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La Redazione

 

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LA LUNGA STRISCIA DI FERRO NELLA TERRA DELLE NEVI

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A cura di Davide
Il 12 Dicembre 2005
22 Views

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Addomesticare il selvaggio

DI RUI XIA

La Cina ha annunciato il mese scorso, con molta pubblicità e rullo di tamburi nei media locali, la conclusione di uno dei progetti edilizi tra i più ambiziosi nella sua storia. Si tratta della linea ferroviaria Qinghai (o Qingzang)-Tibet, che collega il lontano, isolato Tibet con il resto della Cina attraverso la città di Golmud, nella provincia di Qinghai.
I binari sono già pronti, hanno annunciato i funzionari, ma per altri quindici mesi si faranno esperimenti e controlli prima che la linea venga aperta al traffico commerciale nel 2007. Da tempo il partito comunista cinese teneva in serbo l’ambizione di costruire una ferrovia che collegasse il Tibet al bassopiano cinese, ma il progetto aveva incontrato molte difficoltà, tra cui anche ostacoli tecnici, politici e di natura finanziaria che nel corso degli ultimi trent’anni ne avevano continuamente protratto l’attuazione. Ingegneri svizzeri specializzati nel settore ferroviario avevano sondato il terreno negli anni Novanta, definendo il progetto una “missione impossibile”; nel 2001 però Pechino aveva di nuovo rilanciato l´idea con la supervisione di scienziati russi, iniziando a tracciare i binari che, secondo le previsioni, cambieranno radicalmente il volto del Tibet.

Un paio di statistiche danno un’idea della portata immane del progetto: la nuova ferrovia si estende per 1.142 Km, percorrendo soprattutto regioni inabitabili a più di 4000 Km sopra il livello del mare, con 30 Km di tunnel e 286 ponti. Il più alto passo di montagna durante il viaggio è a più di 5000 metri sopra il livello del mare. Per lo svolgimento dei lavori sono stati assunti più di 70.000 operai, la maggior parte cinesi Han delle zone dell’entroterra, che hanno tracciato i binari sul terreno in assoluto più impervio di tutta la terra – con catene montuose esposte a bufere di polvere, violenti temporali, grosse nevicate, terremoti e frane e coperte da uno spesso strato di permafrost. Non c’è dunque da stupirsi se il governo di Pechino ha definito la linea ferroviaria del valore di 3,1 miliardi di dollari come il più grande progetto edilizio mai realizzato nel Paese.

Cortina di ghiaccio

Dal versante occidentale tuttavia qualcuno contesta. L’opera sensazionale solleva difatti molte domande sul futuro economico, politico nonché ambientale del Tibet e dubbi sulla fattibilità di far passare una ferrovia su un terreno tanto inospitale. La principale sfida tecnologica a cui si sono trovati di fronte gli ingegneri cinesi è stato il permafrost (suolo ghiacciato per tutto l’anno). Vi si estende circa la metà dei binari, ma d’estate lo strato in superficie si scioglie. Per questo, per aggirare il problema, sono stati costruiti ponti le cui fondamenta vanno in profondità nel terreno e dovrebbero garantire la stabilità della ferrovia nel corso delle stagioni e nonostante gli assestamenti del sottosuolo.

Un’altra tecnica edilizia, realizzata per la prima volta proprio per questo progetto, è il sistema di aerazione tra i lastroni di pietra, sviluppato dallo scienziato cinese Zhang Luxin: parte della ferrovia si appoggia su larghi lastroni che permetterebbero all’aria fredda di circolare, evitando così lo scioglimento dello strato superiore di permafrost. “Sembra una soluzione logica al problema della conformità del suolo- commenta Hans Schaefer, ricercatore presso il Norwegian Railway Museum [Museo Norvegese dei Locomotori, NdT], che è stato più volte in Cina per studiarne il sistema ferroviario –ma è una tecnica mai adottata fino ad’ora. L’unica cosa che possiamo fare è aspettare e vedere se funziona.”

