LA POLITICA , LO SPETTACOLO E I GIOVANI

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DI HS
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Sabato 7 febbraio 2009; Milano , piazza San Babila ore 16 e 30 circa… Come in altre città d’Italia è in corso una manifestazione di solidarietà alla famiglia Englaro per quel che sta patendo… Sono perfettamente consapevole che l’assembramento è il risultato di un passaparola partito da esponenti del PD e dal altri spezzoni della sinistra. Intravedo alcuni importanti esponenti del centrosinistra – se è ancora lecito e corretto usare questo termine – milanese come Draghi e Monguzzi. C’è anche Gino Strada che da tempo non partecipava a manifestazioni di questo tipo sicuramente perché oberato da impegni più gravosi… Lo so , centrosinistra , PD e gli altri spezzoni “sinistrorsi” poco mi convincono nel loro modo di condurre la lotta politica , se veramente hanno intenzione di lottare contro lo scempio presente anche mobilitando la “vituperata” base e senza compromessi inaccettabili come in passato. I dubbi continuano ad arrovellarmi il cervello… Pur non essendo stato un prodiano nel vero senso della parola , rimango convinto che , nel poco esaltante contesto della politica ma anche della società civile italiana , il professore bolognese fosse quanto di meglio da offrire e , comunque , più “antiberlusconiano” ed antiautoritario lui di altri che professano tali dichiarazioni di fede. Il fatto , poi , che Romano Prodi fosse poco accattivante dal punto di vista mediatico me ne ha restituito un’immagine quasi da antitesi del berlusconismo , ben altra cosa rispetto al veltronismo che ne costituisce una versione morbida ed addomesticata. Ma tant’è…

Viviamo nel presente e con questo presente bisogna confrontarsi , un presente che si tinge di una grave crisi che investe oltre all’economia e alla finanza anche la politica , la società , la cultura e – perché no ? – il privato. Aver trascinato una tragedia privata come quella della famiglia Englaro nell’agone politico in maniera tanto cinica e disturbante fa tremare vene e polsi. Ho tastato… Ho tastato l’ignoranza di masse presumibilmente ideologizzate e fidelizzate intente a gridare il loro odio o quantomeno il loro disprezzo nei confronti di chi da diciassette anni ha potuto solo ascoltare le note dolenti della stessa canzone. Gente che grida , che condanna , che emette verdetti senza sapere veramente cosa sia l’altrui dolore. Non si tratta qui di confrontarsi sui temi dell’eutanasia o del testamento biologico , la scritta “Beppino Englaro assassino” è un’oscenità così come è oscena la pretesa di ergersi a paladino della cristianità da parte di chi condivide queste parole. Ma l’essenza del cristianesimo , comunque sia , non dovrebbero forse essere la pietà e il perdono ? Da tempo le gerarchie vaticane sembrano averlo dimenticato… Da incurabile agnostico – essere atei significa opporre un posizione opposta ma speculare e indimostrabile quanto quella del credente – ho idea che se esiste un Dio , non importa se trascendente o immanente , in fin dei conti , ha sempre mantenuto , mantiene e manterrà una posizione di distacco nei confronti delle nostre miserie e dei nostri dolori di uomini. Tuttavia mi consola poter credere anche solo per un attimo che lassù Qualcuno ha spento gli occhi ad Eluana per sottrarla a quella contesa politica tutta italiana , spregevole fino alla vigliaccheria , che sta tormentando questo triste paese. Finalmente si può lasciare che la famiglia Englaro pianga le sue lacrime in pace e nel silenzio dei media , lontano dal frastuono di questo tempo sciagurato. Lasciamo al privato quel che dovrebbe essere il suo spazio legittimo… Recuperiamo il senso dell’intimità , al contrario di quel che vorrebbe fare il Vaticano. Purtroppo questa dolorosissima vicenda è entrata nel contesto di un conflitto e di una contesa ben più ampi… E’ risaputo e non bisognerebbe ripeterlo che il Presidente del Consiglio , Cavaliere e Tycoon Silvio Berlusconi sta manovrando per imporre una versione autoritaria di assetto istituzionale e non si è fatto scrupolo di approfittare dell’occasione per accattivarsi la simpatia delle gerarchie ecclesiali mandando a carte e quarantotto un sentenza definitiva della Magistratura. Riforma della Giustizia , Pacchetto Sicurezza , norme anti immigrati , revisione dell’assetto della contrattazione collettiva , intercettazioni , ecc… fino al colpo di piccone definitivo – per usare un termine caro all’ex Presidente della Repubblica e “gladiatore” Francesco Cossiga – sulla Costituzione. Ed è questo , palesemente , il senso dei cortei , delle manifestazioni e degli assembramenti di questi giorni. Migliaia di cittadini , che non avevano certo sentimenti benevoli verso Berlusconi , si sono riversati in piazza San Babila per poi dirigersi per corso Monforte verso la Prefettura… Si gridava “Costituzione” a squarciagola , sotto una pioggia battente che avrebbe sconsigliato a chiunque di arrischiare anche solo una passeggiata… Un corteo per la sacrosanta difesa della Costituzione , dunque… Per me i termini della questione sono un po’ diversi : in questi anni si è fatto di tutto per demolire l’impianto costituzionale e le responsabilità non ricadono sul solo Berlusconi. C’è tutta una storia che entra a pieno titolo nel romanzo della Repubblica italiana fatta di tentativi di superare il disprezzato “parlamentarismo”. Noi cittadini dovremmo renderci pienamente conto che neanche più votiamo i deputati , che non esiste più la preferenza e ciò è già grave nocumento alla democrazia. Non dobbiamo difendere la costituzione , ma ripristinarla e per questo ci vorrebbero i pugni forti di una volontà che non si arrende anche se , nella lotta , si è autenticamente soli… Anche solo accennare a progetti di riforma costituzionale con tutto quello che è accaduto nel passato più o meno recente , è , a mio parere , piuttosto sospetto. Si cova la febbre di un presidenzialismo tutto all’italiana , retorico e autoritario nell’essenza. Mi inquieta il pensiero che in fondo , fra le forze partitiche ed istituzionali , la differenza sull’argomento , non è tanto sul merito quanto sul metodo.

