DI MIKE WHITNEY
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“L’ISIS minaccia il nostro stile di vita e la nostra stessa sicurezza. Abbiamo piani per contrastarli militarmente a partire già dai prossimi giorni. Vedrete”. – Il Ministro degli Affari Esteri Turco, Feridun Sinirlioğlu
Una netta vittoria alle elezioni Turche dell’1 Novembre ha rimosso l’ultimo ostacolo alla voglia di guerra del Presidente Recep Tayyip Erdogan. L’esito a sorpresa degli spogli elettorali, largamente denunciato come “scorretto e segnato da timori e violenze, secondo gli osservatori internazionali” ha consegnato al partito “Giustizia e Sviluppo” (AKP) di Erdogan il 49% delle preferenze, riconsegnando Ankara al potere di un solo partito. Poco dopo l’annuncio dell’esito delle elezioni, il Primo Ministro Ahmet Davatoglu ha rivolto un appello a tutti i partiti politici per suggerire una modifica della costituzione che conferisca al Presidente Erdogan potere esecutivo pressochè illimitato.
Secondo “Turkey Today” Zaman Davatoglu ha affermato: “Mi rivolgo a tutte le parti politiche elette in Parlamento per la creazione di una nuova Costituzione civile nazionale…Lavoriamo insieme verso una Turchia dove conflitti, tensioni e polarizzazioni non esistano ed ognuno saluti il suo vicino in pace”.
In altre parole le votazioni sono state strumentalizzate per sabotare la Democrazia e stabilire il potere supremo del Presidente. Meno di 24 ore dopo che Erdogan ha riguadagnato il controllo mono-partitico del governo ha subito emesso l’appello all’estensione dei poteri presidenziali per via di referendum nazionale, reiterando l’appello ai partiti di Davutoglu.
“Una questione come quella del sistema presidenziale non può essere decisa senza la nazione”. Erdogan ha annunciato ai giornalisti durante una conferenza stampa. “Se il meccanismo richiede un referendum, un referendum sarà indetto. I poteri esecutivi alla presidenza non sono questione del futuro personale del nostro Presidente in carica. Lui è già a buon diritto nei libri di Storia. La motivazione alla base è rendere il sistema politico in Turchia il più efficace possibile”.
Per cui, secondo Erdogan i poteri dittatoriali del Presidente sono già stati conferiti ed il referendum è una mera formalità legale.
Chiaramente Erdogan desidera usare il referendum per consolidare il suo potere, stabilire un dominio personale e mettere fine al Governo rappresentativo della Turchia. E’ un islamista dedicato alla causa che vuole rimuovere la Democrazia e creare un regime Islamico che si estende oltre i confini attuali della Turchia, annettendo parti di Iraq e Siria. Ecco perchè è sempre stato un sostenitore così entusiasta dei gruppi jihadisti che combattono in Siria.
Più importante, Erdogan intende usare la sua massiccia vittoria per persuadere l’alto comando militare che la sua politica estera rappresenta espressione del mandato popolare; politica estera che ha ammassato migliaia di truppe turche, veicoli corazzati e carri armati presso il confine Siriano, in vista di una eventuale invasione. Fino ad adesso il comando militare ha resistito alle pressioni di Erdogan in tal senso, ma adesso il Capo delle forze armate, Generale Necdet Ozel è stato sollevato dalla carica di capo delle forze armate Turche per essere sostutuito con il più ubbidiente Generale Halusi Akar. Il piano per una invasione della Siria e lo stabilirsi di una cosidetta “zona di sicurezza” lungo il lato Siriano del confine Turco acquista sempre più probabilità.
