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LA SINISTRA, IL VICINO ORIENTE E IL SIONISMO: L’INEVITABILE ESITO

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A cura di Davide
Il 3 Maggio 2007
40 Views

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DI ENRICO GALOPPINI
Italicum

Per un docente di Storia dei Paesi islamici, scrivere un breve intervento sulla “Sinistra” su una rivista come “Italicum” implica inevitabilmente svolgere qualche considerazione sull’atteggiamento di quella parte politica e l’attuale campagna militare e propagandistica “occidentale” che, dall’11 settembre 2001, ha come obiettivo i Paesi abitati da maggioranze arabe e/o musulmane.

Prima di cominciare, però, devo premettere per chiarezza che per me “Sinistra” significa il necessario complemento della “Destra” nelle società contemporanee caratterizzate dal dominio del capitalismo americanomorfo. Cioè, per quanto mi riguarda, “Destra” e “Sinistra” sono due facce della stessa medaglia, e la mia valutazione al riguardo è che trattasi di due residuati ideologici che un po’ sopravvivono per inerzia prima che una qualche catastrofe purificatrice li spazzi via, e un po’ sopravvivono perché ai dominanti, che si distribuiscono equamente in base a questa asfittica dicotomia, fa comunque comodo polarizzare la c.d. “opinione pubblica” secondo correnti “di Destra” o “di Sinistra”. Al di fuori della “Destra” e della “Sinistra” non vi è diritto di cittadinanza per alcuna posizione, e se qualcosa malauguratamente sfugge, viene ricondotto all’ordine con qualche artificio (a tal fine servono le “estreme”, anche extraparlamentari).Ma quelli che ritengono consapevolmente che “Destra” e “Sinistra” siano esattamente intercambiabili poiché svolgono la medesima politica filo-americana e a tutela del “partito americano” sono minoranza in Italia (e, spero, maggioranza tra i lettori di “Italicum”, sebbene i richiami ad una “Sinistra nazionale” m’inducono a pensare che il superamento effettivo della suddetta dicotomia non sia ancora stato metabolizzato del tutto). La maggioranza della gente è invece ancora legata all’immagine antitetica classica della “Destra” e della “Sinistra”. La prima è guerrafondaia, conservatrice, razzista ecc., la seconda è pacifista, riformista, antirazzista ecc. Sull’atteggiamento da tenere verso il “mondo arabo-musulmano” (la definizione ha dei limiti ma la uso per semplificare), la prima dovrebbe perciò – dopo l’11 settembre 2001 – propendere verso le soluzioni armate al seguito degli americani “attaccati”, mentre la seconda – sempre stando con “l’Alleato” – dovrebbe scegliere la via del dialogo. Ma ricordiamoci di quanto avvenne prima dell’invasione anglo-americana dell’Iraq (marzo 2003): la “Sinistra” (“laica”, “cattolica” ecc.) promosse svariate e, in qualche caso, oceaniche marce della pace sventolando la bandiera coi colori dell’arcobaleno, ma una volta che l’Iraq venne invaso la retromarcia e la smobilitazione furono pressoché totali, tanto che i pochi che a “Sinistra” si dimostrarono almeno coerenti con le precedenti posizioni (ricordo la manifestazione di sostegno alla Resistenza irachena indetta dal Campo Antimperialista nel dicembre del 2003, poi non ‘capitalizzata’ per limiti dello stesso C.A.) vennero fatti oggetto di attacchi velenosissimi a partire proprio dalla stampa “di Sinistra”, dal “Manifesto” a “Liberazione”, perché, scrissero, “se la fanno coi fascisti (infiltrati)” [!?] e stanno dalla parte dei “tagliatori di teste” (Barenghi). Resistere, nell’era dell’americanizzazione globale e della gestione politica da parte di un Partito Unico di Fatto, non è più ammissibile. E’ uno scandalo.

La “guerra umanitaria” – inaugurata nel 1999 contro Belgrado – è il patetico artificio retorico di una “Sinistra” che sa che solo in quel modo può salvaguardare il rapporto con un elettorato sensibile ai temi della “pace” e dei “diritti individuali” (si ricordi Bertinotti – autentico simbolo della trasformazione del PCI in un clone del Partito Radicale – e la pagliaccesca idea del “popolo della pace” quale nuova “seconda superpotenza”!).

Ma al di là delle antitesi che esistono solo per chi va a votare, sia la “Destra” che la “Sinistra” difendono LA (maiuscolo) “Civiltà occidentale”, la prima dall’Islam “jihàdista” in nome delle “radici giudaico cristiane dell’Europa”, la seconda dall’Islam “medievale” e “maschilista” in nome della “società civile” e dei “diritti umani”. La “missione di civiltà” non potrebbe esser perseguita se non esistessero queste due istanze “di Destra” e “di Sinistra”, che supportano l’invio e dei militari e delle ONG (con, rispettivamente, Monica Maggioni e Giuliana Sgrena al seguito).

Ma quando si parla di “Sinistra” e mondo arabo-islamico non si può fare a meno di affrontare la chiave di volta di tutto il Vicino Oriente contemporaneo, la c.d. “questione palestinese”. Che tale è solo per gli sprovveduti e/o in malafede, poiché trattasi della “questione ebraica/sionista” o, meglio ancora, della “questione mondo”.

