LA TEGOLA DEI DERIVATI: DOPO LA GRECIA PUO’ TOCCARE ALL’ITALIA ?

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DI PIETRO CAMBI
crisis.blogosfere.it

Quante volte ho scritto della mia impressione che i massimi decisori della finanza internazionale fossero, in fondo, degli apprendisti stregoni?

Come Topolino nella celeberrima scena di Fantasia, a questi apprendisti era parsa una buona idea farsi aiutare da tanti “servitori virtuali” a fare i lavori di casa. Ovvero, nel loro caso, a raddrizzare istituti in sofferenza, deficit crescenti, economie barcollanti, stili di vita dissipativi e non compatibili con il bilancio tra dare ed avere, dalla scala del singolo a quella del “sistema paese”.

Per non parlare, ovviamente, della vitale necessità di mantenere la sempiterna crescita dell’economia, sola speranza di tappare i buchi nella sempre più rammendata tela di Penelope che instancabilmente tessevano.

Quel che succedeva a Topolino è ben noto: gli aiutanti “magici”, virtuali, gli prendevano la mano e cominciano a fare troppo, troppo in fretta, ciecamente ed implacabilmente.

E’ quello che è successo con i famigerati “strumenti derivati”, che purtroppo sono stati proposti in modo crescente, anche nel nostro bel paese.

Con quel quid, ovviamente, che sempre ci caratterizza.

Non solo ai risparmiatori più in vena di rischiare, quindi, ma anche alle nostre sgangheratissime amministrazioni locali, con il bel risultato che al deficit di bilancio “strutturale” di molte di queste si è sommato un ulteriore, GRANDE, disavanzo dovuto alle spericolate operazione finanziarie fatte con i loro (ovvero nostri) soldi nel rarefatto mondo della finanza virtuale.

Poi sono arrivate, immancabili come la pioggia a Primavera, le rogne di stagione.

Dopo gli ultimi tre anni e specialmente le ultime tre settimane, i singoli governi e paesi cercano di smarcarsi, porgendo il fiero ed amaro calice del rischio sistemico ai loro vicini, ad esempio proibendo i giochi più sporchi sulle proprie piazze ( nel caso specifico le vendite allo scoperto dei titoli derivati ) lasciando che a giocare con il fango ( e/o scherzare con il fuoco) siano i suddetti vicini. In questo contesto, improvvisamente occhiuto ( ovviamente sempre e solo sulle malefatte altrui ) anche queste cosuccie e peccatucci vengono all'”improvviso” a galla. Si tentano strani paralleli, tra economie porcine e quindi, per definizione, peracottare e bancarottiere.

Ad esempio Grecia ed Italia, ambedue viste come malfidate, inaffidabili, furbastre e levantine. In breve: “una faccia una raza”. Esagero? Beh…

Il pm che ha sviluppato l’indagine sulle immancabili malversazioni connesse al business dei derivati “pubblici” nella requisitoria di apertura del processo, a Milano, ha affermato che l’esposizione degli enti locali ed istituzioni varie italiche sul mercato dei derivati, se compiutamente compresa nella sua estensione e gravità, potrebbe far perdere di botto credibilità (quel che ne resta) al ns paese, scaraventandoci immediatamente accanto alla Grecia.

Non si è inventato nulla.

I rischi connessi al mercato dei derivati erano già chiari ALMENO 3 anni fa e lo prova , nero su bianco, un documento, presentato dal Direttore Generale della Banca D’Italia, in occasione di una audizione presso la VI Commissione parlamentare. Potete leggere qui quale fosse la situazione ad Agosto 2007, appena prima dell’esplosione della bolla dei Subprime, innesco per la Crisi Mondiale.

In sintesi: l’esposizione, dichiarata in rapida crescita, degli enti locali era stimata  essere intorno ad un miliardo di euro.

Si evidenziava, comunque, l’urgenza di una riforma, di leggi, di regole, che impedisse agli amministratori locali, dato l’evidente conflitto di interessi potenziale, di deliberare investimenti in questi settori ad alto rischio.

Cosa successe, in seguito a quella audizione?

pooco, molto poco, quasi nulla.

