DI EUGENIO BENETAZZO
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Con il termine “pupa” nell’immaginario collettivo solitamente si fa riferimento ad un provocante esemplare di mammifero femmina appartenente al Genere Homo Sapiens Sapiens. In vero se volessimo ancora fregiarci di questa nomea senza usurparne il titolo, il termine “pupa” identifica in ambiente scientifico lo stadio incompleto di un processo di metamorfosi (solitamente animale). Si parla sovente infatti di “stadio pupale” riferendosi alle mutazioni che avvengono in natura studiando gli insetti, in cui la “pupa” rappresenta la muta di una larva. Lo stadio pupale si svolge in uno stato di quiescenza, talvolta protetto all’interno di involucri di varia natura all’interno dei quali si verifica il passaggio da uno stadio giovanile a quello adulto: il classico esempio di uno stadio pupale è il bozzolo di un bruco (denominato crisalide) dal quale fuoriesce una farfalla.
Per chi non lo avesse ancora capito il nostro paese sta attraversando uno stadio pupale. Un lento processo di metamorfosi che lo sta cambiando su più fronti: il punto interrogativo che dovremmo tutti porci è quale sarà il risultato finale di questa trasformazione ? Cosa saremo ? Una nuova farfalla oppure un insetto sgradevole e ripugnante alla vista ? Proviamo a fare alcune considerazioni fuori dal coro, che tuttavia moltissimi lettori giudicheranno molto scomode, ma non per questo non veritiere. Il nostro paese sta cambiando in seguito a due sorprendenti mutazioni, la prima riguardante il fronte sociale e la seconda quello industriale. Partiamo dalla prima pertanto. Il tessuto sociale italiano è iniziato a cambiare a seguito di due gradienti evolutivi che la maggior parte di tutti noi ha accettato con eccessiva leggerezza: una emancipazione femminile esageratamente controproducente che ha portato ad eccessi nel costume sociale e nella vita di tutti i giorni e l’ingresso senza alcun genere di controllo di etnie extracomunitarie disposte a tutto pur di migliorare il loro poverissimo stile di vita. Il primo gradiente ha causato la nascita di una fascia sociale (prettamente maschile) dai mezzi di sostentamento economici molto limitati: sto parlando di centinaia di migliaia di padri trentenni e/o quarantenni che sono costretti a pranzare alla Caritas o a ritornare dalla mamma in quanto il peso degli alimenti alla ex moglie rende impossibile una vita decorosa.
Questo chiaramente ha conseguenze economiche che adesso cominciamo appena a percepire. In meno di trent’anni la coesione della famiglia tradizionale italiana (che ha rappresentato uno dei punti di forza del nostro paese ed anche l’invidia che suscitavamo agli altri) si è, anno dopo anno, sempre più ridimensionata sino ormai al suo completo annullamento. I matrimoni “drinkcard” sono all’ordine del giorno: tuttavia l’emancipazione femminile spinta all’eccesso è costata molto cara anche alla donna che vede ora nel maschio un partner demosciato ed insicuro, intimorito dall’idea di intraprendere una relazione seria, per le possibili implicazioni economiche in caso di default matrimoniale. Allora si preferisce piuttosto creare un circuito farlocco di relazioni ed effusioni sentimentali incentrate sulle disponibilità dei “trombamici” (uomini o donne che si rendono disponibili per rapporti sessuali a chiamata senza impegni e vincoli di natura sentimentale). Questo è avvenuto parallelamente in tutti i paesi occidentali, ma nel nostro gli effetti di questa devoluzione sono stati più incisivi: i bamboccioni che stanno a casa con la mamma per paura di un matrimonio che ti metta fuori combattimento fa parte di un pensiero dominante della nostra epoca. Non voglio esprimere giudizi: ma ognuno di voi giudichi se si viveva meglio all’inizio degli anni settanta oppure adesso, chiaramente in termini di stabilità e pianificazione familiare.
