LA “PARS CONSTRUENS” ? ECCOLA. VI PARE FATTIBILE ?

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DI MAURIZIO BLONDET
rischiocalcolato.it

Questa mattina abbiamo ricevuto la seguente mail da parte del “Direttore” Maurizio Blondet, si tratta di una risposta ad un commento apparso in relazione all’articolo Italia Ottomana. Ma molto Peggio (di Maurizio Blondet).

Caro FK, chiedo ospitalità per replicare al vostro lettore Dan F. che scrive:

Blondet è sempre molto bravo a fare la “pars destruens”, (…) è assai difficile non concordare sulla sostanza dell’articolo che è la solita: paese Italia in mano ad una ciurma di corrotti, corruttibili, volgari, tracotanti ecc.
A questo punto però Blondet dovrebbe proporre qualcosa: qui sul sito c’è un programma ben chiaro, condivisibile o meno che sia, lui però non ne abbozza nessuno — a meno che non intendiamo come tale l’implicita laudatio che fa del ventennio fascista il che, come abbozzo di programma, non mi sembra un bel vedere (torniamo alle corporazioni ed alla “economia spirituale”?).

A me sembrava che denunciare con precisione le falle, inadempienze e parassitismo dello Stato Amministrativo già dicesse implicitamente, anzi gridasse, le “cose da fare” per rimediare al disastro in atto. Ma poiché c’è gente con intelligenza corta che non capisce da sè, mi proverò ad esplicitare il programma di riforme secondo me necessario e urgente. Anche se ciò è completamente inutile, perchè mai e poi mai si otterrà un consenso politico attorno a un simile programma.

1) Ricentralizzare nello Stato di tutte le funzioni oggi attribuite alle regioni. Le competenze dirigenziali-amministrative da noi sono una risorsa scarsissima: non ce n’è abbastanza per distribuirle “sul territorio”. La bassissima qualità degli amministratori regionali, provinciali e comunali è – prima che la loro disonestà – la causa del disastro.

2) Abolire le Regioni. Il pretesto che ha presieduto alla loro nascita, “portare il potere (la democrazia) più vicina alla gente”, è stata una truffa, come oggi è evidente. Lo Stato centrale è relativamente più sotto l’occhio dell’opinione pubblica che le cricche regionali; senza la faida interna al Pdl Lazio non avremmo saputo nulla di nulla delle scandalose abitudini dei compari, nè degli allegri eccessi di Fiorito. Se il Piazza siculo-calabro non avesse tagliato le gomme all’invalido di Lecco, non avremmo mai saputo che quel delinquente era capo dell’ALER, e nemmeno avremmo mai saputo a cosa serve l’ALER (c’è un ALE in ogni provincia).

3) Ridurre gli strati di “democrazia”, troppo numerosi, che sono centro di spesa incontrollata. Basta e avanza che sia democratico il governo centrale, e magari i Comuni. Ma la “democrazia” (ossia la creazione di parlamentini e governini con la loro “autonomia” di spesa) nelle Regioni e nelle Provincie è superflua e dannosa. Personalmente, data l’abolizione dele Regioni, preferirei che restassero le Provincie, governate da personale tecnico-giuridico mandato dal centro – penso ai prefetti – perchè questo darebbe a tale personale il mezzo di farsi un’esperienza amministrativa su un territorio limitato, come base per una carriera della dirigenza statale che dovrebbe essere del tutto sottrratta alla lottizazione politica, fatta per concorsi e – appunto – per precedenti esperienze a livello locale.

4) Separazione del Nord produttivo dal Meridione. Non parlo di secessione; parlo di amputazione terapeutica di un arto in cancrena, che ha già cominciato a infettare l’insieme. L’unificazione italiana è stata un fallimento, che è tempo di riconoscere come tale. Fra i due tronconi non esiste più (se mai è esistita) una “comunità di destino”. Il Nord liberato dal tributo al Sud non solo sarebbe uno stato con popolazione doppia a quella del Portogallo, ma con una forza economica industriale da far paura alla Germania; è anche un territorio dove vige ancora, e può essere coltivato meglio, il senso di un destino comune, e dove si mantiene un certo senso dell’onestà fra produttori, e un certo residuale rapporto di lealtà fra governanti e governati, il cosiddetto “capitale sociale”, che sono l’essenziale per costituire una nazione.