Lo studioso spiega che già altrove altri binari sono stati costruiti sul ghiaccio, ma in Tibet, posizionato a sud e a grande altitudine rispetto al livello del mare, il sole cocente dei mesi estivi scioglie molto più permafrost rispetto ad aree settentrionali come Siberia e Scandinavia, tanto da creare dislivelli dal livello originale pari fino a due metri. Nonostante tutti gli sforzi tecnologici si è già sparsa voce che la ferrovia sia instabile e che se si vorrà rendere funzionale saranno necessari continui ed ingentissimi costi di manutenzione.

Gli ambientalisti hanno riserve sul progetto e la soluzione al permafrost. Il Tibet è una delle regioni più colpite dal surriscaldamento terrestre. Come riferito da un recente dossier pubblicato da Greenpeace, con o senza la ferrovia l’altopiano del Tibet è destinato a scomparire, rendendo così più difficile il mantenimento della ferrovia e aggravando il problema dello scioglimento dei ghiacci in estate.

Bisogna anche ammettere pero´che il governo cinese ha mostrato molta attenzione al rispetto ai problemi ambientali dell’area, piantando ad esempio alberi nelle aree brulle attraversate dalla ferrovia, affinché il terreno resti ghiacciato e non faccia ritirare il permafrost, o costruendo sottopassi sotto i binari per permettere agli animali di migrare. La più grande paura degli ambientalisti resta comunque l’afflusso di merci e persone che si riverserà nella regione, un’ondata che graverà dal punto di vista socio-economico sul “tetto del mondo”.

Addomesticare il selvaggio

Alcuni vedono di buon grado, altri invece temono i molti cambiamenti economici e culturali che la ferrovia tra Cina e Tibet porterà con sé. Già ora a Lhasa, la capitale del Tibet un tempo luogo sacro dei Dalai Lama, si contano rispetto al passato più negozi, moderne palazzine a più piani, nuove strade e anche più cinesi Han, che nonostante le smentite del governo di Pechino costituiscono secondo le attuali stime la maggioranza assoluta della popolazione. Certo, la situazione economica di Lhasa è molto migliorata nel corso degli anni scorsi, grazie all’avvio di molte attività commerciali, un maggiore afflusso di turisti e anche di denaro, soprattutto sotto forma di finanziamenti statali.

La domanda che a questo punto ci si pone è: chi intasca tutti questi soldi? Nelle statistiche condotte dal governo per l’anno 2002-03, il Tibet si posiziona come seconda regione cinese per stipendi a dipendenti statali. In questa categoria ci sono anche i quadri del governo e la manodopera –specializzata e meno- impiegata per la costruzione della ferrovia.
La manodopera cinese è per la maggior parte Han. Nonostante gli sforzi del governo a preparare professionalmente più tibetani, circa l’80 per cento di quelli del gruppo etnico vive ancora in campagna, a cui si aggiunge un venti per cento ancora in stato nomadico. Per queste persone, dicono gli attivisti dei diritti umani in Tibet, la ferrovia rappresenta soltanto maggiore emarginazione e minori possibilità di impiego.

Un’intellettuale tibetana che ha chiesto di mantenere l’anonimato, commenta: “All’apparenza sembra che la nuova ferrovia sia una nuova grande chance per il Tibet, ma in realtà penso che non porterà a nulla di buono. Già adesso la conoscenza di un cinese fluente è praticamente indispensabile se si vuole trovare un lavoro a Lhansa o in altre città del Tibet. Nei settori dove da sempre erano impiegati tibetani, adesso vengono assunti cinesi, cosicché la situazione economica per buona parte della popolazione non solo non è migliorata, ma peggiorata ulteriormente e ci si attende che peggiorerà ulteriormente con la grande ondata di immigrati dell’etnia Han che si riverserà nella regione all’attivazione della ferrovia.

E´ una donna minuta, laureatasi in una delle università più prestigiose della Cina, che lancia con voce sottile l´allarme e parla con trasporto a difesa della popolazione tibetana. “ Un paio di città nella regione sembrano vivere nel benessere, ma a soli cinquanta chilometri da Lhasa la gente vive in condizioni indicibili secondo qualsiasi standard. Non vengono stanziati abbastanza fondi per l’educazione; si stanno marginalizzando i giovani tibetani e discriminando nel loro stesso Paese. Affronteranno un futuro più grigio del previsto.”