Berlusconi coltiva una concezione “monarchica” , carezzando l’idea di mettere la briglia a Magistratura e Parlamento , “sgovernando” così – in tempi di Crisi il nostro trova pure il tempo di occuparsi di Fiorello e di Kakà – da vero e proprio sovrano infischiandosene non solo delle minoranze – come suggerito dal suo maestro politico , l’ineffabile e incorreggibile Gelli – ma pure delle stesse maggioranze e dei suoi alleati partitici. Una costituzione e un presidenzialismo , insomma , a immagine di Berlusconi. Dall’altro la visione di chi come Massimo D’Alema e il Presidente della Camera Gianfranco Fini , approfittando dell’insofferenza nei confronti delle intemperanze e della febbre autoritaria di Berlusconi , vorrebbe addivenire ad una soluzione “bipartisan” , edulcorata , ma sicuramente di sostanziale superamento e definitivo accantonamento del parlamentarismo. In tal caso ci troveremmo di fronte non ad un conflitto di civiltà o sui valori , ma all’ennesima competizione fra poteri , contesa in cui giocherebbe un ruolo non secondario la diffusa anche se celata voglia fra forze politiche trasversali di sbarazzarsi – politicamente si intende ! – del Cavaliere il quale , da monarca assoluto , non vuole condividere il potere con nessuno. Dalla sua il Berlusca non gioca solo la carta della demagogia e del populismo , ma cerca soprattutto di accattivarsi gli altri Poteri , quelli che in Italia contano forse più dei partiti , vale a dire la Confindustria , il Vaticano e taluni ambienti americani che non rinunciano a trattarci come una colonia… Ambienti in cui Berlusconi può sicuramente contare sull’appoggio di molti amici ed alleati. E allora ? Allora bisogna essere “machiavellici”, essere empatici di fronte al Potere per poter veramente comprendere e quindi agire di fronte ai leoni (Berlusconi) , alle volpi (D’Alema e Fini) e – perché no ? – anche nei confronti dei ghiri (Veltroni) , i goffi e maldestri “addormentatori” di coscienze. Un discorso molto “realista” che , un po’ fa a botte con la mia partecipazione di sabato… Perché , con queste premesse , si dovrebbe partecipare a manifestazioni indette dal centrosinistra o dal PD seppure sulla base di sentimenti anche popolari genuini ? Potrebbe essere , se non controproducente , inutile oppure solo una valvola di sfogo rispetto ad una situazione che sta evolvendo in modo affatto diverso da quello agognato… In attesa che si possa veramente edificare una nuova politica , una più efficace azione per ripristinare la Costituzione repubblicana rimane però prioritario impedire che l’attuale Presidente del Consiglio faccia deragliare questo treno sgangherato. Nelle sue mani rimangono le principali leve del Potere e cinque anni di legislatura .- in cui tutto può accadere ! – sono troppo lunghi. Anche la partecipazione ad una manifestazione come quella di sabato , senza per questo condividere quel che stanno facendo le “opposizioni” – non è privo di significato e testimonia dell’esistenza di un’Italia che ancora è capace di dire di no al sovrano…

Il lettore perdonerà questo lungo preambolo risultato della mia mania di divagare… Lo può prendere come le righe di un piccolo diario personale per invitare alla riflessione su questi giorni poco lieti. La trattazione di cui sopra , relativa alla manifestazione spontanea e al corteo del 7 febbraio , serve ad introdurre l’argomento al centro di questo scritto , ovverosia i giovani e , dunque , i giovani e la politica ; i giovani e lo spettacolo. Cosa c’entra l’assembramento del 7 febbraio con i giovani ? Il dato più curioso , immediato e forse più inquietante che ho registrato in quella circostanza consistette sicuramente nella scarsa presenza di giovani e giovanissimi. Mi guardavo intorno , a piazza San Babila e in Corso Monforte , in quella che aveva tutta l’apparenza di una inarrestabile fiumana e scoprivo di appartenere ad un’età anagrafica fra le più giovani paragonata a quella della grande maggioranza dei partecipanti , che , nella media , faceva fra i 50 e i 60 anni. Eppure non mi reputo più giovane essendo nato agli inizi degli anni Settanta… Figuramoci come giovanissimo ! Faccio parte di quella generazione di “mezzo” , che si avvia verso gli “anta” anche se conserva molte caratteristiche e molti tratti del tipo “giovane”. Si sa , la vita si è allungata ed anche le fasi della vita si sono allungate. Come abbiamo tristemente scoperto , l’era della postmodernità ci consente pure di sopravvivere a noi stessi , di sfuggire la morte per anni e anni , distesi su un filo sottilissimo sospeso sul vuoto… In condizioni pietose… Rimane quel dato di fatto : a piazza San Babila i giovani e i giovanissimi erano davvero pochini e su questo non ho potuto far altro che rimuginare tentando di rispondere agli interrogativi sul perché di quella scarsa presenza…

Forse che i più anziani , le generazioni più mature sono ancora sostanzialmente più forti , temprate alla lotta e , in definitiva , più salde nelle proprie convinzioni ? Forse che quel giorno pioveva veramente a dirotto e sarebbe stato meglio darsi ad altre più fruttuose occupazioni al riparo dal diluvio ? Forse che , nonostante il Movimento dell’Onda contro la riforma del sistema educativo e dell’istruzione voluto dal Ministro Gelmini , quell’impegno era ancora troppo “settoriale” e manca ancora nei giovani e giovanissimi una chiara consapevolezza di un impegno politico di più estesa portata ? Forse che – e il dato inquieta assai ! Guardatevi il DVD “NaziRock” di Claudio Lazzaro edito dalla Feltrinelli – sulle giovani generazioni , soprattutto fra coloro che sono nati nei primi anni Novanta , ha avuto ed ha ancora forte presa l’opera di “proselitismo” delle estreme destre sui giovani (si pensi agli ultrà da stadio e alle curve)? Forse che i ragazzi vogliono solo divertirsi , soprattutto al pomeriggio del sabato sera ? Divertirsi… divertirsi… divertirsi…
“Girls just want to have fun” recitava una simpatica ed orecchiabile canzoncina di Cindy Lauper , una hit nei primi anni Ottanta e manifesto dell’edonismo di quegli anni che , poi , si sono prolungati fino all’oggi. “Girls” ma non è veramente il caso di fare differenze di genere ed aggiungiamo “and also boys”. Possiamo suddividere il tempo della vita di un individuo qualsiasi in tre “tempi” : quello dell’impegno personale , quello dell’impegno verso la collettività e quello , allegro , dl disimpegno.
Il primo consiste nel dovere realizzato nel lavoro e nello studio nel caso dei giovani e giovanissimi.
E’ personale in quanto è sì un imperativo dettato dalla collettività – quando si lavora non si è forse responsabili di fronte a “terzi” ? – ma , al contempo , è essenziale per la nostra crescita e per la nostra sopravvivenza quotidiana. In definitiva riguarda noi e il nostro “essere in quella società”. Certo , possiamo pure scegliere di rifiutare questo tempo , dedicandoci alla meditazione o al misticismo , o di fuggirlo , ma si tratta di una “secessione dalla società” , la costruzione di un “altro tempo” che annulla pure gli altri due e richiede un grandissimo sforzo della volontà.
Il secondo può venire tranquillamente annullato. Nulla vieta a chicchessia di occupare il tempo in un impegno che è , innanzitutto profondere le proprie energie per il miglioramento o quel che si reputa tale della società. Politica , missione religiosa , impegno sociale… E’ il tempo della “militanza” dedicato al servizio della collettività che , essendo non necessario , rappresenta un sacrificio più o meno grande di noi stessi , del “nostro essere nella società” per privilegiare il “nostro essere per la società”.

