DI CRAIG K. COMSTOCK
energybulletin.net
Esistono delle alternative al consumismo? Alternative che non siano la tetra prospettiva della perdita di lavoro, una prolungata crisi economica o un furtivo aumento delle tasse?
Ma cosa è poi, questo consumismo? È la promozione assidua di desideri, che il nostro sistema economico, almeno sino ad ora, sembra aver soddisfatto: “ Il tuo vicino lo possiede. Tu sarai felice se lo ottieni. Tu, puoi averlo facilmente a credito.” L’amplificazione del desiderio di possedere cose è così normale oggi, che sembra impossibile pensare ad un approccio diverso alla vita.
Di recente mi sono imbattuto in una vecchia scatola di foto del mio nonno materno e in alcuni ritagli di giornale degli anni della sua giovinezza. Quando era giovane, c’era già la pubblicità, ma sembrava così candida, nel mostrare semplicemente un oggetto per quel che era, senza associarlo a donne sexy, al potere, alla velocità o a specie animali da cui le auto prendono il nome.
Mio nonno, possedeva meno cose dei miei genitori, ma da quel che ne so dalle passeggiate che facevo con lui, dai suoi racconti, da ciò che apprendevo giocandoci o aiutandolo a costruire una barca, era felice. Come poteva essere?
Ho pensato a lui quando ho letto il nuovo libro di Stephen Batchelor, autore del popolarissimo Buddismo senza credenze. La pratica buddista, ci insegna che la vita è piena di sofferenza e che la sofferenza nasce dai desideri. Il problema è che spesso i desideri non possono essere soddisfatti e quando lo sono, l’oggetto del desiderio svanisce o perde di valore e in ogni caso, poi, in genere non ci “rende felici” o, se ci riesce, non per molto tempo.
Da questa prospettiva, un sistema in cui i venditori inducono i desideri, li esacerbano, sperando di poterne trarre profitto, risulta folle. La domanda quindi è: che senso ha farlo? Ovviamente le persone hanno bisogno di soddisfare bisogni primari quali, un tetto, acqua pulita, cibo, abiti, educazione, assistenza medica, la capacità di lavorare. Ma come si chiedono Joe Dominguez e Vicki Robin nel loro classico, Your Money Or Your Life (O la borsa o la vita, ndt.) fino a che punto serve ipotecare la propria vita per accumulare sempre più cose?
Il servizio offertoci da Batchelor è quello giungere a ciò che lui considera l’essenza della pratica buddista, libera da tutti gli “orpelli” impostigli dalla tradizione Asiatica. Ovviamente molti occidentali sono attratti dal buddismo, in parte, proprio in virtù di queste trappole barocche dei tibetani, dalla sottile tradizione Theravada dell’Asia sud orientale o dai semplici paradossi della cultura Zen. Altri però preferiscono una pratica più adeguata ad una società scientifica e democratica.
Essendo stato monaco di due delle tre tradizioni Asiatiche (Tibetana e Koreana), Batchelor si è messo alla ricerca di ciò che egli considera essere alla base della consapevolezza del Buddha.
Nei sui scritti, mette addirittura da parte elementi cruciali della tradizione buddista, quali la rinascita e il Karma, non negando che il fondatore abbia realmente insegnato queste dottrine, ma attribuendole al mondo Hindu, in cui era cresciuto, e sostenendo che questi elementi non sono necessari al genio del Buddha come espresso nelle “tre Nobili Verità”.
All’interno del buddismo, l’eresia di Bachelor non sta nel fare a meno del concetto di divinità (il fondatore era un agnostico metafisico), ma piuttosto nel mettere da parte ogni regno diverso da quello terreno, accogliendo la possibilità dell’esistenza della morte e dell’oblio. Si tratta di un punto molto delicato poiché il prestigio dei leader religiosi tibetani, a partire da Dalai Lama, si fonda in parte sulla rivendicazione di essere reincarnazioni e poiché la finitezza della morte è inimmaginabile a molti di noi.
Che spreco di forze sarebbe lottare per soddisfare i bisogni della vita, guardarsi dal pericolo, creare legami con altri individui, accumulare conoscenze e poi all’improvviso, poof, tutto sparito, come album di foto perse nell’incendio di una casa. Questo sarebbe un processo evolutivo quasi inconcepibile. Quanto sarebbe concepito come lento, dispendioso e ingiusto, questo processo, dagli uomini? Quello che Batchelor affermerebbe è che l’essenza della pratica buddista del Dharma è quella di raggiungere la consapevolezza di ciò che esiste qui e ora, piuttosto che riporre una speranza senza reali presupposti, in una vita più felice dopo la morte.
Da quel che sappiamo del Gautama, egli ha vissuto una vita principesca, la sua casa non era isolata, non fu obbligato ad iniziare una vita di ascetiche peregrinazioni. La “Via di mezzo”, che egli alla fine trovò, non gli fu imposta da problemi quali il raggiungimento del picco mondiale di sfruttamento del petrolio, il riscaldamento globale o la recessione economica. Egli sentì che la sua consapevolezza o il suo risveglio furono al di sopra dell’opulenta vita dei suoi tempi..
In questa espressione del brillante giornalista inglese George Monbiot “nessuno è mai insorto per l’austerità.” Monbiot constata questo fatto politico, in un libro intitolato Calore, che si occupa di un minuzioso e ambizioso piano di riduzione delle emissioni di carbonio per evirare le peggiori devastazioni dovute al riscaldamento globale. Una scomoda affermazione che richiama l’impossibilità di una sfilata di manifesti che rivendichino una vita meno opulenta; ma che non menziona l’ampio fenomeno della negazione.
Non so se il Buddha sia mai insorto per l’austerità, ma certamente metteva in guardia contro il dilagante aumento del desiderio, specialmente come stile di vita. Ma cosa si può fare in alternativa? I cambiamenti nascono molto raramente dalla semplice critica al sistema prevalente e più facilmente dalla costruzione di un nuovo sistema, di qualcosa a cui gli scettici possano saltare aggrapparsi per usarlo nel successivo stadio della costruzione.
Nel suo nuovo libro, Batchelor racconta la sua storia personale, riaffermando la propria conoscenza della pratica del Dharma e offrendo delle speculazioni riguardanti le sfide che il Buddha ha affrontato nel dar vita ad una nuovo modo di pensare e agire. Questo ultimo compito, è particolarmente spinoso, perché gli scritti chiamati “Pali Canon”, sono più o meno tanto lontani nel tempo, dal fondatore, quanto noi lo siamo da Shakespeare. (Immaginate di poter disporre delle opere di Shakespeare solo attraverso la tradizione orale.) Premesso ciò che sappiamo, Batcheor si chiede come procederebbe un uomo con la consapevolezza del Buddha, nel modo del suo tempo? Non lo sapremo mai con certezza, ma un resoconto coerente dei fatti ci può almeno fornire un’intelaiatura su cui costruire.
Tornando alla domanda iniziale: esiste un’alternativa al consumismo? Se il futuro sarà meno opulento del passato, per ragioni che non sappiamo, continueremo ad aggrapparci ad un sistema che fallisce? O avremo adottato nuove premesse di base. In questo caso, quali sarebbero i nuovi valori, slegati dalla corsa all’accumulo di cose?
Craig K. Comstock
Fonte: www.energybulletin.net
Link: http://www.energybulletin.net/stories/2010-10-26/buddhist-vision-life-beyond-consumerism
25.10.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cuar di CLAUDIA FILIPPI
Note editoriali
Sharon Astyk è realmente insorta per l’austerità .
Leggi di più sul libro Steven Batchelor Confessioni di un Buddista ateo qui