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Le ambizioni nucleari dell’Iran e la politica estera americana

DI TERENCE M. GATT

L’agosto scorso il neo-eletto presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha deciso di riprendere il processo di lavorazione
dell’uranio. Le conseguenze di questa scelta non hanno tardato a farsi sentire: non solo si sono ulteriormente deteriorati i rapporti con gli USA, già molto precari a partire dalla Rivoluzione Iraniana del 1979, ma questa azione provocatoria orchestrata dal Presidente Ahmadinejad ha inoltre contribuito ad un’escalation delle tensioni politiche con i maggiori importatori di petrolio iraniano, vale a dire gli stessi Stati Uniti e le 3 maggiori potenze europee.(Gran Bretagna, Francia, Germania)Il neo-presidente rivendica ripetutamente, in difesa della propria nazione, il diritto inalienabile dell’Iran ad avere un programma di sviluppo nucleare per scopi energetici col fine di raggiungere un’indipendenza quanto mai importante in un quadro internazionale caratterizzato da una profonda crisi dei rifornimenti energetici; una crisi che è destinata a peggiorare con il forte aumento dei consumi interni di Cina ed India. L’International Energy Agency (IEA) prospetta un periodo di stabile diminuzione delle riserve petrolifere a fronte di una sempre più grossa domanda a livello globale; questa dichiarazione è un fattore importante a favore dell’Iran e del suo diritto di sviluppare un programma atomico per scopi non-bellici rispettando comunque il Trattato per la Non-Proliferazione Nucleare (NPT) al fine di sostenere la propria crescita economica e raggiungere l’indipendenza energetica in un mercato internazionale sempre più dinamico.

L’Iran ha strenuamente difeso il proprio diritto di sviluppare un programma nucleare pacifico per ridurre nel tempo la propria dipendenza economica dalle limitate giacenze petrolifere, le quali vengono quotidianamente impoverite a causa del crescente fabbisogno internazionale soprattutto di Russia e Cina. Non sorprende quindi che queste due nazioni assieme all’Unione Europea spingano per un accordo internazionale riguardo l’Iran e per una sempre maggior cooperazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) al fine di evitare un deferimento al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che finirebbe per mettere in pericolo gli interessi diplomatici ed economici di tutti gli stati coinvolti.

L’Unione Europea è il principale partner commerciale dell’Iran sia per le esportazioni che per le importazioni. Nel 1995 gli Stati Uniti decisero di vietare alle compagnie petrolifere americane di effettuare qualsiasi investimento nel settore energetico iraniano, una scelta che ha permesso alle compagnie europee di ottenere uno sviluppo economico importante grazie agli investimenti e ai rapporti commerciali con il secondo produttore mondiale di petrolio. In un mondo sempre più dipendente dall’energia in cui la domanda continua a crescere e le risorse diminuiscono, questa relazione di accesso privilegiato ed esclusivo al petrolio iraniano, se mantenuta, darà in futuro notevoli vantaggi sia economici che politici.

Questo proficuo dialogo riguardante i rapporti commerciali evidenzia una radicale differenza tra le politiche estere di USA e Europa nei confronti dell’Iran. L’atteggiamento freddo e intransigente tenuto dall’America è figlio dei reciproci sospetti che hanno caratterizzato i rapporti tra Washington e Tehran dalla Rivoluzione Iraniana del 1979. Le relazioni diplomatiche tra i due paesi hanno avuto un brusco raffreddamento in occasione del rovesciamento del governo iraniano nel 1979, quando i diplomatici americani vennero tenuti in ostaggio presso l’ambasciata statunitense a Tehran. Come gli USA, anche l’Europa ha avuto un rapporto conflittuale con l’Iran post-rivoluzione a causa delle estremiste politiche estere ed interne adottate dal governo rivoluzionario. Ciononostante queste tensioni si sono gradualmente allentate e i rispettivi governi hanno rafforzato i punti di vista comuni su diverse problematiche, in particolare commercio, terrorismo e la guerra in Iraq.