Nel contesto dell’argomento in questione il terzo tempo , quello del disimpegno , ci interessa certamente di più. In qualche modo è connesso al concetto di divertissement pascaliano. Coincide con l’evasione , il vero e proprio tempo “libero” (veramente “liberato” ?). La nozione di evasione si confonde , poi facilmente , con quella di divertimento , ossia il libero sprigionarsi del principio del piacere… Il tempo del disimpegno diventa , soprattutto nelle società postmoderne , il tempo del divertimento e del piacere in cui fare , appunto quel che più ci piace ed aggrada.
Posta così questa distinzione pare proprio che , a differenza del tempo variamente “impegnato” , quello “disimpegnato e libero sia veramente libero nel senso genuino della parola… Il tempo in cui realizziamo compiutamente noi stessi… Le cose non stanno proprio così…

Se consideriamo la postmodernità in relazione alla tripartizione del tempo , possiamo costatare come , da un lato , la sua riorganizzazione neoliberista , postindustriale e , appunto postmoderna , concentri notevoli risorse ed energie per disincentivare o , comunque , ridimensionare il tempo dedicato all’impegno “collettivo” , quindi più eminentemente politico e come dall’altro mantenga l’antica propensione a “impegnare” gli individui nell’altro senso. La vera novità introdotta dalla postmodernità è rappresentata dall’attenzione riservata al tempo libero e disimpegno , infatti , con la crescita economica che negli ultimi cinquant’anni si è manifestata nel “mondo occidentale” , molto tempo è stato “liberato” e uomini , giovani e meno giovani , hanno potuto usufruire di tempo disoccupato dallo spazio del lavoro. Al contempo si è sviluppata tutta una “industria” , un settore produttivo e merceologico che si è specializzato nel tempo libero , nel divertimento , nello spettacolo , ecc… realizzando sempre più lauti profitti. Introiti e profitti che si sono sempre accompagnati all’imposizione di gusti , mode e tendenze… Di qui l’illusione della libertà : l’individuo rimane fondamentalmente un consumatore e fruitore di prodotti altrui e le sue inclinazioni vengono istillate tramite mezzi ed espedienti come la pubblicità. L’industria del tempo libero , del divertimento e dello spettacolo funzionano come qualsiasi altra industria : producono per vendere e adottano strategie di marketing per impadronirsi dei gusti del consumatorefruitorespettatore. Come è stato argutamente affermato , il giovane non vuole conoscere la vita , ma ha fame di vita. Quindi vuole vivere il suo tempo libero , inevitabilmente dilatato… La canzone di Cindy Lauper… Inevitabilmente finisce per essere il principale “oggetto” delle attenzioni dell’industria del tempo libero , il suo “fruitore – tipo” e , quindi , la maggior fonte di incasso. Solo in un senso il giovane risulta “sovversivo” rispetto alla postmodernità : dilatando all’eccesso il tempo del disimpegno finisce anche per comprimere il tempo dell’impegno personale sul lavoro e con lo studio. La società postmoderna , nel suo abbracciare incondizionatamente la crescita , lo sviluppo e l’evoluzione tecnologica , permane paradossalmente uguale a sé stessa ed il suo “istinto conservatore” richiede un riequilibrio nell’organizzazione del tempo. Da qui l’atteggiamento un po’ ambiguo nei confronti della gioventù : utile pollo da spennare finchè non adotta comportamenti pericolosi per una certa nozione di società…

Spazi , luoghi , tempi , ambiti , ecc… Parchi a tema , PC , internet , cellulari , videoregistratori , bestseller letterari , televisione e talk show , concerti “rock” e “pop” , musica leggera , cinema commerciale e di cassetta , calcio e divismo calcistico , fumetti , videogames , parchi giochi e luna park , pub e locali vari , ecc… E ancora gli eroi della postmodernità , l’umanità “vippara” fatta di soubrette , veline , intellettuali prezzolati , mediocri giornalisti e critici – pubblicisti , “tuttologi” ed opinionisti , ospiti televisivi e presentatori televisivi , scrittori di “tendenza” , cantanti di successo , registucoli , attorucoli , attricette , calciatori divi , illustri sconosciuti che fanno ingresso nel bel mondo , ecc… Evasione , divertimento , rappresentazione , simulazione , intrattenimento ed esibizione… In una parola : spettacolo ! Show must go on non è una canzone dei Queen , ma l’imperativo postmoderno di una società votata allo spettacolo che diventa sempre più omnicomprensivo e onnivoro. Nell’ambito del tempo libero e disimpegnato lo spettacolo , la “messa in mostra” diviene il luogo principale e più frequentato. Ne deriva , quindi , che fra i “settori” dell’industria del tempo libero , quello dello spettacolo , inteso nel più ampio e vasto significato , rivesta il ruolo principale e da protagonista dell’intrattenimento “popolare”. E’ comune convinzione che il termine spettacolo rimandi alle facoltà creative dell’uomo e , di conseguenza , all’arte propriamente intesa. Era forse vero in passato , ma l’odierna realtà ci insegna invece che persiste una autentica scissione fra arte e spettacolo. Il paragone più calzante per ciò che afferisce questa distinzione e progressiva differenziazione potrebbe essere ricondotto alla divaricazione storica fra artigianato e industria. La produzione in scala ha scardinato il sistema artigianale e ha concentrato la fabbricazione dei prodotti in grandi unità produttive. Rimane il fatto che , a differenza dell’artigiano , l’operaio non è padrone del processo produttivo e , quindi , dei meccanismi che presiedono alla realizzazione dei prodotti. L’artigiano può esercitare la sua creatività , l’operaio no… Le facoltà creative appartengono , però , o dovrebbero appartenere all’arte che , immediatamente , trasmette l’idea di qualcosa completamente al di fuori da logiche produttive e di mercato. La crescita , la liberazione del tempo libero e , quindi , l’estensione dell’industria dello spettacolo o “culturale” , secondo il termine coniato dal filosofo della Scuola di Francoforte Adorno impongono , invece , esattamente quelle logiche. Lo spettacolo è propriamente un prodotto da realizzare e vendere e , perché no ? , da pubblicizzare perché abbia l’agognato successo e , quindi , incasso. Lo spettatore è esattamente quello che dovrebbe essere in una società neoliberista , consumista , edonista e postmoderna : un cliente. Sulla base di un tale discorso la divaricazione fra arte e spettacolo si palesa immediatamente : come l’industria nasce in ambito produttivo e , quindi , costituisce il superamento e l’ulteriore “evoluzione” del sistema artigianale così lo spettacolo , nella sua accezione postmoderna , riprende le forme espressive delle arti per “industrializzarle” e “commercializzarle”. Su questa base è possibile tracciare una distinzione , almeno concettuale , fra artista e l’uomo di spettacolo. Il primo scevera e traduce le sue corde personali , innanzitutto , che , essendo fatte delle stesse sostanze altrui , vengono declinate in un linguaggio che avvinghia colui che si trova al cospetto dell’opera. Sempre , naturalmente – ma questo è un altro discorso – , che si tratti di un bravo artista… Quel che conta è l’intenzione e l’artista è colui che dà libero sfogo al suo spirito creativo e nella vera arte si manifesta sempre qualcosa di misterioso ed ineffabile… L’artista cerca di addomesticare e piegare forze misteriose che , per molti versi , lo soggiogano , forze che da sempre rappresentano il mistero della natura umana. L’uomo di spettacolo non è un artista nel vero senso della parola : è un venditore , un intrattenitore , un saltimbanco ed un pagliaccio che , a differenza dell’operaio , è un particolare lavoratore dipendente “a contratto” che , in caso di successo può anche sistemare sé stesso e i familiari per la vita e forse più. E’ fatto per vendere un prodotto ed è lui stesso il prodotto… Non è dotato di vera creatività anche se ha doti da saltimbanco , perché lo scopo che persegue è alieno dall’arte. Non ci sono forze da soggiogare , niente senso del mistero e dell’ineffabilità , solo il solletico alla superficie della pelle dello spettatore. Nessun vero sforzo creativo , ma solo la furbizia del mestiere per accattivarsi il fruitoreconsumatorespettatore. Di qui anche la differenza fra l’opera d’arte che supera le barriere del tempo e il semplice prodotto usa e getta , lo “spettacolino” che dura poco più del tempo di un giorno. L’industria dello spettacolo è una grande e remunerativa macchina che produce “spettacolini” usa e getta , imponendo effimere mode e tendenze. All’assenza di senso del mistero si accompagna anche quella della bellezza che caratterizza l’opera d’arte. Anzi , ciò che sembra dominare i tempi odierni pare essere la bruttezza , la mancanza di buon gusto , il trash , come si etichetta oggi , diventato tanto alla moda. Intendiamoci , non necessariamente ciò che è spettacolo è da rigettare e da disprezzare.

