L'AMERICA HA SABOTATO L'AIRBUS DEL VOLO 961 ?

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Quando il volo 961 della Air Transat ha “perso” parte del timone di coda, a 30 minuti di volo da Cuba, il capitano ha chiesto l’autorizzazione per un atterraggio di emergenza al più vicino aeroporto, che era quello internazionale di Fort Lauderdale. E l’America gliel’ha negata, contravvenendo alle leggi e agli accordi internazionali sul traffico aereo, costringendo il velivolo canadese in avaria a far ritorno a Cuba.

DI JOE VIALLS

Prima di esplorare approfonditamente la possibilità di una strategia americana di sabotaggio contro gli Airbus europei, è bene che vi ficchiate in testa una cosa, e che ce la facciate restare: i piloti non sono politici, e non fanno giochi politici nelle situazioni di emergenza, soprattuto a più di 10.000 metri d’altezza. In un’emergenza, come l’avaria al timone o a un equilibratore, le azioni di un equipaggio sono il risultato di infinite simulazioni, quindi virtualmente automatiche, e includono anche concise comunicazioni ai passeggeri, nel tentativo di spiegare l’inspiegabile.

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In maniera piuttosto vantaggiosa per la Boeing, lo schianto del volo 587 della American Airlines a New York, e gli sfiorati disastri dei voli Transat 236 e 961, a Cuba e nelle Azzorre, hanno consentito ai media di lanciare accuse isteriche contro le mescole di fibra di carbonio utilizzate dalle Airbus Industries ma non dalla Boeing. Se questi incidenti sono il frutto di sabotaggio, il suggerimento sotteso appare ovvio: gli americani dovrebbero volare sui patetici Boeing, con le loro obsolete rivettature, l’equivalente aereo dei carri armati Abrams, e stare alla larga da quegli “Airbus europei di carta velina”.

E’ il caso del volo 961 della compagnia canadese Air Transat, che lo scorso 6 marzo volava da Cuba verso il Canada, quando senza preavviso ha cominciato a picchiare. Cercando di riprendere quota, il capitano si è immediatamente accorto che il timone di coda, una parte dello stabilizzatore che dirige a destra o a sinistra un velivolo, non rispondeva ai comandi. Evidentemente il timone o lo stabilizzatore verticale avevano subito danni sensibili, il che comportava la necessità di prendere terra il più presto possibile, per evitare ulteriori stress strutturali a uno strumento tanto essenziale.

L’aeroporto meglio attrezzato per questo genere di emergenze era quello internazionale di Fort Lauderdale, in Florida, ma il capitano, con suo grande stupore, si è visto negare l’autorizzazione all’atterraggio di emergenza, in diretta violazione delle leggi internazionali. Proseguire per altre 2000 miglia marine verso il Canada, ignorando l’entità dell’avaria, era impossibile. Così, dopo aver conferito brevemente con la sua compagnia aerea, il capitano ha fatto un annuncio, udito da tutti a bordo. Le sue esatte parole: “Signore e signori, abbiamo un piccolo problema tecnico, ma le autorità americane ci hanno rifiutato l’autorizzazione ad atterrare in Florida. Stiamo perciò facendo di nuovo rotta verso Cuba, dove dovremmo prendere terra tra circa quaranta minuti.” Vi prego di ricordare che parlare di “piccolo problema tecnico” è normale quando ci si rivolge ai passeggeri: lo scopo è quello di celare l’entità dell’avaria in modo da minimizzare il panico tra di essi.

Poi il capitano ha lentamente e cautamente ridotto la velocità di crociera, prima di compiere un cambiamento di rotta di 180 gradi, verso Cuba, con l’utilizzo dei soli alettoni ed equilibratori. Ma per quanto lentamente procedesse, l’immotivato cambio di rotta che il rifiuto americano lo aveva costretto a fare stava causando un enorme stress meccanico proprio al pezzo che già sapeva essere seriamente danneggiato: il timone.

Il più piccolo errore durante questo forzato cambiamento di rotta avrebbe potuto portare al superamento del limite di sollecitazione di taglio dello stabilizzatore verticale, causandone la totale separazione dalla struttura dell’aereo, determinando il tuffo mortale di 270 passeggeri più equipaggio nelle paludi della Florida.