La politica estera statunitense, a partire dall’annuale discorso sullo Stato dell’Unione fatto dal Presidente Bush nel 2002, sostiene che l’Iran sta sviluppando il proprio programma nucleare in modo non trasparente e non rigorosamente per scopi pacifici. Si presuppone che Tehran stia cercando di creare un proprio potenziale atomico a scopo difensivo che potrebbe causare un conflitto geopolitico con gli stati vicini, Israele incluso. Gli strateghi iraniani in America credono che l’Iran sia sempre più minacciato da armi atomiche non convenzionali in possesso delle nazioni confinanti oltre che dal massiccio spiegamento di truppe americane ai propri confini in quasi tutte le direzioni. Questa argomentazione, però, non tiene conto dello scenario religioso e politico dell’Iran ed occorre quindi chiaramente premettere che, a causa di precise tradizioni religiose e culturali, Tehran non dovrebbe sviluppare alcun progetto per la proliferazione delle armi nucleari, in quanto le credenze religiose e giuridiche dei fondamentalisti islamici considerano immorali tutte le armi di distruzione di massa poiché negano la sovranità divina del Creatore. Ecco perché l’Iran, per contrastare la crescente minaccia geo-politica alla propria sicurezza nazionale sta aumentando lo sviluppo e l’impiego di armi convenzionali.

Il controverso problema del desiderio iraniano di sviluppare un programma nucleare per scopi pacifici è ironicamente cominciato proprio grazie all’aiuto degli Stati Uniti durante il regno dello Scià Muhammad Reza Pahlevi. Nel 1957, infatti, l’Iran firmò con gli USA un accordo di cooperazione nucleare che rientrava nel progetto “Atoms for Peace” sponsorizzato proprio dagli Americani. All’interno di questo progetto, inoltre, l’Iran comprò dagli Stati Uniti un reattore nucleare che venne messo in funzione nel 1967.

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Il recente desiderio dell’Iran di avere armi nucleari quindi, a differenza di ciò che il governo americano ha la pretesa di farci credere, non è poi così recente; nel 1974 lo Scià fondò l’Organizzazione per l’Energia Atomica e affermò che senza dubbio l’Iran avrebbe avuto ordigni nucleari molto presto. Lo sviluppo del nucleare, sia per scopi energetici che come deterrente militare verso Egitto e Iraq, cominciò dunque ben prima che Israele venisse considerato un obiettivo, contrariamente a ciò che viene affermato oggi da istituzioni e media; infatti nel periodo precedente la Rivoluzione del 1979, quando la coalizione araba era sottoposta all’embargo sul petrolio, l’Iran era un fornitore di prodotti petroliferi proprio di Israele.

Oltre all’assistenza tecnologica e finanziaria fornita dagli Stati Uniti, anche Germania e Francia firmarono diversi accordi con lo Scià per fornire all’Iran uranio arricchito, reattori nucleari e centri di ricerca. Dopo la Rivoluzione del 1979 l’Ayatollah Khomeini sospese a tempo indeterminato la costruzione di tutti gli impianti nucleari dello “Stato Islamico” in quanto, come detto in precedenza, le convinzioni religiose e giuridiche del fondamentalismo islamico considerano immorali tutte le armi di distruzione di massa.

Persino durante la guerra tra Iran e Iraq, l’Iran non ha mai esplicitamente dichiarato di volere seguire la strada della proliferazione delle armi nucleari sebbene al suo avversario confinante ad ovest venissero offerte armi ed assistenza dagli Stati Uniti e dai loro alleati nella Guerra Fredda. In quel periodo di forti cambiamenti istituzionali interni e impegno militare contro l’Iraq, Tehran non ha mai fatto ricorso allo sviluppo di armi di distruzione di massa sebbene Saddam Hussein, un dittatore laico a capo di una nazione a maggioranza musulmana, cominciò a produrre ed accumulare ingenti scorte di letale gas nervino (ad esempio Sarin e VX) ed altre armi non convenzionali che usò poi contro il suo stesso popolo nella prima Guerra del Golfo.

