DI GABRIEL GATEHOUSE
bbc.com
Quasi un anno fa, il giorno in cui la piazza principale di Kiev si è riempita di sangue, si è decretata la fine di un inverno di proteste contro il governo del presidente Viktor Yanukovych, che poco tempo dopo ha lasciato in fuga il Paese. Più di 50 manifestanti e 3 poliziotti sono morti. Ma come è iniziata la sparatoria? Gli organizzatori della protesta hanno sempre negato qualsiasi tipo di coinvolgimento, ma un uomo ha raccontato una storia diversa alla BBC.
Sono le prime ore del mattino del 20 febbraio 2014. La piazza di Maiden a Kiev è divisa: da una parte i poliziotti antisommossa, dall’altra i manifestanti.
La situazione è andata avanti per più di due mesi. Ma la situazione sta per avviarsi alla conclusione. Alla fine della giornata ci saranno più d 50 morti, molti di loro freddati sulla strada dalle forze di sicurezza.
La violenza nelle strade ha portato alla caduta del presidente filorusso Viktor Yanukovych. Mosca proclama il 20 febbraio un colpo di Stato armato e lo utilizza per giustificare l’annessione della Crimea e supportare i separatisti dell’est Ucraina.
I leader della protesta, alcuni dei quali ora ricoprono ruoli di potere nella nuova Ucraina, esigono la piena responsabilità per le bugie sulla sparatoria con le forze di sicurezza, avendo agito per conto del governo precedente.
Ma un anno dopo, alcuni testimoni hanno cominciato a dipingere una verità differente.
“Non ho sparato per uccidere”
“Stavo sparando all’altezza dei suoi piedi”, racconta un uomo che chiameremo Sergei che si era appostato sopra il conservatorio di Kiev, un’accademia musicale nella parte sud-ovest, all’angolo della piazza.
“Ovviamente avrei potuto colpirlo ad un braccio, o da qualsiasi altra parte. Ma non ho sparato per uccidere”.
Segei racconta di essere stato un manifestante abituale nella piazza di Maiden per più di un mese, quindi i suoi colpi sparati alla polizia in piazza e sul tetto di un supermercato sotterraneo, ha portato alla loro ritirata.
“Il 18 febbraio, il giorno prima, ci sono state delle sparatorie. Il 19, un mercoledì, era stato più tranquillo; ma durante la sera, Sergei racconta di essere stato messo in contatto con un uomo che gli ha offerto due fucili: uno da caccia calibro 12 e l’altro un Saiga a canna rigata che ha una grande potenza di fuoco”.
Prese il fucile e lo nascose nel palazzo delle Poste, a pochi metri dal conservatorio. Entrambi gli edifici erano sotto il controllo dei manifestanti.
Come si sono svolti gli eventi il 20 febbraio 2014
La polizia sotto attacco, si è ripiegata dalla sua posizione vicino alla linea avanzata nella piazza, tornando lungo la strada nella parte nord dell’Hotel Ukraine.
I manifestanti allora avanzarono verso la polizia, dove sono stati colpiti dalle forze di sicurezza in ritirata e da cecchini appostati negli edifici circostanti.
Più di 50 persone sono state uccise, il bilancio di morti più alto degli scontri tra manifestanti e forze di sicurezza a Maidan.
Quando il 20 febbraio è cominciata una sparatoria durante le prime ore del giorno, Sergei racconta di essere stato scortato al Conservatorio e di aver trascorso circa 20 minuti prima delle 7 a sparare alla polizia, al fianco di un altro uomo armato.
Il suo resoconto è parzialmente confermato da altri testimoni. Quella mattina Andriy Shevchenko e poi un oppositore dell’ MP, e parte del movimento di Maidan, hanno ricevuto una telefonata dal capo della polizia antisommossa presente in piazza.
“Mi ha chiamato e mi ha detto: ’Andriy, qualcuno sta sparando ai miei uomini’. E ha detto anche che gli spari provenivano dal Conservatorio”.
Shevchenko si mise in contatto con la persona che era al comando dei manifestanti, Andriy Parubiy, conosciuto come il Comandante di Maidan.
