DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
telegraph.co.uk
La Spagna sta precipitando in un vortice debito-deflazione. Niente a che fare con quello che sta succedendo in Grecia. Non è il risultato di stravaganze di bilancio dei decenni passati, e non è nemmeno un mito wagneriano.
Il collasso del paese è il risultato, matematicamente certo – e ampiamente previsto – della feroce contrazione monetaria e fiscale che grava su una economia che lotta per superare il crollo del settore immobiliare.La stretta monetaria della Banca Centrale Europea ha spinto i depositi reali spagnoli (tutti gli aggregati monetari M1 – Nota1) fino ad un tasso dell’8% nella seconda parte del 2011, garantendo un tracollo fino alla doppia recessione, come stiamo vedendo.
Infatti, la BCE ha permesso che i suoi più grandi contratti monetari M3 (Nota1) di tutta la zona euro alla fine dello scorso anno, non raggiungessero affatto il loro obiettivo di crescita del 4,5 %. Ma la BCE non doveva pretendere solamente il rispetto di norme di disciplina monetaria, di una ideologia, o della sua autorità, doveva dimostrare la sua competenza e non ripetere gli stessi errori fatti nella crisi del 1931.
Il fiasco della banca spagnola Bankia ha messo in evidenza solo alcuni fatti, anche se i dettagli sono abbastanza scioccanti. Un salvataggio per € 4 miliardi a metà maggio e altri € 23 miliardi due settimane dopo. Non si potevano nascondere.
Gli investitori hanno notato che Deloitte ha denunciato il problema, non chi non l’ha fatto scoppiare. Bankia è una creazione dell’attuale Partido Popular, che ha messo insieme le “cajas” regionali sotto il suo controllo. E’ un buco dove sono finiti € 30 miliardi di crediti inesigibili dagli immobiliaristi, uno strumento politico che è servito per “estendere e pretendere”, per coprire l’indiscutibile follia della crisi dei subprime.
Il Commissario Straordinario José Ignacio Goirigolzarri dice che Bankia è un caso unico. La debacle non ha niente a che vedere con il resto del sistema bancario spagnolo. Speriamo che sia così. Standard & Poor non perderà tempo per scoprirlo. L’agenzia ha declassato cinque banche a livello “junk / spazzatura” ed ha messo un allerta sui macro-squilibri spagnoli definendoli a “rischio molto elevato”.
Edward Hugh, di Spain Economy Watch –Spagna, dice che le banche spagnole hanno concesso € 2.000 miliardi di prestiti su una base di depositi di € 1,2 miliardi, una cifra che fa riflettere i creditori che restano tagliati fuori dai mercati di capitali globali.
Il Centro per gli Studi Politici Europei (CEPS) pensa che le banche spagnole dovranno cancellare dai loro libri crediti per € 270 miliardi, il che significa un danno a livello “irlandese” che si ripropone nella crisi del debito della Spagna. Se il CEPS avesse ragione, il debito pubblico potrebbe arrivare al 110 % in tempi brevi.
Per ora la BCE mantiene i suoi prestiti-lampo a tre anni. Le banche spagnole hanno aumentato il loro indebitamento di € 316 miliardi, evitando il disastro, almeno fino alla scadenza dei loro debiti. Ma ci sono effetti tossici collaterali. Le banche devono dare garanzie rapandosi a zero “mettendo in secondo ordine” gli altri creditori – in modo che il virus Ebola non si propaghi a tutti i sistemi di salvataggio della UE.
Per il momento le banche spagnole stanno mettendo il denaro della BCE nelle obbligazioni spagnole, una forma costosa di patriottismo. L’ultima impennata dei rendimenti ha svalutato le loro partecipazioni, e hanno perso un sacco di soldi.
C’è un altro effetto insidioso. Visto che le banche comprano i titoli, gli stranieri li vendono. Le aziende estere che possiedono debito spagnolo sono scese dal 50% al 37 % tra dicembre e marzo ma questo non significa che parte dell’aumento del costo del debito venga riciclato all’interno dell’economia spagnola, limitando il macro-danno. Comunque questa situazione renderebbe più facile un’uscita della Spagna dall’euro. Gli investitori hanno notato anche questo: La zona euro si sta disintegrando.
Per quanto riguarda l’economia spagnola, sta letteralmente implodendo. Il deficit di bilancio era l’8.9 % del PIL l’anno scorso, poco meno del 9.3 % del 2010. Ma ora apprendiamo che le regioni hanno truccato i loro conti, non pagando € 17 miliardi ai fornitori. Valencia ha un ritardo nei pagamenti di 765 giorni, soprattutto verso le aziende farmaceutiche e i servizi sanitari. Il debito delle regioni ha raggiunto € 135 miliardi, il 12,6% del PIL, soprattutto per l’assistenza agli anziani e per il carico demografico del paese.
Artur Mas, il capo della Catalogna, ha buttato benzina sul fuoco la scorsa settimana, avvertendo che il suo feudo avrebbe finito i soldi entro la fine del mese. Gli spocchiosi mercati ne sanno poco del gioco del rischio calcolato che esiste tra Barcellona e Madrid, non sanno nemmeno che sono i ricchi catalani a tenere a galla la Spagna e non il contrario. E’ bastata questa battuta di Artur Mas per spingere in alto il rendimento dei Bonos a 10 anni e portare lo spread sul Bund tedesco a un record di 496 punti base.
Comunque, quando si fa sera questi piccoli errori volontari sono solo dettagli. La Spagna è prostrata, perché le impostazioni dei criteri dell’Unione Monetaria Europea si sono dimostrate disastrose durante la maggior parte del decennio passato. I tassi di interesse a metà degli anni 2000 erano di gran lunga troppo bassi per le esigenze di una economia dinamica che prende le occasioni al volo. I tassi reali erano al 2% tanto che nel 2007 sono state costruite 750 mila case per un mercato annuale che ne chiedeva 250 mila.