A seconda di dove l’aereo fosse precipitato, potete tranquillamente aggiungere al conto qualche dozzina o centinaio di vittime americane sul suolo della Florida, chi colpito dalla caduta dei rottami e chi trasformato in una torcia umana dal carburante in fiamme che gli ha invaso il giardino.

Una “terribile tragedia” come questa avrebbe provocato un’enorme pubblicità negativa per l’Airbus in generale, ma in particolare per il volo di inaugurazione del “super jumbo” a due ponti Airbus A380, previsto per metà aprile 2005. Ma sarebbe stata invece un’ottima notizia per la Boeing, non è così?

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Il volo 4590 del Concorde fu sabotato nel 2000, riuscendo quasi a provocare la morte del Presidente francese.

Se passeggeri ed equipaggio non fossero sopravvissuti, potendo fare dichiarazioni giurate sul rifiuto americano, comunicato a tutti dalla viva voce del capitano, di tutto questo non ci sarebbe restata nessuna prova. Questo significa che qualcuno da qualche parte ha pianificato questo sabotaggio con molta attenzione. E ora proverò a spiegarvi perché.

Se il carico massimo di sollecitazione fosse stato superato, e una pioggia di membra umane, perlopiù canadesi, avesse ricoperto le paludi della Florida, il registratore della cabina di pilotaggio (Cockpit Voice Recorder, CVR) sarebbe precipitato insieme a quei cadaveri, proprio nel mezzo della giurisdizione del governatore della Florida, Jeb Bush. Datemi pure del cinico, ma il CVR sarebbe risultato ufficialmente e definitivamente introvabile, mentre nel frattempo i manager della Boeing si sarebbero scatenati per il mondo a fare i piazzisti, nel tentativo di salvare un’azienda ormai già condannata. Tornando al volo 961, dobbiamo considerare cosa sarebbe successo alle prove, nel caso che il capitano fosse riuscito a raggiungere lo spazio aereo canadese, o avesse superato il rischio mortale di un cambiamento di rotta di 180 gradi per far ritorno a Cuba.

Il Cockpit Voice Recorder ha l’unica funzione di permettere agli investigatori di ascoltare gli ultimi istanti di comunicazione di un aereo coinvolto in un incidente. A questo scopo, il CVR (sia analogico sia digitale) registra un loop di trenta minuti, il che significa che qualsiasi cosa detta o trasmessa dalla cabina di pilotaggio 31 o più minuti prima, viene sovrascritta da dati più recenti.

Le autorità americane sapevano bene che l’Airbus 961 avrebbe impiegato come minimo 40 minuti per raggiungere il più vicino aeroporto internazionale fuori degli Usa (cioè quello di Cuba), più un periodo dai 7 ai 10 minuti per rullare fuori della pista e spegnere i motori. Quindi il rifiuto americano sarebbe a quel punto già stato sovrascritto sul loop di 30 minuti, e sarebbe stata la parola del capitano canadese contro quella molto potente della American Federal Aviation Administration.

Be’ almeno il piano era questo, ma le autorità americane non avevano preso in considerazione uno sconvolto capitano canadese che rende noto il rifiuto americano, tramite il sistema di comunicazione interno all’aereo, a 250 testimoni. Ora, preferite credere a 250 onesti passeggeri canadesi (anche se vanno da quei comunistacci di Cuba), oppure a quelli della FAA, gente che continua a sostenere che un branco di musulmani, piloti di Cessna ripetenti, siano stati trasformati da Allah in una squadra di top gun, in modo da manovrare con abilità pesanti Boeing come fossero scattanti aerei da caccia.

Non c’è dubbio che gli incidenti aerei (o i quasi incidenti) abbiano una grandissima importanza per i politici e gli altri maniaci doc di New York. Sin da quando lo stato ebraico ha fatto precipitare il volo 103 della PanAm sul villaggio di Lockerbie nel 1988, in modo da intrappolare la Libia nella stretta delle sanzioni economiche, i carrieristi del Nuovo Ordine Mondiale si sono resi conto dell’impatto emotivo che comporta uno sciame di corpi umani in fiamme che precipitano al suolo davanti agli occhi di un pubblico ingenuo. Dopo che il terribile “incidente” si è verificato, il dito dei media viene abilmente puntato contro la nazione (o l’impresa costruttrice) già obbiettivo di castigo o distruzione.

