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La Redazione

 

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LA REALTA' E LA MANIPOLAZIONE DEI MEDIA

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A cura di Davide
Il 14 Dicembre 2005
51 Views

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Quello che segue è tratto da un’intervista di Joshua Holland di Alternet a Larry Beinhart, scrittore e saggista interessato all’influenza della politica sui mezzi di informazione di massa. L’ho trovata interessante per come smonta alcuni meccanismi che governano i media statunitensi, facendo riferimento ad alcuni casi specifici.
Beinhart è autore del libro Fog Facts: Searching for Truth in the Land of Spin. E proprio di fog facts (che ho tradotto liberamente come “fatti fumosi”, a prendersi qualche altra libertà mi verrebbe da scrivere “nebbia dell’informazione”) parla questa intervista.

Cosa sono i “fatti fumosi”?

Sono cose che sono state pubblicate e rese note, ma scomparse poi sullo sfondo in una specie di nebbia. E ci sono molti fatti che dovrebbero scomparire così, le curiosità, le stupidaggini, e tutte quelle cose che non abbiamo bisogno di sapere. Ma ora sto parlando di cose importanti, cose che, se portate in primo piano, sono in grado di cambiare la nostra visione della realtà.Come diventa “fumoso”, un fatto?

Con alcune eccezioni, le notizie non sono da subito e automaticamente grandi notizie. Le eccezioni sono la morte di un papa, il campionato del mondo, gli tsunami, i vulcani, le guerre, o almeno quelle che ci coinvolgono. Ma la maggioranza delle notizie diventa tale – comprese le guerre – grazie ai comunicati stampa. L’esempio che uso sempre, visto che ci troviamo in una piccola cittadina, è il calendario della serie minore. Se il calendario della serie minore è sul giornale, è solo perché l’allenatore o sua moglie glielo spediscono.
La maggior parte delle notizie nasce come comunicato stampa, conferenza stampa o dichiarazione. E se vuole restare tra le notizie, deve avere nuovi comunicati stampa e nuove storie da raccontare. Ci deve lavorare su qualcuno, che deve investire tempo ed energie per farci su una storia più grossa. E se non lo fa nessuno, può anche non diventare affatto una storia, può restare una notizia isolata. Ha presente, pagina 12 del New York Times, pagina 26.

E in parte ciò che accade è che coloro che lavorano nei media – specialmente nell’ambiente della carta stampata – pensano che se hanno riferito una notizia hanno fatto il loro lavoro. Il loro lavoro non consiste nel determinare quale sarà l’effetto sulla popolazione, come assorbiremo quella notizia, quanto ci colpirà – non è quello, il loro lavoro. Non fanno che prendere un fatto e metterlo in pagina. E hanno finito. Se poi la notizia si ripresenta, con un nuovo comunicato stampa o una nuova svolta, la seguono.

Un ottimo esempio è il denaro di Oil-for-Food. Tutti in America sanno che c’è una specie di scandalo su quello che le Nazioni Unite hanno fatto del denaro di Oil-for-Food. Non sanno esattamente cos’è, ma sanno che è uno scandalo, che Kofi Annan ha fatto qualcosa di sporco. Ora, per quel che si sa, la corruzione e il malaffare hanno riguardato al massimo centinaia di migliaia di dollari, escluso il denaro su cui Saddam Hussein fu in grado di mettere le mani, cosa che fu generalmente approvata e permessa da tutti. Comunque, i torti delle Nazioni Unite si possono definire minori.

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Dopo la conquista statunitense dell’Iraq il denaro di Oil-for-Food fu trasferito a una nuova entità, la CPA, l’Autorità provvisoria della coalizione diretta da Paul Bremer. E circa 9 miliardi di dollari di quel petrolio andarono nelle casse della CPA, oltre a circa 10 miliardi di altri fondi. Questo denaro veniva essenzialmente custodito per conto del governo iracheno. Adesso ne sono scomparsi circa 19 miliardi.

