FONTE: IL FOGLIO.IT
La compagnia francese annuncia il taglio di 2.900 posti di lavoro. Il cda interrotto dai manifestanti. L’ad e il capo delle risorse umane fuggono dalla riunione con le camicie stracciate
Il Consiglio di amministrazione di Air France è stato interrotto dalle proteste di un migliaio di lavoratori che manifestavano contro il nuovo piano industriale che prevede, tra l’altro, il taglio di 2.900 posti di lavoro. Nel quartier generale della compagnia aerea di Roissy, poco fuori Parigi, i lavoratori hanno fatto irruzione nella sala dove si svolgeva il board dell’aviolinea. Al punto che, secondo i racconti dei delegati sindacali, il capo delle risorse umane, Xavier Broseta, “è stato quasi linciato” e per fuggire ha dovuto scavalcare in tutta fretta alcuni tornelli, a torso nudo e con la camicia strappata. In fuga anche il ceo Frederic Gagey e la riunione è stata sospesa. Il management condanna “la violenza fisica”, in un comunicato e promette una denuncia alla polizia.
Nella foto: Il capo delle risorse umane di Air France, Xavier Broseta, fugge dal cda di Roissy (foto LaPresse)
A seguito: “Ritorno a Metello” (Alessandro Giglioli, gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it);
La tensione resta altissima, e dopo gli incidenti di stamane, la riunione del cda non dovrebbe riprendere in giornata, hanno riferito alcune fonti sindacali mentre l’azienda non si è pronunciata. La decisione di licenziare migliaia di dipendenti, secondo le tre sigle sindacali rappresentative (CGT, FO, UNSA Aerien), è irricevibile: per questo motivo, hanno deciso la manifestazione davanti alla sede dove era in corso la riunione del cda.
Il taglio dei 2.900 posti di lavoro tra il 2016 e il 2017 era stato preannunciato venerdì scorso dall’azienda ai sindacati, e indicato come effetto della rottura dei negoziati per migliorare la produttività. Secondo fonti sindacali, il management ha indicato un taglio di 300 piloti, 700 hostess e 1.900 membri del personale di volo, ma il numero potrebbe essere maggiore perché sarebbe prevista anche una cospicua riduzione di voli (37) e il ritiro di ben 14 aerei a lunga distanza. Se queste cifre dovessero essere confermate, i sindacati ritengono che sarebbero 4.900 i posti a rischio. Oggi i sindacati hanno scioperato ma secondo la compagnia non ci sono stati particolari disagi.
Il nuovo piano di ristrutturazione, che si preannuncia il più pesante nella storia della compagnia, fa seguito a quello che ha già visto la soppressione di 5.500 posti di lavoro tra il 2012 e fine 2014. Dapprima l’azienda aveva suggerito alcune misure per incrementare la produttività, ritenute però irricevibili dai sindacati. Di qui, la volontà del management a procedere con il taglio dei 2.900 posti di lavoro e la collera dei lavoratori. Il segretario di Stato ai Trasporti Alain Vidalies ha bollato l’aggressione di oggi come “inaccettabile”. Atti, ha aggiunto, che “meritano di essere sanzionati”
Fonte: www.ilfoglio.it
5.10.2015
Certo, se in Italia un manager venisse aggredito e lasciato a torso nudo, il giorno dopo il circuito media-governo processerebbe in piazza Landini o scioglierebbe il sindacato dei postelegrafonici: così, per approfittare dell’occasione.
Ma per fortuna è successo in Francia e ciò forse ci consente di fare qualche ragionamento meno frettoloso sul significato di quanto accaduto.
Ad esempio, sul fatto che evidentemente non è solo nostrana la carenza di ruolo e di rappresentanza dei sindacati e della sinistra, che non sono capaci di trasformare la rabbia polverizzata in una protesta sindacale e in una conquista sociale.
Voglio dire: in teoria in Francia esiste un sindacato di massa e c’è al governo un presidente di sinistra, che si è fatto eleggere con una campagna elettorale e un programma marcatamente di sinistra. Peccato che poi abbia fatto quasi tutto il contrario e – fuori dal suo trasformismo – l’opposizione sociale si frantumi tra il nazionalismo di LePen e una sinistra radicale chiusa nei suoi pochi punti percentuali, senza chance di diventare maggioranza.
È il terreno ideale per creare quella frustrazione senza speranza che abbiamo visto ieri a Roissy.
Ed è un rapporto tra sociale e politico simile a quello dei primordi dell’età industriale: quando ancora non esisteva un sindacato organizzato né c’erano i partiti socialisti o comunisti, quindi gli operai – quando la misura era colma – se la prendevano direttamente, fisicamente e violentemente con il padrone o i suoi immediati sottoposti.
Ma il ritorno all’Ottocento è segnalato anche dagli effetti del gesto liberatorio: una volta denudato il capo delle risorse umane, infatti, non rimane nient’altro che la soddisfazione di aver umiliato un potente. Fine. E se questo è il massimo del risultato che una protesta riesce a ottenere, siamo appunto tornati indietro di parecchi decenni. La questione non è quindi etica (avevano ragione o torto, i lavoratori, a inseguire quel manager) ma pragmatica: perché rivela un livello di contrattazione sindacale e di relazioni industriali tornato alla barbarie.
Ecco, la barbarie primordiale del protocapitalismo, prima ancora di Germinale o Metello: a questo porta l’azzeramento, l’asservimento e l’incapacità rappresentativa dei famosi corpi sociali intermedi – sindacati, partiti di sinistra, associazionismo. Ed è il compimento di 35 anni di lotta di classe dall’alto verso il basso, di riduzione del lavoratore a monade isolata e rabbiosa, che un giorno è feroce contro gli zingari, un giorno contro gli immigrati, ma il terzo giorno anche con il capo del personale, e domani chissà.
Ecco: banalmente, quanto accaduto ieri a Roissy è un segnale tra i tanti di una società che da liquida sta diventando addirittura gassosa: effetto conclusivo dell’egemonia culturale di quanti dai primi anni Ottanta sostengono che “la società neppure esiste”, quindi ogni individuo è lasciato da solo a vincere o a perdere, e se vince è figo, se perde uno sfigato.
Gli individui lasciati soli la sanno esprimere solo così, la contrapposizione sociale: mettendo le mani addosso a un potente, se ci riescono, poi fine.
Questo avete voluto, cari iperliberisti, questo oggi vi viene ammannito.
E a voi probabilmente va bene così, almeno finché l’aggressione capita a un altro.
A noi invece – noi antiliberisti, intendo – il compito immane di costruire nuovi corpi intermedi, nuove forme di rappresentanza, nuovi strumenti perché il conflitto sociale produca effetti diversi e più utili a tutti, anziché un uomo per mezz’ora a torso nudo.
Alessandro Giglioli
Fonte: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it
Link: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/10/06/a-prima-di-metello/
6.10.2015