C’è differenza fra spettacolo e spettacolo e l’intrattenimento è pure qualcosa che deve essere presente in certe dosi nella vita quotidiana e può essere realizzato in maniera realmente piacevole , gradevole e divertente. Resta il fatto che , al giorno d’oggi e più in generale in tempi postmoderni , regnano sovrani l’effettismo , il sensazionalismo , la violenza , la truculenza , la volgarità ed il turpiloquio fine a sé stessi. Bruttezza , cattivo gusto , trash… Perfino il talento , sia pure da semplice intrattenitore o saltimbanco non è più molto quotato : si può essere mediocri , il nulla e fare spettacolo… Lo spettacolo impregna di sé ogni dove ed essendo tutto finisce per essere nulla… Il trionfo del virtuale… A ciò hanno contribuito i mass media di fine secolo ; non tanto la televisione e il tubo catodico , ma piuttosto la diffusione dei PC , internet e i telefonini… Siamo un popolo di voyeur , di spettatori dell’”osceno” e , al tempo stesso siamo gli “autori” , gli artefici… Essendo tutto e nulla , lo spettacolo , le barriere fra realtà e finzione , fra quotidiano e rappresentazione vengono a cadere. Impera lo spettacolo dal “vivo” : la violenza và spesso di scena. Stupri e immagini raccapriccianti filmate dai cellulari , violenze assortite scaricate in maniera compiaciuta su Youtube. La leggenda metropolitana degli “snuff film” si è inverata in maniera insospettabile : non nella clandestinità come un tempo si paventava , ma alla luce delle stanze di normali ed ordinari appartamenti e negli spazi aperti delle piazze e dei giardini. Anche la pornografia diviene di massa e popolare , non più confinata nei circuiti cinematografici a “luce rossa” e con la diffusione di massa della pornografia cade definitivamente ogni velo che copriva privacy ed intimità. I gesti e i comportamenti sessuali e quelli più intimi che un tempo venivano celati da un senso piuttosto diffuso del pudore sono ormai di pubblico dominio e danno , appunto , spettacolo… Non si tratta di fare speculazioni bassamente ed ipocritamente moralistiche , ma di ravvisare come , mostrando tutto quel che v’è di apparentemente mostrabile senz’altro fine che quel mostrare compiaciuto , si perde ogni senso del mistero e , quindi , anche della bellezza. E in tutto questo molto rimane di finto e di simulato conservando quel che v’è di spettacolare e “uccidendo” forse inconsapevolmente quel che rimane di reale. L’esempio più eclatan
te è costituito dai realities televisivi dove , contrariamente al termine con cui si designa il genere , si riproduce e simula una vita che si pretende reale e quotidiana. Ormai sappiamo quanto i meccanismi di realizzazione di questi pretesi prodotti televisivi rivestano tutti i crismi della finzione , veicoli per lanciare e rilanciare illustri sconosciuti , personaggi in decadenza e gente in cerca di fama. “Il Grande Fratello” è l’esempio emblematico…

Come , più in generale per l’industria del tempo libero , il giovane è il principale destinatario e fruitore dell’industria “culturale” (o , spesso , “subculturale”) e dello spettacolo , perché il giovane , il giovanissimo , l’adolescente e il ragazzino sono esseri umani , uomini informazione e maturazione , quindi , per certi versi , più fragili e prede delle facili logiche del mercato. Rileggetevi “Pinocchio” di Collodi : come non comprendere l’attrattiva esercitata su un ragazzino qualsiasi dal Paese dei Balocchi ? Ma gli omini di burro non sono solo frutto della fantasia e , oggi come oggi , sono pericolosi pure per gli adulti. La vita , si diceva , si è prolungata e così pure le fasi del ciclo di vita… In particolare la fase della “giovinezza” si è estesa indefinitamente : la società postmoderna è essenzialmente una società “giovanilista”. Si pensi a tutti quegli uomini e quelle donne mature che ricorrono , conto in banca permettendo , al chirurgo estetico per ringiovanire definitivamente. C’è una vera e propria sindrome di Peter Pan che cova fra gli ultraquarantenni e gli ultracinquantenni. Così , pure , si adottano stili e gusti che assomigliano sempre più a quelli dei figli , si assiste a spettacoli da ragazzini ed adolescenti , ci si rifugia nel passato adolescenziale senza avvertire poi questa distanza eccessiva , ci si trastulla con telefonini ed altri aggeggi come ragazzini , ecc… Ma tutto questo non ha un retrogusto un po’ trash ? Lo iato generazionale non è più fra maturi e giovani , ma fra giovani che occupano spazi e tempi apparentemente diversi…
I giovani , quelli veri , vivono le loro storie e le loro emozioni come hanno sempre fatto , ma in un contesto diverso , un contesto , appunto , in cui lo spettacolo è onnivoro ed omnipresente…

