L’ASSASSINIO POLITICO DI SADDAM HUSSEIN

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DI ALBERTO B. MARIANTONI
Gli Scomunicati

Per capire il significato ed il senso della precipitosa ed apparentemente contraddittoria… impiccagione (come nei film western!) dell’ultimo Presidente dell’Iraq libero, indipendente e sovrano, è sufficiente analizzare i reali motivi che sono alla base del processo-farsa – voluto da Washington ed ufficialmente intentato contro l’ex-Rais di Baghdad da ex-oppositori/fuoriusciti al servizio delle truppe di occupazione USA – che, per le sue irregolarità, ha fatto inorridire perfino i responsabili di Amnesty International!

Mi permetto di chiamare ‘precipitosa’ e ‘apparentemente contraddittoria’ la barbara ed inumana esecuzione che è stata eseguita, il 30 Dicembre 2006, nei confronti di Saddam Hussein al-Magid al-Tikriti, in quanto quest’ultima è stata esclusivamente effettuata in diretta e limitata obbedienza alla sola sentenza che era stata emessa, il 15 Novembre 2006, dalla cosiddetta ‘Alta Corte Criminale Irachena’, per il primo e meno importante dei 12 capi di imputazione, nei confronti dei quali, l’ex-uomo forte di Baghdad, era stato ufficialmente chiamato a rispondere: quello che gli imputava, in particolare, la fucilazione sommaria di 143 o 148 sci’iti del villaggio iracheno di Dujail (Sud del Paese) e che lui avrebbe ordinato, l’8 Luglio del 1982, in ritorsione ad un proditorio attentato a cui egli stesso, alla medesima data, era riuscito miracolosamente a scampare e che era comunque costata la vita a diversi membri del suo seguito e della sua scorta. Perché quell’impiccagione è stata frettolosamente eseguita, in un tempo così breve? Diciamo, per la semplice e lapalissiana ragione che dopo l’avvenuta scomparsa di Saddam Hussein, va da sé che “interrogato il morto”…, difficilmente quest’ultimo potrà mai più essere in condizione di contestare o di inficiare il resto degli addebiti che gli erano stati accollati al momento del suo arresto, il 14 Dicembre 2003, dopo all’incirca otto mesi di latitanza che avevano fatto seguito alla caduta del suo regime, ad opera delle armate anglo-americane, nel Marzo dello stesso anno.

Perché è ‘apparentemente contraddittoria’? Per il banale ed eloquente motivo che – a causa di un preteso atto di giustizia nazionale ed internazionale – nessuno, al mondo, potrà mai più sapere, con esattezza, come si sono realmente svolti i fatti che continuano ad essergli addossati, né scoprire i moventi che li avrebbero suscitati, né conoscere i retroscena che ne avrebbero praticamente permesso la loro piena e tangibile concretizzazione.

Eppure, è innegabile che sarebbe stato senz’altro di estremo interesse generale, sviscerare pubblicamente l’insieme dei restanti capi d’accusa e fare piena luce, ad esempio, su altri crimini, come:

* l’uccisione, senza processo, di diversi membri del clan dell’allora leader curdo Massud Barzani, nel Luglio del 1983;

* le esecuzioni sommarie e la deportazione di migliaia di civili curdi che erano risultate dalle otto operazioni militari, denominate al-Anfal (‘i resti’), ordinate da Baghdad e che si erano svolte nel Kurdistan iracheno, tra il 1986 ed il 1988, all’epoca della Guerra Iraq-Iran;

* l’utilizzo di armi chimiche contro i civili curdi del villaggio di Balisan (16 Aprile 1987) e quelli della cittadina di Halabja (16 Marzo 1988), una municipalità situata nell’Est del Paese, a soli 12 chilometri dal confine iraniano, sempre nel corso della Guerra Iraq-Iran;

* l’invasione irachena del Kuwait, il 2 Agosto del 1990;

* il massacro di all’incirca un migliaio di sci’iti del Sud dell’Iraq che erano insorti in armi, contro il regime di Saddam Hussein, su insistente e lusinghevole sollecitazione statunitense, alla fine della prima Guerra del Golfo, nel Marzo-Aprile del 1991.

