DI EUGENIO ORSO
pauperclass.myblog.it
Voglio proporre una definizione (spero) originale di antipolitica che potrebbe valere nelle attuali contingenze, senza prenderla troppo alla lontana scomodando la polis del demos e il mondo antico:
«Antipolitica è tutto ciò che si muove, politicamente critico ma non autenticamente rivoluzionario, al di fuori dei cartelli elettorali del sistema liberaldemocratico, e che potrà a sua volta diventare interno al sistema stesso in seguito ad affermazioni elettorali, assegnazioni di seggi in parlamento e cooptazione dei nuovi arrivati nella sub-dominanza politica nazionale.»Se questa è l’antipolitica, tanto sbandierata propagandisticamente come un pericolo “per la democrazia” dall’apparato ideologico-massmediatico ed accademico in momenti elettorali e in momenti critici per la tenuta sistemica come questo, allora non è altro che l’anticamera per accedere ad una posizione di sub-potere all’ultimo livello della catena di comando neocapitalistica, che coincide con la dimensione nazionale.
Marine Le Pen, fuori degli italici confini, sarebbe antipolitica, secondo la definizione di antipolitica da me proposta?
Assolutamente no, perché è talmente interna al sistema liberaldemocratico, in tal caso francese, e alla sub-dominanza politica d’oltralpe, che addirittura è figlia di un politico di professione della République, Jean-Marie, e ne ha semplicemente raccolto il testimone.
«Come?» – dirà qualcuno, sdegnato – «Lo xenofobo e populista Le Pen è stato un politico “di sistema” liberaldemocratico?»
Certo, e così anche la sua figliola, perché Le Pen padre si è sempre presentato con il Front National alle elezioni, come gli altri partiti, allo stesso modo di gollisti e socialisti, ed ha sempre abbassato la testa davanti alle regole sistemiche in caso di sconfitta, senza provarsi ad incendiare piazze e a far erigere barricate per le strade, mentre la figliola, continuando la sua opera, ha messo in ombra la questione degli immigrati (con conseguente riduzione dell’intolleranza xenofobica) ed ha astutamente insistito su quella politicamente più pagante della sovranità politica e monetaria.
Qualcosa di simile varrà, probabilmente, per il temutissimo partito greco di estrema destra Alba radiosa (uno dei tre “destrorsi” presentatisi alle recenti politiche nell’Ellade), definito addirittura nazista per la simbologia pittoresca che usa e il suo approssimativo programma nazional-antieuropeista, che potrebbe fare la fine “parlamentarista” dell’ammorbidito Front National francese, o almeno quella del temuto Jobbik ungherese, comodamente seduto nel parlamento di Budapest e non certo per le strade a sparare.
Ma veniamo a noi e all’Italia, in cui le elezioni politiche ancora e chissà per quanto tempo non si potranno fare, a differenza della Francia che ha avuto le presidenziali, e addirittura della Grecia, primo paese occupato dalla Trojka globalista, che è andata alle urne per rinnovare il parlamento nazionale.
Ci sono state, qui da noi, elezioni amministrative parziali, che hanno riguardato meno di 7,2 milioni di aventi diritto al voto, elezioni indette per mantenere il rito elettorale liberaldemocratico – il popolo può esprimersi ancora, nonostante Monti non eletto e la sovranità nazionale ridotta a zero – ed elezioni che soprattutto non decidono aspetti rilevanti come la “riforma” del mercato del lavoro, la pressione fiscale, la cosiddetta spending review del governo (con un anglicismo caro a Monti), e simili questioni strategiche.
La bestia nera di queste elezioni non è stato un fronte nazionale populista ed antieuropeo, una formazione neonazista di nerboruti picchiatori, un partito xenofobo, o peggio (che Dio ci scampi!), omofobico, bensì le liste elettorali di un personaggio, ex attore di buon successo ed ex comico di grande successo, che presentavano i nomi di sconosciuti in prevalenza di giovane età, in molti casi dotati di buoni titoli di studio, non di rado precari, che soffrono per il peso delle politiche antipopolari degli ultimi esecutivi e per quello di una politica minore, che non decide più, ma che mangia risorse a tutto spiano in cambio dell’appoggio a governi di occupazione imposti all’esterno (non per voler a tutti i costi fare nomi: quello di Monti-Napolitano).