Se si vuole affrontare un tema tanto ampio quanto i reciproci rapporti ed intrecci fra politica , spettacolo , giovani (e “giovanilismo” ?) non si possono trascurare proprio gli anni in cui la postmodernità cominciò ad imporsi. Il boom e la crescita economica fra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta liberarono nuovi desideri e bisogni. Non si può negare che il tempo della gioventù e quello dell’adolescenza siano sempre state all’insegna del desiderio. La crescita economica e la “liberazione” del tempo determinano la ribalta di nuovi soggetti , con tutti i loro bisogni ed inclinazioni , come i giovani. Ne consegue anche la crescita della macchina industriale che sforna prodotti giovanili di ogni tipo. Il rapporto con una società che è già “altra” rispetto al tradizionalismo e all’”autoritarismo” del passato produce la divisione generazionale ormai analizzata e sceverata fino alla nausea. Quel che vorrei invece rilevare è come si sia sempre posto l’accento sul carattere “impegnato” , nel senso politico del termine , della generazione di giovani formatasi negli anni Sessanta (ma anche Settanta) e ciò non può essere negato… Tuttavia la realtà dei fatti a me pare più complessa e , in certo qual modo , complicata. Da un punto di vista strettamente antropologico hanno inciso maggiormente in quegli anni Marx , Mao e Marcuse o i Beatles e i Rolling Stones ? L’impegno politico giovanile si impregnava di quel tanto di “spettacolare” , “disimpegnato” e “divertente” che costituiscono altrettanti attributi della “gioventù”. Non si possono sopravvalutare le tematiche legate al tempo libero , al privato e alla liberazione individuale. La stessa rivoluzione psichedelica , con tutto lo strascico del ricorso dell’uso di droghe ed allucinogeni , ha prodotto risultati nell’ambito dello spettacolo e creativo , non certo politico o quantomeno , molto meno in questa sfera. Alla fine il “sovversivismo” ed il carattere “rivoluzionario” della maggior parte delle frange sessantottine è stato intercettato proprio da quell’industria “culturale” che , peraltro , si pretendeva di voler combattere. Presto è venuta la resa… E la politica ? A partire da quegli anni si spettacolarizza grazie soprattutto ai moderni o postmoderni mezzi di comunicazione di massa a partire forse e soprattutto con il Pesidente USA John Fitzgerald Kennedy molto abile ed accorto nel saper sfruttare le nuove possibilità. Se il giovane – tipo degli anni Sessanta è sì diventato il consumatore – tipo dell’industria “culturale” , dello spettacolo e del tempo libero , non si può dimenticare come , quantomeno agli inizi , e con ottimi risultati nell’ambito della musica rock e pop della fine degli anni Sessanta , ha esercitato la sua influenza nell’imporre un nuovo gusto. Agli inizi l rapporto doveva essere quantomeno reciproco : nuovi gusti , nuovi linguaggi , nuove mode , ecc… Non posso far quindi a meno di pormi questa domanda : quanto la cultura giovanile ha inciso sulla spettacolarizzazione della politica ? Non si può dimenticare che l’immagine di Kennedy è sempre stata quella di un Presidente giovane , postmoderno e brillante. Difficile rispondere… Sicuramente i giovani di allora sapevano padroneggiare i nuovi mass media meglio dei loro padri proprio come accade alle odierne generazioni per quel che riguarda internet e i cellulari. Ma quali forme prende il fenomeno della spettacolarizzazione della politica ?

Spettacolarizzazione della politica , ma anche “politicizzazione” dello spettacolo… Tendenze certamente americane o , comunque , anglofone… Negli USA le campagne presidenziali sono gigantesche e costosissime kermesse in cui il candidato si esibisce come un teatrante o un attore per strappare gli applausi al suo pubblico che , essendo il “suo” pubblico , gradisce , ringrazia ed applaude… Un tripudio di retorica “spettacolare” che nulla concede al dibattito o al confronto che , di regola , si svolgono altrove. La recente campagne del candidato presidenziale nero Barack Obama ha stupito per il “titanismo” dello spettacolo allestito. Non deve quindi stupire se , in fondo in fondo , un modello non ammesso di gran parte dei candidati presidenziali di questi ultimi trent’anni continua ad essere l’ex attore hollywoodiano di mediocre talento Ronald Reagan , un personaggio che ha sfruttato ampiamente la sua precedente esperienza. Poco importa che il suddetto avesse alle spalle anche un passato da maccartista , delatore di presunte spie comuniste ad Hollywood fra i colleghi e che il suo modello per la politica estera fosse il machismo della serie “Rambo”. Non sarebbe sorprendente scoprire in un futuro non molto lontano che tale eredità verrebbe raccolta da Arnold Schwarzenegger , l’attuale governatore della California – carica che ricoprì anche Ronald Reagan – , dopo essersi a lungo conteso gli spettatori con Sylvester Stallone in film sempre uguali e violentissimi , con l’esibizione di gesti da duro ed armi terrificanti nel più autentico spirito americano o , almeno per coloro che lo ritengono tale.
Politica che si fa spettacolo e spettacolo che si fa politica… Esempi lampanti sono stati forniti dai due concerti Live Aid , le Woodstock dell’”umanitarismo” a buon mercato. L’impegno sociale diventa il pretesto per quelli che sono giganteschi spettacoli con la partecipazione della più note star della musica rock e pop. D’altronde pure a Woodstock i giovani andavano soprattutto per divertirsi.
Il pretesto principale è quasi sempre la miseria e la fame nel Terzo Mondo ma , gratta gratta , si comprende presto come in queste operazioni contino soprattutto la pubblicità e l’autopromozione e come il tutto suoni come una sorta di lavanderia per ripulirsi della falsa coscienza. Ai giovani , alla maggior parte dei giovani , poi , della fame del mondo non gliene frega proprio niente e si accontentano di gustarsi le esibizioni dei loro idoli. Se veramente si avesse a cuore problemi tanto gravi ed urgenti , allora meglio sarebbe abbandonare i panni della star fra chitarre costose e i milioni e fare veramente la vita del “missionario” , inteso come colui che si dedica ad una missione che coinvolge l’intero senso della vita. Oppure può dedicarsi personalmente alla beneficenza , ma nella discrezione e nel riserbo , come ha fatto l’Albertone nazionale , considerato in vita un pidocchioso ed un tirchio. Invece tutto è esibito , tutto è ostentato , tutto viene “spettacolarizzato” all’eccesso… L’”umanitarismo” ed il presunto impegno civile e sociale celano spesso operazioni pubblicitarie , una certificazione nel mondo dello spettacolo. Accanto al “partito hollywoodiano” dei produttori , dei registi e degli attori , cui accenneremo più avanti , esiste anche quello che potemmo definire il “partito MTV” delle star del firmamento musicale. Grandi partiti e potenti multinazionali… Al di là di qualsiasi considerazione di carattere estetico , morale , etico o politico che a dir si voglia , si tratta di enormi e poderose macchine costruite per fare soldi con lo spettacolo ed il divertimento. Impongono e cavalcano mode , stili , gusti e tendenze.
Non si dovrebbe dimenticare come lo star system , americano ma non solo , appoggiò entusiasticamente il Presidente Bush jr. qualche anno fa nell’enfasi e nell’esaltazione del motto “siamo tutti americani” per poi gettare il suddetto nella melma. Per questo voltafaccia si accampa in genere la giustificazione che Bush jr. non avrebbe saputo prevedere e governare la Crisi. Il che è assolutamente vero , ma sarebbe stato più decente “accorgersi” prima di quello che stava realmente attuando l’amministrazione repubblicana , invece si è cavalcato il solito conformismo con il consueto opportunismo. Bush jr. , per un periodo non proprio breve , ha avuto dalla sua la genuflessione dei mass media , del mondo dell’ informazione , dello spettacolo e del star system con pochissime voci di dissenso e fuori dal coro. Basterebbe riguardarsi i film americani di qualche anno fa e ascoltarsi la musica pop dello stesso periodo… L’entusiasmo da Bush jr. si è trasferito su Barack Obama , ma non potrebbe essere un altro modo per gridare che , in fondo , “siamo tutti americani” ? Se il cinismo e l’opportunismo governano spesso e volentieri le azioni dei politici , bisogna ammettere che forse ben più spesso e volentieri i personaggi dello spettacolo sono un po’ puttane…
Lo spettacolo impregna di sé la politica e la politica impregna di sé lo spettacolo , così come , entrambe , impregnano di loro l’informazione… Contano l’applauso , la strizzatina d’occhio , la risatina , l’essere accattivanti… Quando lo spettacolo invade il territorio della politica è , sostanzialmente , per fare di argomenti seri , uno spettacolo , mentre quando avviene l’inverso si sostituiscono i codici “spettacolari” ai linguaggi della politica. L’effetto è uno solo ed ha una parola sola : banalizzazione… Mortificante , costernante ed imbarazzante se si guarda con occhi lucidi. Se spesso la vita e i fatti della vita dovrebbero assumere i contorni della tragedia o , almeno , del dramma , tutto si riduce ad un grottesco carnevale… E qui si scioglie quell’ambiguità che avvolge la politica – spettacolo o lo spettacolo – politico , ovverosia la relazione fra due parole che compongono un ossimoro , perché l’una è sinonimo di impegno e l’altra del massimo disimpegno , pura evasione… In realtà lo spettacolo assorbe tutto e sminuzza la stessa politica che “muta” in qualcos’altro. Forse non è propriamente spettacolo ma neanche politica nel senso comunemente inteso della parola. Politica dovrebbe essere militanza , servizio nei confronti della collettività e , di conseguenza , richiederebbe un metro di misura “serio” delle cose.

