LA SINDROME DI SOROS

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Causale: Raccolta fondi

DI ALEXANDER COCKBURN
counterpunch.org

George Soros ha annunciato qualche settimana fa che starebbe donando 100
milioni di dollari a Human Rights Watch, a condizione che questa ONG
trovi ulteriori donatori per altri 10 milioni di dollari l’anno. È
stato ricompensato con fragorosi applausi per la sua disinteressata
munificenza.

La relazione tra i “Diritti Umani” e il corso dell’Impero è ben colto
in due dichiarazioni, la prima dell’ex direttore esecutivo di HRW,
Aryeh Neier: “Quando abbiamo creato Human Rights Watch, una delle
finalità principali in via preliminare è stata quella di sfruttare la
potenza, i fondi e l’influenza degli Stati Uniti per cercare di
promuovere i diritti umani in altri Paesi”
.

Dopo questa osservazione, sorprendente nella sua sfacciata
auto-presunzione imperiale, ecco Soros dichiarare recentemente alla
radio pubblica nazionale PR che nello sviluppo di HRW accelerato dalla
sua donazione “coloro che si occuperanno delle ricerche non saranno
necessariamente americani… gli Stati Uniti hanno perso il loro alto
profilo morale e questo ha messo in pericolo la credibilità e la
legittimità degli americani di essere in prima linea nel patrocinio
dei diritti umani.”

Soros, il finanziere internazionale, ha fatto i suoi miliardi
speculando sulla moneta; poteva distruggere le riserve di un Paese,
accelerando la sua disgregazione sociale. Poi Soros il filantropo
potrebbe finanziare le indagini di HRW sugli abusi che i suoi
interventi hanno contribuito a provocare. Egli offre nella sua singola
persona un notevole profilo di interventismo liberale nella nostra
epoca, in cui l’esplicita destabilizzazione economica e politica (per
lo più calibrata di concerto con il Governo americano) ha fatto
tranquillamnte ricorso alla clava morale e politica di un rapporto
delle Nazioni Unite sui diritti umani, che è a sua volta utilizzato
per tenere alta la pressione per un attacco imperiale diretto sia per
mezzo di sanzioni economiche che di sabotaggi dissimulati e
bombardamenti aerei o di una miscela di tutti e tre. Il Ruolo delle
ONG dei diritti umani nell’attacco della NATO alla ex Jugoslavia è un
ottimo esempio.

Oppure date un’occhiata alla ingerenza di Soros in Georgia. I suoi
milioni e le ONG sotto il suo controllo hanno svolto un ruolo attivo
nell’insediamento dell’instabile e decisamente autoritario Mikheil
Saakashvili. La Fondazione per la Difesa delle Democrazie ha citato un
ex parlamentare georgiano che dice che nei tre mesi precedenti la
Rivoluzione delle Rose nel 2003, “Soros ha speso 42 milioni di dollari
per favorire il rovesciamento di Shevardnadze.”
Inoltre l’ex Ministra
degli Esteri georgiana Salome Zourabichvili è stata citata nella
rivista francese Hérodote spiegando:. “Le ONG Che gravitano attorno
alla Fondazione Soros hanno innegabilmente portato alla rivoluzione.
Tuttavia, non si può terminare la propria analisi con La Rivoluzione e
si vede chiaramente che, in seguito, la Fondazione Soros e le ONG sono
state integrate nel Potere”.
Consultate la relazione piuttosto
ovattata di Human Rights Watch sulla Georgia di tre anni più tardi e
troverete la dichiarazione che ” Il sostegno degli Stati Uniti al
Governo del presidente Saakashvili ha portato ad un atteggiamento meno
critico verso le violazioni dei diritti umani nel Paese”.

Soros ha creato il suo Open Society Institute ma, secondo quanto un
veterano di “ConterPunch” esperto nella politica e nella topografia
intellettuale della regione mi ha esposto, “Nell’Europa
centro/orientale le organizzazioni di Soros sono qualsiasi cosa tranne
che una ’Open Society’. Esse finanziano una ristretta gamma di
produzione intellettuale affamando chi è in disaccordo… molte delle
figure principali facevano parte dei profughi della guerra fredda in
esilio. Molto reazionari, o molto neoliberal se più giovani. Alla base
esse hanno realmente ‘privatizzato l’azione politica’, come dici tu.
Esse hanno anche privatizzato la produzione intellettuale, poiché lo
stato neoliberale ha sottratto la riserva di risorse dalle accademie
lasciando solo le fondazioni a finanziarle. Questo segue le parole
dette da Bill Simon nel 1974, il quale sosteneva che il rubinetto dei
finanziamenti deve essere chiuso per le persone ‘sbagliate’ e aperto
per quelle giuste. Questo potrebbe essere meglio realizzato
privatizzando le basi della politica dopo gli eccessi democratici
degli anni ’60 e ’70, privatizzandola fino a quando lo Stato non possa
essere ripescato.”