Anche se Napolitano dice che il voto invita a riflettere sulla governabilità, ma che non c’e nessun “boom”, e lui di “boom” ricorda quello degli anni sessanta – quando era un giovane dirigente comunista, sia pur amendoliano di destra e non più stalinista, o addirittura fascista come nei primi quaranta – i molti voti acquisiti dalle liste di Grillo annunciano un nuovo partito politico che si inserirà prima o poi nel circuito liberaldemocratico.
Un nuovo partito che entrerà in parlamento a dividersi con gli altri i seggi nell’emiciclo, quando e se si terranno le politiche con il placet del grande capitale finanziario, cui lo stesso Napolitano (cortigiana di tutti nella sua lunga esistenza fatta di numerose metamorfosi) riporta senza fiatare.
Certo, qualche ragione c’è l’ha Debora Billi che nel suo post Elezioni: il Movimento 5 Stelle e il miracolo italiano, comparso oggi in Crisis e ComeDonChisciotte, dice che gli italiani hanno avuto culo, in qualche modo, gli è andata addirittura di lusso, perché l’”antipolitica” qui è rappresentata da bravi giovani, con le facce pulite, adeguatamente forniti di titoli di studio e specializzazioni, e non dalle teste rasate, da sciovinisti impuniti e da picchiatori psicopatici.
In tal senso, secondo la Billi, c’è stato un “miracolo italiano”.
Sarà vero … ma se le liste di Grillo sono una valvola di sfogo della pur timida e politicamente corretta protesta (naturalmente Nonviolenta! Ci mancherebbe solo questo!), allora il punto è un altro e forse, riflettendoci sopra, si capirà che proprio tanto culo gli italiani non hanno avuto, in prospettiva futura.
Ci si dovrebbe chiedere perché l’apparato ideologico-massmediatico ha dato tanto spazio al “populista” Grillo (così lo definivano coralmente prima delle elezioni giornali e televisioni) e alle sue liste incorruttibili dal “bollino blu” – pur evocando i soliti pericoli connessi al “populismo” – se queste potranno essere veramente pericolose per la stabilità e la riproducibilità sistemica complessiva, per il governo Monti-Napolitano, per i piani della classe globale in relazione all’Italia e al suo futuro.
Sarebbe stato meglio, e i media possono farlo, silenziare del tutto Grillo e i suoi giovani, ignorando totalmente la loro pur pacifica protesta e la loro presenza.
La risposta potrebbe essere che Grillo e i suoi grillini dalle facce pulite, giovani sconosciuti e sicuramente in buona fede, servono da valvola di sfogo del profondo ed ampio malessere politico e sociale che investe il paese (valvola di sfogo, appunto, esattamente come ha scritto la Billi nel suo post) per evitare che la protesta si irrobustisca, esca dai recinti sistemici e diventi effettiva, portando alla formazione di un vero blocco sociale e politico antagonista, capace di esprimere un’alternativa e di coagulare rapidamente intorno a sé le masse impoverite e tradite dalla politica minore.
Con Grillo e i suoi giovani il sistema non dovrebbe correre questo rischio, cioè il rischio che la tanto millantata “antipolitica” – il babau favorito dai media asserviti al potere – si trasformi in effettiva critica sociale al neocapitalismo, la quale, non trovando altri sbocchi possibili, potrebbe diventare in futuro “critica delle armi”.
Pericolo scampato, con la relativa affermazione di Grillo e dei grillini, che probabilmente costituiranno un partito per arrivare in parlamento?
Forse, ma intanto, nonostante le amministrative parziali in cui il movimento 5 Stelle ha spopolato, niente cambia per quanto riguarda la controriforma del lavoro, che s’ha da fare per ordine superiore ed esterno, o l’insostenibile fiscalità che induce al suicidio, e questo è un tragico dato di fatto.
Eugenio Orso
Fonte: http://pauperclass.myblog.it
Link: http://pauperclass.myblog.it/archive/2012/05/08/l-antipolitica-il-grillismo-e-il-controllo-sistemico-di-euge.html
8.05.2012