L'AGRICOLTURA BIOLOGICA, IL CAPITALISMO E IL MONDO PARALLELO DEL PREDICATORE PRO-OGM

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DI COLIN TODHUNTER

colintodhunter.com

Considerando che l’India ha sostenuto per generazioni una delle popolazioni dalla densità più elevata sulla Terra, senza fertilizzanti chimici, pesticidi, varietà di grano esotico nano o la produzione di “bio-tech”. E che lo ha fatto senza degradare il suolo. Ciò è quanto, stando alle prove fornite da Arun Shrivastava. Quello che è davvero notevole, comunque, è che lui continua a dimostrare che nel 18° e 19° secolo l’India ha raggiunto livelli migliori di produttività con metodi biologici, rispetto a quelli della “rivoluzione verde”.

Considerando ora che, nel 2011, il Relatore Speciale dell’ONU sul Diritto al Cibo (Olivier de Schutter) ha invitato i Paesi a riorientare le loro linee politiche per quanto riguarda l’agricoltura, in modo tale da promuovere sistemi sostenibili, soprattutto l’agro-ecologia, con la quale realizzare il diritto al cibo. E considerando che l’International Assessment of Agricultural Knowledge, Science and Technology for Development (IAASTD) (ndT. progetto per l’Accertamento della Conoscenza Agricola, della Scienza e della Tecnologia per lo Sviluppo) è stato il lavoro di più di 400 scienziati e che ci sono voluti quattro anni per giungere al suo completamento. È stato oggetto, per due volte, di revisione paritaria e dichiara che noi dobbiamo guardare al piccolo proprietario terriero, all’agricoltura tradizionale per garantire sicurezza alimentare nei Paesi del Terzo Mondo, mediante sistemi agro-ecologici sostenibili.

Tuttavia, per tutte queste considerazioni, ciò che noi testimoniamo è che è in corso una campagna da parte di gruppi di interesse potenti per denigrare ed emarginare l’agricoltura basata sul biologico e sui sistemi fondati su tale modalità. Ad esempio, ecco una citazione da un recente articolo di Shanthu Shantharam:

“Quasi tutti i gruppi anti-OGM credono nell’agricoltura biologica e sono stati attivi a livello statale in India per convincere statisti sempliciotti che l’agricoltura biologica può alimentare il mondo e dare sicurezza alimentare. Questo non è accettato dai più importanti scienziati dell’agricoltura. La maggior parte delle organizzazioni dei coltivatori in India, incluse BKS e SJM sono difensori dell’agricoltura biologica, la quale proibisce completamente l’uso dei semi OGM. Se il Paese accetta l’agricoltura biologica, non ci sarà spazio per la tecnologia degli OGM, e pertanto la si vuole proibire. L’India pagherà un prezzo pesante se non si tiene conto della lobby anti-OGM per quanto riguarda l’agricoltura biologica, un metodo di nicchia di coltivare le colture su scala ridotta o negli orti di famiglia”.

Se si legge per intero l’articolo dal quale proviene l’estratto, è chiaro che il lobbysta pro-OGM Shantharam pensa che il modo migliore di fare pressione per gli OGM sia attaccare e diffamare (con pretese infondate) scienziati e promotori di campagne che non sono d’accordo con lui e svilire l’approccio serio a un’agricoltura che non comporti OGM.

L’esempio che riguarda gli OGM non può essere fatto in termini di resa migliore, di minore produzione chimica, di sicurezza, d’impatto sull’ambiente, di valore nutritivo o di redditi aumentati dei coltivatori, quindi la tattica è denigrare le soluzioni alternative. E l’obiettivo preferito di Shantharam è l’agricoltura biologica e chiunque difende il suo uso esteso.