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La bomba sul velivolo Pan Am venne fatta esplodere elettronicamente sopra Dean Cross, nella Regione dei Laghi.

Nonostante ormai sia diventata quasi una moda, a New York, incolpare gli arabi per gli aerei passeggeri fatti artisticamente saltare in aria dal Mossad, all’orizzonte si profila una minaccia ancora più grande. Se la progredita industria aerospaziale europea non viene fermata, nel giro di cinquant’anni spazzerà via completamente sia la Boeing sia le altre industrie del settore. Il simbolo tangibile di questa eccellenza dell’industria aerospaziale europea era il profilo satinato del Concorde, che balzava da una sponda all’altra dell’Atlantico a Mach 2, coi passeggeri che bridavano con champagne d’annata tra comodità di ogni genere.

Un tale affronto all’aviazione americana non poteva essere tollerato a lungo, e così tra il 1995 e il 1996 la Boeing e la Nasa studiarono il sistema di scaraventare a terra una di queste seducenti macchine da Mach 2, naturalmente in pubblico, per dimostrare così che il velivolo europeo era “insicuro”.

L’operazione clandestina dell’America si concluse con successo, quando il volo 4590 del Concorde si schiantò su Gonesse esattamente alle ore 14, 44 minuti e 31,6 secondi del 25 luglio del 2000, accuratamente filmato da un americano immaginario parcheggiato col suo camion. La videocamera serviva per incutere un “adeguato” spavento al pubblico viaggiante. Come con il volo 103 della Pan Am, a che servirebbe far deliberatamente schiantare un aereo passeggeri, se non si possono esibire foto di corpi maciullati e far quasi sentire il puzzo delle membra carbonizzate?

Come spiego nel lungo articolo “Il sabotaggio del Concorde”, questa operazione clandestina, complessa e costosa, aveva in realtà lo scopo principale di minare la fiducia del pubblico viaggiante nelle industrie dell’Airbus europeo, la maggiore minaccia per la Boeing e gli altri costruttori americani.

E’ nota la pianificazione di un certo numero di queste operazioni di “contenimento”, ma tutte (a parte una) sembra siano state accantonate o modificate dopo l’11 settembre. In ogni caso, conoscendo le motivazioni e i risultati del sabotaggio del Concorde, è assolutamente sensato dedurre che qualsiasi inspiegabile (quindi sospetto) disastro, o rischiato disastro, riguardante un Airbus dopo il 25 luglio del 2000, faccia parte della “guerra di pubbliche relazioni” sponsorizzata dall’America contro l’Europa, e in particolare contro l’Airbus.

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Il volo 587 della American Airlines, New York, novembre 2001, 265 morti.

Probabilmente l’incidente più noto riguardante un Airbus è quello del volo 587 della American Airlines, che precipitò dai cieli della Jamaica Bay appena dopo la sua partenza dall’aeroporto JFK di New York. I resoconti dei media non avevano alcun senso, così come gli indizi sull’incidente. I media stavano spacciando fumo, come scrissi all’epoca:

“Né l’NTSB (National Transportation Safety Board) né la FAA riescono a spiegare come e perché lo stabilizzatore si sia separato dall’aereo proprio nel punto in cui si congiunge alla fusoliera. Guardiamo attentamente l’ingrandimento fotografico. Non ci sono né ammaccature né graffi, sia sul bordo superiore sia sui pannelli. Questo prova che lo stabilizzatore verticale non è stato colpito da nessun oggetto, e prova inoltre che è stato il primo componente a distaccarsi dal velivolo.

“Più difficile ancora, per l’NTSB, la FAA e le Airbus Industries, sarà spiegare al pubblico come mai, visto che di primo acchito ci sarebbero le prove di un catastrofico cedimento strutturale, la FAA e le Airbus Industries non abbiano immediatamente messo a terra tutti i modelli Airbus A300-600 in tutto il mondo. Questo allo scopo di ispezionare con lampade di Wood i longheroni degli stabilizzatori, i pannelli, gli spinotti di giunzione, i bulloni e altri componenti fondamentali.

