L'AGONIA IRACHENA

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AMY GOODMAN (DEMOCRACY NOW!) INTERVISTA DAHR JAMAIL

Gi ospedali iracheni sotto l’occupazione, le compagnie che fanno
profitti sulla guerra e la “fuga di cervelli” dall’Iraq

Prefazione (Dagli ‘Iraq Dispatches’, la newsletter di Dahr Jamail)

Appena tornato dalla sessione finale del Tribunale Mondiale sull’Iraq,
ad Istanbul, dove ha testimoniato, Dahr Jamail ha condiviso con Amy
Goodman le sue informazioni e le sue prospettive sull’occupazione
statunitense dell’Iraq. In questa eccellente intervista di 20 minuti,
Dahr ed Amy discutono della mancanza di informazione sui recenti
attentati in Iraq, che hanno ucciso un numero di civili simile a quello
degli attentati di Londra. I due parlano approfonditamente del rapporto
scritto da Dahr sull’agonizzante sistema sanitario iracheno, delle
azioni che l’esercito degli Stati Uniti ha intrapreso contro gli
ospedali e il personale medico, il che costituisce dei crimini di
guerra, e di molti altri temi scarsamente riportati dai media
informativi mainstream USA.Prefazione (Dal sito web di Democracy Now!)

Mentre dozzine di persone venivano assassinate da bombe e attacchi di
altro tipo in Iraq, abbiamo parlato con il giornalista indipendente
Dahr
Jamail del suo nuovo rapporto, “ Iraqi Hospitals Ailing Under
Occupation” (“Gli ospedali iracheni soffrono sotto l’occupazione”),
della “fuga di cervelli” dall’Iraq e delle differenze tra la copertura
mediatica dei ripetuti attacchi in Iraq e quella degli attentati della
scorsa settimana a Londra.

Oggi, milioni di persone in tutta l’Europa osserveranno due minuti di
silenzio in ricordo delle vittime degli attentati della scorsa
settimana
a Londra. Almeno 52 persone sono state uccise e 700 ferite nelle
esplosioni. Ma poche persone ricordano che solo tre giorni dopo gli
attentati di giovedì, una serie di attacchi suicidi in Iraq ha lasciato
a terra 48 persone – un numero di morti lugubremente simile a quello di
Londra – e la differenza nella reazione del mondo era tangibile. Gli
attacchi in Iraq non hanno fatto le prime pagine dei giornali del
globo,
i governi del mondo non hanno universalmente condannato gli attacchi e
le vittime hanno ricevuto ben poche parole di consolazione.

Fin dalla scorsa settimana, dozzine di altre persone sono state uccise
in Iraq. Ieri un auto-bomba a Baghdad ha ucciso 27 persone – quasi
tutti
bambini. Anche un soldato americano è rimasto ucciso nell’esplosione.
In
un’altra parte della capitale, un’altra dozzina di musulmani sunniti
sono stati trovati uccisi dopo il loro arresto da parte della polizia
irachena nel weekend.

Nel frattempo, un nuovo studio di un organizzazione umanitaria irachena
stima che 128.000 Iracheni siano stati uccisi a partire dall’invasione
U.S.A. nel marzo del 2003 – più della metà di loro donne e bambini. E
oggi il ministro degli interni iracheno ha dichiarato al New York Times
che più di 8.000 civili sono stati uccisi dagli attacchi degli insorti
tra agosto e maggio.

Trascrizione dell’intervista

AMY GOODMAN: Siamo appena stati raggiunti dal giornalista
indipendente Dahr Jamail, che è stato in Iraq molti mesi. E’ appena
tornato dal Tribunale Mondiale sull’Iraq, in Turchia. Ha anche
partecipato al meeting alternativo al G8, in Scozia. Ti diamo il
benvenuto a Democracy Now!

DAHR JAMAIL: Grazie, Amy.

AMY GOODMAN: Anzitutto, la tua reazione agli attentati di
Londra.

DAHR JAMAIL: Beh, proprio come chiunque altro, penso che questa
sia una situazione orribile, dove in un momento qualsiasi dei civili,
civili innocenti, possono essere uccisi come risultato delle azioni del
loro governo all’estero, che sono pressoché identiche a quello messa in
atto a Londra. Per la Gran Bretagna è l’11 settembre, su scala più
piccola. E’ evidente come la politica del governo in Iraq sia molto
probabilmente la causa di questa ritorsione che colpisce in casa,
uccidendo dei civili. Ma come chiunque altro, lo condanno. E’ orribile
vedere questa tipo di cose, con dei civili innocenti che stanno pagando
il prezzo per le azioni dei loro governi.

