DI MATTEL REICHEL
La stampa di governo ha raccontato delle “rivolte” nella periferia parigina (Banlieu) questa settimana.
Nel chiamarle “rivolte”, l’immaginazione popolare le associa ad incendi ed altri tipi di disastri incontrollabili. E’ come se i francesi si trovassero semplicemente di fronte allo scoppio di un’agitazione civile, e qualcuno dei ranghi del governo saprà esattamente come domare la tempesta entro i prossimi giorni.
Queste non sono “rivolte”. Questa è una ribellione sociale, concentrata in decenni di regole dell’imperialismo francese, ultra-capitalista e di politica razzista nel proprio paese. Dopo il processo di “ decolonizzazione” terminato in Africa (stranamente lasciando le ex colonie dipendenti dalla Banca di Francia per la politica monetaria ed alla autonomia decisionale dell’esercito Francese), ai colonizzati doveva essere offerta la possibilità di vivere in Francia come compensazione per la distruzione che andò avanti per tutto il periodo dell’era imperialista. Questo, inevitabilmente, si e’ rivelato niente altro che un osso che la Francia ha tirato ai loro dipendenti per farli stare tranquilli. L’idea è questa: diamogli delle case scadenti e merdose lontano dalla metropoli di Parigi, diamogli un salario di lavoro minimo, e speriamo che si zittiscano.
Ovviamente, “loro” [i colonizzati NdT] non si sono zittiti. La consistente popolazione immigratoria del nord delle Banlieu è cresciuta stanca di essere messa a tacere. Cosa volete ancora, non c’è niente di nuovo in tutto questo. Durante lo scorso decennio, la rivolta urbana e’ stata un regolare, se non comune accadimento. Incendi, macchine esplose, indiscriminati atti di violenza, e vandalismo sono tutti parte della vita del quartiere più trascurato di Parigi.
Tutte le case con il codice postale che inzia con il “93 “ nei sobborghi del nord sono sempre state la destinazione degli individui piu’ poveri che non dovevano essere sistemati all’interno della città o negli aristocratici sobborghi occidentali e meridionali. Inoltre questo tipo di distretti in ognuna delle maggiori citta’ del mondo, sono sempre stati oggetto da parte del governo di un tentativo di cancellazione dalla mappa.
Essendo di Chicago, mi e’ abbastanza familiare questa tecnica, adottata dal sindaco totalitarista Richard Daley, per ripulire le palazzine pubbliche, rimpiazzarle con una tediosa fila di condomini costosi, costruire intrattenimenti pubblici per attrarre abitanti snob, e poi pubblicizzare al mondo che avete aiutato a ricostruire la citta’. A nord di Parigi, il copione e’ stato seguito quasi alla lettera. La costruzione di megamagazzini come Ikea e The Gap tra il “93” e l’aereoporto Charles de Gaulle dette il via all’usurpazione di queste povere comunita’. Poi venne la costruzione dello Stade de France in tempo per il Campionato del Mondo del 1998 a Saint-Denis (proprio al confine della regione più a rischio). Le ultime sarebbero state le Olimpiadi Estive del 2012 per alcune aree, che sarebbero state cementificate a completamento del grande progetto di “rivitalizzazione urbana” del distretto problematico.
Sfortunatamente per Chirac e Co., le cose non sono andate secondo i piani. Forse l’inattesa sconfitta a Londra nella gara di assegnazione delle Olimpiadi [la cui organizzazione è poi stata aggiudicata alla citta’ di Londra il giorno prima degli attentati alla metropolitana del 7 Luglio ’05 NdT] puo’ essere vista come una sottile metafora per il fallimento dell’ amministrazione governativa nell’ uccidere le povere comunita’.
Comunque, la frustrazione della Francia per aver perso la possibilità di ospitare i giochi olimpici non è niente paragonata alla frustrazione di chi discende da tre generazioni di residenti francesi, solo per il fatto di essere stati esclusi dalla principale struttura della societa’ e del governo.
Gran parte della frustrazione dei rivoltosi e’ stata diretta contro il Ministro degli Interni Nicolas Sarkozy, spesso chiamato “Sarko” dalla gioventù disaffezionata. Egli è colui che rilascio’ un’aspra dichiarazione pubblica che accese i fuochi della rabbia dietro l’attuale rivolta. Tra le altre cose, Sarko e’ noto per esserci spesso riferito ai residenti del 93 come racaille (plebaglia), o feccia. Minaccio’ di ripulire le strade del quartiere con gli idranti incolpando i residenti di aver istituito una cultura depravata fatta di crimini di strada e pesante uso di droga. Egli e’ il secondo uomo nel governo dopo il Primo Ministro Dominique de Villepin, e così la sua dichiarazione ha avuto grande impatto.
La stampa di governo, sia essa di “destra” o “sinistra”, ha fatto del suo meglio per trasformare falsamente questa storia in un altro frammento dello “scontro tra civiltà”.
Senza dire quanto, tendono a intervistare persone con ovvi nomi arabi sul posto, per continuare poi a parlare della storia dell’immigrazione Algerina e Tunisina in quell’area. Basta leggere quello che dicono gli intervistati per rendersi conto che questo non ha niente a che fare con il controverso dilemma dello scontro di civiltà. Gli intervistati non parlano della morte dell’Occidente, e del loro disgusto per le regole liberal democratiche giudeo-cristiane. Parlano della loro ripugnanza per l’esclusione socio-economica.