5) Cancellare le 140 mila leggi vigenti in Italia e sostiturle di peso con la normativa – a piacere – tedesca o britannica. Non è una follia. Quando Ataturk volle riformare l’inefficienza amministrativa dell’impero ottomano da lui rovesciato, adottò i codici civili, penali e commerciali germanici, gli ordinamenti fiscali, militari e il sistema scolastico tedeschi, e chiamò consulenti ed istruttori tedeschi per l’applicazione del nuovo sistema. Quando si è persa la capacità di auto-governarsi, bisogna avere l‘umiltà di imparare da altri.

6) Ricostituire lo Stato Amministrativo rimpolpandolo di personale di carriera, assunto per concorso e la cui competenza sia controllata e certificata (magari da consulenti tedeschi); soprattutto – ma ciò richiederà anni – restituire a questo personale una dottrina dello Stato, una “filosofia” del bene pubblico, una ideologia del servizio civile come hanno i “civil servants” inglesi, e di cui i nostri sono del tutto privi. Il lettore Dan fa’ dello spirito sulla mia presunta “laudatio del regime fascista”. Non occorre essere nostalgici per domandarsi come mai il regime fascista seppe “suscitare onestà” nei pubblici dirigenti – al punto che per la bonifica pontina stanziò 5 mila lire l’ettaro, e ne furono spese 4800 – , e chiedersi se per caso non ci sia qualcosa da imparare da quell’esperienza, visto che nella nostra “democrazia” gli stanziamenti per un chilometro di autostrada o ferrovia alta velocità sono regolarmente triplicati o quintuplicati. Ridere del “fascismo spirituale” di Pellegrini Giampietro è da ignoranti: meglio sarebbe imparare e capire come mai, in una situazione di rovina e collasso generale come fu la Repubblica Sociale, egli seppe mantenere il valore della lira, salvare l’oro della Banca d’Italia dalle grinfie germaniche, obbligare i tedeschi a ritirare la moneta d’occupazione che avevano già instaurato nel Nord (nel Sud, infuriavano le “Am-lire” americane), e assicurare gli stipendi regolari fino all’ultimo giorno a tutti i pubblici dipendenti, dai ferrovieri agli spazzini, e perfino agli italiani internati in Germania nei campi di lavoro. Il lettore Dan pensa di essere acuto e spiritoso quando dice: “torniamo alle corporazioni e alla economia spirituale?”. Mi dica lui: se in coloro che servono lo Stato non si immette una qualche motivazione “spirituale” (chiamatela patriottismo, prestigio, senso dell’onore o altro), che cosa crede che resti? Resta la voglia di arraffare i soldi pubblici che si maneggiano, di aumentarsi gli stipendi, di ammanicarsi i politici per far carriera senza merito, e il piacere di essere inadempienti parassiti con emolumenti da alti dirigenti.

7) Ah, dimenticavo: Uscire dall’euro e, simultaneamente, ripudiare il debito sovrano. Ristrutturarlo alle nostre condizioni, diventare noi debitori i gestori del nostro debito anzichè lasciarci gestire dai creditori esteri.

Come vedete, anch’io so abbozzare un programma. Ma è completamente inutile, perchè non è realizzabile. Tutte le forze politiche, le lobbies e i media sussidiati, sarebbero contro a questo progetto. Richiederebbe come minimo lo scioglimento del parlamento e la sospensione della cosiddetta “legalità”. La legalità è stata sequestrata dai politici, a cominciare dalle Camere per finire al Quirinale passando per l’Ordine Giudiziario: le loro azioni sono per lo più criminali, ma sono “legali” perchè fatte con apposite leggi, che essi stessi varano e votano. Ci vuole un’autorità che scavalchi e annulli questa odiosa “legalità” in nome della “legittimità”: questo significa che occorre una rivoluzione, o un colpo di Stato. Ecco perchè è inutile fare programmi – e non credete che il programma di Oscar Giannino sia molto più realizzabile, e che coaguli attorno a sè maggiori consensi. Ormai, la ragione non conta più, conta solo la forza: e la forza l’hanno in mano lorsignori. Forza “legale”, per giunta.

Maurizio Blondet
Fonte: www.rischiocalcolato.it
Link: http://www.rischiocalcolato.it/2012/10/la-pars-construens-eccola-vi-pare-fattibile-di-maurizio-blondet.html
9.10.2012

Note

1) “Capitale sociale”, in sociologia, indica “l’insieme delle relazioni interpersonali formali ed informali essenziali anche per il funzionamento di società complesse ed altamente organizzate. Esistono relazioni ben definite fra capitale umano, capitale sociale e sviluppo economico di una Comunità, sia essa una territorio, una regione o una nazione.” (Wikipedia).

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