“Si tratta non solo di una normale procedura operativa, ma anche di un obbligo di legge. Molti lettori ricorderanno come tutti i Concorde siano rimasti a terra per più di un anno, dopo il disastro del volo Air France 4590. Il fermo a terra dei Concorde si basava sostanzialmente su pure ipotesi, e parzialmente su indizi irrilevanti, ipotesi e indizi molto più inconsistenti delle prove già esistenti nel caso del volo American Airlines 587.Terrorismo americano, per caso? Guardiamo ai tempi, e guardiamo ancora di più agli eventi dei tre mesi precedenti il disastro. Ricordate quei grandi Boeing che trapassano le torri del World Trade Center? Certo che li ricordate, grazie alla televisione americana tutto il mondo se li ricorda. Il guaio, per l’America, era che i commentatori non facevano che ripetere continuamente la parola “Boeing”.

E’ stata la peggior campagna pubblicitaria che la Boeing potesse avere. Ora dopo ora, su centinaia di canali, milioni di spettatori guardavano con orrore i BOEING, i BOEING, sì, squarciare le torri e uccidere centinaia di donne e bambini. Se moglie e figli vi danno fastidio, basta metterli su un BOEING!

Ancora adesso, in Australia, quattro anni dopo, vediamo regolarmente in tv le immagini del volo 175 (un Boeing 767) che fa breccia nella torre sud, eruttando carburante A1 in fiamme mentre trapassa acciaio e vetro. E’ una vista agghiacciante, e in molti mi hanno detto che non saliranno mai più su un Boeing. Il disastro dell’11 settembre è stato una vera mazzata per la Boeing Corporation, che ha deciso di contrattaccare a colpi di panico e propaganda.

E così, meno di tre mesi dopo, il volo 587 della American Airlines, un Airbus 300-600, percorreva una parabola discendente e si schiantava (cosa quasi impossibile) sulla stretta striscia di terra di nome Rockaway Beach. Carburante A1 in fiamme, membra maciullate, e frammenti contorti ovunque, sotto gli occhi di tutti.

“Il tragico incidente, che costò la vita ad almeno cinque abitanti di Rockway Beach e alle 265 persone a bordo dell’aereo, portò la memoria di tutti indietro all’11 settembre, quando più di 65 abitanti di Rockaway avevano perso la vita.

“Il trauma di quel giorno è ancora così vivo nella mia memoria, che mi sembra soltanto ieri,” dice uno degli abitanti della zona, che ha visto le ali in fiamme e la coda spezzata mancare di poco il chiosco dove stava facendo colazione, “Riuscivo solo a pensare: oh Dio, non di nuovo.”

Come c’era da aspettarsi, i media americani fecero molto rumore attorno al disgraziato probabile “incidente”, sottolineando ripetutamente che anche gli Airbus possono schiantarsi, e in modo altrettanto spettacolare e tragico dei Boeing delle torri gemelle. Non solo, ma per la prima volta in assoluto giornalisti ben addomesticati iniziarono a diffondere pubblicamente sospetti sulla resistentissima fibra di carbonio usata nella costruzione degli avanzatissimi Airbus.

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L’Airbus 300-600 della American Airlines, disseminato per la piccola Rockaway Beach.

Appena venticinque giorni prima dell’attacco al World Trade Center, un altro Airbus fu coinvolto in un grave incidente sulle Azzorre, le isole circa 1400 chilometri a ovest del Portogallo. Venerdì 17 agosto 2001, il volo 236 della compagnia canadese Air Transat affrontò un’emergenza estremamente insolita, che in circostanze diverse avrebbe occupato le prime pagine dei giornali di New York.

Ma, in parte per la lontananza del luogo, in parte per i ritardi dovuti alla lunghezza della catena informativa che passava per la sede della Air Transat e le autorità canadesi, l’eccezionalità dell’evento fu completamente soffocata dall’ondata di enorme clamore suscitata dalla distruzione del World Trade Center.