AMY GOODMAN: Dunque, parliamo di questo paragone: il giorno dopo
gli attacchi, il conto delle vittime a Londra equivaleva circa a quello
delle vittime in Iraq lo stesso giorno. Ma c’è stata una differenza
nella copertura mediatica.

DAHR JAMAIL: Sembrerebbe sbalorditivo, ma non dovrebbe. I media
hanno semplicemente continuato i loro sforzi per non dare all’Iraq la
copertura che meriterebbe. Il caso di Londra, quattro bombe, e
moltissimi civili uccisi, è quasi una quotidianità in Iraq. E notiamo
la
disparità di copertura, messa in evidenza da questo incidente. Ogni
singolo giorno, in Iraq, sono moltissimi i civili che vengono uccisi.
Le
infrastrutture sono in sfascio, il paese è in fiamme. E dove sono i
media? Diventa sempre più difficile trovarli.

AMY GOODMAN: Dahr, tu hai scritto un rapporto, “Iraqi Hospitals
Ailing Under Occupation.” Lo hai presentato al Tribunale Mondiale
sull’Iraq, ad Istanbul. Ce ne parleresti?

DAHR JAMAIL: Dunque, per scrivere questo rapporto ho visitato 13
ospedali diversi, in Iraq, la maggior parte dei quali a Baghdad, ma
anche alcuni nel nord e nel sud. E lo ho presentato come prova al
Tribunale Mondiale. E’ stato il fulcro della mia testimonianza.
Riassumendo, il rapporto mostra davvero come – adesso, a poco più di
due
anni dall’inizio dell’occupazione – gli ospedali siano in condizioni
ben
peggiori di quelle in cui già erano nel periodo delle sanzioni contro
l’Iraq. La frase più comune che sentivo dai dottori, mentre lavoravo su
questo rapporto, era che ‘Ora la nostra situazione è peggiore persino
di
quando c’erano le sanzioni’. In breve, c’è una disastrosa mancanza di
medicinali, mancanza di equipaggiamento, mancanza di forniture, e
praticamente non c’è ricostruzione. Inoltre, un altro fattore da me
constatato è che prendere deliberatamente di mira ospedali, ambulanze e
personale medico da parte dell’esercito sembri essere divenuta una
procedura operativa standard.

AMY GOODMAN: C’è una sezione del tuo rapporto secondo cui
l’esercito U.S.A. interferirebbe con l’assistenza sanitaria.

DAHR JAMAIL: Esatto. Tra gli esempi migliori delle operazioni
militari U.S.A ci sono entrambi gli assalti a Fallujah – in particolare
l’assalto di Novembre. La prima cosa che fece l’esercito U.S.A. fu
andare nell’ospedale generale di Fallujah e occuparlo, piazzarci dei
cecchini sul tetto e detenere i dottori, impedendo loro di occuparsi
dei
pazienti, mentre prendevano deliberatamente di mira le ambulanze. E sin
dall’assalto, in operazioni come quelle di Al Qaim o di ad Hadithah,
abbiamo visto praticamente una ripetizione esatta di quello che è
successo a Fallujah, dove gli ospedali sono stati bloccati, il
personale
medico non ha potuto lavorare ed è stato ferito. Ma, dopo Al Qaim e
Hadithah, questo sta accadendo ancora a Buhrez, che è proprio vicino a
Baquba; mentre parliamo, questo sta accadendo, e in ogni momento c’è
una
nuova operazione dell’esercito U.S.A. in Iraq. E’ il tipo di tattica
che
stanno usando.

AMY GOODMAN: Sei stato in Iraq per molto tempo. Hai parlato a
nessuno nell’esercito U.S.A. di questo?

DAHR JAMAIL: Dunque, le chiamate al telefono per richiedere
informazioni su quel che stava accadendo negli ospedali, di solito si
risolvono con dei giri di parole, del tipo, ‘Sai, devi contattare
questo
comandante; non abbiamo informazioni al riguardo’ oppure ci sono
dinieghi a rotta di collo, come, ‘No, l’esercito U.S.A. non è impegnato
in nessuna operazione di quel tipo’. Dunque è stato davvero difficile
ottenere una qualsiasi informazione accurata o un’ammissione certa su
quel che stava accadendo. La maggior parte delle mie informazioni su
questo tema vengono da personale medico che è stato ferito, detenuto o
minacciato dall’esercito U.S.A.

