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La Redazione

 

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LA SVALUTAZIONE DEL VENEZUELA SEDUCE I MERCANTI

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A cura di Bosque Primario
Il 4 Marzo 2013
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DI MARK WEISBROT
guardian.co.uk

La recente svalutazione del Venezuela ha acceso le aspettative di un collasso economico, ma questo pio desiderio è solo mala-informazione. Il Venezuela ha modificato il tasso di cambio fisso da VBE 4,30 (bolivares) per un dollaro a VBE 6,30 per dollaro e con questa operazione ha scatenato un bel dibattito sulla stampa internazionale. Naturalmente l’opposizione venezuelana ha subito interpretato questa mossa come un’azione disperata del governo per scongiurare l’inevitabile collasso economico.
Questa lettura dell’opposizione, supportata dalla maggior parte dei media internazionali (che si basa su fonti dell’opposizione), è questa : il Venezuela ha dovuto svalutare, perché il governo ha finito i soldi. Ma la svalutazione è insufficiente e arriva troppo tardi, l’ inflazione sfuggirà di mano, ci saranno altre svalutazioni, altri soldi lasceranno il paese e il governo andrà in rovina, fino alla sua caduta.

Gli oppositori del governo venezuelano sperano in una spirale “inflazione-svalutazione” che contribuisca a far cadere il governo. In questo scenario, la svalutazione farebbe aumentare i costi delle importazioni, alimentando l’inflazione, con un aumento dei prezzi, il Bolivar sarebbe sopravvalutato in termini reali, e ci sarebbe altra svalutazione, e così via. Quindi la popolazione starebbe perdendo fiducia nella moneta e sempre più persone dovranno cambiere la loro valuta nazionale per comprare dollari, facendo una forte pressione per svalutare e portando il paese a dover ridurre le sue riserve in valuta estera – una crisi della bilancia dei pagamenti.

Naturalmente, quanto più l’opposizione riesce a convincere la gente che questi fatti siano veramente in atto, tanto più è facile che si arrivi ad una crisi -ad esempio, mettendo in giro  voci di una possibile insolvenza,  si potrebbe provocare una corsa agli sportelli. Sia in Venezuela che in Argentina, i media sono per lo più in mano all’opposizione, e quindi non è sorprendente che questi punti di vista riescano ad avere una ampia diffusione in entrambi i paesi.

Esaminiamo il caso. L’essenza della maggior parte delle notizie che si possono leggere rivolta che-  il Venezuela ha dovuto svalutare per ricavare, dai proventi del petrolio, più moneta nazionale (il bolivar fuerte) per ogni dollaro –questo è quanto si può intendere.

Ma questo non ha molto senso economico.

Quando il governo svaluta la moneta da 4,3 Bolivares a 6,3 Bolivares  per dollaro, che cosa fa? Si garantisce due bolivares in più per ogni dollaro di proventi che arrivano dal petrolio.

Naturalmente, potrebbe anche creare la stessa quantità di denaro, senza nessuna svalutazione ma la parte avversa obietterebbe  che ” la creazione di moneta aumenta l’inflazione.”

Ma l’idea del governo di ricavare due bolivares aggiuntivi da ogni dollaro incassato è la stessa cosa che creare altro denaro  che, sostanzialmente , non è diverso dal creare denaro senza fare nessuna  una svalutazione.

La differenza principale è che, oltre a tutti gli effetti inflazionistici che produce la creazione di più denaro, la svalutazione può produrre anche inflazione per l’aumento del prezzo delle merci importate. La creazione di denaro, però, non sempre fa crescere l’inflazione.

La Federal Reserve ha creato più di due trilioni di dollari dal 2008, e l’inflazione non è aumentata significativamente. Ma se il governo venezuelano avesse voluto solo incassare più bolivares da spendere, avrebbe rischiato meno, con l’inflazione, stampando direttamente denaro senza fare nessuna svalutazione.

Ma allora, perché svalutare ?

La svalutazione produce altri effetti. Anche se le importazioni diventano più costose e fanno aumentare l’inflazione, la svalutazione permette alla produzione interna di competere con le importazioni. E, cosa forse più importante, la svalutazione rende più caro comprare dollari, e quindi aumenta il costo della fuga di capitali. Questo aiuta il governo a mantenere più dollari nel paese.

Non a caso, molto di quello che sembra analisi riportata sulla stampa, si basa su numeri sbagliati e su una logica inconsistente. Il primo premio per i numeri sbagliati questa volta va Moisés Naím, che ha scritto sul Financial Times, che “durante la presidenza di Hugo Chávez, il bolivar è stato svalutato del 992%.”

Chi ha qualche nozione di aritmetica intuisce immediatamente  che questo è dato inverosimile. Il massimo che una moneta potrebbe essere svalutata arriva al 100%, infatti a quel punto sarebbe scambiata per zero dollari. A quanto pare, quando si scrive sul Venezuela qualsiasi esagerazione è ammissibile, purché sia negativa.

Ma, per una serie di ragioni, la spirale inflazione-svalutazione  in America Latina sono diventate una cosa del passato – e una svalutazione ogni pochi anni è ben altra cosa.  Infatti, nonostante le notizie riportate dalla stampa che l’inflazione sarebbe arrivata al 60% dopo la svalutazione del gennaio 2010 – che fu ben maggiore di quest’ultima – l’inflazione generale non ebbe nessun sussulto, se non un temporaneo aumento dell’inflazione, che poi  ridiscese per più di due anni, anche mentre la crescita economica arrivava al 5,2% lo scorso anno.

Il livello dell’inflazione che seguirà a questa svalutazione dipenderà dalle altre misure che il governo prenderà  e quanto sarà efficace la loro applicazione: il controllo dei prezzi, l’approvvigionamento  di dollari per gli importatori (compresi quelli dei generi alimentari), e il controllo dei capitali. Ma se negli ultimi anni non c’è stata nessuna segnalazione si può credere che il governo farà ancora quello che deve fare per mantenere inflazione e disponibilità delle merci sotto controllo.

Per quanto riguarda il debito pubblico del Venezuela, il governo è ben lontano dall’avere un problema di debito insostenibile. Il FMI proietta il debito pubblico lordo del Venezuela per il 2012 al 51,3% del PIL (rispetto a oltre il 90% dell’Europa). Una  misura più chiara si può avere considerando che il peso della parte estera del debito, che nel 2012 era all’1% del PIL,  equivale al 4,1% dei proventi delle esportazioni del Venezuela.

Ci sono una serie di distorsioni e di problemi nell’economia del Venezuela – tra cui ricorrenti mancanze di certi prodotti –  in certi casi a causa della gestione del sistema dei tassi di cambio. Ma nessuno di questi problemi rappresenta una minaccia sistemica per l’economia, niente a che vedere comunque – per esempio – con le bolle immobiliari degli Stati Uniti, del Regno Unito, della Spagna e di altri paesi scoppiate dopo il 2006. Quelli erano davvero squilibri insostenibili che hanno generato un inevitabile collasso economico.

Nonostante il pio desiderio,  sovra-dimenzionato dai media, molto probabilmente l’economia del Venezuela è destinata a crescere per molti anni ancora, fino a quando il governo continuerà a sostenere la crescita e l’occupazione.

Mark Weisbrot
Fonte: http://www.guardian.co.uk
Link: http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2013/mar/03/venezuela-devaluation-doom-mongers
3.03.2013

Traduzione per www.ComeDonChisciotte.org a cura di BOSQUE PRIMARIO

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