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La Redazione

 

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La morte di Ebrahim Raisi: rimane solo l’improbabile

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A cura di Markus
Il 5 Giugno 2024
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John Elmer
Johnhelmer.net

Era stato un frustrato Sherlock Holmes a dire al dottor Watson: “Lei non applica il mio precetto. Quante volte le ho detto che, una volta eliminato l’impossibile, ciò che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità?

Questo accadeva nel 1890 nel racconto di Arthur Conan Doyle “Il segno dei quattro“.

L’applicazione di questa regola di Holmes di individuazione e deduzione alle circostanze dello schianto dell’elicottero del Presidente iraniano Ebrahim Raisi, avvenuto il 19 maggio, sta portando alla conclusione ineluttabile che Raisi, il Ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian e le altre sei persone a bordo del loro velivolo sono stati uccisi dalle azioni di uno o di entrambi i piloti, che avevano intenzione di suicidarsi e di uccidere i loro passeggeri.

Questa non sembra essere la conclusione dei comandanti dell’aeronautica iraniana che il 21 maggio, due giorni dopo la loro morte avevano fatto visita alle famiglie dei piloti.

Ma, con la pubblicazione, la scorsa settimana, da parte dello Stato Maggiore dell’Esercito iraniano del secondo rapporto sull’incidente mortale, l’eliminazione delle cause meteorologiche, del guasto al velivolo, dell’attacco missilistico esterno, della bomba a bordo, del sabotaggio elettronico e dell’errore di navigazione del pilota, è ora completa. Insieme al primo rapporto dello Stato Maggiore, alla dettagliata intervista alla televisione di Teheran del capo di gabinetto di Raisi, Gholam-Hossein Esmaeili, e alla testimonianza telefonica dal luogo dell’incidente dell’ayatollah di Tabriz, Mohammad Ali Al-Hashem, le prove rimanenti sono che il pilota di grande esperienza, il colonnello Seyed Taher Mostafavi (nell’immagine qui sotto al centro), aveva commesso tre errori: il primo, quello di volare dentro un banco di nubi dopo aver ordinato agli altri [due elicotteri] di salire ad una quota più elevata; il secondo, non aver rilevato sul radar e su altri strumenti le cime delle montagne in prossimità della sua rotta di volo a 2.200 metri e il terzo, essersi schiantato in posizione orizzontale e non verticale.

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Le triplette sono rare, ma non sono mai causate da un errore, né sono accidentali.

Per conoscere i dettagli forensi inizialmente confermati per l’incidente mortale, leggete questo articolo del 27 maggio.

Per un riassunto dei resoconti contraddittori dei media, provenienti da fonti militari iraniane e da altre fonti locali, assemblati da una fonte anti-regime di Londra, cliccare qui. La fabbricazione e la disinformazione israeliana sull’incidente sono di qualità decisamente inferiore rispetto alla propaganda iraniana; cliccate per confrontare.

PANORAMICA DEL PERCORSO DELLA FORMAZIONE DI ELICOTTERI

Iran International, un mezzo di comunicazione anti-regime con sede a Londra e Washington, finanziato dai sauditi, aveva concluso il suo servizio il 23 maggio con un resoconto di notizie contraddittorie dei media. Il pezzo non giungeva a conclusioni e finora non è stato aggiornato. In questo rapporto si affermava che il primo e il secondo elicottero del convoglio erano Bell-212 statunitensi e che il terzo era un mezzo russo, probabilmente un Mi-17. La settimana scorsa il presidente Vladimir Putin aveva dichiarato che il primo e il terzo elicottero erano russi. In questo rapporto si afferma che il primo e il secondo elicottero del convoglio erano Bell-212 statunitensi e che il terzo era un velivolo russo, molto probabilmente un Mi-17. Il Presidente Vladimir Putin aveva dichiarato in una conferenza stampa con il presidente bielorusso il 24 maggio che il primo e il terzo elicottero erano russi. “Vladimir Putin: Per inciso, credo che i loro assistenti abbiano volato con due elicotteri russi, giusto? Questi elicotteri di costruzione russa volavano in quelle che per essi non erano condizioni estreme. Alexander Lukashenko: Nelle stesse condizioni. Vladimir Putin: Avevano volato nelle stesse condizioni e nello stesso corridoio senza alcun problema”.

Nel rapporto dell’agenzia di stampa statale, pubblicato nella tarda serata del 29 maggio, gli investigatori dell’esercito hanno concluso che “sulla base dei campionamenti e dei test condotti sui rottami e sulle parti dell’elicottero, così come del modello di distribuzione dei detriti dal corpo principale, è stato escluso il verificarsi di un’esplosione causata da un sabotaggio durante il volo e nei momenti precedenti l’impatto con il fianco della montagna. Inoltre, gli investigatori hanno esaminato attentamente la maggior parte dei documenti relativi alla manutenzione dell’elicottero e non hanno trovato alcun problema che potesse avere un ruolo nell’incidente”.

