Il raccapricciante Manifesto neoliberista per uscire dalla crisi
Sollevazione
Il giorno dopo il Venerdì nero della borsa di Milano, il Sole 24 Ore pubblicava con enfasi il Manifesto neoliberista per uscire “subito” dalla crisi (vedi sotto). Ecco in sintesi la loro proposta:
Esiste quindi una sola via d’uscita, che ci metta al riparo dalla volatilità del mercato: raggiungere il pareggio di bilancio nell’arco diciamo di un anno. […] Raggiungere il pareggio di bilancio significa una correzione dei conti pubblici di circa il 4% del Pil. È molto di più di quanto Governo e opposizione abbiano mai pensato di fare. Si tratta di lacrime e sangue. Ma le lacrime e il sangue saranno ben maggiori se non abbiamo il coraggio di agire subito.
Fatto 1.600 miliardi di euro il Pil
italiano nel 2010, una “manovra” secca, immediata del 4% (non
spalmata sui tre anni fino al 2014 come quella tremontiana, che comunque
pare sia già di 70 miliardi), significa 64 miliardi, equivalenti a
128mila miliardi delle vecchie lire. In poche parole la più grande
stretta economica di tutti i tempi.
Il 13 luglio, dal suo covo di Chicago
(roccaforte mondiale dei neoliberisti), il guru Zingales (ufficiale
d’assalto sfornato dalla scuola di guerra della Bocconi), in una video-dichiarazione,
dettagliava il decalogo delle misure draconiani: «Ecco come arrivare subito al pareggio di bilancio». Ne consigliamo vivamente l’ascolto.
Di fatto una bocciatura della manovra
tremontiana come del tutto insufficiente a “tranquillizzare i mercati”,
ovvero a placare gli appetiti della finanza predatoria globale. Un programma
che essi stessi non esitano a definire di “lacrime sangue”.
Una devastante cura da cavallo, a spese ovviamente del lavoro, della
maggioranza dei cittadini: una colossale rapina sociale per drenare
risorse a lato del capitale speculativo.
Su una cosa tuttavia i bocconiani hanno
ragione, la Manovra tremontiana, se davvero occorre saziare il Moloch
della speculazione, non sono sufficienti. O si fa come dicono loro o
già a settembre dovremo attenderci nuovi “attacchi”.
Oppure si fa come da tempo andiamo
dicendo noi: colpire non assecondare la finanza predatoria! Annullare
il debito, uscire dall’euro, riconquistare sovranità monetaria, nazionalizzare
le banche, le compagnie assicurative, i fondi privati e i settori strategici
dell’economia nazionale. Ciò che oggi appare irrealistico, domani sarà
una necessità.
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Pareggio di bilancio, il coraggio di agire subito
DI ROBERTO PEROTTI E LUIGI ZINGALES
Il Sole 24 Ore
«Il momento temuto è arrivato. In molti si chiedevano fino a quando il nostro Paese sarebbe riuscito a evitare il contagio finanziario che sta lacerando l’area dell’euro. Ora conosciamo la risposta: anche l’Italia si avvicina pericolosamente
all’occhio del ciclone. È inutile dare la colpa all’avidità della
speculazione.
Ora bisogna fare in fretta, perché
il tempo è la risorsa più scarsa. L’esperienza internazionale insegna
che quando crolla la fiducia, la situazione precipita molto velocemente.
Solo quindici giorni fa si poteva forse pensare a una strategia che
ci permettesse di guadagnare tempo con interventi come quelli attuati
dalla manovra. Ma già oggi il quadro è cambiato drasticamente. In
pochi giorni lo spread dei BTp con il Bund tedesco ha raggiunto quasi
il livello del Portogallo circa un anno fa. E un aumento dei tassi di
cento punti base ci costa a regime circa 20 miliardi, la metà dell’ultima
manovra. Invece di andare avanti, andiamo indietro. È vano illudersi
di poter rimandare gli aggiustamenti al futuro. Se non li facciamo subito,
saremo comunque costretti a farne di ancora più gravosi tra sei mesi,
in condizioni ancora più difficili.
Come uscire da questa spirale in cui
il rischio di insolvenza, aumentando il costo del nostro enorme debito,
rischia di diventare una profezia che si autorealizza? Un aumento della
crescita certo risolverebbe molti problemi, va perseguito, ma richiede
tempo, ammesso che si sappia come realizzarlo. E di tempo a disposizione
non ne abbiamo più: i mercati hanno bisogno di un segnale forte, chiaro,
e soprattutto immediato.
Esiste quindi una sola via d’uscita,
che ci metta al riparo dalla volatilità del mercato: raggiungere il
pareggio di bilancio nell’arco diciamo di un anno. Non del bilancio
primario, cioè al netto degli interessi sul debito, ma del bilancio
totale. Non dovendo più dipendere dal mercato per finanziare la spesa
pubblica, il nostro Paese darebbe un segnale credibile che sta rientrando
dal debito, non solo in percentuale del Pil ma anche in valore assoluto.
Raggiungere il pareggio di bilancio significa una correzione dei conti
pubblici di circa il 4% del Pil. È molto di più di quanto Governo
e opposizione abbiano mai pensato di fare. Si tratta di lacrime e sangue.
Ma le lacrime e il sangue saranno ben maggiori se non abbiamo il coraggio
di agire subito.
Una manovra del 4% del Pil non può
essere basata solo su un aumento delle entrate, perché ammazzerebbe
l’economia in un Paese dove la pressione fiscale è già fra le più
alte del mondo.
Dunque la manovra va equamente distribuita
tra un aumento delle entrate ed una riduzione delle spese, a partire
da quelle previdenziali. I tagli dei costi della politica vanno fatti
per lanciare il segnale importante che tutti sono chiamati a condividere
i sacrifici; lo stesso vale per i tanti sussidi alle imprese, quasi
sempre inutili se non dannosi. Ma entrambe queste misure non sarebbero
sufficienti. Bisogna riprendere le privatizzazioni (per esempio Eni,
Enel, Poste, Finmeccanica, Rai); anche queste sono un messaggio importante
per segnalare ai mercati che si sta facendo sul serio, ma anche queste
purtroppo non bastano (i proventi delle privatizzazioni concorrono a
ridurre il debito, e il disavanzo di bilancio solo indirettamente attraverso
la riduzione della spesa per interessi). Qualcosa si otterrà anticipando
le misure previste per i prossimi anni nella manovra appena proposta,
ma anche questo non basta.
Purtroppo ormai manca il tempo per
le manovre “intelligenti” o politicamente indolori, che taglino
il grasso e non la carne. Non è a cuor leggero che facciamo questa
proposta. Ci rendiamo conto del suo costo politico ed economico. Per
questo una condizione necessaria per il successo di questa operazione
è un minimo di consenso trasversale, e quindi il coinvolgimento dell’opposizione.
come forse si riuscirà a fare in Portogallo. Purtroppo il costo di
non fare niente è ancora maggiore e la nostra classe politica non sembra
essersene resa conto. Dobbiamo agire subito, domani potrebbe essere
troppo tardi.
Fonte: Il
Sole 24 Ore del 9 luglio
2011
Fonte: http://sollevazione.blogspot.com/2011/07/i-bocconiani-e-la-ricetta-per-uscire.html
14.07.2011