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di Francesco Carraro
Forse siamo entrati nell’era meno scientifica della storia, da che il metodo scientifico fu “inventato” con Galileo Galilei. Eppure, non passa giorno sotto i cieli del nostro mondo pandemico senza che un oracolo ci ricordi quanto siamo fortunati a poter contare su “lascienza”. E quanto bene possa fare “lascienza” per noi e per i nostri cari. Sennonchè, “lascienza” non è la scienza. Essa ci azzecca con Galileo quanto la democrazia con l’Unione europea.
La scienza è un metodo di conoscenza sperimentale basato sulla ripetizione, sul controllo, sulla verifica e sulla eventuale falsificazione di una tesi. Muove da una teoria e la sottopone al severo giudizio dei fatti. E i risultati sono “veri” solo fino a prova contraria. Anzi, la possibilità di falsificare una teoria è, precisamente, la cifra stessa, il connotato peculiare del metodo scientifico. E questo ce lo ha insegnato, Karl Popper: guarda caso un filosofo, non uno scienziato.
Quindi, abbiamo questo paradosso: viviamo in un’era sedicente scientifica, cioè (apparentemente) ossessionata dalla ricerca della verità “fattuale” e dalla fobia per le “fake” news, le “false” notizie. E quasi nessuno ricorda che la ricerca scientifica non parte dai fatti per arrivare alle teorie, ma dalle teorie per metterle alla prova dei fatti. E fa della falsificazione uno dei suoi pilastri fondamentali.
Veniamo ora a “lascienza” che non è una parente, neanche povera, della scienza. Ne è, semmai, l’antitesi speculare, il grottesco capovolgimento, il sosia farlocco. “Lascienza” sfrutta l’efficacia e l’efficienza del metodo scientifico, e delle sue ricadute sul piano del progresso tecnologico, a fini biecamente, e strumentalmente, politici. Per la precisione, essa è l’alibi per sedare il dibattito e zittire il dissenso. Infatti, “lascienza” è connotata dalla stessa pretesa dogmatica, indiscutibile e universale propria di tutte le “rivelazioni” religiose. Ciò che dice “lascienza” va accettato come articolo di fede, a pena di anatema o di scomunica.
Perciò “lascienza” non è solo la negazione stessa del vero metodo scientifico. È anche un formidabile veicolo di coagulazione del consenso. Ed è, allo stesso tempo, un utilissimo manganello (indolore) e un olio di ricino (insapore) per agevolare il definitivo tramonto delle società democratiche e consolidare l’avvento di nuovi assetti oligarchici. Ai nuovi fascisti, “lascienza” piace un sacco proprio perché non è democratica.
Ma pretendere di rappresentare (o di farsi guidare da) “lascienza”, al tempo stesso ignorando e tradendo le peculiarità dell’autentica scienza, porta al corto circuito schizofrenico degli ultimi tempi. Con vaccini prima spacciati per sicuri al mille per mille, poi sospesi per un giorno o due, poi riconfermati come sicurissimi. Salvo rimandare ai bugiardini le controindicazioni perfettamente note alla scienza, ma di cui “lascienza” non può permettersi di parlare. Oppure con accertamenti del “nesso di causa” (tra virus e decessi o tra decessi e vaccino) mutanti di segno a seconda delle convenienze. E, per di più, compiuti alla velocità della luce.
Così si è passati da una disinvoltura imbarazzante nel censimento dei morti “per” Covid al sacro terrore di parlare di morti “da” vaccino. In una alternanza psicopatologica di puerili euforie per le certezze “granitiche” e di panico in sala allo sgretolarsi delle stesse. Che ciò accada con la complicità dei media di regime è comprensibile. Che sia tollerato da troppi esponenti della comunità scientifica è il vero scandalo al sole.
Fonte: https://scenarieconomici.it/lascienza-e-la-democrazia/
Pubblicato il 20.03.2021