il pompaggio di milioni di dollari nelle casse dell’élite finanziaria ed istituzionale che continua a farla franca nonostante l’imbroglio, grazie ai loro lacchè che serpeggiano nei canali politici e mediatici.
Chiunque osi sfidare i potenti interessi americani è esposto all’eliminazione. Si entra nella zona di tiro.
In passato, i metodi di eliminazione con effetto immediato prevedevano abitualmente l’eliminazione fisica.
Cinque decadi dopo il governo Kennedy, i metodi di assassinio politico degli Stati Uniti si sono evoluti divenendo più sofisticati. Il più delle volte, la diffamazione può dirsi sufficiente. Nessun bisogno di assoldare sicari o invischiarsi in inchieste pubbliche. Saranno i killer mediatici ad occuparsene.
Basterà piazzare il bersaglio al centro di un fuoco incrociato di un incessante bombardamento mediatico che non gli lasci scampo.
Analogamente, ogni di capo di stato estero che diventa un “problema” per gli interessi del potere americano viene allo stesso modo preso di mira. Il presidente russo Putin ne rappresenta forse il miglior esempio.
Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali, previste nei prossimi tre mesi, è sufficiente osservare come i poteri ombra di Washington si stiano mobilitando per far fuori Trump dalla corsa alla presidenza.
Mettere fuori gioco i nemici politici “con effetto immediato” è il metodo americano.
Fonte: http://sputniknews.com
Link: http://sputniknews.com/columnists/20160809/1044091435/political-assassination-american-way.html
9.08.2016
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di BENEDETTA D’URSO