Accade esattamente il contrario : circolano le parole a vuoto , il nonsenso , la voglia di ottenere consenso “piacendo”… La politica che dovrebbe essere terreno di confronto e , se necessario , scontro sui reali problemi della collettività , viene semplicemente bandita. Il politico finisce per indossare i panni del teatrante , dell’attore , del cantante , dl saltimbanco e del pagliaccio allo scopo precipuo di ottenere consenso , di guadagnare voti e di “piacere”. Siamo di fronte all’ennesima forma di confusione postmoderna che forse proprio in Italia , ancor più che negli USA , ha raggiunto livelli di guardia. Politica , informazione e spettacolo vengono impastate per prodotti molto spesso indigesti… Politici che fanno i cantanti e i comici – anche se , con la Crisi , non fanno più molto i buffoni – cantanti e comici che “fanno i politici”… Attori e uomini dello spettacolo che vanno in Parlamento… Talk show che masticano e triturano politica , cronaca nera , spettacolo ed intrattenimento… Spettacoli come “Domenica In” che ospitano dibattiti “similseri”… Programmi di denuncia che ricorrono sempre più spesso ad espedienti da enterteinment ed altre squisitezze. La stessa tripartizione della politica italiana (berlusconismo , veltronismo e anche “dipietrismo”) rappresentano tre declinazioni diverse del “fare spettacolo”. Vediamole…

Berlusconi è il volto stesso della politica –spettacolo o dello spettacolo – politica , essendo soprattutto un tycoon che si trastulla con gingilli come televisioni , radio , giornali e periodici , case editrici e discografiche , case di distribuzione e produzione cinematografica , squadre di calcio , ecc… Quando parla e fa i suoi comizi , in realtà si esibisce : non canta e non dice semplicemente barzellette , ma vuol essere accattivante , un grande uomo di spettacolo. Tutto lo stile berlusconiano e forzitaliaota ha un che di “spettacolare” ed “americaneggiante” a cui di deve aggiungere , però ,il contributo della gerontocrazia della televisione e dello spettacolo con i suoi Bongiorno , Vianello , Mondaini , Zanicchi , ecc… e , naturalmente una robusta dose di trash che , non a caso , è stato oggetto di rivalutazione spesso scomposta ed acritica in questi anni. C’è molto di terribilmente sguaiato , da commedia sexy e da film barzelletta nell’allestimento spettacolare del berlusconismo. Non a caso fra gli estimatori del Cavaliere non mancano Lino Banfi e uno dei “Pierini” Giorgio Ariani. I culi e le tette femminili hanno un gran peso : veline e velone varie… Il trionfo del boccacesco che , con la supposta e vociferata relazione del Cavaliere con il Ministro Carfagna , approda nelle istituzioni. E con il padre dei Guzzanti comici che dissente con il Cavaliere per la “puttanizzazione” della politica con un effetto comico che i rampolli della casata non avrebbero saputo ottenere. Ma dietro l’aspetto ilare , forse pure innocuo , ribollono ben altre miserie…

Il veltronismo , invece , è la variante “intellettuale” (?) , aperta e un pochino snob del berlusconismo. Consiglio di leggere l’arguto articolo dell’ultimo numero di Micromega scritto da Andrea Scanzi sul veltronismo e i suoi campioni (Fazio , Benigni , Celentano e Jovanotti) (ma in senso più ampio , per comprendere i guasti nella cultura italiana in generale , è molto interessante “Irrazionalpopolare” di Mastrantonio e Bonani ed edito da Einaudi). Il veltronismo è aperto , terribilmente e dannatamente aperto… Si spazia dalla fame in Africa al cinema hollywoodiano e alle figurine Panini dei calciatori… Come nel berlusconismo tutto o quasi si fa spettacolo ma in forma più piana ,soft , contorni di citazioni apparentemente dotte. Ma tutto viene frullato… Non può essere un caso se , proprio sulla rivista cinematografica Ciak di proprietà del Cavaliere , il nostro si sia prodigato nella rivalutazione dei film sexy con la Fenech tipo “Giovannona Coscialunga” e “Quel gran pezzo dell’Ubalda”. Per quel che mi ricordo , da ragazzino guardavo quei film unicamente per le grazie dell’attrice e , per il resto , mi sembravano e continuano a sembrarmi pellicola orribili a cui si stanno dedicando eccessive attenzioni. Ma perché sdoganare il trash , intere stagioni in maniere acritica ? Il cinema italiano non è stato forse grande per altre opere ? In fondo si vuole semplicemente lo sdoganamento dell’attuale cattivo gusto , “berlusconiano” , ma , in parte pure “veltroniano” , che mortifica attualmente la cultura italiana. Oltre a Benigni , ormai da tempo in crisi di ispirazione , campione del veltronismo è senza alcun dubbio Fabio Fazio che nella sua trasmissione , condotta peraltro in maniera pregevole , frulla un po’ di tutto , da David Grossman a Christian De Sica , da filosofi e grandi scrittori fino a comici di dubbia qualità. Alla fine la sensazione è quella di uno stomaco che cerca di digerire tutto – ma proprio tutto ! – finchè non arriverà alla saturazione. Nelle aperte vedute veltroniane non molto è autentico…