Se ricordo bene, dei 20 miliardi ne è rimasto solo mezzo. E la cosa è emersa solo in tre notizie. La ragione è che non esiste un gruppo di potere che influenzi i media americani al quale interessi qualcosa dei soldi iracheni. C’è invece un ampio gruppo di potere che odia l’ONU. E odia l’ONU perché la semplice idea di porre delle restrizioni all’autorità sovrana degli Stati Uniti è una cosa che lo irrita infinitamente. Così questo gruppo di potere non vedeva l’ora di trovare il modo per infangare l’ONU, e dunque lavorarono su quella storia, la spinsero, e di conseguenza ne abbiamo sentito parlare moltissimo.
E così una notizia è rimasta nebulosa e confusa, l’altra è diventata un fatto ben noto.

Un altro esempio si ha quando sono gli stessi mezzi di informazione a decidere di creare un fatto fumoso, perché non vogliono che qualcosa si sappia. Il caso più noto è stato il nuovo conteggio dei voti dopo le elezioni del 2000 in Florida, che fu pagato dai media stessi. Ci furono così tante controversie su quel voto che New York Times, Washington Post, Tribune Company – cioè Chicago Tribune – Los Angeles Times, CNN, Wall Street Journal and St. Petersburg Times si misero insieme e dissero che avremmo ricalcolato quei voti per scoprire chi aveva vinto davvero. Lo fecero e ci spesero un milione di dollari. E il vero vincitore avrebbe fatto notizia.

Era questa la cosa eccitante. Se scoprivano che aveva vinto Al Gore, sarebbe stata una notizia ben più grossa che se avesse vinto Bush. Quella è notizia vecchia, chi se ne frega? E quando contarono tutti i voti da cui si potesse capire con certezza la scelta di voto, vinse Al Gore.
Così i titoli avrebbero dovuto essere “Al Gore ha ricevuto più voti” o “Al Gore avrebbe dovuto diventare presidente” o “Eletto l’uomo sbagliato” o “La Corte Suprema blocca la verifica in tempo per salvare Bush.” Non è così? Ma i titoli non furono quelli. I titoli furono “Bush ha vinto comunque” “I nuovi conteggi dimostrano che Bush ha vinto”, “I nuovi conteggi dimostrano che l’azione della Corte Suprema era inutile.”

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E il New York Times fu il peggiore di tutti. A meno che non si leggesse la storia con attenzione ragionieristica, era letteralmente impossibile decifrare che Al Gore aveva ricevuto più voti. La verità è che io non ci riuscii. Lessi la storia e pensai, “oh, merda, che delusione.” Due anni dopo lessi una storia dell’altro Gore, Vidal, e lui ne parlò. Allora andai a rileggermi il Times. E pensai: “Oh, mio Dio. Al Gore ha preso più voti di George Bush. Incredibile.”

E poi lessi tutti gli altri giornali e dissi: “Questo è uno dei più sorprendenti eventi mediatici che io abbia mai visto.” Voglio scoprire come tutti e sette hanno preso la stessa decisione di affossare la storia. Non di negarla, ma di affossarla così da poter dire con la coscienza pulita: “abbiamo riferito la verità.” E l’hanno fatto. Ma l’hanno manipolata così pesantemente che perfino i più impegnati, le persone di sinistra e i blogger se la sono persa.

È un sinistro complotto, oppure c’è sotto qualcos’altro?

Vi sono problemi strutturali nel funzionamento dei media. Negli Stati Uniti abbiamo il cosiddetto giornalismo oggettivo, in contrasto con il modello europeo. In Europa i quotidiani, perché queste tradizioni risalgono a molto tempo fa, erano di proprietà dei partiti politici o di persone affiliate a partiti politici. C’era il giornale comunista, quello monarchico, quello revisionista, il nazista, il socialdemocratico, il cristiano, e via dicendo. Così quando leggevi un giornale sapevi che esprimeva un punto di vista, e te lo aspettavi.