Con il denaro extra di Soros, lo HRW farà balenare grandi fondi
davanti agli occhi delle sue reclute non-americane. Riguardo gli alti
salari che seguiranno vale la pena citare l’esperienza dell’Eritrea,
la quale si trovò subito in difficoltà con il sistema delle ONG dopo
l’indipendenza nel 1991. Il giornalista di base in Eritrea Tom
Mountain mi disse “Primo, l’Eritrea non permetterà alle ONG di pagare
tanto i salari del servizio civile. Perché? Le ONG vengono in un
Paese, trovano i migliori e i più brillanti e gli danno salari di
dieci o venti volte superiori alla media locale, pagando la loro
obbedienza e spesso mettendoli contro il loro Paese. Secondo,
l’Eritrea ha stabilito un tetto del 10% per le spese operative, e le
ONG che non vorranno o potranno aderire saranno cacciate, più o meno
allo stesso tempo L’Eritrea ha cacciato i ‘peacekeepers’ che erano
qui.”

In altre parole, le fondazioni, no-profits, ONG -comunque le volete
chiamare- possono al caso operare nobilmente, ma nel complesso il loro
crescente potere va al passo con l’umore dei nostri tempi:
privatizzazione dell’azione politica, direttamente controllata e
manipolata dai ricchi e dai loro dirigenti. La tradizione del
volontariato è spenta dai professionisti, vera burocrazia del
pagare-bene fare-bene.

Non sono ancora certo del motivo per cui Ralph Nader, nel suo vasto
romanzo del 2008 Only the Super-Rich Can Save Us(Solo i super-ricchi
possono salvarci) abbia abbracciato l’affermazione contenuta nel
titolo (a meno che l’intero esercizio non fosse una estesa incursione
nell’ironia). In quanto classe internazionale, i super-ricchi non sono
chiaramente interessati a salvarci, al di là di fare appello a riforme
richieste per contenere seri disordini sociali.

Per molti decenni i super-ricchi in questo Paese hanno pensato che la
maggiore minaccia alla stabilità sociale risiedesse nella
sovrappopolazione e nella fonte di geni malsani dei poveri. Le loro
assegnazioni e le ONG puntano diligentemente su questi problemi con le
sterilizzazioni forzate, con l’esclusione di slavi ed ebrei dalle
sponde americane e con altri espedienti portati avanti dagli attuali
dirigenti liberal.

Ancora di recente, “globalizzazione” e “sostenibilità” sono diventati
dei mantra necessari e sarebbe stupido il candidato ad una sovvenzione
che non non ricami sopra queste due parole. Le ONG sostenute dai
ricchi sono istintivamente ostili ai cambiamenti sociali radicali,
almeno nei termini che una persona di sinistra degli anni ’50 o ’60
potrebbe concepire. Il movimento ambientalista statunitense ora è
strategicamente controllato e quindi neutralizzato come forza radicale
dal Pew Charitable Trust, il principale erogatore di patrocini e
fondi.

Riguardo il ruolo delle ONG occidentali nel terzo mondo, raccomando di
dare uno sguardo all’esemplare libro del 1996 scritto dal grande
giornalista indiano P. Sainath, Everybody Loves a Good Drought(Tutti
amano una buona siccità):

“La teologia dello sviluppo mantiene le ONG all’esterno delle
istituzioni. Esse rappresentano una credibile alternativa. La
maggioranza delle ONG sono, ahimè, integrate profondamente con le
istituzioni, con il governo e con gli enti finanziari… inoltre
forniscono occupazione impiegatizia. Il Nepal, qui vicino, ha oltre
10.000 impiegati nelle ONG, uno per ogni 2.000 abitanti. Comparatelo
con quanti insegnanti, dottori e infermieri ha per 2.000 cittadini. Il
flusso del denaro attraverso i conti bancari delle sue 150 ONG
straniere costituisce il 12% del PIL del Nepal.