AMY GOODMAN: In campo medico, tra l’altro, è importante l’acqua.
Acqua ed elettricità: qual’é la situazione in Iraq?

DAHR JAMAIL: Dunque, di nuovo, il fatto che le infrastrutture,
in
particolare quelle per l’acqua e l’elettricità, siano state distrutte,
ha avuto degli effetti disastrosi per gli ospedali. Solo per darti
un’idea di come funzionino le cose, posso dirti che abbiamo una media
di
tre ore di elettricità al giorno a Baghdad e la maggior parte degli
ospedali sta contando quasi esclusivamente sui generatori. C’è stato un
incidente, che ho citato nel rapporto, in cui in uno dei più grandi
ospedali di Baghdad si è rotto il generatore a metà giornata, e c’era
un’operazione in corso, voglio dire, con un paziente sul tavolo, non
furono in grado di utilizzate gli strumenti di cui avevano bisogno e
persero il paziente semplicemente per un guasto elettrico. E poi,
ovviamente, per via della situazione del sistema idrico, ci sono
effetti
quasi altrettanto disastrosi, come, l’impossibilità di praticare la
sterilizzazione. Così, mentre i dottori non possono pulire i loro
strumenti, le infezioni dilagano.

AMY GOODMAN: Sai, Dahr, c’è stata questa discussione nel nostro
paese: le truppe U.S.A. si dovrebbero ritirare? E cosa accadrebbe in
Iraq se restassero lì? Cos’altro potrebbero fare gli U.S.A.? Quanto
spesso vedi sollevato il problema di quanto denaro fornire alla sanità
e
alle infrastrutture, comparato con tutto quello che viene speso per
l’esercito?

DAHR JAMAIL: E’ un tema molto trascurato. Il ministro della
salute esigeva di ricevere 1 miliardo di dollari dai fondi per la
ricostruzione, e dove sono finiti quei soldi? Di certo, la corruzione è
alle stelle. Ma una questione ancor più grande per il governo degli
Stati Uniti è cosa sia successo alle compagnie che hanno vinto i
contratti per la ricostruzione dalla U.S.A.I.D. – come la A.B.T.
Praticamente non c’è ne traccia. Dov’è la ricostruzione che dicono di
aver ultimato? Gli ospedali hanno ricevuto dei lavori di pittura e
qualche volta delle forniture nuove, ma quanto all’equipaggiamento,
agli
fondi e alle medicine di cui hanno bisogno, non ci sono.

AMY GOODMAN: E cosa ci dice dei sub-appalti? Tu hai parlato con
il vice ministro della sanità, il dottor Amer Al Khuzaie, giusto?

DAHR JAMAIL: Giusto. E quel che mi ha detto era che… Quando lo
intervistai, aveva ripetutamente richiesto all’autorità provvisoria
della coalizione dei fondi – milioni di dollari, centinaia di milioni
di
dollari – che chiedeva per ottenere nuove forniture e dare agli
ospedali
l’equipaggiamento di cui avevano bisogno per fare il proprio lavoro, e
mi disse che avevano ricevuto solo promesse. Da allora, sembra che la
situazione non sia mutata, e molto denaro si è dissolto a causa della
corruzione, un saccheggio ancora in atto, ,mentre molte persone nel
ministero della salute avrebbero la responsabilità di far sì che questo
non accada. Ma, essenzialmente, vediamo decine di milioni di dollari
incanalati verso le compagnie occidentali e io penso che la grande
domanda da porsi, alla fine di una giornata, sia: “perché le compagnie
occidentali non lavorano? E se non possono lavorare, perché non
lasciano
questi contratti alle compagnie irachene?

AMY GOODMAN: Sono le compagnie irachene, i sub-appaltatori, che
potrebbero gestire la ricostruzione?

DAHR JAMAIL: Senza dubbio. Ci sono altre situazioni in cui le
infrastrutture sono state così gravemente danneggiate – dopo la guerra
del Golfo nel 1991, per esempio – l’Iraq è più che capace di prendersi
cura dei propri cittadini, ed ha la conoscenza e l’esperienza
necessarie
per farlo. Semplicemente, gli occupanti non permettono che questo
accada. Di tutti contratti stipulati dopo l’invasione, solo il 2 % del
valore di tutto il denaro disponibile per la ricostruzione è stato
devoluto ai problemi dell’Iraq. Il discorso vale anche per il settore
medico.