Le principali agenzie di intelligence hanno ampiamente riferito (anche se ciò non è mai stato confermato) di come Israele abbia un programma nucleare attivo per scopi difensivi il quale venne messo in piedi in tutta fretta durante la Guerra dei Sei Giorni contro la coalizione Araba grazie all’aiuto di USA e Norvegia. Nonostante le sopraccitate minacce geopolitiche durante la Guerra Fredda e il fallimento del nazionalismo arabo segnarono dei periodi di grande instabilità nella regione mediorientale, Tehran non ha più rilanciato il proprio programma nucleare iniziato originariamente dallo Scià e non ha neppure fatto ricorso allo sviluppo di armi non convenzionali.

Questi eventi sono accaduti durante un regime teocratico guidato dall’Ayatollah Khomeini, considerato dagli USA un fanatico estremista. Non c’è bisogno di ricordare quale fosse, nello stesso periodo, l’opinione americana verso l’Iraq dato che ne sono perfettamente a conoscenza sia la maggior parte dei politici che dei cittadini da quando è iniziata la Guerra al Terrorismo. Possiamo comunque brevemente affermare che l’Iraq di Saddam Hussein era visto positivamente mentre l’opinione pubblica era assolutamente ostile verso l’Iran.

Non possiamo negare e neppure trascurare questi fatti; in un lungo periodo di instabilità geopolitica e forti cambiamenti interni, Tehran non ha contribuito alla proliferazione di armi non convenzionali (incluse quelle atomiche) ma ha invece rispettato la sharia Islamica che, come già detto citando l’Ayatollah Khomeini, considera immorali tutte le armi di distruzione di massa. E allora perché l’Iran dovrebbe voler sviluppare un programma di armamento atomico proprio adesso, in uno scenario che, attualmente, è geo-politicamente meno ostile senza considerare l’elezione di un governo più filo-occidentale di quello precedente?
In seguito alla guerra con l’Iraq Tehran ha cercato di ridare slancio al proprio programma energetico-nucleare, in particolare attraverso il completamento di una centrale nella città meridionale di Bushehr la cui costruzione venne originariamente cominciata dai tedeschi durante il regime dello Scià. Questo piano venne poi ostacolato dalla minaccia di sanzioni paventata dagli Stati Uniti verso qualsiasi partner commerciale estero.

Questo linea politica rimase inalterata fino al 1995 quando il Ministro degli Esteri russo Igor Ivanov raggiunse un accordo con l’Iran per completare la costruzione del reattore nucleare di Bushehr e per fornire il combustibile nucleare necessario se Tehran avesse accettato di rispettare i protocolli internazionali e garantire i controlli della IAEA. In quel periodo l’accordo venne considerato come una soluzione amichevole da tutte le controparti in causa.

Non si può negare che Mosca avesse grossi interessi economici interni nel voler negoziare con Tehran ma occorre anche ricordare come la Russia dovette impiegare tutto il proprio buonsenso per far accettare un accordo di tale portata (sia economica che politica) dalle diverse nazioni implicate.

Nel 1995 la Federazione Russa stava ancora cercando di risollevare la propria economia dalla svalutazione monetaria e dall’imponente corruzione interna che fecero seguito al crollo dell’Unione Sovietica; va comunque tenuto presente che nel periodo post Guerra Fredda, con una sola superpotenza rimasta, una mancanza di buonsenso nell’entrare in merito delle intenzioni nucleari iraniane avrebbe potuto causare una risposta politica negativa da parte dell’America. Se Mosca non fosse stata più che convinta dei fini civili del programma nucleare iraniano non avrebbe mai firmato un accordo così rischioso a livello politico considerando che tutte le precedenti partnership col governo rivoluzionario erano state bloccate dagli osservatori internazionali (USA compresi).

Per queste ragioni gli accordi del 1995 con la Russia vanno considerati non come un evento secondario ma piuttosto come un punto di svolta per quanto riguarda la presunta non-pericolosità del programma nucleare iraniano e l’inizio del controllo russo sulle intenzioni di Tehran.

Nonostante nel 2002 i controlli dell’ IAEA continuassero, un gruppo di disertori del Consiglio Nazionale di Resistenza in Iran (NCRI) accusò la propria nazione di nascondere depositi di uranio arricchito a Natanz e una centrale di acqua pesante a Arak. Queste accuse, sebbene non verificate da alcuna agenzia di intelligence, supportarono le affermazioni per cui l’Iran non avesse intenzione di sviluppare esclusivamente un programma nucleare energetico bensì potesse essere nella fase iniziale dello sviluppo di armi atomiche.