Usando meno magniloquenza per giungere al punto, rispetto a Shantharam, il microbiologo pro-OGM dell’Università di Edimburgo, Tony Trewavas, crede che gli approcci biologici come l’agro-ecologia non siano sufficienti per alimentare il mondo:

“Se gli approcci agro-ecologici possono attualmente corrispondere alla rendita realizzata usando metodi di coltivazione moderni, allora se ne faccia uso con ogni mezzo. Ma se non sarà così e il mio pensiero mi induce a ipotizzarlo, allora non dovrebbero essere l’attuale metodo di agricoltura raccomandato. Nessuno, con alcuna preoccupazione per l’umanità o il welfare della popolazione, dovrebbe considerare attualmente qualche altra alternativa [agli OGM]. I gruppi che fanno campagne per questo o quel tipo di metodo di coltivazione e distruggono le colture nel tentativo di catalizzare il pensiero degli altri, che come loro hanno perso quella preoccupazione di principio per la loro specie.”

Nel tentativo di condurre in porto la sua convinzione, Trewavas fa sua la causa di non aiuto, usando la retorica delle Public Relations ispirata sulla base degli OGM industriali, che si maschera come “opinione competente” nel tentativo di diffamare ed emarginare i fautori dell’agro-ecologia, implicando che loro sono i “nemici di umanità”. E lui non è il solo a seguire questo percorso.

In accademia o altrove, i portavoce dei padroni transnazionali dell’agroalimentare non hanno vergogna di sfornare disinformazione in grande quantità e diffamazione a basso costo, in modo tale da promuovere un’agenda pro-OGM, basata su frode e sovversione della scienza, come documentato nel libro di Steven Druker “Altered Genes, Twisted Truths”. E quest’agenda non ha l’appoggio dominante nell’ambito della scienza, nonostante le richieste dei sostenitori degli OGM. È stata fatta molta luce su ciò da parte di Food & Water Watch e da parte dello stesso Druker in un recente dibattito televisivo e la sua continuazione è illustrata qui.

Ma Public Relations, calunnie e diffamazioni a parte, l’attacco specifico da parte della lobby pro-OGM sferrato all’agricoltura biologica (e più generalmente all’agro-ecologia) è l’accusa di essere soltanto un metodo di coltivazione per imbandire un desco di nicchia che va contro la realtà.

Secondo una nuova ricerca, eseguita da una squadra di scienziati americani, l’agricoltura biologica potrebbe offrire ampie possibilità alimentari per la totalità della popolazione umana, provocando meno inquinamento e meno problemi di salute, rispetto all’agricoltura convenzionale.

La loro revisione di centinaia di studi pubblicati offre la prova che l’agricoltura biologica può produrre rendite sufficienti, essere proficua per i coltivatori, proteggere e migliorare l’ambiente e essere più sicura per i lavoratori d’azienda, anche se la produzione biologica attualmente conti solo l’un percento di tutta la terra destinata all’agricoltura. Tale studio è il primo ad analizzare 40 anni di scienza, comparando l’agricoltura biologica a quella convenzionale, passando per le quattro mete di sostenibilità identificate dall’Accademia Nazionale delle Scienze: la produttività, l’economia, l’ambiente e il benessere della comunità.

Nel loro articolo pubblicato il 3 febbraio nella rivista Nature, John Reganold e Jonathan Wachter, agronomi presso la Washington State University, hanno argomentato che le rendite prodotte da agricolture biologiche si attestavano in effetti tra l’8% e il 25% in meno, rispetto a quelle delle agricolture convenzionali, a seconda della coltura. Con l’uso effettivo della policoltura biologica, comunque, questo gap si è restretto al 9% e con l’incremento di rotazione del raccolto si è contratto ad appena l’8%.

Ma un’area dove l’agricoltura biologica ha surclassato i metodi convenzionali sono i periodi di siccità inclemente, un fenomeno destinato a divenire comune in modo crescente, così come la perturbazione del clima globale. Gli autori argomentano che il peso delle prove mette in discussione quelle rendite provenienti da agricolture biologiche, sulle quali si può fare più affidamento in periodi di siccità, poiché il suolo più sano trattiene più umidità (come descritto in precedenza in maniera perfetta da parte di Bhaskar Save, sulla base di molte decadi di agricoltura biologica in India).

