LA PROTESTA IERI E OGGI

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DI ANTONELLA RANDAZZO

Il modello economico attuale ebbe origine nel Regno Unito alla fine del XIV secolo. Le autorità inglesi, per distruggere il vecchio assetto e creare il nuovo, espropriarono centinaia di migliaia di contadini, che furono costretti a diventare salariati, oppure ad accrescere la massa di poveri e vagabondi. Da allora la protesta contro il sistema ha acquisito diverse forme, alcune fantasmatiche, altre concrete.
Talvolta venivano utilizzati menestrelli e cantori per diffondere storie e leggende utili a placare l’ira contro l’autorità e ad impedire le proteste. Erano tante le storie che avevano come protagonisti personaggi che sfidavano le autorità e diventavano i paladini del popolo. La più nota è quella di Robin Hood, personaggio che nel tempo diventò simbolo della lotta contro l’autorità ingiusta e corrotta.
Nonostante l’enorme popolarità che egli ebbe, la sua esistenza non è mai stata provata. Alcune ballate del XIV secolo lo descrivevano come un ladro che derubava tutti quelli che avevano la sventura di passare lungo le rive del fiume Went. Si trattava di storie che avevano come protagonisti comuni malviventi, che per sopravvivere alla miseria sceglievano la ribellione e l’illegalità.

Lo studioso Joseph Hunter scoprì nel XIX secolo che nel 1324 alla corte di Edoardo II c’era un suo fedelissimo cameriere di nome Robin Hood. Altri Robin o Robert Hood risultano da alcuni documenti processuali, si trattava di persone accusate di saccheggio o furto. Ciò testimonia che all’epoca tale nome era alquanto comune.
Le prime storie di Robin Hood lo vedevano come una persona del popolo, che praticava la criminalità spicciola in un periodo di confusione, in cui i baroni lottavano contro il potere del re e il popolo era costretto a vivere in miseria. Nel corso dei secoli, le storie su Robin Hood cambiarono per adattarsi ai tempi e alle esigenze emotive degli ascoltatori. Dal XVI secolo Robin Hood diventò un lord e apparve anche Marion, anch’essa di nobili origini. Robin diventerà un rifugiato nella foresta di Sherwood, perseguitato dallo sceriffo di Nottingham, ma in realtà non esisteva né la foresta né lo sceriffo.
Le imprese attribuite a Robin Hood erano frutto di fantasia, e tendevano a diventare storie in cui un eroe amato dal popolo trionfava sull’oppressore. Queste storie producevano un senso di sollievo e di riscatto che, ovviamente, rimaneva sul piano fantasmatico.

Nell’Inghilterra dell’epoca la vita era brutale, e la lotta alla sopravvivenza assai difficile a causa della povertà e delle malattie. La gente comune non sapeva leggere e scrivere, e non distingueva le storie inventate da quelle vere. Credeva alle imprese di Robin Hood come fossero reali, producendo l’idea di un eroe del popolo, che sfidava l’autorità crudele e ingiusta. Accanto a lui c’era anche un frate, Fra Tuck, attraverso il quale viene rappresentato il lato positivo della chiesa, facendo credere che anche il clero può essere vicino alle persone comuni e contro i corrotti.
In queste storie appariva anche il fuorilegge Little John e la sua banda, che simboleggiavano l’esistenza degli emarginati o dei ribelli che si davano alla criminalità spicciola.
Questi personaggi diventavano un canale per dare sfogo all’infelicità e alla rabbia. Robin Hood veniva vestito di verde che è il colore che simboleggia la libertà e la prosperità. Il clima in cui si svolgono le storie è gioioso, talvolta festoso. Robin è sempre in gruppo, è intelligente, coraggioso, è libero, e si diverte nello sfidare l’oppressore. Egli rappresenta il bene di tutti, la possibilità di porre fine all’infelicità e all’oppressione, e per questo è amato.
Nell’Inghilterra dell’epoca in effetti lo sceriffo poteva prelevare le tasse e ricorrere alla tortura o alla pena di morte se la legge veniva infranta. Egli basava il suo potere sulla paura. Robin giungeva a personificare il combattente coraggioso per la libertà e per questo diventava un “capo carismatico” che nella fantasia forniva sollievo emotivo. Tale sollievo serviva come catarsi e faceva perdere l’idea di poter sfidare concretamente l’autorità. A ciò contribuiva il far credere che Robin Hood non lottasse contro l’autorità ma contro la corruzione e l’abuso di potere. In tal modo si instillava l’idea che soltanto in casi rari l’autorità fosse crudele e corrotta, nascondendo che la miseria e le vessazioni di cui il popolo soffriva fossero in realtà dovute al sistema di potere e alle leggi vigenti.
Diventando nobile, dal XVI secolo Robin giungerà a personificare la sensibilità all’ingiustizia e i valori attribuita al ceto nobiliare. Da popolano un po’ selvaggio diventò un nobile filantropo, a testimonianza che non fosse il sistema di potere dei baroni e del re ad essere rigettabile, ma i rari casi di corruzione (“le mele marce”, direbbe oggi qualcuno).