Racconta Parubiy: “Ho inviato un gruppo dei miei uomini migliori a perlustrare tutto il Conservatorio e stabilire se ci fossero delle linee di tiro”.
Nel frattempo Andriy Shevchenko stava ricevendo delle telefonate sempre più spaventose.
“Continuavo a ricevere telefonate dall’ufficiale della polizia che mi diceva: ‘Ho tre persone ferite, ho cinque persone ferite, ho una persona morta’. Ad un certo punto disse: ‘sto esaurendo le risorse’. E aggiunse: ‘Andriy, non so cosa può ancora succedere’. Ma avevo capito chiaramente che qualcosa di terribile stava per succedere”.
Andriy Parubiy, che ora è portavoce del parlamento ucraino, afferma che i suoi uomini non hanno trovato nessun uomo armato nel Conservatorio.
Ma un fotografo che è riuscito ad entrare nel Conservatorio poco dopo durante la stessa mattinata, intorno alle 8, ha fotografato degli uomini con delle pistole, anche se non li ha visti sparare.
Cosa è successo a piazza Maidan: la storia di un fotografo
(VIDEO)
Le immagini scattate da un fotografo locale all’interno del Conservatorio durante la mattina del 20 febbraio 2014
Il racconto di Sergei è diverso da quello di Parubiy.
“Stavo ricaricando la macchina fotografica” racconta “Sono corsi verso di me e uno di loro mi ha messo un piede sopra e ha detto: ‘Vogliono parlare con te. Va tutto bene, ma devi smettere di fare quello che stai facendo’”.
Sergei dice di essere riuscito a convincere gli uomini che lo hanno trascinato via dall’unità di sicurezza di Parubiy, ma non è riuscito a vederli in faccia. È stato scortato fuori dal Conservatorio, portato via da Kiev in macchina e lasciato da solo per la strada del ritorno verso casa sua.
Da quel momento, tre poliziotti sono stati feriti a morte e l’omicidio di massa dei manifestanti ha avuto inizio.
Le indagini ufficiali di Kiev si sono concentrate su ciò che è avvenuto in seguito, dopo che la polizia antisommossa ha cominciato a ritirarsi dalla piazza. Nel filmato si vede chiaramente che stavano sparando sui manifestanti mentre loro si ritiravano.
Solo tre persone sono state arrestate, tutti membri dell’unità speciale antisommossa. E di questi tre, solo due di loro, del grado di ufficiale minore, sono rimasti in custodia. Il comandante capo dell’unità, Dmitry Sadivnik, è stato ovviamente rilasciato sotto cauzione e ora è scomparso.
I tre poliziotti sono accusati di aver causato la morte di 39 persone. Ma i morti sono sicuramente una dozzina in più, tra cui i tre poliziotti che sono morti per le ferite riportate.
Alcune delle persone morte, quasi sicuramente sono state uccise da cecchini, che sembra stessero sparando da alcuni degli edifici più alti che circondano la piazza.
Gli avvocati delle vittime e fonti dell’ufficio generale del pubblico ministero hanno raccontato alla BBC che quando si arriva ad investigare sulle morti che potrebbero essere state causate dalla polizia antisommossa, si sono visti mettere i bastoni fra le ruote dai tribunali.
“Se ripensi ai tempi di Yanukovych, era come un triangolo delle Bermuda: l’ufficio del pubblico ministero, la polizia e la corte” racconta Andriy Shevchenko. “Tutti sapevano che cooperavano, che si coprivano l’un l’altro, e questo era alla base della forte corruzione presente nel Paese. Queste connessioni esistono ancora oggi”.
Le teorie sulla cospirazione abbondano
“Sono sicuro che la sparatoria del 20 febbraio è stata portata avanti da cecchini che arrivavano dalla Russia e che erano controllati dalla Russia.” – Andriy Parubiy (nella foto), portavoce del parlamento ucraino ed ex comandante del Maidan. –
Vitaly Yarema, il pubblico ministero ucraino, si è dimesso questa settimana, tra forti critiche sulla gestione delle indagini.
Nel frattempo le teorie sulla cospirazione sono venute alla luce.