“Il rapporto ha anche rivelato che la capacità dell’elicottero in termini di carico massimo standard trasportabile dal punto di decollo e per tutta la traiettoria di volo e la rotta di ritorno è risultata essere entro il ‘limite ammissibile’. Le conversazioni registrate con l’equipaggio di volo mostrano tra l’ultimo contatto con i piloti e il momento dell’incidente erano trascorsi 69 secondi e nessuna dichiarazione di emergenza è stata registrata durante questo periodo”.

“Gli investigatori militari hanno anche escluso qualsiasi interruzione del sistema di comunicazione o interferenze nelle frequenze usate per le comunicazioni con l’elicottero. Hanno rivelato che, durante il volo e fino a 69 secondi prima dell’incidente, il contatto con l’aereo era stato mantenuto sulle frequenze specificate. Il rapporto afferma inoltre che non ci sono segni di attacchi informatici contro l’elicottero presidenziale”.

Ciò che manca nel secondo rapporto dell’Esercito sono le registrazioni del radar e della scatola nera per verificare se negli ultimi 69 secondi ci sia stato un cambio di rotta o di direzione da parte di Mostafavi ai comandi dell’aereo presidenziale. Nel primo rapporto dell’Esercito si affermava che “l’elicottero aveva proseguito sulla rotta prevista e non si era allontanato dalla traiettoria di volo designata”.

Un esperto occidentale di aviazione militare fa riferimento al manuale di volo del Bell 212 su cui viaggiava Raisi. Questa fonte dice che i dati tecnici che l’esercito avrà controllato, ma che non ha ancora rivelato, includono:

– l’altitudine dei tre elicotteri al momento in cui Mostafavi aveva dato l’ordine di salire sopra le nuvole

– la velocità del velivolo in quel momento

– la rotta e direzione del mezzo di testa e di quello di coda

– la registrazione della deviazione di rotta del velivolo di Raisi negli ultimi 69 secondi

– le specifiche dell’altimetro del Bell-212

– i fattori tecnici del perché il velivolo di Raisi non aveva preso quota dopo che Mostafavi aveva dato l’ordine di cabrata a tutta la formazione.

Dalle coordinate geografiche pubblicate per il luogo dell’incidente, l’altitudine a cui è avvenuto lo schianto è stata stimata in 2.200 metri.

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A sinistra, immagine del drone sopra il luogo dell’incidente. A destra, il video di un soccorritore a livello del suolo che mostrerebbe il corpo di Al-Hashem lontano dai rottami dell’incidente.

Ecco come il testimone oculare del terzo elicottero, quello dietro il mezzo di Raisi, ha descritto l’altitudine, le nuvole e le condizioni meteorologiche: “Esmaeili:… C’era nebbia a terra, ma non in quota dove stavamo avanzando con gli elicotteri. Tuttavia, in una piccola area compatta, c’era una piccola zona nuvolosa sopra una cresta montuosa. In termini di altitudine, questa nuvola era alla nostra stessa quota. Era stato allora che il pilota [Mostafavi], ora martire, che era anche il comandante della formazione, aveva detto al resto dei piloti di salire sopra le nuvole. Eravamo i terzi, dietro l’elicottero del presidente. Ci siamo portati sopra le nuvole e abbiamo continuato a volare per circa 30 secondi. Il nostro pilota si è improvvisamente accorto che l’elicottero principale che trasportava il presidente era scomparso”.

Esmaeili ha detto che il pilota del suo velivolo aveva stimato in circa 90 secondi l’intervallo di tempo tra il contatto radio di Mostafavi che dava l’ordine di salire sopra il banco di nuvole e la “scomparsa”. “… Anche noi non avevamo più contatti radio con lui. Così gli ho chiesto quando era stato l’ultimo contatto? Il pilota aveva risposto: ‘Un minuto e 30 secondi fa, quando il pilota [Mostafavi] ci ha detto di salire sopra le nuvole'”.

Esmaeili è esplicito. Erastato Mostafavi, ai comandi dell’elicottero di Raisi, a dare l’ordine agli altri di salire sopra le nuvole.