Se quei distinti e circostanziati processi avessero potuto davvero avere luogo, Saddam Hussein sarebbe stato senz’altro in grado di dimostrare che:

* l’uccisione di alcuni membri del clan dell’allora leader curdo Massud Barzani, nel Luglio del 1983, nonché le esecuzioni e la deportazione di migliaia di civili curdi tra il 1986 ed il 1988, erano la tragica ed inevitabile conseguenza dell’intensa attività politico-militare da ‘quinta colonna’ che certe fazioni curde avevano deciso di esercitare a favore dell’esercito iraniano, sin dall’inizio della Guerra Iraq-Iran (Settembre del 1980);

* lo stesso dicasi dell’utilizzo di armi chimiche che vennero impiegate dall’esercito iracheno, il 16 Aprile 1987, a Balisan, ed il 16 Marzo del 1988, ad Halabja (Est del Paese); con l’aggravante, in questo caso, per i suoi attuali e moralizzanti accusatori, che le fabbriche irachene di gas da combattimento che sorgevano, in quel periodo, presso le città di Salman Park e di Ctesiphon-Madayen (e che producevano, in prevalenza ed in grande quantità, iprite o gas mostarda e cianuro di idrogeno, senza contare gli imparabili e terrificanti gas nervini, sarin e tabun), erano state:

* calorosamente suggerite e raccomandate, in funzione anti-iraniana, dall’allora inviato speciale per il Vicino-Oriente dell’Amministrazione statunitense dell’epoca, Donald Rumsfeld (lo stesso tristemente celebre personaggio che ad all’incirca vent’anni di distanza da quelle sue prime e speciali “visite di cortesia” al regime di Saddam Hussein – essendo nel frattempo diventato il più feroce guerrafondaio anti-iracheno del Governo americano e avere maldestramente infognato l’esercito statunitense nel luttuoso ed avviluppante pantano iracheno – è stato addirittura costretto a rassegnare le dimissioni da Segretario di Stato alla Difesa degli USA, su esplicita richiesta delle gerarchie militari statunitensi e la sanzione elettorale sonoramente inflitta al Partito di George W. Bush jr. da una larga maggioranza di cittadini americani) ;

* tecnicamente progettate, materialmente assemblate e praticamente rifornite in componenti sofisticate e materie prime dalle maggiori e più insospettabili industrie chimiche statunitensi ed europee;

* materialmente finanziate (come sappiamo, via una semplice filiale della BNL italiana che operava negli USA!), da consistenti prestiti a fondo perduto del Governo americano che erano ufficialmente destinati alla riorganizzazione ed allo sviluppo dell’agricoltura irachena.