L’unico vero intervento sul punto fu (ma c’era bisogno di dirlo?) una puntata di Report, qualche mese dopo, ad Ottobre, quando il bubbone si stava ingigantendo e la bolla dei Subprime era appena esplosa.

L’andazzo continuò ed anzi si intensificò, approfittando del (bipartisan) vuoto legislativo, mentre i nosti fini decisori si affannavano a concepire social card ed altre creative trovate anticrisi.

I nostri amministratori locali, forse dolosamente, come sostiene il PM prima citato, continuarono ad investire soldi pubblici in operazioni azzardate che garantivano, in ogni caso, immediati ed importanti introiti all’intermediario finanziario.

Il documento finale della Commissione di inchiesta parlamentare, solo due mesi fa aveva concluso senza evidenziare un rischio sistemico per le finanze locali e/o nazionali ma solo isolati casi, sfortunate circostanze, congiunzioni astrali sfavorevoli, che avevano portato alcune amministrazioni ad inguaiarsi. Risolvibili con alcune ben definite modifiche. Ovviamente niente si è fatto, tutto è a mezz’aria, essendo il Governo (ma c’e’ bisogno di dirlo?) in altre faccende affaccendato.

A parte il caso eclatante del Comune di Recanati, che, qualunque siano i numeri, barcolla sotto il peso delle proprie “sfortunate” speculazioni, arrivando perfino a meritare un articolo del Washington Post, erano decine, forse centinaia le amministrazioni inguaiate.

La Consob, sollecitata dall’Adusbef, aveva preso severi provvedimenti.

Ovviamente NON contro i propri associati, ovvero gli istituti finanziari che avevano proposto quegli strumenti di sterminio finanziario di massa  AD ENTI ED AMMINSTRAZIONI PUBBLICHE, ovviamente amministrati da implumi, inani ed inetti figuri (anche complici? Si vedrà, anche in base a quel che succede nel processo di Milano).

No, la Consob aveva severamente punito…l’Adusbef stessa.

Come potrete vedere da soli in questa lettera aperta, quanto furente del Presidente della Adusbef stessa.

OVVIAMENTE, via via che l’incendio si allarga i distinguo fioccano/abbondano e germogliano come asparagi di stagione.

Siamo arrivati, dati recenti MA non definitivi, ad una esposizione di ben 35 miliardi, quasi tutti, quindi, contrattati DOPO la trasmissione di Report e l’audizione alla VI commmissione del 2007.

La CONSOB, nel suo piccolo, si emenda e si ricostruisce una plasticosa verginità.

 
Non sono ovviamente il solo ad aver affrontato questi problemi ed il loro contributo al rischio sistemico.

Un esempio di un post chiarificante, con anche un interessante battibecco tra i commenti, lo trovate qui.

Per come vanno le cose è facile che, a parte il rischio, certo non remoto, che qualcuno decida che l’Italia è scarsamente affidabile perchè trucca i conti, esattamente come la Grecia, ci saremmo potuti risparmiare la manovra economica lacrime e sangue che si profila rapidamente all’orizzonte.

Ovviamente SE i nostri decisori avessero bloccato questo genere di operazioni quando fu lanciato l’allarme, ovvero, ufficialmente e provatamente (oltre che in modo esaustivo) nell’Agosto 2007.

La manovra economica di Tremonti è di 26 miliardi di euro, pare.

L’esposizione dei nostri vari enti è è di ALMENO 39 miliardi di euro.

Pere e mele non si confrontano?

Certo. Resta il fatto che di questi 35.5 miliardi di euro una certa, probabilmente non trascurabile, percentuale è GIA’ sicuramente persa.

Il resto potrebbe esserlo entro breve.

In ogni caso per le banche è stato, è, sarà, un ottimo affare.

Le commissioni per il riscatto anticipato si pagano.

Stime prudenti parlano, al minimo, di miliardi di euro.

Pietro Cambi
Fonte: http://crisis.blogosfere.it
Link: http://crisis.blogosfere.it/2010/05/la-tegola-dei-derivati-dopo-la-grecia-puo-toccare-allitalia.html
20.05.2010

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