Sebbene non vada trascurato il fatto che queste accuse vennero rilasciate da una fazione interna, bisogna anche riconoscere che questa fazione era radicalmente opposta al governo riformista del Presidente Khatami ed i suoi comportamenti erano influenzati da dei precisi scopi politici. Con ciò non si intende affermare la non veridicità delle accuso ma soppesarne attentamente la fonte considerando che i controlli sugli impianti nucleari iraniani fatti sia dalla Russia che dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica erano molto approfonditi e che il Presidente Khatami (nella foto sotto)era visto da parecchie nazioni europee come un modernista con un programma elettorale moderatamente filo-occidentale.

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), diretta da Mohammed El Baradei, ha sempre più irrigidito i propri controlli sui progetti nucleari di Tehran dopo le accuse del Consiglio Nazionale di Resistenza in Iran (NCRI) nel 2002. Fino ad oggi la IAEA non ha trovato alcuna prova a favore delle rivendicazioni di Stati Uniti e dell’NCRI a riguardo di un ipotetico interessamento dell’Iran verso lo sviluppo di armi nucleari. L’IAEA, incluso El Baradei, ha comunque pubblicamente manifestato dei dubbi sul fatto che il governo iraniano sia stato completamente trasparente riguardo le proprie intenzioni. Nel 2004, in una riunione del Sottocomitato per il Medio Oriente e l’Asia Centrale, lo stesso El Baradei riguardo alla proliferazione nucleare iraniana ha affermato: “Non abbiamo prove a riguardo ma non posso escludere questa possibilità.”

L’attuale governo islamico dell’Iran continua tuttavia ad affermare categoricamente, come fece l’Ayatollah Komeini nel sopraccitato periodo di instabilità politica e di proliferazione di armi convenzionali, di non aspirare allo sviluppo di armi di distruzione di massa (bombe atomiche incluse) e di sviluppare progetti nucleari esclusivamente a fini pacifici.

In un commento del 2003 rilasciato all’agenzia di stampa iraniana IRNA, l’attuale leader della Rivoluzione Iraniana l’Ayatollah Khamenei, ha ribadito che “la Repubblica Islamica dell’Iran, basata sulle proprie convinzioni religiose e giuridiche, non farà mai ricorso all’uso di armi di distruzione di massa.” La convinzione degli Stati Uniti invece, nonostante le categoriche smentite di Tehran sulla scia di quelle rilasciate dall’Ayatollah Khamenei, è che l’Iran sta implicitamente cercando di arrivare alla costruzione di armi atomiche.

In un discorso nel giugno del 2003 il presidente Bush ha bruscamente affermato che gli Stati Uniti “non tollereranno la costruzione di un’arma atomica in Iran.” I politici americani credono che non ci sia una giustificazione economica per costruire delle costose infrastrutture per produrre energia nucleare da parte di un paese come l’Iran attualmente così ricco di petrolio e di gas naturale.

Tehran ha risposto a queste illazioni confermando che il proprio interesse per l’energia nucleare è solo a scopi pacifici, e nel breve termine, questo sforzo libererebbe ulteriori quantitativi di petrolio e di gas naturale da destinare all’esportazione in modo da aumentare le proprie entrate dall’estero e quindi accrescere lo sviluppo domestico e il prodotto interno lordo. Infine, l’Iran sostiene che, aderendo al Trattato di Non-Proliferazione Nucleare dell’IAEA, ha il diritto in base all’Articolo 4 di sviluppare tecnologia nucleare per scopi pacifici. Il neo-eletto presidente Ahmadinejad ha riaffermato questo concetto il 13 ottobre 2005: “…l’Iran non ha violato nessuna legge internazionale né tantomeno il Trattato di Non-Proliferazione nello sviluppo del suo programma nucleare pacifico, e l’ultimo rapporto informativo del Capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica lo conferma.”

