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LA PULIZIA ETNICA DEI BEDUINI DEL NAQAB (NEGEV)

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A cura di Davide
Il 11 Febbraio 2005
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DI XAVIER JARDEZ

Se l’attenzione internazionale è stata concentrata soprattutto sulla spaventosa repressione dei Palestinesi, sui massacri e  le distruzioni di abitazioni, fattorie, campi ad opera delle “incursioni” o “raid” di Israele nei territori occupati di Cisgiordania e Gaza, pochi osservatori si sono invece dedicati alle minacce che aleggiano sui diritti dei Beduini palestinesi della regione del Naqab (Negev), proprio quando il governo Sharon ha pianificato un assalto violento per porre fine a tali diritti.
Nello scorso giugno, all’incirca 23 membri della tribù di Abu Elkian, in maggioranza donne e bambini, furono feriti allorché delle forze di polizia paramilitari penetrarono nel villaggio per distruggervi sette abitazioni. Lo stesso giorno, un altro membro della tribù, un maestro di 24 anni, fu ferito da una pallottola dell’esercito “per errore” nel corso di un altro incidente.L’esercito ha vietato l’entrata nel villaggio di Atir, nel nord-est del Negev, al fine di stabilire lì una zona di tiro. Per i 1000 residenti che hanno coltivato quest’angolo del Negev per generazioni, la creazione di questa zona non era che il primo indizio delle intenzioni delle autorità israeliane. Nel mese di aprile, la sola fonte d’acqua del villaggio è stata interrotta, e un imprenditore privato oggi convoglia ogni due giorni dei camion d’acqua che bisogna però pagare. Da ultimo, Israele non ha lasciato più alcun dubbio agli abitanti di quel villaggio: ogni persona maggiore di 16 anni ha ricevuto un’ingiunzione a lasciare il villaggio “privo di ogni persona, oggetto o animale”.

Tali violenze contro i villaggi beduini si sono ripetute attraverso tutto il Negev man mano che il Piano di Sviluppo del Negev è stato messo in opera per iniziativa personale di Ariel Sharon (Attualità Ebraica, 18 marzo 2004). Uno dei metodi più controversi è quello realizzato ad opera dell’Amministrazione delle Terre. A partire dal 2002, essa invia degli aeroplani per irrorare di prodotti chimici tossici i campi di cereali e di foraggi dei beduini. E’ stato così che nel marzo 2003 due aeroplani hanno asperso 500 ettari coltivati dagli abitanti di Abda, un villaggio “non riconosciuto”, e le case del villaggio stesso. Anche degli anziani e dei bambini sono stati irrorati, ed hanno riportato problemi respiratori e svenimenti. I residenti di Abda sono in seguito stati espulsi a 4 chilometri dal loro villaggio. Un simile incidente, tra i sette registrati, ha avuto luogo nel villaggio di Al Gharir, mentre i contadini erano nei loro campi.

Israele ha stanziato, per la deportazione nel corso dei prossimi anni delle ultime comunità beduine palestinesi (un totale di 70 000 persone), la somma di 200 milioni di dollari, poiché “lo sviluppo che Sharon ha in vista per il Negev non può essere che ebraico”. “Questo significa pulizia etnica per noi. Sharon vuole la terra del villaggio di Atir per insediarvi al suo posto una colonia ebraica”, commenta un abitante.

A partire dalla creazione di Israele, nel 1948, i Beduini del Negev sono stati considerati come dei Paria. Essi furono criminalizzati in quanto collettività ad opera di una legge che aveva classificato come “terre vergini” le terre sulle quali i Beduini vivevano, facendo divenire così le loro abitazioni, per di più retroattivamente, illegali e suscettibili di demolizione in qualsiasi momento contro indennizzo dello Stato d’Israele. Questo ricorda terribilmente il “Removal Act” del Sudafrica degli anni ’60, attraverso il quale Indiani, Meticci e Neri dovettero evacuare le loro case per far spazio  alle zone per i bianchi.

Oggi, la metà dei 140 mila Beduini vive in 45 villaggi che Israele rifiuta di riconoscere, e che mancano di qualsivoglia infrastruttura (acqua, elettricità, sistema fognario, nettezza urbana, centri sanitari e scuole). Questi villaggi sono raggruppati in un’ “associazione dei villaggi non riconosciuti” (RCUV). Jaber Abu Kaff, presidente di tale associazione, sottolinea che l’avvelenamento delle terre così come avvenuto ad Abda è uno dei metodi del piano Sharon per sradicare i Beduini dalle terre dei loro antenati.