AMY GOODMAN: Stiamo parlando con il giornalista indipendente
Dahr
Jamail. Avremo un break. Quanto torneremo, voglio chiederti della fuga
di cervelli in Iraq e di Zarqawi.

[break]

AMY GOODMAN: Continuiamo la nostra conversazione con il
giornalista indipendente Daht Jamail, che ha scritto un rapporto, dopo
essere stato in Iraq per molti mesi, chiamato “Iraqi Hospitals Ailing
Under Occupation.” Parliamo delle Convenzioni di Ginevra, che, tra
l’altro, si suppone proteggano i prigionieri, i prigionieri di guerra.
Nel tuo rapporto hai incluso delle sezioni delle Convenzioni di Ginevra
sulla sanità e i diritti sanitari. Ce ne puoi parlare?

DAHR JAMAIL: Riassumendo: essenzialmente, le Convenzioni di
Ginevra sono state violate per quanto riguarda il settore sanitario. E’
responsabilità primaria delle forze occupanti assicurare la sicurezza
dei civili, e questo punto è stato violato ripetutamente – non solo con
i civili, ma anche con il personale medico. Di nuovo, il personale
medico non solo non è stato protetto, ma deliberatamente preso di mira,
o gi è stato impedito di svolgere il proprio lavoro. Per esempio,
all’inizio del rapporto c’è una fotografia – che circolò nei media di
tutto il mondo all’inizio dell’assalto di Fallujah – di dottori
letteralmente detenuti all’interno dell’ospedale, ammanettati,
impossibilitati a svolgere il proprio lavoro. E questa è una fotografia
di una violazione del diritto internazionale. Così gli Iracheni non
sono
assistiti in alcun modo. Ed è ovvio che il sistema medico ha bisogno di
aiuto.

AMY GOODMAN: Zarqawi. Hai scritto anche su Zarqawi. Eri in
Giordania ad intervistare delle persone sul suo conto. Apparentemente –
cioè secondo l’esercito U.S.A. – un suo stretto collaboratore è stato
catturato in Iraq.

DAHR JAMAIL: Quando ero ad Amman, sono andato ad Al Zarqa, che è
la città da dove viene Zarqawi. Si trova vicino ad Amman. Ho
intervistato delle persone lì, sono andato a vedere dove abitano suo
fratello e suo cognato, ho visitato un paio di moschee dove egli era
solito pregare. E’ una storia difficile da seguire. Quel che ho trovato
è che egli, senza dubbio, è esistito come individuo, ma non ci sono
prove che sia ancora vivo, e tanto meno che quest’uomo stia operando in
Iraq, come sostiene l’esercito U.S.A. Rimane un mito molto nebuloso,
proprio come bin Laden.

AMY GOODMAN: Infine, la fuga di cervelli dall’Iraq.

DAHR JAMAIL: Anche questa è il risultato di un’occupazione
sanguinosa. Abbiamo tantissimi dottori iracheni che hanno lasciato il
paese a causa delle condizioni di sicurezza: sono stati oggetto di
rapimenti da parte di gang criminali per estorcere un riscatto alle
famiglie. C’è una fuga di cervelli di massa. E’ un’altra difficoltà
enorme per gli ospedali iracheni, che devono curare senza dottori a
sufficienza.

AMY GOODMAN: Dahr Jamail, ti ringrazio per essere stato con noi,
oggi. Il suo rapporto è “Iraqi Hospitals Ailing Under Occupation.” Se
qualcuno ne vuole una copia, dove può andare, online?

DAHR JAMAIL: Possono andare sul mio sito web e scaricarne una
copia.

AMY GOODMAN: E sarebbe?

DAHR JAMAIL: E’ DahrJamailIraq.com.

AMY GOODMAN: E se avete problemi a ricordarvelo, andate
semplicemente sul nostro sito web DemocracyNow.org.

Dahr Jamail è un giornalista indipendente che è stato per molti
mesi in Iraq. E’ appena tornato dalla sessione finale del Tribunale
Mondiale sull’Iraq in Turchia. Ha anche partecipato al metting
alternativo al G8, in Scozia.

Leggi il rapporto di Dahr Jamail: Iraqi Hospitals
Ailing Under Occupation

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Data: 14 luglio 2005

Fonte: Democracy Now

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Traduzione dall’inglese a cura di CARLO MARTINI per www.comedonchisciotte.org

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