Il piano per l’annessione di territorio sovrano della Siria al fine di utilizzarlo per lanciare attacchi al governo del Presidente Siriano Bashar Al Assad risale al 2012. Nel 2015 però la strategia è stata accolta e perfezionata dall’analista del Brookings Institute Michael E. O’Hanlon in una pubblicazione dal titolo: “Decostruire la Siria: una nuova strategia per la più disperata delle guerre Americane”. Eccone un estratto:
“L’unica maniera realistica di procedere sarebbe un piano che, in effetti, decostruisca la Siria… La comunità internazionale dovrebbe lavorare alla creazione di sacche maggiormente sicure ed alle modalità di governo della Siria nelle varie fasi…L’idea sarebbe di aiutare gli elementi moderati a stabilire zone sicure affidabili, ovunque siano in grado di realizzarle nel territorio Siriano. Gli Americani, come i Sauditi, i Turchi, i Britannici ed i Giordani, col resto delle forze arabe agirebbero da supporto, non solo supporto aereo, ma eventualmente pure da terra con le forze speciali…Le forze Occidentali resterebbero in posizioni più sicure, all’interno delle sacche sicure createsi, non in prossimità dei fronti, almeno finchè l’affidabilità di queste difese, nonchè degli alleati locali, rendesse possibile avanzare”.
“La creazione di questi santuari produrrebbe zone autonome che non dovrebbero mai più ricadere sotto il controllo di Assad o chi per lui…L’obiettivo di interim sarebbe una Siria confederale, con varie zone altamente autonome all’interno…La confederazione richiderebbe molto probabilmente il supporto di una forza di pace internazionale..Allo scopo di rendere tali zone difendibili e governabili…Ed inoltre per addestrare ed equipaggiare più reclute in mode che le zone possano essere stabilizzate e gradualmente estese” (da Deconstructing Syria: A new strategy for America’s most hopeless war, Michael E. O’Hanlon, Brookings Institute)
Questo è lo schema base della strategia dell’amministrazione Obama per far cadere Assad e ridurre la Siria ad uno Stato fallito ingovernabile governato da signori della guerra locali, milizie di rinnegati ed estremisti Islamici. Il Segretario di Stato USA John Kerry ha confermato i peggiori sospetti a proposito di questo sinistro piano in un discorso alla Carnegie Endowment for International Peace la settimana scorsa. Ecco parte di ciò che ha dichiarato:
“Nella Siria del Nord, la coalizione ed i suoi partners hanno sospinto Daesh (ISIS) indietro per 17.000 chilometri quadrati di territorio, mettendo inoltre in sicurezza il confine Turco-Siriano ad est del fiume Eufrate. Questo rappresenta circa l’85% del confine Turco. Il Presidente sta autorizzando ulteriori attività per metterne al sicuro il resto”.
“Stiamo inoltre potenziando la nostra campagna aerea allo scopo di fare arretrare Daesh, che in precedenza dominava il confine Turco-Siriano, fuori dalle 70 miglia di confine circa che tuttora controlla”. (Segretario di Stato USA John Kerry su: Future of U.S. Policy in the Middle East, discorso presso il Carnegie Endowment for International Peace).
Ribadiamo: “circa l’85% del confine Turco, ed il Presidente sta autorizzando ulteriori attività per mettere sotto sicurezza la parte rimanente”.
Perchè Obama dovrebbe “assicurare ulteriori attività?”
Perchè a Washington nessuno crede che i jihadisti foraggiati dagli USA abbiano qualche chance di sconfiggere le forze combinate della coalizione a guida Russa che sta gradualmente annichilendo le milizie terroristi sparse per la Siria. Quindi adesso Obama è alla ricerca di un piano B, la creazione di un santuario terroristico presso il lato Siriano del confine Turco-Siriano dove gli USA e i loro soci possono continuare ad armare, addestrare e dispiegare i loro fanatici jihadisti contro la Siria ogni volta che gli pare. Senza dubbio le forze speciali di Obama saranno impiegate per sopravvedere all’operazione e assicurarsi che tutto si svolga secondo i piani.