Non posso comunque tacere del “dipietrismo” o del “grillismo” o del “santorismo” ovvero la versione incazzata ed incazzosa della politica – spettacolo. La rabbia ed il rancore più o meno giustificate del cittadino medio nei confronti soprattutto dei politici assumono le vesti dello spettacolo , di un rito collettivo da consumare bene e in fretta. Anche qui la confusione è di casa : Santoro presenta un programma di denuncia e di informazione ma si giova di comici e di vignettisti , il giornalista Travaglio nelle sue denunce assume toni ironici e – perché no ? – comici da far invidiare Crozza , la comica Sabina Guzzanti usa sempre più le sue performance per lanciare invettive più o meno velate contro il Cavaliere. La confusione raggiunge il massimo grado proprio con Grillo che , oramai , è personaggio indefinibile… Comico o , sia pur modesto , capopolo ? Boh ! Dopo una notevole opera di divulgazione dei concetti dello sviluppo sostenibile in tempi non sospetti , Grillo ha scoperto la rete e ha raccolto il suo popolo , ovvero ha assembrato il suo novello pubblico… Incazzoso ed incazzato… L’impressione è che segua l’onda , una determinata onda , che non è da sottovalutarsi , si pensi , ad esempio al successo dei libri di Travaglio che viene ospitato nel blog di Grillo. A nessuno si nega , né si po’ negare l’impegno civile e l’informazione , ma permettete la perplessità di fronte ad uno sfruttamento degli aspetti spettacolari che finisce per mangiarsi tutto il resto. Si aggiunga poi che , anche rispetto a Travaglio , Grillo non fa più ridere , mentre l’obiettivo che , con le loro esibizioni , si propongono i comici è , innanzitutto , quello di suscitare il riso , magari inducendo anche alla riflessione e questo vale per Crozza ma anche per la Guzzanti. Nel “dipietrismo” denuncia ed informazione sono sempre più “spettacolari” come pure l’impegno politico all’insegna dell’essere ostinatamente antiberlusconiano , ma anche , per dirla alla Crozza – Veltroni , antiveltroniano.
Berlusconismo , veltronismo e “dipietrismo” ovvero tre modi diversi ma anche complementari di intendere la politica , lo spettacolo e la politica – spettacolo ed in una politica che è sempre più spettacolo o essenzialmente spettacolo , ciò consente ad ognuno dei soggetti in campo di occupare l’arena politica , arena dalla quale è stato scalciato fuori Romano Prodi per quel suo essere così poco “mediatico” e così “antispettacolare”. Noioso , in definitiva. L’immagine è quasi tutto , mentre la parola ben poco conta… E’ forse in questo che risiede la vera causa dell’insuccesso prodiano ? Così “vecchio” lui e semplicemente “giovani” Berlusconi , Veltroni e Di Pietro ? Non disperate , comunque il professore bolognese non piange miseria e fuori dell’Italia non se la passa male…
Paradossalmente questo riferimento a Prodi serve ad introdurmi nell’ultima tappa di questo viaggio…

E’ stupefacente come le crisi , la Crisi possano in talune circostanze stimolare lo spirito creativo partorendo esiti sorprendenti. Guardiamo all’anno scorso , la cinematografia hollywoodiana e americana ci hanno regalato tre pellicole sorprendenti : il magnifico “Non è un paese per vecchi” dei fratelli Coen , “Il petroliere” di Anderson e”Onora il padre e la madre” del veterano Lumet. Pellicole sorprendenti , si diceva , perché altrettanti termometri per la misurazione di una crisi che più che economica , è soprattutto morale , civile e culturale. Il fatto che il pubblico abbia potuto visionare questi film prima della piena manifestazione della Crisi ci rammenta come l’autentica opera d’arte si fa interprete del suo tempo , ne coglie le sfaccettature meno manifeste e dia l’impressione di anticipare taluni eventi… Soprattutto le opere in questione avevano tutti i caratteri dell’antiretorica. Niente , assolutamente niente è scontato…Ciò è dovuto molto probabilmente al clima di incertezza che si respirava l’anno scorso prima delle elezioni presidenziali americane. C’era la consapevolezza del generale fallimento provocato dalla politica bushana , fallimento che si è esteso su tutti i fronti : dall’economia alla cosiddetta “guerra al terrore”. Al contempo , accanto alla sensazione di decadimento generale della società americana , si affacciava sul popolo – pubblico americano il pesante fardello di un futuro dalle prospettive ignote e spaventose.

A distanza di un anno , al di là di quelli che potranno essere i risultati del supposto nuovo corso , l’America si ubriaca dell’orgia “obamiana”. La dirittura della nuova strada pare tracciata… Anche la cinematografia hollywoodiana mostra dei notevoli cambiamenti : all’antiretorica e alla perentoria violenza delle pellicole di cui sopra si sostituiscono , appunto , l’antica retorica democratica e il film a tesi. Nulla di male , i prodotti hollywoodiani sono ben confezionati , ma , da un certo punto di vista , la stagione precedente rimane irripetibile. Forse perché il tormento ha un sapore più corposo e vero della speranza indotta. Il nuovo corso hollywoodiano , dopo il patriottismo del “siamo tutti americani” , celebra “l’altra America” , quella della libertà e della democrazia , come in “Milk” di Van Sant , che non è solo la biografia cinematografica di un importante militante gay americano ma è soprattutto l’inno alla difesa delle minoranze. Intendiamoci , i film sono anche ben fatti e questo genere di retorica è sicuramente migliore di tante altre , ma c’è il ma… Hollywood è innanzitutto l’Industria dello Spettacolo che confeziona ad hoc , per il nuovo pubblico , la nuova maggioranza , i prodotti che richiede ed il carattere standardizzato , di “massa” , tradisce le modeste pretese.
Nel contesto di questo scritto a me preme analizzare , invece , un altro film hollywoodiano che sta raccogliendo ampi consensi di critica e di pubblico. Un film a mio avviso parecchio sopravvalutato… Mi preme perché la pellicola in questione ha molte attinenze con gli argomenti qui trattati e riconducibili al rapporto politica – spettacolo – giovani. Sto parlando di “Frost/Nixon – il duello” dell’ex Richie Cunningham della serie “Happy Days” Ron Howard. Rispetto al terribile “Codice da Vinci” tratto dall’altrettanto terribile romanzo di Dan Brown , niente male ! Scherzi a parte il film mette in scena un celebre e celebrato confronto televisivo fra un presentatore di televisione inglese David Frost e l’ex Presidente USA , il famigerato Richard Nixon. Segnerà il tramonto definitivo e la fine di ogni tentativo di riprendere le redini della politica da parte di quel personaggio noto soprattutto per lo scandalo Watergate. Tra i due si svolge un serrato duello , una sorta di incontro di boxe condotto dal regista in maniera indubbiamente incalzante e sapiente. Non si fa molto sforzo a intravedere dietro la rappresentazione di un evento ormai storico la struttura tipica del film a tesi. In questo caso Richie Cunningham – Ron Howard mette in guardia i colleghi del mondo dello spettacolo circa le loro “responsabilità politiche”. Solo grazie ai David Frost , che non era un giornalista , ma un ex comico (guarda caso !) e popolare presentatore televisivo , quindi habituè del mondo dello spettacolo possono essere smascherati i politici corrotti ed assetati di potere come Richard Nixon. Un chiaro riferimento ai tempi attuali , in cui l’ultimo Presidente repubblicano , Bush jr. , ha potuto tenere la sua linea politica tra approvazioni e silenzi. Tuttavia non c’è alcun atto di accusa nei confronti della “casta” dello spettacolo , semplicemente un richiamo… Eppure l’argomento era interessante e apriva alla possibilità di tingere di “nero” la storia , di conferirle quella sana ambiguità che è vero invito alla riflessione. A Cunningham – Howard è mancato il coraggio o , più probabilmente , si è incaricato della direzione del classico prodotto hollywoodiano , seppure indubbiamente ben fatto , il cui committente è , all’apparenza , il grande pubblico.