“Il problema con i termini ONG, No-Profit o quello che sia“, mi ha
scritto Sainath “è che possono significare qualsiasi cosa o niente.
Una squadra di calcio è una ONG. Io credo che questa parola sia venuta
a galla quando è morto il volontariato in occidente. Dà un’occhiata ai
salari dei top manager delle No-Profit e delle ONG. Il volontariato è
una tradizione molto più antica, senz’altro in Paesi come il nostro,
risalente fino ai tempi di Budda.

“Senza dubbio una piccola percentuale di esse fanno un grande lavoro e
ne fanno tanto, bisogna andare oltre il significato di queste parole.
Io le rispetto e le ammiro, ma esse costituiscono una percentuale
molto piccola. D’altra parte troverai che ogni grande multinazionale
crea la propria ONG, ci sono di mezzo questioni di tasse oltre le PR e
quel che conta molto è che possono aiutare la penetrazione dei
mercati.

Quindi una ONG che si occupa di acqua e siccità scopre e raccomanda ai
governanti di uno Stato che la migliore soluzione è l’irrigazione a
goccia. Così succede che nello stesso tempo la suddetta azienda
ipocritamente accenna che ha importato milioni di irrigatori a goccia
da Israele o da qualsiasi posto ad un prezzo molto modesto e che sono
disponibili per la salvezza dell’umanità.

D’altra parte devo aggiungere che c‘è qualcuno che merita rispetto e
ammirazione. Molto spesso ci sono piccoli gruppi che NON prendono
soldi dalle grandi aziende o finanziamenti stranieri, ma operano su
iniziative locali come alcuni vecchi gruppi gandiani, alcuni gruppi di
sinistra, gente che crede nella promozione dell’auto-dipendenza e
vuole che gli abitanti dei villaggi non dipendano più dal governo ma
da se stessi. Alle volte essi diventano dei movimenti. Ma i gruppi più
grandi sono maggioritari, gruppi che danno impiego ai colletti
bianchi.

“Un altro fenomeno del periodo di liberalizzazione-privatizzazione
sono gruppi che gestiscono apertamente in modo aziendale o
semi-aziendale o imprenditoriale, ‘imprenditori sociali’ o come volete
chiamarli, si possono trovare mille nomi, essi deridono la roba
no-profit.”

Molti di questi sono attivi nel micro-credito e hanno
considerevolmente distrutto quello che questo era all’inizio, ed è un
legittimo strumento per le donne dei villaggi poveri rendere la vita
un po’ meno dura per se stesse. Ora le grandi finanziarie e banche
multinazionali si sono mosse fermamente per catturare il settore del
micro-credito.

La sorprendente carriera del “micro-credito” come strategia per lo
“sviluppo”è davvero molto istruttiva. Le ONG occidentali e i loro
ricchi donatori si sono impossessati estaticamente del termine. Tanto
per cominciare, esso aveva qualcosa di vigorosamente austero in se: i
micro-prestiti sono per definizione piccoli, perciò ovviamente evitano
grandi ambizioni politiche, del tipo organizzarsi politicamente per
forzare il Governo a intraprendere una seria azione o, se necessario,
rovesciarlo e metter in atto macro-azioni come la riforma agraria e la
ridistribuzione della ricchezza.

Nel 2006, come riporta Sainah, “il Governo dell’Andhra Pradesh passò
una legge, entusiasticamente supportata nella legislatura, per
contenere le attività succhia-interessi di alcune ONG/no-profit e
altri gruppi. Il presidente del consiglio disse alla Camera che questa
gente era peggio di semplici prestatori di denaro. In effetti, essi
caricavano tassi d’interesse che si rivelavano tra il 24 e il 36
percento e anche oltre.”

All’inizio del ventesimo secolo Lenin e Martov stavano organizzando i
loro Congressi internazionali e cercavano sovvenzioni a questo fine.
Martov, il menscevico, disse a Lenin che doveva assolutamente
smetterla di pagare alberghi e saloni con il denaro rapinato da Stalin
nelle banche georgiane a Tiblisi. Lenin rassicurò Martov poi chiese a
Stalin di cambiare banca, cosa che egli fece, fino ad allora il record
europeo delle rapine in banca. Era il modo, forse l’unico modo, al di
là della morsa di inaffidabili milionari. Allora come ora.

Alexander Cockburn

Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/cockburn10082010.html
8/10.10.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ETTORE MARIO BERNI

VEDI ANCHE: SOLDI PER ZITTIRE HUMAN RIGHTS WATCH ? GEORGE SOROS E IL “REGALO” DI 100 MILIONI

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