Chiaramente, il ruolo delle milizie Curde in questa strategia resta un punto interrogativo. Di recente, gli USA hanno sganciato dei pallet carichi di armi e munizioni al Democratic Union-Party (PYD) nella speranza che il gruppo possa aiutare gli USA a mettere al sicuro l’ultima porzione di terra lungo il confine ad ovest dell’Eufrate, garantendo così che le linee di rifornimento ai jihadisti restino aperte e stabilendo una zona sicura in territorio Siriano. Erdogan si oppone veementemente a qualsiasi mossa in direzione della creazione di uno Stato curdo contiguo ai suoi confini in attuale territorio Siriano.
Come sarà risolta la situazione? Obama insisterà nel favorire le istanze dei Curdi o si riallineerà con Erdogan in cambio ad un intervento diretto dell’esercito Turco?
Nessuno può dirlo oggi, ma senz’altro una allenza USA-Turchia sarebbe certo più formidabile di una con i fantomatici moderati del PYD. Giudicando da una lunga storia di scelte di Washington, in cui hanno sempre scelto per l’espediente più rumoroso per raggiungere gli obiettivi, ci aspettiamo un allineamento di Obama ad Ankara.
Vale la pena di notare che il parlamento Turco ha già “approvato un possibili dispiegamento di forze di terra Turche in Siria ed ha aperto le porte all’installazione di truppe straniere basate in territorio Turco” già a Ottobre 2014. Usando il pretesto della “lotta al terrorismo” come scusa per invadere, Erdogan ha dichiarato: “Siamo pronti ad ogni tipo di collaborazione. In ogni caso, tuttavia, la Turchia non è un paese che può essere usato opportunisticamente per ottenere soluzioni temporanee…L’immediata rimozione dell’amministrazione di Damasco, l’unità territoriale Siriana e l’installazione di una amministrazione che soddisfi tutti restano e continueranno ad essere le nostre priorità”.
In altri termini, Erdogan si rifiuta di fornire truppe di terra finchè gli USA non dichiarano pubblicamente che l’obiettivo è il cambio di regime.
Erdogan ha proposto con convinzione la creazione di tali “zone sicure”, idea che richiederebbe gli aerei da guerra USA per pattugliare i cieli del Nord della Siria, nonchè piccoli gruppi di truppe USA sul campo. Il piano aumenta in modo notevole le possibilità di scontri accidentali con gli aerei da guerra Russi, cosa che può inasprirsi fino a un confronto diretto tra i due avversari dotati di armi nucleari.
Adesso diamo un’occhiata a questo articolo apparso sull’ UK Telegraph nel Giugno 2015, chiaramente prematuro nelle sue predizioni. L’articolo si intitola: “La Turchia pianifica una invasione della Siria”:
“Il Presidente Recep Tayipp Erdogan ha autorizzato un cambiamento alle regole di ingaggio concordato con il parlamento Turco in modo da consentire all’esercito di colpire lo Stato Islamico di Iraq e Levante (ISIL), come pure il regime di Assad, secondo i giornali locali. Lo scopo è di stabilire una buffer zone per i rifugiati ed in chiave di contrasto all’ISIL…”
La Turchia ha spinto per la crazione di tale buffer zone protetta da forze internazionali nel Nord della Siria già da quando la guerra civile ha spedito centinaia di migliaia di rifugiati oltre confine…
I media Turchi sono stati mesi al corrente dei nuovi ordini dati all’esercito per mettere in moto le preparazioni per l’invio di 18.000 soldati oltre confine. Le truppe avrebbero come obiettivo la cattura di un territorio di 60×20 miglia, inclusivo dei passi di confine di Jarablus, attualmente nella mani dell’ISIS, ed Aazaz, al momento sotto il controllo della Free Syrian Army (FSA)” (La Turchia si prepara ad invadere la Siria, The Telegraph)
I lettori noteranno la similarità schiacciante tra il piano di Erdogan e la strategia del Brookings. Washington ed Ankara apparentemente hanno vedute comuni su come strutturare la Siria in seguito alla auspicata invasione. Ciò detto sarebbe una sorpresa se Erdogan ed Obama non riuscissero a trovare un compromesso che gli consenta il conseguimento dell’obiettivo comune oltre le differenze di vedute.