Si è osservato anche che i coltivatori biologici conducono spesso una vita migliore, rispetto ai loro colleghi che utilizzano l’irrorazione di insetticidi, con redditi tra il 22% e il 35% in più. I due agronomi dichiarano che la conversione dell’umanità all’agricoltura biologica non dovrebbe poggiare solamente sulla domanda di rendite, osservando che si dovrebbe fare riferimento anche ad aspetti più generali:

“Dovremmo anche ridurre lo spreco alimentare, migliorare l’accesso alla distribuzione di cibo, stabilizzare la popolazione mondiale, eliminare la conversione delle colture in biocarburanti e adottare una dieta che sia il più possibile a base vegetale.”

Gli autori dicono anche che sono evidenti gli aspetti negativi dell’agricoltura convenzionale: utilizza pesticidi costosi, inquina l’acqua con nitrati e fosfati, è causa di emissioni di gas serra e riduce la biodiversità sui terreni coltivati. Oltre a contribuire a una varietà di malattie croniche, i metodi di coltivazione convenzionale, producono anche cibo con valori nutrizionali più bassi, rispetto ai metodi biologici; un risultato sostenuto da 12 dei 15 studi riconosciuti dai ricercatori su questo argomento.

Numerosi studi in riesame hanno indicato che le aziende biologiche tendono a immagazzinare più carbonio nel suolo, hanno una migliore qualità del terreno e ne riducono l’erosione. L’agricoltura biologica crea anche meno inquinamento del suolo e dell’acqua e minori emissioni di gas serra. Ed è più efficiente per quanto riguarda la tipologia di energia, perché non si basa su fertilizzanti sintetici o pesticidi. Essa è anche associata alla maggiore biodiversità di piante, animali, insetti e microbi, così come alla diversità genetica. La biodiversità aumenta i servizi che la natura offre, come l’impollinazione e migliora la capacità di adattamento dei sistemi agricoli al mutare delle condizioni.
Riferendosi ai due metodi di coltivazione, in termini di impatto sociale, l’agricoltura biologica ne è uscita vincitrice: le aziende biologiche creano più posti di lavoro, sono meno dannose per la salute dei loro dipendenti ed effettivamente migliorano la loro dieta, promuovono l’interazione tra produttori e consumatori e forniscono condizioni migliori per gli animali.

Reganold conclude.

“Centinaia di studi scientifici ora dimostrano che l’agricoltura biologica dovrebbe avere un ruolo più importante per quanto riguarda la nutrizione del nostro pianeta. 30 anni fa, sono stati realizzati solo una manciata di studi per confrontare l’agricoltura biologica e quella convenzionale. Negli ultimi 15 anni il loro numero è aumentato in maniera considerevole”.

Naturalmente è concepibile che, date le innovazioni nell’ambito della biotecnologia non OGM, non meno importanti della selezione assistita da marcatori, i sistemi di agricoltura basati su tecniche biologiche ridurranno ulteriormente il divario in futuro o addirittura surclasseranno l’agricoltura intensiva, basata sui derivati petrolchimici.

Quest’ultima ricerca fa seguito ad altri studi recenti che mettono fine una volta per tutte all’affermazione che l’agricoltura basata sul biologico è alimentazione di nicchia non in grado di svolgere un ruolo importante e dominante per la nutrizione del mondo. Ora abbiamo ad esempio:

1) Il processo di ricerca trentennale svolto dal Rodale Institute nel campo dell’agricoltura biologica, il quale conclude che a rendite biologiche corrispondono rendite convenzionali, surclassano quelle convenzionali in anni di siccità e di fatto costituiscono la fertilità del suolo, piuttosto che impoverirlo. C’è anche inoltre questo studio svolto nel 2014, il quale indicava che il gap tra i modelli biologici e quelli chimico – intensivi non è poi così grande (addirittura assente in molti casi) e che il biologico potrebbe produrre a sufficienza per alimentare il mondo.