Nel tempo la miseria riguardò sempre più persone, e crebbero la criminalità e la ribellione. Non bastarono più i menestrelli a dare sfogo emotivo. Per impedire che le persone impoverite diventassero pericolose per il sistema, il governo inglese approvò una legge (Le Poor Laws) capace di criminalizzare e uccidere tutte quelle persone che fossero rimaste a vagabondare o a mendicare. Anche nei secoli successivi furono emanate leggi assai crudeli e disumane contro i poveri. Nel 1572, la regina Elisabetta perpetuò leggi già approvate sotto Enrico VIII. C’era il reato di “vagabondaggio”, come oggi è stato inserito il reato di “clandestinità”, ossia si poteva condannare colui che era poverissimo senza che egli commettesse reati. Queste leggi permettevano di arrestare i vagabondi, di frustarli e di mozzare metà dell’orecchio. Se recidivo, il vagabondo veniva impiccato.
Lo sfruttamento lavorativo diventò nel tempo sempre più terribile, e col passare degli anni le proteste diventarono sempre più aspre, specie nei secoli XVIII-XIX.
Le sollevazioni dei contadini e degli operai venivano represse duramente ovunque. Ad esempio, una sollevazione degli operai manifatturieri del cartaio Jean-Baptiste Réveillon, nel 1831, si concluse con l’uccisione di centinaia di persone. Erano molte le leggi che vietavano ai lavoratori ogni tipo di protesta. Ad esempio, la legge francese Le Chapelier, del 1791, impediva il diritto di sciopero. Le proteste operaie venivano sempre considerate come un affare di polizia. Il gruppo al potere poteva anche ingaggiare picchiatori o persone incaricate di terrorizzare e impedire ogni protesta. I media, posti sotto totale controllo dell’élite dominante, argomentavano le proteste operaie come fossero gravi reati. Ad esempio, scriveva “Le Temps” del 1831: “Le agitazioni operaie sono contagiose ed esigono una pronta repressione”.(1)
Anche i tentativi del 1871, con l’istituzione della Comune a Parigi, videro una repressione sanguinosissima, che non risparmiò nemmeno donne e bambini. La Comune era un governo socialista, che rimase in carica dal 18 marzo al 28 maggio del 1871. Dal 2 aprile la città fu bombardata, e il 21 maggio le truppe di Versailles entrarono a Parigi, uccidendo migliaia di comunardi, compresi donne e bambini. Altri furono costretti ai lavori forzati. Complessivamente si stimano almeno 30.000 morti. Parigi rimase sotto legge marziale per cinque anni.
Il gruppo che deteneva ricchezza e potere si mostrava cinico, crudele e inflessibile nel difendere il proprio potere e i propri privilegi. C’era un notevole disprezzo per la popolazione, che veniva considerata ancora più nemica di un paese rivale. Louis-Auguste Blanqui disse che l’élite francese pensava che fosse “meglio il re di Prussia che la Repubblica”.(2)
Il disprezzo per il popolo si accompagnava al timore che esso potesse acquisire potere. Il pur minimo potere al popolo era del tutto aborrito dall’élite dominante. Gli intenti di quest’ultima erano di tenere sotto controllo l’incremento demografico, e di sottomettere completamente le classi popolari, anche col crimine o con la guerra. Ad esempio, uno dei padri della Costituzione statunitense, James Madison, dichiarò: “Un incremento della popolazione aumenterà per forza la proporzione di coloro che tribolano sotto le durezze della vita e che segretamente aspirano ad una più equa distribuzione delle sue benedizioni. Costoro possono nel tempo superare numericamente quelli che sono al di sopra dello stato di indigenza”.(3) Un altro padre della Costituzione americana, Governeur Morris, spiegò le priorità da porre per realizzare la società ideale: “Si è sempre detto in generale che la vita e la libertà valgono più della proprietà. Un’analisi accurata della materia, al contrario, dimostrerebbe che la proprietà è sempre stata il principale soggetto della società”.(4) Di questo avviso erano tutti i banchieri, i grandi capitalisti e i sovrani. Alexander Hamilton, che divenne Ministro del Tesoro Usa, sosteneva che “tutte le comunità si dividono nei pochi e nei molti. I primi sono ricchi e ben nati, e gli altri la massa del popolo, che di rado giudica e stabilisce giustamente”.(5)