Erdogan ha speso cosiderevoli sforzi nella rimozione degli ostacoli che gli impedivano di lanciare una invasione della Siria. Ha ottenuto l’OK dal parlamento per dispiegare l’esercito nell’evento di minaccia alla sicurezza nazionale Turca. E’ riuscito efficacemente ad “internazionalizzare” il conflitto consentendo alle forze aeree USA, Britanniche e Francesi di volare da Incirlik (il che assolve Erdogan e i suoi ceffi da dover rispondere in futuro di crimini di guerra). E, finalmente, le elezioni hanno procurato ad Erdogan il mandato di cui aveva bisogno per persuadere i vertici dell’esercito che la sua politica estera è pienamente appoggiata dalla gente Turca. Quindi, adesso che ha tutto ciò che gli occorre l’unica domanda è se lancerà l’invasione o meno.
Mercoledì scorso il Ministro degli affari esteri Feridun Sinirlioglu ha confermato che Erdogan pianifica una invasione della Siria sotto il pretesto della “lotta al terrorismo”. Ecco l’estratto di un articolo sul Daily Sabah:
“La Turchia ha piani per il lancio di una operazione militare contro l’ISIS nel futuro prossimo, ha dichiarato il ministro degli esteri Turco mercoledì scorso. Feridun Sinirlioglu, in occasione di una conferenza sul futuro del Medio Oriente, tenutasi ad Erbil, nella regione Curda dell’Iraq del Nord”.
“Daesh è una minaccia al nostro stile di vita ed alla nostra stessa sicurezza (…) Abbiamo piani per agire contro di loro per vie militari, ed a breve, vedrete. Dobbiamo restare uniti contro questa minaccia”, ha dichiarato.
“Proseguiremo nei nostri sforzi per l’eliminazione di ogni organizzazione terroristica. Agiremo in modo responsabile affinchè la regione Curda e l’Iraq abbiano successo nella loro lotta al terrorismo. E’un messaggio chiaro rivolto all’Iraq ed alla regione Curda per un futuro luminoso”.
Palesemente nulla di tutto ciò ha niente a che fare con la lotta al terrorismo, infatti, Erdogan è sempre stato il miglior amico dei terroristi, consentendogli di passare avanti e indietro oltre confine senza impedimenti. Ciò che Sinirlioglu intendeva con i suoi proclami è che la Turchia è pronta a occupare le 60 miglia di terra di cui parla l’articolo del Telegraph. Quanto a noi, non sappiamo come reagirà la Casa Bianca a questi proclami, ma sappiamo che Obama incontrerà Erdogan ad Ankara tra meno di due settimane. A quel punto l’amministrazione avrà deciso se preferisce continare ad appoggiare i Curdi o trasferire tutte le speranze su Erdogan. Ad ogni modo assisteremo a questo tentativo di creazione di una safe zone dalla quale Washington può assicurarsi il proseguimento della guerra ad Assad. Questo è fuori d’ogni dubbio.
Questi sviluppi suggeriscono che Putin dovrà muoversi alla svelta se intende bloccare il confine e far deragliare i piani di Erdogan. Il Presidente Russo potrebbe giudicare necessario il ricorso all’invio di forze speciali Russe ed a divisioni corazzate verso Nord, in modo di scoraggiare l’avventurismo Turco e Americano e per evitare che la guerra si trasformi in un inestricabile pantano.
E’ una situazione dove chi colpisce per primo si guadagnerà di certo un considerevole vantaggio.
Mike Whitney
Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/2015/11/06/turkey-goes-to-war/
6.11.2015
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CONZI