David Frost , il “giovane”uomo di spettacolo contro Richard Nixon , il vecchio e navigato politico , la forza delle immagini contro la persuasione delle parole… Una sfida cui si potrebbe donare un ritratto autenticamente epocale. Quindi Cunningham – Howard sposa la “causa” di David Frost , ma chi era costui ? O , almeno , come viene raffigurato nel film ? Frost , si accennava , non è un giornalista , un impegnato uomo dell’informazione , ma uomo di spettacolo. Giovane ma non giovanissimo inglese – l’attore Michael Sheen che lo interpreta somiglia neanche tanto vagamente ad un giovane Tony Blair. Lapsus visivo ? Mah ! – , ha un passato da comico e un presente da presentatore televisivo di successo. Come uomo dello spettacolo , mira al successo e a far soldi con il successo e della politica non gliene frega niente… Non vota né per i conservatori , né per i laburisti ed in questo è un sincero , autentico uomo dello spettacolo ! Con la lunga intervista a Nixon vuole semplicemente fare “un programma che spacca” per dirla nel gergo degli uomini di spettacolo. Quando prende seriamente la cosa e si decide di incalzare l’ex Presidente che , in precedenza lo aveva messo in seria difficoltà , non è per dare realmente a Nixon il processo che il popolo americano non gli ha potuto fare , ma , appunto , per raccogliere una sfida lanciata personalmente. Così la politica c’entra assai poco nei moventi che hanno portato Frost a intervistare Nixon giocandosi la carriera. L’unica vera qualità “morale” di Frost pare essere l’indubbio coraggio nel lanciarsi nell’impresa. Se è arduo prendere le parti di Nixon ed immedesimarsi con la sua “causa” , è altrettanto difficile parteggiare per Frost , come vorrebbe Cunningham – Howard. Il personaggio di Frost non è affatto simpatico e ostenta i modi del damerino. E’ un vizioso e un playboy , ma , soprattutto , è uno che vorrebbe “usare” la politica e gli argomenti politici. D’altronde gli argomenti non gli interessano troppo e l’affondo finale della sfida sarà lanciato grazie all’accorta “manipolazione” dell’immagine. Un esperto , dunque , nella comunicazione delle immagine e del loro contenuto emotivo. Di contro Nixon , a differenza di Frost , è uomo di convinzioni seppure errate ed aberranti… Ci sono il Watergate , il Vietnam , la Cambogia , il Cile , ecc… , ma dietro la disonestà e alla corruzione insiti nei mezzi adottati permane un discutibilissimo ma sincero conservatorismo , per non parlare di opinioni reazionarie nel vero senso del termine. E’ una volpe nell’uso della parola , sa misurare e ponderare i termini , ma la sua immagine non si presta ad essere amata. La storia lo ricorda soprattutto come perdente e le sue sconfitte sono state consumate proprio sul terreno televisivo come nel 1960 nel celebre confronto con Kennedy , il Presidente “giovane”. In questo è sicuramente un “vecchio” , un uomo del passato rispetto al suo avversario che è figlio , prodotto , artefice della società dello spettacolo e dei mass media. Il postmoderno e giovane uomo dello spettacolo Frost contro il moderno e vecchio uomo politico Nixon… Due figure e due archetipi.
Cunningham – Howard deve essersi accorto di quanto poco fosse simpatico il suo Frost , così “leggero” e “amorale” che la scena viene rubata dal bravissimo Sam Rockwell nei panni dell’ex Presidente. Alla fine la pellicola si fa apprezzare soprattutto per la sua interpretazione. Il suo Nixon è una vecchia volpe , un uomo che vuole riprendersi il potere per un senso di rivalsa nei confronti di un ambiente che mai lo ha accettato. Rockwell conferisce vita ad un uomo in inarrestabile declino.
Mettendo in ombra Frost privilegiando l’interpretazione del Nixon da parte di Rockwell , tuttavia il nostro regista e i suoi sceneggiatori possono anche occultare le domande che scaturiscono dal film.
Se Nixon è uno sconfitto , un politico dei tempi passati in cui mass media e spettacolo avevano meno potere di influenza , e Frost , un uomo attuale e giovane dello star system , un vincente , non possiamo forse aspettarci che l’uomo politico postmoderno assomigli sempre più al genere dei Frost ? Ma quale può essere una politica che sacrifica molto all’immagine , allo spettacolo e alla “voglia di piacere , di applauso e di successo” ? Sono domande inquietanti , bellamente scansate dagli autori che non vogliono certo mettere in discussione il loro ambiente , perché porsi tali dilemmi significa pure chiamare in causa il mondo dello spettacolo tutto. Per questo “Frost/Nixon – la sfida” non può essere un film d’autore ma il risultato di un lavoro di industria.
Nella sua sconfitta , come uomo rifiutato dall’immagine di sé , Nixon assomiglia , ma solo in questo , al nostro Prodi , così poco telegenico ed invitante da punto di vista dell’immagine. Oggi i Berlusconi , i Veltroni e i Di Pietro hanno molte più possibilità…

Per concludere , tornando ai giovani , riformuliamo la domanda : perchè non assistiamo nei giovani a quell’impegno che vorremmo ? La politica è così poco “spettacolare” da non guadagnare nessuna attrattiva ai loro occhi ? Oppure , al contrario , abbiamo assistito a troppi carnevali in politica che i giovani se ne sono allontanati ? Sperano forse di uscire finalmente da quel tunnel del divertimento di caparezziana memoria ? Forse tutte le risposte sono corrette… Forse altre risposte sono corrette… D’altronde non è il caso di generalizzare : vi sono molti giovani che prendono la politica per il verso giusto , cioè quello serio. Questo mio costituisce soltanto l’occasione per presentare alcuni spunti di riflessione…

A presto !

HS
Fonte: www.comedonchisciotte.org
8.02.2009

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