2) I risultati dell’Oakland Institute dello scorso anno hanno dimostrato il “successo straordinario ” dell’agro-ecologia in tutta l’Africa. L’Oakland Institute ha presentato 33 casi di studio che hanno avuto successo nel coniugare una sana gestione ecologica, compresa la minimizzazione dell’uso di emissione di tossici, utilizzando risorse rinnovabili derivate dall’agricoltura e privilegiando soluzioni endogene per gestire i parassiti e le malattie, con un approccio che sostiene e protegge i mezzi di sostentamento degli agricoltori. La ricerca fornisce dati inoppugnabili e informazioni sul modo in cui la trasformazione agricola può produrre benefici immensi, dal punto di vista economico, sociale e della sicurezza alimentare, garantendo al contempo la giustizia climatica e il ripristino del suolo e dell’ambiente. Frederic Mousseau, Direttore Generale dell’Oakland Institute, ha coordinato la ricerca e ha argomentato che essa sfata i miti riguardanti l’incapacità dell’agro-ecologia di essere competitiva e mette in evidenza i molteplici benefici dell’agro-ecologia, comprese le metodologie economicamente accessibili e sostenibili, in modo tale da aumentare le rendite agricole, mentre si aumenta il reddito degli agricoltori, la sicurezza alimentare e la resilienza.

3) I rapporti dal Tamil Nadu (India del Sud) sui collettivi di donne che si organizzano per ripristinare l’alimentazione e i metodi di coltivazione tradizionali, con conseguente riduzione dei costi, rendite più elevate e una migliore nutrizione. Praticando l’agro-ecologia, un numero crescente di donne agricoltrici sono ora libere dai fertilizzanti chimici e dai pesticidi e coltivano molte colture insieme – cereali, lenticchie, fagioli, semi oleosi – per creare biodiversità, sfruttando al massimo la resa della terra all’interno dell’azienda per la produzione di cibo.

4) Uno studio sottoposto a revisione paritaria apparso sul British Journal of Nutrition dimostra che le colture biologiche e gli alimenti basati su di esse si attestano tra il 18 e il 69% in più, per quanto riguarda un certo numero di antiossidanti chiave, come i polifenoli rispetto alle colture convenzionali. Si attestano inoltre livelli significativamente più bassi, riscontrati nelle colture biologiche, di una serie di metalli pesanti tossici. Il cadmio, ad esempio, è solo uno dei tre contaminanti metallici, insieme al piombo e al mercurio, per il quale la Commissione Europea ha fissato i livelli massimi ammissibili di contaminazione negli alimenti. È stato riscontrato inferiore di quasi il 50% nelle colture biologiche. Le concentrazioni di azoto sono state riscontrate in modo significativamente inferiore nelle colture biologiche. Le concentrazioni di azoto totale si attestavano al 10%, di nitrato al 30% e di nitrito all’87% in meno nell’agricoltura biologica rispetto alle colture convenzionali. Lo studio ha anche riscontrato che era più probabile trovare residui di pesticidi quattro volte di più nelle colture convenzionali rispetto a quelle biologiche. Lo studio è il più consistente del suo genere che sia mai stato intrapreso. Il team internazionale di esperti guidati dalla Newcastle University del Regno Unito ha analizzato 343 studi sulle differenze di composizione tra colture biologiche e convenzionali.

5) Vari studi indicano il valore nutrizionale superiore degli alimenti biologici, mentre l’agricoltura ad alta intensità di chimica dipendente dai pesticidi ha portato al degrado del suolo, a terreni carenti di minerali, a cibo spoglio dei contenuti nutrizionali, ad acqua avvelenata e a una serie di problemi di salute e malattie.

Da Cuba all’Uganda, ci sono naturalmente molti altri esempi che potrebbero essere aggiunti alla lista di cui sopra, per evidenziare i successi dei sistemi agricoli basati sul biologico. Il punto è che l’agricoltura biologica potrebbe nutrire il mondo, senza dubbio, se ci fosse la priorità e la realizzazione di investimenti in tale ambito, nella misura in cui ciò è avvenuto con la rivoluzione verde nel corso dei decenni.