La Banca di Spagna ha cercato invano di controllare il flusso di capitali a basso costo che arrivavano dal Nord Europa. Madrid ha registrato un avanzo primario del 3% del PIL nel 2007. Il debito pubblico è sceso al 42% (mentre la Germania era 65 %). Sì, la Spagna avrebbe potuto fare di più. Avrebbe potuto mettere i controlli, come fanno a Hong Kong, sul valore dei mutui rispetto al valore delle case – 80% – 70% – 60%, ecc, fino a soffocare il boom – ma né la UE né la BCE lo hanno chiesto, quando dovevano. Il Consiglio dell’UE ha dato alla Spagna tre stelle d’oro e la lode quell’anno, dicendo che la sua “strategia di bilancio forniva un buon esempio di politiche fiscali”. Parole mielate, servite a intossicare maggiormente il credito che stava già raggiungendo livelli di allarme rosso.
Invece la “ Maquina Infernal” europea da allora ha cambiato strada, avviandosi verso una lenta deflazione. La BCE – non accontentandosi solo degli errori monetari – ha cominciato anche a suggerire ciclici errori fiscali. L’estate scorsa ha chiesto alla Spagna e all’Italia di tagliare la spesa per sostenere i loro Bond. La Spagna ha ottemperato. L’Italia di Silvio Berlusconi ha esitato, comprensibilmente, perché l’Italia aveva già raggiunto un avanzo primario. Ha sbagliato tutto.
Il danno causato da questa doppia contrazione sulla fragile economia spagnola è davanti ai nostri occhi, esattamente come dicono le teorie e nel rispetto dei tempi previsti. Il settore del credito privato è sceso per 18 mesi consecutivi. La produzione industriale è scesa del 7,5% a marzo. Bruxelles prevede che l’economia si riduca del 1,9% quest’anno e che la crisi debba ancora arrivare.
La disoccupazione ha raggiunto il 24,4% e il 32 % in Estremadura. Più di un milione e mezzo di famiglie non hanno nessuno che lavora in casa. Non entra in casa nemmeno un soldo, si sopravvive con risparmi e – per ora – con € 420 al mese di assegno.
Di fronte a queste sventure, qualsiasi paese sovrano farebbe retromarcia usando qualsiasi strumento politico. Ma il “patto faustiano” dell’Unione Monetaria europea non ammette nessuna fuga. L’Europa ha ordinato al premier Mariano Rajoy di portare il deficit di bilancio dall’ 8,9% al 5,3% in un solo anno, questa non è una medicina.
Rajoy non può svalutare, non può tagliare i tassi o stampare denaro. Non può ricevere soldi direttamente da chi li stampa per eliminare il rischio di default sovrano. Può solo lamentarsi. “L’Europa deve trovare una risposta, perché non possiamo andare avanti così a lungo”, ha detto.
E’ difficile immaginare Isabella di Spagna o Juan Cortes, che, con pochi hidalgos violenti e astuti, hanno abbattuto l’impero azteco, pronunciare le parole di Mariano Rajoy, che tuttavia sono pungenti. Sento aleggiare una minaccia, anche mi si può tacciare di romanzare il “Levantamiento” Nota2 contro l’insolenza straniera del 1808.
Si sente un pizzico di rivoluzione nell’aria in Europa. E’ nato un blocco latino. La Germania è rimasta dietro.
Ma i ribelli vogliono veramente usare il controllo della maggioranza con la BCE per fare un cambiamento immediato e trasformarlo in azione politica, malgrado la protesta tedesca? Vorranno, questi ribelli, rischiare che i tedeschi si ritirino dall’Unione Monetaria?
Se non è così, si meritano il destino che li attende.
Ambrose Evans-Pritchard
Fonte: http://www.telegraph.co.uk
Link: http://www.telegraph.co.uk/finance/comment/ambroseevans_pritchard/9293270/Europes-Maquina-Infernal-has-crippled-Spain.html
27.05.2012
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da ERNESTO CELESTINI
Nota1
I termini M1, M2, M3 si riferiscono agli aggregati monetari. Per molto tempo c’è stata una perfetta relazione uno a uno tra questi numeri ed i tassi d’inflazione. Recentemente questo rapporto sembra essere ripartito, ed i numeri dell’offerta di moneta hanno perso un po’ del loro appeal per il mercato. E’ comunque importante osservare che una forte crescita dell’offerta di moneta, potrebbe portare a pressioni inflazionistiche, perché un eccesso di soldi gonfia la domanda aggregata.
M1: Tecnicamente è la somma di: il denaro che si tiene fuori delle banche, travellers cheques, i conti correnti (ma non i depositi a vista), meno l’importo di denaro fluttuante della Banca centrale.
M2: La somma di: M1, più i depositi a risparmio (inclusi i conti del mercato monetario, dove non si includono gli assegni), i piccoli depositi a termine (minori di $ 100.000), i conti previdenziali.
M3: M2 più i depositi a termine di grandi dimensioni (oltre $ 100.000). Depositi in eurodollari, dollari all’estero in banche statunitensi, istituzionali e fondi del mercato monetario.
Nota2
Rappresentato in uno dei più noti dipinti di Goya il “levantamiento del 2 de mayo” ricorda la rivolta popolare contro i francesi e l’inizio della guerra di indipendenza spagnola contro Napoleone che aveva occupato la Spagna nel 1808 e voleva mettere sul trono suo fratello Giuseppe.