Nel XX secolo fu attuata anche una durissima repressione antisindacale. Le lotte contro i sindacati e i gruppi social-comunisti divennero vere e proprie guerre in molte parti del mondo. I sindacalisti venivano perseguitati, criminalizzati attraverso i media e costretti alla clandestinità.
La Confederazione Generale del Lavoro (Cgt), nata nel 1902, organizzò e sviluppò il movimento operaio in Francia. Nel 1905 la Cgt organizzò una serie di scioperi e cortei a Parigi il primo giorno di maggio, per ottenere la giornata lavorativa di otto ore. La città fu assediata da 60.000 soldati, che arrestarono 800 persone. Centinaia di persone furono ferite, e due morirono. Il Primo maggio era diventato un giorno di rivendicazione in seguito allo sciopero di centinaia di migliaia di lavoratori (400.000 solo a Chicago) avvenuto il 1° maggio del 1886 negli Stati Uniti, represso nel sangue dai poliziotti, che sparando fra la folla uccisero cinque persone e ne ferirono diverse altre.
Si ebbero numerose lotte dei lavoratori anche in Gran Bretagna, Germania, Spagna e Italia. In Germania, il cancelliere Bismark, nel 1890, approvò numerose leggi antisocialiste, che vietavano lo sciopero e l’attività sindacale. In Italia nascono, fra il 1901 e il 1906, diverse formazioni sindacali, come la Federazione dei metalmeccanici (Fiom), la federazione dei braccianti e la Confederazione Generale del Lavoro (Cgl
). Questi sindacati organizzarono manifestazioni e scioperi, per ottenere aumenti salariali e la giornata lavorativa di otto ore, e le forze di polizia intervennero a reprimere e a rendere vane le rivendicazioni.
Uno dei metodi utilizzati dai poliziotti per poter iniziare la repressione era quello di infiltrare finti agitatori, che gettavano bombe o iniziavano a picchiare. Veniva creato un clima di violenza e di scompiglio, per criminalizzare i manifestanti bollandoli come “violenti” e per poter terrorizzare i lavoratori.
Il primo dopoguerra fu un periodo di veri e propri massacri per i lavoratori in sciopero. In Francia, in Italia, in Spagna, in Germania, negli Usa, in Argentina e in molti altri luoghi, si ebbero numerose sollevazioni represse nel sangue.
Il gruppo dominante non ebbe mai alcuna intenzione di scendere a compromessi con gli strati più poveri della popolazione e utilizzarono metodi criminali per osteggiare le lotte dei lavoratori. Il leader sindacale John Lewis disse: “Il governo francese preferisce mandare loro in corpo (dei minatori) una pallottola, piuttosto che mettere del pane nei loro stomaci”.(6)

Ai giorni nostri il gruppo dominante ha lo stesso disprezzo per i popoli, dimostrato attraverso analoghi metodi per impoverirlo e, in molti paesi, costringerlo a morire di fame.
Le strategie di protesta sono state modificate, specie nelle aree più ricche, attraverso potenti società di “think thank” o di “social networking”. Oggi è possibile condizionare la mente umana senza che le vittime ne abbiano consapevolezza, anzi, facendo credere loro addirittura di agire per protesta contro il sistema.