La capacità di nutrire il mondo, tuttavia, coinvolge molto di più che il concentrarsi sul dibattito tra biologico e chimico o su una soluzione tecnica tampone fasulla per quanto riguarda gli OGM, che cavalca i successi dell’allevamento convenzionale.

La geopolitica del cibo e dell’agricoltura ha avuto un ruolo significativo nella creazione sia di regioni e popolazioni ricche di cibo, sia con deficit alimentare. Qualsiasi impegno importante per nutrire il mondo deve quindi affrontare varie questioni, non da ultimo le politiche commerciali internazionali e il sistema globalizzato del “capitalismo” che ad esempio ha condotto a: disuguaglianza strutturale e povertà; privatizzazione delle sementi, della conoscenza, della terra e dell’acqua; emarginazione dei piccoli proprietari terrieri, spina dorsale della produzione alimentare mondiale; speculazioni inerenti le materie prime, con conseguente scarsità di cibo; a un metodo di coltivazione orientato all’esportazione e al debito, il quale mina le economie rurali locali.

La rivoluzione verde controllata dalle aziende inaugurata dal clan dei Rockefeller, arricchitosi con il petrolio, e dai suoi associati era indirizzata a sradicare l’agricoltura indigena. I beneficiari finali sono state le figure di spicco del petrolio, della finanza e dell’agroalimentare. Tutto questo a rinfocolare una “meraviglia di nove giorni” (termine di Gandhi) (ndT. qualcosa che genera interesse per un tempo limitato e viene poi abbandonato) il modello non sostenibile di “sviluppo” economico e sociale e un modello urbano-centrico dell’agricoltura, distruggendo i mezzi di sussistenza nel Sud del mondo, come sta accadendo attualmente in India.

La soluzione deve essere, per i responsabili politici, il dare priorità a uno spostamento verso sistemi di agricoltura basati sul biologico e, significativamente, ripristinare di nuovo i suoli a un livello sano. Si tratterebbe di fornire sostegno a un movimento agro-ecologico che autorizza le persone politicamente, socialmente ed economicamente, attuando un sistema economico che si basa sull’autonomia locale e l’impegno a respingere il consumo eccessivo senza senso, che depreda l’ambiente.

Quando Raj Patel discute a riguardo dei successi percepiti della rivoluzione verde, ci sollecita a considerare cosa sarebbe potuto succedere se vi avessimo investito e avessimo dato priorità ad approcci alternativi all’agricoltura – se avessimo perseguito un percorso diverso rispetto a quello della rivoluzione verde. E’solo allora che se ne potrebbe misurare veramente l’efficacia.

Una tale considerazione sarà tuttavia ostacolata dai lobbisti pro-OGM come Shanthu Shantharam o l’ex ministro dell’ambiente britannico Owen Paterson, che sostiene che “miliardi” di persone saranno condannate alla fame e alla povertà, se non si tiene il passo della tecnologia della rivoluzione verde e la si estende con l’adozione di OGM. Come per tutti i buoni predicatori neo-liberali delle aziende produttrici di OGM, il mantra di Paterson è “There Is No Alternative” che è il tipo di retorica progettata per smettere di pensare e che ha dato forma a un’analisi morta sul nascere.

Ma, in definitiva, in quest’articolo si accenna a qualcosa di cui persone come Shantaram, Trewavas o Paterson non vogliono sentir parlare: il vero problema non è se il biologico possa nutrire il mondo oppure no, è che il capitalismo globale ci sta impedendo di farlo e continuerà se le sue strutture e gli impatti rimarranno incontrastati.

Colin Todhunter è uno scrittore indipendente ampiamente pubblicato ed ex ricercatore di Politica sociale con base nel Regno Unito e in India.

Fonte: www.colintodhunter.com

Link: http://www.colintodhunter.com/2016/02/organic-agriculture-capitalism-and.html

6.02.2016

Traduzione per www.comedonchiciotte.org a cura di NICKAL88

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