La restante popolazione beduina è stata raggruppata in sette riserve urbane, note con il nome di “centri di concentramento” a partire dagli inizi degli anni ’70. Queste townships israeliane languono in un marasma sociale ed economico, e sono sprovviste di tutto. La più grande, Rahat, che ospita 45 000 Beduini palestinesi, non ha che un ufficio postale ed una banca. Ufficialmente, Israele ha giustificato il suo approccio aggressivo col fatto che i Beduini sono troppo dispersi sul territorio per essere beneficiari di servizi. Per fortuna l’ironia non è stata perduta dai Beduini come Labad Abu Afash, sindaco del villaggio non riconosciuto di Wadi al Naam, nei pressi di Beersheva; alla fine degli anni ’70, la principale centrale elettrica per il Negev era stata costruita nel bel mezzo del villaggio, e il voltaggio scaturiva sopra le teste dei 3000 abitanti mentre nessuna delle loro case era collegata al settore: “Noi potevamo sentire il rumore dell’elettricità ronzare nelle nostre orecchie, ma non avevamo il diritto di beneficiarne”. In compenso, la dispersione sul territorio non è il criterio preso in esame per le 100 piccole comunità ebraiche diffusesi nel Negev in questi ultimi anni, alcune delle quali si compongono soltanto di una dozzina di famiglie.

L’idea centrale di Israele è la concretizzazione della missione sionista di “liberare” per l’immigrazione ebraica l’immensità delle terre del Negev, due terzi del territorio israeliano, mentre i Beduini, un quarto della popolazione di questa regione, non ne occupano che il 2%. Ma, in apparenza, questo non è sufficiente per Sharon, che prevede misure draconiane affinché, tre decenni più tardi, la politica di “township” parzialmente realizzata nel 1970 sia strettamente applicata.

E’ così che, secondo i testi allo studio della Knesset (il Parlamento dello Stato d’Israele), ogni beduino che vive all’esterno delle township secondo le modalità pastorali tradizionali, e cioè coltivando cereali ed allevando montoni e capre, sarà considerato uno “squatter” (cioè occupante) illegale. I recidivi rischieranno due anni di prigione. Come sottolinea Nuri al Ughbi, capo beduino: “Gli ebrei possono vivere in comunità rurali o urbane, in fattorie collettive come i kibbutz o i moshav. Ma noi abbiamo autorizzazione solo per delle povere townships urbane”. L’argomento principale è quello secondo cui i Beduini che, a partire dagli anni ’50, sono stati trapiantati in cambio di “zone militari” non hanno alcun diritto sulle terre, come dichiarava alla stampa, nel febbraio 2002, il Ministro israeliano alle Infrastrutture Nazionali, Avidgor Lieberman : “Noi dobbiamo interrompere con ogni mezzo questa invasione illegale delle terre dello Stato. I Beduini non rispettano le nostre leggi”. O ancora, da ultimo, e in senso ancora peggiorativo, il consulente del Ministro della Pubblica Sicurezza ad una platea di ebrei del Negev: “Andiamo, amici miei…prendete un bastone e con esso colpite ogni Beduino criminale finché egli non se ne parta”.

Lo scopo principale di Sharon è quello di stabilire dozzine di colonie ebraiche al posto dei villaggi beduini, per ospitarvi circa i 350 000 immigrati che l’Organizzazione Mondiale Ebraica spera di “importare” in Galilea e nel Negev da ora alla fine del decennio. Sharon vuol procedere altresì ad espulsioni per alimentare in quelle terre una rete di “ranch” privati ebraici, simili al possedimento dello stesso Sharon nel Negev, il “Ranch Sicomoro”. Uve e datteri cresceranno in un clima desertico poco favorevole ad un approvvigionamento d’acqua largamente sovvenzionato e captato in luoghi che saranno fonte di contestazione. L’infrastruttura di questi 36 ranch è stata già approvata in quella che costituisce la spina dorsale di questa “rotta del vino” turistica.

Infine, è nel Negev che Sharon ha intenzione di re-installare i coloni della Striscia di Gaza, i più militanti, se il suo piano di disimpegno sarà approvato dal suo stesso governo. Del resto la Green Patrol, polizia speciale messa in piedi nel 1976 da Sharon per mettere in pratica le disposizioni nei riguardi dei Beduini (demolizione di abitazioni, abbattimento del bestiame), è stata rafforzata.

E’ il KKl, organizzazione sionista creata nel 1901 ed avente ramificazioni in Francia, che è stato incaricato della colonizzazione, della colletta dei fondi e della locazione delle terre palestinesi a delle entità ebraiche, sia in Galilea che nel Negev, al fine di “giudaizzarle”. E Israele intende chiamare gli americani alla contribuzione per finanziare questo sviluppo, sopperendo così al rifiuto statunitense di finanziare lo smantellamento delle colonie di Gaza.


Xavier Jardez

Fonte:http://www.geostrategie.com/
3.02.05

Traduzione per Comedonchisciotte.net a cura di di Pierandrea Caione

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