In teoria un think thank sarebbe un luogo culturale che utilizza i media per diffondere idee e fare ricerca. Quello che non viene detto è che tali “ricerche” sono spesso finanziate da persone molto ricche, che si nascondono dietro banche o grandi società. Queste persone non hanno alcun interesse a che la ricerca proceda in modo costruttivo e disinteressato, al contrario, hanno l’obiettivo principale di creare un’ideologia a loro favorevole o diffondere pseudo-conoscenze funzionali al loro interesse e utili ad eliminare eventuali dissensi o proteste.
Le strategie utilizzate da queste società o associazioni sono molteplici. Ad esempio si mira ad arruolare personaggi molto conosciuti e di grande fama, che già hanno la stima di milioni di persone, come scrittori, giornalisti o personaggi di spettacolo.
Queste persone scriveranno libri o articoli che metteranno in evidenza i concetti o le idee da loro propugnati, oppure presenzieranno in molti programmi TV o organizzeranno spettacoli, esponendo le tesi volute da chi li paga, in modo quanto più possibile efficace e spontaneo. Ad esempio, all’inizio degli anni Novanta molti personaggi parlarono spesso positivamente dei concetti di “neoliberismo” e di “globalizzazione”, dicendo parecchie menzogne e cercando di mettere in ridicolo chi già allora aveva subodorato l’inganno.
Da molti anni l’American Enterprise Institute (AEI) si occupava di produrre ed esportare l’ideologia neo-conservatrice in tutto il mondo e Dick Cheney ne era il vicepresidente (oltre ad essere vicepresidente degli Stati Uniti). Anche la Fallaci trovò grandi ispirazioni antislamiche praticando questo istituto. Diversi suoi libri nacquero da una committenza che pagò parecchio e la convinse quindi ad asserire anche concetti palesemente erronei dal punto di vista storico e culturale. La scrittrice e giornalista ripropose tutti i più comuni pregiudizi xenofobi in una nuova veste pseudo-intellettuale; parlò di invasione islamica, di arabo come un’unica categoria di persona poco intelligente e poco evoluta, e propagandava che secondo lei l’immigrato era sempre un terrorista criminale.

Un esempio recente di “social networking” è quello della Casaleggio Associati che è una società nata nel 2004, che si occupa proprio di strategie di persuasione che mirano ad orientare le opinioni e a veicolare il malcontento.
Ufficialmente la Casaleggio dichiara di occuparsi di “consulenza per le Strategie di Rete… gestisce, su mandato di Beppe Grillo, le attività e i processi legati alla vendita on line dei prodotti multimediali dell’Artista”.(7)
C’è da chiedersi perché Grillo dovrebbe aver bisogno di appoggio, e come mai prima del 2004 fosse più disposto a parlare di argomenti che oggi non tratta più. Col passare degli anni il “territorio” di argomenti trattati da Grillo si è via via ristretto, fino a comprendere soltanto i politici e altri personaggi corrotti, evitando sempre più di parlare dei corruttori. Il controllo da parte della Casaleggio potrebbe coincidere con la sua “rinuncia” a trattare temi che maggiormente denunciano le radici marce del sistema, come il signoraggio. Avere bisogno di “agenzie di business” risulta davvero sospettoso e pericoloso per un personaggio che mira ad apparire come colui che denuncia le magagne del sistema in modo indipendente.
Considerando poi che la Casaleggio Associati avrebbe fra i suoi partners anche la J. P. Morgan e la Biving Group, che a sua volta è legata a grandi corporation come la Monsanto, che è stata più volte citata in giudizio per gravissime violazioni ai diritti umani.
Esistono legami della Casaleggio anche con la società statunitense Enamics, che a sua volta ha contatti d’affari con molti grandi gruppi come l’American Financial Group, la Pepsico, la Northrop Grumman e la J. P. Morgan.