In rete sono disponibili innumerevoli resoconti sul coraggio e l’estrema abilità mostrati dal capitano Robert Pichè, per cui mi limiterò a illustrare a grandi linee il cosiddetto “incidente”, che coinvolse un Airbus A330 di proprietà della stessa piccola compagnia aerea canadese cui è stata rifiutata l’autorizzazione a un atterraggio di emergenza all’aeroporto internazionale di Fort Lauderdale il 6 marzo 2005.Per ragioni tecniche, non voglio annoiarvi parlando del perché non si siano stabilite correlazioni tra quest’incidente e quello del volo 961 su Fort Lauderdale, ma alcuni funzionari canadesi sono convinti che l’aereo sia stato sabotato all’interno degli hangar canadesi, con l’istallazione di un congegno a tempo designato a provocare la perdita di combustibile. Da sola questa perdita non sarebbe bastata per spegnere entrambi i motori, ma la normale procedura prevista per quel tipo di velivolo avrebbe tratto in inganno i piloti, spingendoli a scaricare anche il carburante necessario al motore numero uno, quello di sinistra.

L'”aliante”: il volo 236 della Air Transat dopo l’atterraggio di emergenza nelle Azzorre.

Sull’A330, un computer muove il carburante avanti e indietro tra l’ala destra e quella sinistra, allo scopo di mantenere l’assetto (o, se preferite, l’equilibrio). Questo si ottiene tramite l’alimentazione di una “valvola di crossfeed”, che all’inizio deve venire aperta dal pilota. In principio, sospettando soltanto una lieve perdita nel serbatoio alare (perché pensare a qualcosa di diverso?) l’equipaggio aprì la valvola di crossfeed, e il carburante cominciò a riversarsi dall’ala sinistra in quella destra, anche se gli indicatori non mostravano una stima veritiera dell’entità del trasferimento. In altre parole, il combustibile veniva spostato a una velocità tre volte superiore a quella indicata dagli strumenti, e si perdeva nel cielo notturno, attraverso il grosso buco nel motore di destra, il numero due.

Poi ci fu un improvviso silenzio. Privo di carburante, anche il motore numero uno, a sinistra, si spense, lasciando l’enorme Airbus alla sola portanza delle sue ali. Nel giro di un istante, il volo 236 si era trasformato nel più grosso aliante del mondo. Ma per buona sorte dei passeggeri, il capitano Robert Pichè aveva affinato la sua tecnica di volo affrontando vento, nebbia e pioggia per atterrare sulle corte piste dell’accidentata isola di Anticosti, nel Quebec.

Scendendo da un altitudice di 12.000 metri sopra l’Atlantico, il capitano Pichè dava istruzioni all’equipaggio in preparazione di un ammaraggio di fortuna, ma nello stesso tempo si preparava a planare per 63 miglia nautiche, fino alla pista della base militare di Terceira. Trentatre minuti dopo aver inviato la prima chiamata di soccorso, il capitano Pichè fece di proposito colpire con forza il fondo della pista all’Airbus, per far esplodere gli pneumatici e favorirne il rallentamento e l’arresto.

Senza le straordinarie capacità del capitano Robert Pichè, l’Airbus A330 della Air Transat sarebbe precipitato in mare, e probabilmente scomparso senza lasciare tracce, date le pessime condizioni meteorologiche di quella notte. In simili circostanze, le Airbus Industries avrebbero perso uno dei loro velivoli più nuovi, e un’ondata di insicurezza si sarebbe diffusa tra i loro potenziali passeggeri.

E’ davvero strano come la storia sembri avere la capacità misteriosa di punire i malvagi. La realtà è che il capitano Robert Pichè quella terribile notte ERA a bordo, e la reputazione delle Airbus Industries rimase immacolata. Appena venticinque giorni dopo sarebbero invece stati due Boeing 767 a spaventare a morte il pubblico viaggiante, penetrando le torri gemelle del World Trade Center a 900 chilometri all’ora.

Joe Vialls
Fonte:http://www.joevialls.co.uk
23.03.05

TRADUZIONE PER COMEDONCHISCIOTTE.ORG A CURA DI DOMENICO D’AMICO

L’autore ha all’attivo più di 8000 ore di volo, ed è un membro a riposo della Associazione degli Ingegneri e Tecnici Aeronautici (Society of Aircraft Engineers and Technologists)

L’originale sul sito: http://www.joevialls.co.uk/ (dove troverete i link di altri articoli sui disastri aerei cui il presente pezzo fa riferimento)

 

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