Il secondo gradiente ha invece permesso l’entrata di milioni di individui extracomunitari, con il solo scopo di offrire loro una occupazione (solitamente di manovalanza) mal retribuita: questo ha consentito a grandi aziende e gruppi industriali di sostenere minori oneri per l’attività manifatturiera ed al contempo ha abbassato copiosamente i livelli reddituali dei lavoratori italiani. Oltre a questa straordinaria opportunità economica per le maestranze operaie italiane, abbiamo dovuto assistere anche alla proliferazione di deliquenza e criminalità dilagante nelle nostre città. Tutto questo perchè l’integrazione (che non esiste di fatto) ci è sempre stata disegnata come una grande opportunità di crescita per il paese. A distanza di anni abbiamo visto solo crescere la delinquenza, la criminalità, lo spaccio di droga, lo sfruttamento della prostituzione ed il disagio di chi vive nelle città oggetto di insediamento da parte di queste etnie.
La seconda mutazione, quella che ci ha portato allo stadio pupale, riguarda invece la trasformazione del potenziale imprenditoriale ed industriale. Forse più che di trasformazione si dovrebbe parlare della polverizzazione di quello che rimaneva. Il miracolo economico è scaturito perchè ci siamo messi a produrre e realizzare tutto quello che consumavamo, dalle automobili alle scarpe. L’attività produttiva era il cuore ed al tempo stesso la ricchezza del paese: creando posti di lavoro, generando gettito fiscale e producendo benessere. Da oltre cinque anni abbiamo intrapreso la strada opposta: smobilizzando le fabbriche ed importando da fuori quello che un tempo realizzavamo in casa nostra. Fermatevi un momento a riflettere la mattina quando vi alzate: dal rasoio ai vestiti, dal lavandino alle sedie del salotto, niente di tutto questo viene più prodotto in Italia. Il che si traduce in milioni di posti di lavoro che mancano all’appello ed in miliardi di euro di gettito fiscale in meno. Da paese un tempo manifatturiero stiamo diventando un paese avventuriero. Non ho dubbi che cosa uscirà dalla crisalide.
Con il termine “sermone” si suole indicare un discorso di ammonimento e/o di rimprovero oppure la predica rivolta ai fedeli da un pastore protestante all’interno di una comunità cristiana. In Italia non piacciono i sermoni, nemmeno quando a farli è lo stesso Benedetto XVI. Stiamo vivendo un mese di profonda tensione finanziaria a causa del possibile default della Grecia. Quello che poteva sembrare impossibile due anni fa oggi è una realtà plausibilissima. Ritengo che anche a voler ascoltare un sermone su quello che potrà accadere, il tutto rimarrà come sempre inascoltato o mal apprezzato. Daltronde anche quattro anni fa mi derisero per quello che ipotizzavo sarebbe accaduto a livello planetario: gli stessi ora mi invitano ai talk show o mi chiedono di scrivere nel loro quotidiano.
L’escalation finanziaria non lascia molto all’immaginario: dopo Grecia, Portogallo e Spagna, toccherà all’Italia (e forse anche all’Inghilterra). Ho già avuto modo di scrivere sull’argomento, la domanda che tuttavia mi pongo ora è che tipo di Italia si troverà a reagire ad un momento infelice avendo subito una metamorfosi cosi radicale, tanto da non riconoscerla quasi più ? La perdita di coesione familiare unita all’incapacità di una coppia moderna separata di supportarsi a vicenda in un momento di ridimensionamento economico, la presenza di individui extracomunitari che sanno come arrangiarsi (a modo loro) quando la tal azienda delocalizza o fallisce, tutto questo difficilmente disegna un quadro di conforto sul come verrà affrontata l’uscita dallo stadio pupale per l’ormai defunto Bel Paese. Come ci raccontava Dante entrando all’Inferno: lasciate ogni speranza, voi che entrate.
Eugenio Benetazzo
Fonte: www.eugeniobenetazzo.com
Link: http://www.eugeniobenetazzo.com/event/la_pupa_e_il_sermone.htm
29.04.2010