Fino a che è esistita l’Unione Sovietica “ la Sinistra ” ha appoggiato le “lotte antimperialiste”, e quella dei palestinesi era considerata tale. Hamas era di là da venire, ed il volto dei palestinesi erano l’OLP e il FPLP; i “laici”, i “palestinesi di sinistra”, insomma. Ed è questo il punto. La “Sinistra”, nella sua maggioranza, non ha saputo o non ha voluto vedere che quella palestinese non era una “questione” come le altre, che non era la “questione di Timor Est” o la “questione del Kashmir”. Da una parte c’è stato l’esito della Seconda guerra mondiale, che ha portato “ la Sinistra ” ad intrattenere un rapporto di amore-odio con lo “Stato degli ebrei” (l’antifascismo imponeva di stare dalla parte delle “vittime dell’Olocausto”), mentre la tendenza ‘guevarista’ la spingeva a stare dalla parte degli “oppressi”, di quei popoli considerati alla stregua di un “proletariato”. Così, ne è uscito un pasticcio tremendo, con i palestinesi sostenuti solo in quanto “oppressi” (soprattutto dal 1967 e fintantoché Mosca dava l’imbeccata), e quando alla “Sinistra” degli “oppressi” non è più interessato un fico secco le è rimasto solo un filo-sionismo malamente camuffato dal sostegno a tutti gli inconcludenti “processi di pace” promossi da chi ha interesse a procrastinare all’infinito uno stato di tensione nel Vicino Oriente per destabilizzare il mondo intero.

Alla fine, lo sventolio arcobaleno è servito a non far vedere che si gettava la kefia per mettersi la kippà. “Sinistra per Israele”, “antisionismo uguale ad antisemitismo” (ma come, non ci dicevano che “l’Ebraismo è una cosa e il Sionismo è un’altra”?)… ed il “siamo tutti ebrei” (dopo esser stato menato proprio da loro) del solito disastroso Bertinotti, hanno sancito la completa prostrazione della “Sinistra” nei confronti dell’America e del Sionismo, mentre è significativo che oggi le accuse di “antisemitismo” fiocchino specialmente, se non esclusivamente, all’indirizzo di esponenti del ceto politico ed intellettuale (!?) della “Sinistra”, strutturalmente incapace di opporre argomenti decisivi a questa demenziale ed inconsistente “accusa”.

Se la “Sinistra” non ha mai saputo e – oggi men che meno – non sa andare al fondo della “questione” e continua a chiamarla “palestinese”, è perché una riflessione sull’essenza del Sionismo e del “filo-semitismo” la condurrebbe ai saldi di fine stagione e a smobilitare tutto il suo elettorato col colpo di scena finale e conseguente harakiri: la presa d’atto di non essere il “popolo eletto”.

Mi spiego. Il “popolo di Sinistra” è, tradotto nel lessico politico-culturale, l’esatto corrispondente del “popolo ebraico” chiamato a rimpolpare i ranghi dello “Stato degli ebrei”. Anche Prodi ha recentemente ribadito la necessità di un primato ebraico dello “Stato d’Israele” (in altra sede – “Eurasia” 3/2006 – ho spiegato perché è corretto chiamare tale “Stato” “Entità Sionista”). Si è in presenza, nell’uno e nell’altro caso, di due artifici societari, di due insiemi di persone che si riconoscono in una “idea” (o “religione”, il che è lo stesso), non certo di popoli naturali, i cui membri condividono una lingua, un territorio, una cultura (ad esempio la cucina), e non hanno bisogno di una serie di elementi convenzionali, arbitrari, per stare insieme. Gli appartenenti al “popolo di sinistra” sono perpetuamente convinti che aleggi un qualche Male assoluto (Berlusconi, incarnazione del “Fascismo eterno”), e questo consolida il loro senso d’appartenenza; il “popolo ebraico” fa lo stesso, come hanno ben spiegato in vari articoli gli( ex) “ebrei” Gilad Atzmon (v. il sito Come donchisciotte.org, che ha una sezione di suoi articoli), Israel Shahak, Israel Shamir (www.israelshamir.net) ed altri che hanno smesso di “fare gli ebrei” ed hanno perciò capito – svegliandosi dal sortilegio – che i palestinesi hanno addirittura qualcosa di più che “ragione”…

Sì, perché la “Sinistra”, al massimo (ed oggi in componenti sempre più minoritarie), con la sua partigianeria è solo riuscita a dare “ragione” ai palestinesi. Perché è l’unica cosa che sa fare chi ragiona in termini identitari. E quando ha dovuto prendere atto che i palestinesi (gli abitanti di una terra chiamata “Palestina”, siano essi musulmani, cristiani, giudei, drusi, baha’i e atei) sono un popolo vero, naturale, e non dei generici “oppressi” (tutti uguali da un capo all’altro del mondo), non le è rimasto che prendere le parti del “popolo” inventato a tavolino per eccellenza, “gli ebrei”, e dare “ragione” a loro.

Ecco perché la “Sinistra” deve far credere che Ahmadinejad è “di Destra” (e, colmo del ridicolo, “antisemita”) quando invece sostiene l’unica posizione sensata, né “di Destra” né “di Sinistra”: la “distruzione di Israele”, nel senso della fine dell’artificio societario israeliano, dei suoi “miti fondatori” e delle sue abusive pretese, è la premessa della “distruzione della Sinistra”, dunque della “Destra”, e della fine della ‘guerra civile planetaria’ in atto che ha il suo epicentro nel Vicino Oriente arabo-musulmano. La soluzione della “questione mondo”.

Enrico Galoppini
Fonte: http://www.centroitalicum.it/index.php
«Italicum», a. XXII, marzo-aprile 2007, p. 10

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