“Sono sicuro che la sparatoria del 20 febbraio è stata portata avanti da cecchini che arrivavano dalla Russia e che erano sotto il controllo della Russia” afferma Andriy Parubiy, l’ex comandante del Maidan.
“Chi sparava mirava ad orchestrare un bagno di sangue sulla piazza”.
Questa è una convinzione largamente condivisa in Ucraina. In Russia molti la vedono nella maniera opposta, ovvero che la rivolta di piazza Maidan è stata una cospirazione occidentale, un colpo di Stato inspirato dalla CIA per portare via l’Ucraina dall’orbita di Mosca. Nessuna delle due parti ci dà delle prove convincenti delle loro affermazioni.
La stragrande maggioranza dei manifestanti in piazza Maidan erano pacifici, cittadini disarmati che hanno coraggiosamente affrontato mesi di freddo per chiedere il cambio di un governo corrotto. Per quanto si sa, tutti i manifestanti uccisi il 20 febbraio erano disarmati.
“Sapevamo che la nostra forza era quella di non usare forze armate e la nostra debolezza sarebbe venuta fuori se avessimo cominciato a fare fuoco”, afferma Andriy Shevchenko.
Parubiy afferma che è possibile che una manciata di manifestanti si possano essere presentati in piazza come una parte spontanea e disorganizzata risposta alla violenza delle forze dell’ordine nei giorni successivi al 20 febbraio.
“Ho sentito dire che dopo la sparatoria del 18 febbraio, alcune persone sono venute in piazza Maidan con fucili da caccia. Mi è stato detto che in molte occasioni si trattava di familiari o genitori di persone uccise il 18 febbraio. Quindi riconosco che è possibile che in piazza ci siano state persone armate di fucili. Quando i cecchini hanno iniziato ad uccidere i nostri ragazzi, uno dopo l’altro, posso immaginare che le persone armate di fucili abbiano voluto rispondere al fuoco”.
“Non ho niente di cui essere fiero. È facile sparare. Continuare a vivere dopo quello che si è fatto, quella è la parte difficile. Ma bisogna proteggere il proprio Paese”. – Sergei, uno degli uomini armati che ha parlato con la BBC in condizioni di anonimato.
Sergei continua a raccontare un’altra storia. Racconta di essere stato reclutato come potenziale tiratore verso la fine di Gennaio da un uomo descritto come un ufficiale militare in pensione. Lo stesso Sergei è un ex militare.
“Abbiamo chiacchierato e mi ha preso sotto la sua ala protettiva. Ha visto qualcosa in me che gli piaceva. Gli ufficiali sono come gli psicologi: riescono a capire chi è pronto. Mi ha tenuto vicino a sè”.
L’ex ufficiale lo ha dissuaso dall’unirsi a qualsiasi gruppo di militanti attivo a Maidan.
“Il tuo tempo arriverà”, mi disse.
Era psicologicamente pronto ad impugnare le armi?
“Non ci siamo messi seduti ad organizzare un piano. Abbiamo parlato in privato e lui mi ha preparato all’azione”.
Non è chiaro chi sia l’uomo che apparentemente ha reclutato Sergei, o se apparteneva a uno dei gruppi attivi riconosciuti in piazza Maidan.
E c’è molto altro che non sappiamo, come per esempio chi ha premuto il grilletto per primo il 20 febbraio.
Secondo le teorie della cospirazione, è possibile che Sergei sia stato manipolato, che è solo un pedone in un gioco molto più grande. Ma non è così che lui vede la situazione. Come lui stesso racconta, lui era un semplice manifestante che ha impugnato le armi per autodifesa.
“Non volevo sparare o uccidere nessuno. Ma questa era la situazione. Non mi sento un eroe. Anzi il contrario: ho problemi a dormire, brutti presentimenti. Sto cercando di controllarmi. Ma mi innervosisco di continuo. Non ho niente di cui andare fiero. È facile sparare. Continuare a vivere sapendo ciò che ho fatto, quella è la parte difficile. Ma bisogna proteggere il proprio Paese”.
Si può guardare un video report di Gabriel Gatehouse qui e ascoltare un radio documentario qui
Fonte: www.bbc.com
Link: http://www.bbc.com/news/magazine-31359021
12.02.2015
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Leonora Faccio