Noi abbiamo una tradizione diversa, che per molto tempo è stata efficace e onorevole. Il giornalista cerca di raccogliere i fatti senza interporre il proprio giudizio. Li espone nell’ordine più coerente possibile, così che sia possibile farsi un’idea. Sembra uno slogan di Fox News. Ma il sistema non è privo di punti deboli. Su qualsiasi tema controverso, ci devono essere due sostenitori degli opposti argomenti. Nelle questioni politiche si fa apparire la dichiarazione di un liberale e di un conservatore che stanno sullo stesso piano di importanza.

In certe situazioni come l’entrata in guerra, in cui l’amministrazione ha potuto giocare la carta del patriottismo, quel che succede è che abbiamo George Bush che chiama alla guerra. E George Bush è arrivato a dire “andiamo in guerra perché hanno armi di distruzioni di massa e sono associati ad Al Qaeda.” Scott Ritter allora disse: “guardate che io ero un ispettore, c’ero e abbiamo distrutto tutte le armi. Lasciatemi dire che se è rimasto qualcosa – e potrebbe anche essere rimasto – probabilmente non funziona.” Ok, questo viene riportato dalla stampa.
Bush fa spallucce e prosegue: “Hanno armi di distruzione di massa, bombe nucleari.”

E la stampa lo scrive diligentemente perché lo dice il Presidente degli Stati Uniti. Allora Scott Ritter si fa sentire di nuovo. Ma la stampa non lo riporta: hanno già parlato di Scott Ritter. Stessa cosa per Hans Blix. Per ogni tre notizie che parlavano di Blix Colin Powell ne ha avute 10, Dick Cheney 50, George Bush 200, Condi Rice 150 e Rumsfeld altre 100. Così, nell’insieme delle notizie, il numero di storie in cui si è sentito dire che le armi di distruzione di massa c’erano, confrontato con il numero di storie in cui si diceva che non c’erano, ha fatto sì che la storia di Ritter sia scomparsa nella nebbia. E anche quella di Blix. Perfino ora è difficilissimo cercare di individuare la sequenza di quelli che considero gli eventi realmente significativi della vicenda.

Tutte le amministrazioni usano i mezzi di informazione, tutte le amministrazioni ci manipolano. Lo ha fatto Clinton, lo ha fatto Franklin Delano Roosevelt, e così via. Tutti l’hanno fatto. Perché quest’amministrazione è diversa dalle altre?

È un insieme di cose, una specie di tempesta perfetta. Una di queste è – è difficile, perché implica che vi siano movente e consapevolezza – che questa gente ha in mente degli obiettivi che non potevano essere svelati onestamente. Quindi già questo richiede disonestà. La disonestà di Clinton riguardava soprattutto la sua sfera personale. Politicamente cercava di fare delle cose e quando scopriva che non ci riusciva introduceva degli aggiustamenti e faceva qualcos’altro. Non so se questo corrisponda a mentire, ma ora ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso. Queste persone vogliono decisamente prendersi la previdenza sociale. Per loro è semplicemente un bel mucchio di soldi che se sta lì. E volevano davvero prendere quei soldi e investirli. Volevano mandarli a Wall Street. Che miniera d’oro! E il non poterlo fare li fa impazzire. E naturalmente non possono dire “ecco cos’abbiamo in mente”, e dicono invece “vogliamo salvare la previdenza sociale.”