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Esmaeili ha anche parlato della testimonianza diretta di Al-Hashem, che era stato sbalzato fuori dall’elicottero durante l’incidente e che non è stato raggiunto dal fuoco che ha consumato gli altri passeggeri della cabina. “Dopo alcuni tentativi, chiamando il cellulare del capitano [Mostafavi] che accompagnava il presidente, qualcuno ha risposto al telefono. Era l’Ayatollah Hashem, l’Imam delle preghiere del venerdi di Tabriz. Ci aveva detto di non sentirsi bene. Non ci aveva detto nulla di particolare. Gli avevo chiesto cosa fosse successo esattamente. Ci aveva detto che non sapeva cosa fosse successo e, alla domanda su dove si trovasse, aveva risposto che non lo sapeva. Ci aveva descritto solo quello che poteva vedere, per esempio che era circondato da alberi. Gli avevo chiesto in che condizioni fossero gli altri, l’ayatollah aveva risposto che era solo, che non vedeva nessun altro e che era solo”.

Secondo il racconto di Esmaeili, lui e altri avevano potuto parlare con Al-Hashem per circa tre o quattro ore. Il telefono a cui Al-Hashem aveva risposto era quello di Mostafavi, secondo Esmaeili.

La fonte dell’aviazione occidentale commenta: “Possiamo essere certi che non c’è stata alcuna accelerazione evidente o pericolosa dovuta ad un incremento della manetta, una picchiata o entrambe le cose. Abbiamo le ultime comunicazioni di Al-Hashem che lo confermano, così come 90 secondi di assenza di traffico radio, che, in un’emergenza di questo tipo, di solito include grida di aiuto o di altro genere che potrebbero far pensare una lotta nella cabina di pilotaggio. Questo mi fa pensare che l’equipaggio avesse fatto un patto”.

“Riteniamo che il [Bell] 212 stesse viaggiando a 190 km/h. L’ultima comunicazione con il pilota risale a 90 secondi prima dell’incidente. La matematica mi dice che in quei 90 secondi il 212 ha volato per 4.769 metri in orizzontale. Non conosciamo l’altitudine della formazione prima che venisse dato l’ordine di salire, ma sappiamo che il tetto di servizio del 212 è di 5300 m, quindi c’era un’ampia capacità di superare i 2200 m di altezza della montagna contro cui si è schiantato il velivolo”.

“Il 212 è dotato di un radioaltimetro. Questo strumento generalmente smette di fornire indicazioni di altezza a 2500ft/ 762m. Non abbiamo prove [da parte di Al-Hashem] che l’altimetro fosse attivato o che qualcuno dell’equipaggio o dei passeggeri lo abbia sentito prima dell’incidente. L’altimetro potrebbe essere stato disattivato. Dall’aspetto del luogo dell’incidente, il 212 non ha urtato una parete rocciosa o un pendio ripido, quindi possiamo presumere che l’altimetro avrebbe dato l’allarme prima della collisione se avesse funzionato e/o fosse stato monitorato”.

“Ora, la cosa fondamentale è che il pilota ha ordinato agli altri due elicotteri di salire, mentre lui non l’ha fatto. Ha volato tra le nuvole. È sceso o si è limitato a volare contro la montagna a 190 km/h? Sapeva che sulla rotta attuale l’altimetro, se funzionante, non avrebbe dato l’allarme in tempo a causa della pendenza del terreno, finché non fosse stato troppo tardi per cambiare rotta? L’esercito afferma che non c’è stato alcun cambiamento di rotta durante il volo, ma il pilota, invece di salire sopra le nuvole, aveva cambiato rotta mantenendo l’altitudine dopo essere entrato nella copertura nuvolosa, colpendo così la montagna. Questo spiegherebbe la calma di tutti a bordo”.

“Il pilota sapeva esattamente cosa stava facendo”.

Il sospetto di un suicidio del pilota in un piano di assassinio non è stato riportato dai media nazionali iraniani, dai due rapporti dell’esercito o dai media dell’opposizione iraniana al di fuori del Paese. Né è emerso nei blog militari russi.

Sembra che non ci siano stati sospetti sui due piloti, Mostafavi e il colonnello Mohsen Daryanosh, nei primi giorni dopo l’incidente, quando le loro famiglie erano state visitate dal generale di brigata Hamid Vahedi, comandante dell’aeronautica iraniana, e dal generale di brigata Massoud Jafari, comandante della base aerea di Shahid Lashgari.

Come e perché Mostafavi abbia dato il suo telefono personale all’Ayatollah Al-Hashem prima dell’inizio del volo è una domanda senza risposta. Nelle circostanze attuali, lo è anche la domanda su quali prove Mostafavi abbia lasciato sul suo telefono, se ne ha lasciate.

John Elmer

Fonte: Johnhelmer.net
Link: https://johnhelmer.net/ready-reckoner-for-killing-the-raisi-assassination/#more-89929
02.06.2024
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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