La Biving Group vanta di agire per condizionare le opinioni e non nasconde di aver lavorato durante le elezioni politiche statunitensi per condizionare il voto dei cittadini. E’ chiaro che queste società tutelano e proteggono il sistema, guadagnando cifre altissime, e cooptano i personaggi più influenti affinché agiscano in armonia con i loro obiettivi.
Peraltro, la Casaleggio pubblicizza anche Second Life, un gioco di ruolo di massa potenzialmente assai nocivo (vedi http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/01/infelicit-umana-e-disumanizzazione.html).

Le società di social networking parlano di “business”, e non precisano che per molte di queste società gli affari riguardano il controllo della mente delle persone, in modo tale da controllare il loro comportamento ed impedire che possano aversi proteste efficaci. Esse agiscono sull’analisi sociologica delle emozioni, elaborando tecniche complesse per attrarre le persone potenzialmente “pericolose” (come i giovani, le donne o gli intellettuali) all’interno di contesti in cui esse potranno manifestare le loro proteste “manipolate” oppure elaborare opinioni non pericolose.
il termine inglese “social network” indica una rete di persone che determina legami sociali e la possibilità di ricerche sociologiche e antropologiche. L’interesse di queste società è di fare soldi anche attraverso le partnership con altre società e banche illustri, che permetteranno loro di pagare i personaggi famosi che verranno arruolati alle loro “ricerche”.
In pratica si tratta di controllare il malcontento e di veicolarlo su binari non pericolosi per il sistema. Ad esempio, uno dei modi più innocui e inefficaci è quello della raccolta delle firme. Grillo negli ultimi anni ha fatto ampio uso di questo metodo, attivando migliaia di persone per poi, paradossalmente, presentare le firme a quelle stesse persone che egli aveva denunciato come corrotte!
L’effetto era che le persone che avevano firmato si sentivano di aver fatto qualcosa per protestare ed esprimere il dissenso, mentre invece le loro energie di protesta erano state rese sterili.
Grillo di sicuro ha detto molte verità, e per questo ha suscitato consenso e fiducia.
Egli utilizza imprecazioni, insulti, e parolacce come se la protesta fosse una cosa discinta, scurrile, come se non fosse da ritenere una cosa seria. Grillo usa moltissimo il coinvolgimento emotivo, si avvicina al pubblico, gesticola, fa le facce iperespressive, strabuzza gli occhi, muove le mani in modo da attrarre l’attenzione. E’ come
se dicesse col suo viso: “sono uno di voi”, “le mie emozioni sono le stesse che avete voi”, “capisco la vostra rabbia”. In realtà egli non sa cosa significhi essere precari o guadagnare soltanto poche centinaia di euro al mese, e dato che guadagna impedendo una vera lotta sociale e politica, dimostra di pensare soltanto ai suoi personali interessi.
Grillo fa gesti con le braccia e le mani, che potrebbero essere accettabili quando si intavolano discussioni fra vecchi amici al bar dell’angolo, ma non quando si stanno analizzando seriamente le gravi problematiche di mafia e corruzione che attanagliano il paese. Egli potrebbe giustificarsi dicendo che in effetti è soltanto un comico. E’ vero, è un comico, ma chi può negare che in questi anni è diventato un canale per molti giovani per sfogare la rabbia e sperare in un cambiamento? Chi può negare che, nonostante il paradosso che debba essere un comico a dire alcune verità del sistema, si sia prodotto in molti suoi fans l’effetto di suscitare gregarismo con la speranza di trovare in lui e nelle sue proposte un modo di reagire alle ingiustizie e alla corruzione? Se di un comico si tratta, senza dubbio egli è un comico sui generis, dato che nessun altro comico ha suscitato così tanto entusiasmo e ha promosso iniziative politiche o economico-finanziarie. Come osservava Erasmo da Rotterdam, ti possono lasciar dire quando passi per un personaggio poco serio, che dice le cose facendo ridere. Anche se dici quelle stesse cose che le autorità avrebbero il dovere di dirti e che invece ti nascondono.