Se riescano o meno ad autoconvincersi, non lo so dire. Ma essenzialmente hanno bisogno di dire qualcosa che non è vero. L’economia bushiana consiste nell’uso del governo per trasferire denaro dalla gente normale alla gente ricca. Ecco cos’è il governo per loro. E in tutte le loro decisioni economiche hanno fatto o tentato di fare esattamente questo. Dunque queste persone hanno delle politiche che non sono vendibili e allora devono mentire per renderle tali. Le pubbliche relazioni hanno raggiunto un alto livello di maturità: negli ultimi vent’anni sono cresciute immensamente, soprattutto nel mondo delle corporazioni. Quando una comunità vuole costringere l’industria locale a eliminare i PCB dal proprio fiume, le corporazioni formano un gruppo chiamato “Cittadini per i fiumi puliti”.
E ogni loro dichiarazione suonerà così: “il portavoce dei Cittadini per i fiumi puliti dice che è di fatto molto meglio se i PCB rimangono sul fondo del fiume, piuttosto che siano riportati su dai drenaggi.” Così il fatto che i Cittadini per i fiumi puliti si oppongono ai drenaggi viene ripetuto più e più volte. Hanno imparato a mettere false etichette su quello che fanno, l’hanno imparato nelle aziende. E vediamo che questa amministrazione fa assiduamente la stessa cosa, con l'”Healthy Forest act”, il “Clear Sky act”, eccetera.

Dunque si tratta di una tempesta perfetta. L’amministrazione ha dei fini che non sono vendibili, abbiamo dei mezzi di informazione fissati sul fatto che bisogna riferire quello che viene dichiarato, abbiamo tutti questi finti gruppi di cittadini che creano finti orientamenti d’opinione. Mi permetta di affrontare l’ultima domanda, quella sull’11 settembre. Come si è creata la proliferazione di fatti fumosi in quella circostanza?

L’11 settembre portò con sé l’isteria della guerra. L’isteria della guerra fu peggiore tra coloro che lavoravano nei media. Questa gente era terrorizzata a morte, forse più a New York che altrove. Credo che fu per questo che il New York Times partì completamente per la tangente. E provocò la deificazione di George W. Bush. Invece di dire che l’11 settembre era volato in Nebraska – cioè, non si era messo alla guida del paese, ma era andato il più lontano possibile – attesero semplicemente che tornasse e comparisse tra i soccorritori a Ground Zero.
Allora fu un eroe – grazie a Dio! e dovevamo essere un gruppo compatto – c’era questa cosa tribale, dovevamo combattere lo straniero e chiunque non fosse d’accordo era un traditore. Avevamo un’amministrazione che – dopo essersi ripresa dal terrore paralizzante – adesso faceva di tutto per sfruttare la situazione. Avevano degli obiettivi e attendevano solo l’occasione che permettesse loro di ottenerli.

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Alcuni ritengono che i nuovi media – non si sente parlare che di blogosfera e del rapporto che si tra sviluppa tra i blog e i media tradizionali – stiano inaugurando una nuova era di trasparenza nell’informazione. Altri ritengono invece che annunciare la morte dei mezzi di informazione tradizionali sia prematuro. Lei che ne pensa, stiamo andando incontro a un’epoca in cui pochi grandi mezzi di informazione possono enfatizzare una notizia, mentre un’altra scompare dallo schermo?

Non lo so. Ma quel che penso è che il giornalismo oggettivo, per come viene fatto oggi, ha stufato. Ha un sacco di problemi. Uno di questi è che i tizi che fanno soldi manipolandolo hanno scoperto come si fa. E i mezzi di informazione non valgono a nulla se sono solo manipolazione, ed è da qui che nasce la diffidenza e la sfiducia nei confronti dei media.
Ci sono due possibili cambiamenti. Possiamo finire nel modello europeo in cui ci sono dei media di sinistra e dei media di destra. L’altra possibilità consiste nel ridefinire cosa siano i media oggettivi. E questo è stato fatto su scala minore con le campagne politiche. È stato fatto con la propaganda elettorale. Prendono un esempio di propaganda elettorale e si prendono la responsabilità di esaminarlo riga per riga, oggettivamente, per poi dire quanto è veritiero. Questo per me è un modello buono e utile di giornalismo oggettivo. Questa gente dovrebbe fare il lavoro per cui li pago. E neanche loro fanno il lavoro che vorrebbero fare. Ci sono molti giornalisti insoddisfatti che dicono “C’è qualcosa di sbagliato e non sappiamo come porvi rimedio.” Ecco, potete farlo in questo modo.

Fonte: http://mirumir.altervista.org/
14.12.05

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