* l’invasione irachena del Kuwait, non era stata affatto il risultato di un banale capriccio del suo regime, ma la diretta e fatale conseguenza del repentino e calcolatore voltafaccia americano ed europeo nei confronti dell’Iraq (non dimentichiamo, infatti, che il regime iracheno – dopo avere militarmente difeso l’Occidente dalla minaccia politico-militare-religiosa che era rappresentata, allora, dalla rivoluzione khomeinista iraniana e che sembrava doversi inevitabilmente espandere a tutto il Vicino-Oriente e, forse, dilagare pure al di la – era stato improvvisamente abbandonato a sé stesso e lasciato in preda alla peggiore delle crisi economiche che la storia della sua Nazione aveva conosciuto; una volta il conflitto Iraq-Iran terminato e militarmente indeboliti i due rispettivi contendenti, l’Iraq di Saddam Hussein non serviva più alla politica statunitense in quella regione; e, per potersene rapidamente sbarazzare ed accelerarne la caduta, Washington aveva segretamente spinto il Kuwait ed il resto delle petromonarchie del Golfo a soffocare economicamente lo Stato iracheno; in particolare, esigendo, da un lato, da quest’ultimo, un’immediata ed inderogabile restituzione degli all’incirca 35 miliardi di dollari che il regime di Baghdad era stato costretto a chiedere loro in prestito per finanziare il suo sforzo bellico contro l’Iran e, dall’altro, operando una studiata e forsennata superproduzione petrolifera, fuori dalle quote OPEC, ed un vero e proprio dumping commerciale sulle quantità di greggio che erano da loro esportate; questo, senza contare i milioni di tonnellate di petrolio che venivano quotidianamente ed impunemente pompati dai kuwaitini, all’insaputa di Bahgdad, nei pozzi iracheni di Rumaillya, nel Sud del Paese; come è facile immaginarlo o dedurlo, al regime di Saddam Hussein non restava più nessun altra alternativa che quella di andare militarmente a regolare i conti economici con le petromonarchie del Golfo, direttamente a Kuwait-City; la politica voluta da Washington e fedelmente eseguita dagli infeudati e servili Emiri della regione – oltre a provocare una consistente e generalizzata caduta dei prezzi dell’oro nero sui mercati internazionali, fino a meno di 5 dollari al barile… – impediva praticamente a Baghdad, sia di onorare il suo debito con le suddette petromonarchie che di tentare di potere scongiurare o attenuare la crisi economica che il suo Paese stava vivendo, sfruttando i soli proventi petroliferi iracheni che erano stati preventivamente resi vani o inefficaci dal succitato dumping);

* l’insurrezione armata delle popolazioni sci’ite del Sud dell’Iraq alla fine della prima Guerra del Golfo (1991), dopo essere stata insistentemente spronata dai comandi americani ed alleati dell’allora Operazione ‘Desert Storm’ o ‘Tempesta del Deserto’, era stata improvvisamente rimessa in discussione da Washington che – non solo aveva chiuso gli occhi sulla repressione ba’assista di quella sollevazione, ma – l’aveva addirittura incoraggiata (forse, chissà, per far piacere alle gerarchie Wahabbite dell’Arabia saudita che normalmente considerano i musulmani sci’iti come dei volgari settatori eretici dell’Islam) – permettendo ufficialmente ai reparti speciali della Guardia repubblicana irachena, nonostante il divieto di sorvolo di quelle regioni ed il cessate il fuoco precedentemente imposti dai comandi della coalizione filo-americana all’esercito di Baghdad, di utilizzare elicotteri da guerra per poterla più rapidamente ed efficacemente soffocare.

Dobbiamo, dunque, ancora chiederci il perché della frettolosa e sbrigativa esecuzione di Saddam Hussein, dopo la sua prima pretestuosa condanna?

Quest’ultimo, infatti, in caso di ordinaria continuazione dei successivi processi che gli erano stati annunciati, da semplice imputato, si sarebbe potuto rapidamente trasformare, in un implacabile accusatore dell’Amministrazione americana e dei suoi più costanti alleati. E di fronte ai suoi inesorabili e documentabili j’accuse, Washington e la maggior parte delle capitali europee e della penisola araba, molto difficilmente sarebbero riusciti a salvare la faccia.

Molto meglio, dunque, per i responsabili dell’ “Impero del Bene” e i loro squallidi propagandisti e tirapiedi, che gli sia stata preventivamente e rapidamente chiusa la bocca per sempre.

Alberto B. Mariantoni
Fonte: www.gliscomunicati.com/
Link: http://www.gliscomunicati.com/content.asp?contentid=776
02.01.2007

Nota di Marzian:

Premessa la stima che provo verso il professor Mariantoni, e la certezza della sua buonafede, mi permetto di segnalare un paio di link critici riguardo alle informazioni che riporta sul massacro di Halabja e sulla campagna di Al Anfal:

What Happend in Kurdish Halabja? (Dossier By Uruknet)

IL “GENOCIDIO DI ANFAL”, SADDAM HUSSEIN HA DAVVERO “UCCISO I CURDI”? (DAVID HUNGERFORD; Brussels Tribunal)

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