Raramente Grillo parla del Terzo Mondo, o delle vittime di guerra in Africa o in Asia. Ha parlato dei cinesi per dire “sono troppi, e dove vanno a morire?”, non parlando, ad esempio, di ciò che avviene in Cina, come in India, ovvero l’impoverimento di moltissime persone causato delle espropriazioni volute per aumentare il processo di industrializzazione.
Grillo “educa” i giovani a manifestare in modo sterile e scomposto la loro rabbia, come se non vi fosse una carta dei diritti e non potessero pretendere con un comportamento serio il rispetto dei loro diritti. Questo significa incoraggiarli a sfogare rabbia per quello che si subisce, attraverso un comportamento “viscerale”, privo di autonoma elaborazione critica e di vera progettualità.
La lotta per i diritti è una cosa estremamente seria, da attuare con determinazione, intelligenza e capacità di smascherare i metodi mediatici per impedirla. Seguire da gregari un personaggio, per giunta un comico, è il metodo di protesta concessoci oggi dal regime. Ciò implica l’incapacità acquisita a sollevarsi in massa anziché limitarsi a scrivere sul blog di Grillo o a partecipare ai suoi spettacoli.
Un altro metodo utilizzato da Grillo ma anche da altri personaggi, come Travaglio, è quello di fare grandi ed efficaci discorsi di denuncia su alcuni argomenti o su alcune persone, cercando di indirizzare l’attenzione per distoglierla da altre persone e altri argomenti. Le loro denunce sono come “recintate”, altrimenti potrebbero scordarsi di avere tutto quel rilievo mediatico che hanno. Quando qualcuno fa notare loro le cose che “dimenticano” di dire, rispondono che essi non credono alle “tesi complottiste” o che bisogna pur avere fiducia in qualcuno, non si può dubitare di tutti. In altre parole, questi personaggi, per rimanere nel sistema e continuare a guadagnare soldi e popolarità, e nel contempo passare per “dissidenti”, cercano di liquidare i veri temi di protesta attraverso facili etichette come “complottisti” evitando in tal modo di considerare la veridicità dei contenuti che vengono sollevati.
Grillo, Travaglio e altri, pur svelando alcune verità, si valgono dunque anch’essi degli stessi metodi della propaganda di regime: etichettare per non considerare, generalizzare eccessivamente, deviare l’attenzione, occultare fatti, fare accordi con chi protegge il sistema, colpire i corrotti e nascondere i corruttori, ecc.
Con l’aggravante che essi si spacciano per persone che stanno dalla parte del popolo e non del potere, mentre la realtà è ben diversa.
Le lotte per la libertà e i diritti umani sono sempre state durissime, difficili e impegnative, illudersi che trovare un “capo” possa renderle più agevoli è utile soltanto al sistema. Più si è gregari e più si rischia di vivere in un sistema che ci tratta da schiavi.
Un’esistenza di qualità esige azioni di qualità, volte a renderci consapevoli di noi stessi e dei mille inganni che il sistema usa per farci rimanere sottomessi.
Nessun personaggio, comico, politico o giornalista che sia, dovrebbe sostituirsi al nostro cervello per farci vedere alcune cose e non altre e per dirci come e quando dobbiamo reagire al sistema.

Antonella Randazzo
Fonte: http://antonellarandazzo.blogspot.com/
Link: http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/07/la-protesta-ieri-e-oggi.html
15.07.08

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NOTE

1) Bordier Roger, in AA.VV., Il libro nero del capitalismo; Marco Tropea Editore, Milano 1999, p. 53.
2) Bordier Roger, in AA.VV., Il libro nero del capitalismo; op. cit., p. 57.
3) Cit. Gozzoli Sergio, “L’America: i plutocrati ‘eletti da Dio'”, in L’uomo libero, n. 54 1 ottobre 2002.
4) Gozzoli Sergio, op. cit.
5) Gozzoli Sergio, op. cit.
6) Rajsfus Maurice, ., in AA.VV., Il libro nero del capitalismo, op. cit., p. 108.
7) http://grillorama.beppegrillo.it/catalog/info/condizioni_vendita.php

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