Ahmadinejad ha sorprendentemente vinto le elezioni tenutesi nell’agosto 2005 succedendo al moderato Khatami che, nei suoi due mandati, ha notevolmente migliorato le relazioni tra Tehran e le nazioni del G-8. Da allora la scarsa notorietà a livello internazionale del neo-presidente è stata la causa di diverse tensioni politiche; Ahmadinejad ha intrapreso una linea politica che potrebbe minare i rapporti esteri con l’Occidente: ad esempio ad agosto ha ordinato di rimuovere i sigilli posti dall’IAEA su un reattore nella principale centrale nucleare iraniana a Efshan ottenendo una decisa condanna da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna.

In questa trattativa politica sul nucleare Tehran e Ahmadinejad non hanno ancora ingaggiato una sorta di partita a scacchi contro l’Occidente, come fece invece la Corea del Nord. Al contrario, l’Iran ha ripetutamente richiesto degli incontri diplomatici unilaterali con Germania, Gran Bretagna e Francia per risolvere la spinosa questione; lo stato islamico sostiene che lo sviluppo nucleare interno (il principale problema emerso) è necessario solo perché le attuali dinamiche geo-politiche della comunità internazionale potrebbero costituire una minaccia alla sicurezza nazionale iraniana e al proprio programma nucleare nel caso in cui l’Iran dovesse importare uranio arricchito da uno stato estero, come Germania o Russia.

Ci troviamo dunque in una sorta di pantano politico per quanto riguarda le ambizioni nucleari iraniane: le nazioni dell’Europa Occidentale (in particola Germania, Gran Bretagna e Francia) spingono per un dialogo proficuo in risposta alla diffidenza diplomatica ormai di lunga data che caratterizza l’atteggiamento degli Stati Uniti. Con questo riassunto si è voluto accennare brevemente alla storicità del programma nucleare iraniano; è innegabile che le attuali minacce geo-politiche verso l’Iran siano significativamente minori rispetto alla situazione durante la Guerra Fredda, un periodo caratterizzato da potenziali conseguenze catastrofiche che avrebbero minacciato da molto vicino la sicurezza nazionale dell’Iran. Molti di questi fattori politici sono cambiati da allora, l’Unione Sovietica e il regime di Saddam Hussein sono crollati, ma nonostante tutto le minacce all’integrità della nazione musulmana sono notevolmente diminuite.

Si tratta di una controversia cruciale poiché, come già esposto, durante la guerra tra Iran e Iraq, in una situazione di estrema insicurezza nazionale gestita dal governo estremista dell’Ayatollah Khomeini, l’Iran si attenne scrupolosamente alla sharia e rifiutò lo sviluppo, l’acquisto e l’impiego di qualsiasi arma non convenzionale (armi atomiche incluse). Fu solo alla fine della guerra che l’Ayatollah Khomeini svelò i propri piani per far ripartire il progetto energetico-nucleare in accordo con tutti i protocolli dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica e con l’assistenza della Russia.

Le posizioni di America ed Europa riguardo il programma nucleare dell’Iran non potrebbero essere più distanti, il ché ha prodotto una forte tensione politica e una situazione di sfiducia tra tutte le parti coinvolte. Per gli USA la minaccia nucleare in sé è solo una problematica secondaria rispetto alla possibilità di rovesciare l’attuale regime; le preoccupazioni europee si concentrano invece esclusivamente sulla pericolosità dei piani nucleari iraniani. Ecco il motivo per cui, con l’attuale politica estera della Casa Bianca, il fatto se l’Iran abbia o meno il diritto di sviluppare un programma nucleare (rispettando i protocolli internazionali) sta diventando sempre più confuso. Se la posizione americana non dovesse ammorbidirsi, i negoziati tra l’Europa e Tehran sono destinati a fallire; in questo caso gli Iraniani ricomincerebbero a produrre uranio arricchito per poi arrivare ad acquisire una totale indipendenza in campo nucleare.

Terence M. Gatt ([email protected]) è un esperto analista politico che lavora per un’importante organizzazione non governativa. Negli ultimi quattro anni si è occupato di studiare i movimenti intellettuali e ideologici iraniani.
Fonte: www.informationclearinghouse.info
Link: http://www.informationclearinghouse.info/article11634.htm
Pubblicato originariamente il 3.11.05 e ripubblicato il 22.01.06

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANDREA GUSMEROLI

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