Questo non ha niente a che fare con la civilizzazione: questo ha a che fare con la corsa selvaggia del capitalismo che calpesta i diritti umani di migliaia di membri della società francese.
Ascoltate le voci della rivolta. Zaid, 20 anni, riporta L’Indipendent di Londra del 4 Novembre, dichiara: “E’ difficile sedersi qui e guardar passare i ricchi a bordo dei loro costosi veicoli. Loro hanno tutto e noi assolutamente niente.”
Nell’ edizione del 5 Novembre dell’Indipendent, Kamel, 16 anni, dice:” Anche da quando Sarko e’ entrato al governo, la vita e’ stata di merde. Ci ha trattato come cani – Bene, gli faremo vedere quanto i cani possono reagire!”.
Potrei riportare una dozzina di citazioni di questo tipo, nessuno di loro usa una metafora culturale o religiosa per indicare uno scontro di civiltà.
Sebbene gran parte della popolazione di quel sobborgo sia composta da arabi nord africani, essi non rappresentano l’intera storia. L’altra meta’ della popolazione a nord di Banlieu e’ costituita da neri, immigrati da diverse parti del mondo, e da sporadiche famiglie povere francesi. Questo e’ un ampio spettro della popolazione che si sente esclusa.
Non c’e’ bisogno di tirar fuori le argomentazioni di Samuel Huntington* per capire perchè il sentimento di disperazione sia così forte in queste aree. Basta usare il buon senso: la grande popolazione povera ed immigrata in queste aree e’ fatta per vivere nel pericolo, in condizioni disagiate, non gli e’ permesso di praticare le proprie tradizioni culturali d’appartenenza grazie alla dominante cultura sciovinista della societa’ francese, e non gli e’ neppure concessa una piccola rappresentanza nel Congresso prevista invece per le minoranze americane e britanniche. Appare abbastanza chiaro che se tratti una significativa parte della tua popolazione in questo modo così discriminatorio per lungo tempo, essi si ribelleranno.
Cio’ che e’ iniziato come un apparente disordine sociale contenibile nel breve periodo in risposta alla morte di due giovani ragazzi mentre erano inseguiti dalla polizia la scorsa settimana si e’ trasformato in una rivolta nazionale. Le aree problematiche si sono estese a Tolosa, Marsiglia, Strasburgo, Nantes, ed altri luoghi del paese, adattati a contenere la demografia ultra-esclusa del nord di Banlieu.
La forma di rivolta piu’ comune si e’ manifestata con auto date alle fiammme, ed il danno piu’ grosso ha coinvolto un rivenditore della Renault a Aulnay-Sous-Bois. Le scuole, i grandi magazzini, gli edifici del governo sono stati presi di mira. La stampa fiancheggiatrice del governo ha fedelmente enfatizzato la giovane età dei ribelli, così da delegittimarne gli eventi. Ogni nuova violenza e’ stata paragonata a “rivolte fotocopia“, come se questi responsabili non stessero pensando a nient’altro se non ad imitare coloro che li hanno preceduti. Questo e’ un punto totalmente irrilevante fino ad adesso perche’ la caratteristica della “rivolta fotocopia“ non necessariamente cambia il quadro predominante: rabbia, alienazione, ed un cospicuo segmento della popolazione giovane che niente di meglio ha da fare che dichiarare guerra alla Francia.
La guerra si e’ sviluppata sugli evidenti contrasti della societa’ francese. Il centro della citta’ di Parigi e’ uno dei piu’ ricchi del mondo, con l’esclusiva zona Ovest dagli Champs Elysées, giu’ per il distretto della Torre Eiffel, fino all’ultra aristocratico 16th Arrondissement (distretto). Mentre Parigi riposa felicemente nella ricchezza, costruita sul turismo e dinastie familiari, i sobborghi lavorano duramente per ogni pasto. Se sono abbastanza fortunati da trovare lavoro (qualche volta nei sobborghi la disoccupazione arriva fino al 50%), allora spesso lavorano 12 ore al giorno, sette giorni a settimana, solo per mantenersi una vita decente. Mantengono la Francia gestendo negozi all’angolo o facendo i turni nel settore industriale, e ricevono in cambio soltanto odio. I loro genitori e nonni riuscirono a sopravvivere al frequente assalto imperialista francese in Africa, ed adesso sono fatti per sopravvivere all’ immorale assalto del rude capitalismo.
La Francia ha sempre catturato l’immaginazione dei ribelli. Molti credono che la Rivoluzione francese sia stata il primo esempio di rivoluzione social-popolare. Fu seguita a Parigi dalla ribellione sociale del 1848, la sommossa dei lavoratori del 1871 e la rivolta studentesca del 1968. Nel 2005, Parigi sta bruciando per mano della popolazione proletaria dei tempi moderni. Non chiamatele rivolte! Questi non sono boschi in fiamme.
Questa è una ribellione in diretta.
Mattel Reichel
Fonte:www.dissidentvoice.org
Link: http://www.dissidentvoice.org/Nov05/Reichel1106.htm
6.11.05
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MANRICO TOSCHI
*Samuel Huntington
Politologo statunitense autore de “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale“. Insegna alla Harvard University, dirige il “John T. Olin Institute for Strategic Studies”, ed è presidente della “Harvard Academy for International and Area Studies”. E’ stato fondatore e condirettore di “Foreign Policy”.
http://www.garzantilibri.it/default.php?page=visu_libro&CPID=1349 (libro)
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