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Il problema chiave, prosegue l’attivista, sta tutta nella gestione dei ruoli. “Proprio come si stanno costruendo sottopassi perché gli animali migrino sotto la ferrovia, il governo sta cercando di indirizzare noi tibetani verso un’angustia scorciatoia. Sin dall’inizio dell’occupazione cinese nel 1950 non ci è mai stato chiesto se e come vogliamo che il Paese si sviluppi. E anche adesso, pur con maggiore libertà economica e maggiore afflusso di capitali, la situazione a livello di diritti umani non è affatto migliorata. Quest’anno, delle persone sono state tenute in stato di fermo per il “l’unico” crimine di aver visto un DVD con un discorso del Dalai Lama. “Il Tibet ha bisogno di una vera indipendenza, non solo di benefici economici” conclude.

Non tutti però a Lhasa sono dello stesso parere. Piccoli e medi imprenditori, Han e cinesi indifferentente, guardano alla ferrovia con un misto di trepidante attesa e sospetto. Certo, con i treni arriveranno anche molti visitatori in cerca di affari nella capitale e con loro la speranza di nuove opportunità di impiego e maggiori profitti per i piccoli produttori del posto. È probabile che con un costo di spedizione ridotto e più veloce anche il prezzo delle merci scenderà.

“Molti in Tibet sono convinti che la ferrovia accelererà il processo di globalizzazione e apertura del Paese- afferma Arthur Holcombe, presidente del Tibet Poverty Alleviation Fund [Fondo per la Lotta alla Povertà in Tibet], con sede negli Stati Uniti. “E ciò difatti significherà un maggiore afflusso di consumatori in cerca del risparmio e di beni durevoli che diventeranno accessibili a un maggior numero di abitanti delle campagne e delle zone urbane. La ferrovia inoltre incentiverà la crescita e le opportunità di lavoro nelle zone che attraversa, come Amdo, Nakchu e Damshung Township, e naturalmente anche Lhasa” aggiunge Holcombe.

A quanto pare dunque chi trarrà i maggiori profitti dalla ferrovia sarà il crescente ceto medio della capitale, anche se sono in molti a Lhasa a preoccuparsi dei moderni disagi che giungeranno con i benefici. Il giro di criminalità e prostituzione, già fiorente nella provincia di Qinghai, nell’altra estremità dei binari, stanno allargando i loro traffici anche nell’altopiano un tempo incorrotto. Con maggiori automobili e l’apertura di più aziende poi, anche il tasso di inquinamento, finora a quote irrilevanti, è destinato a salire. Mentre persino l’amministrazione del Dalai Lama in India riconosce il bisogno di sviluppo edilizio nel Tibet, molti hanno l’impressione che i desideri della gente comune non siano pienamente realizzati.

Che il miracolo economico si stia spostando ad ovest?

Ci sono parecchi dubbi, nonostante tutti gli sforzi, che gli investimenti su larga scala raggiungano davvero il Tibet. Secondo il parere di molti analisti, l’area è semplicemente troppo arretrata economicamente e distante dai principali centri produttivi per attirare investimenti. L’unico mercato che subirà una crescita improvvisa sarà quello turistico. “Il tetto del mondo” con i suoi paesaggi mozzafiato e le radici della cultura buddista, ha certamente molto da offrire sia ai visitatori stranieri che cinesi e una volta che la strada ferrata sarà transitabile arrivare in Tibet sarà molto più facile.

Il viaggio, già si legge nelle brochure pubblicitarie cinesi, sarà garantito con un servizio di prima classe, con bagni privati e docce in ogni vagone, e finestre panoramiche per ammirare la montagne la catena montuosa del Kunlun. L’azienda canadese Bombardier Transportation of Canada, criticata per aver fornito il proprio contributo al progetto, pressurizzerà inoltre le cabine per prevenire disagi di alta pressione, e installerà filtri UV per evitare scottature. Certamente, molti entusiasti turisti cinesi che finora si sono limitati a visitare il loro Paese ed hanno ora ancor più soldi da spendere, non aspettano altro.

Altro beneficio, più importante almeno per il governo, è la maggiore facilità per l’esercito di effettuare controlli ancor più serrati ai confini del Tibet stesso e in quelli con India e Nepal. La sorveglianza militare e l’immigrazione cinese hanno coniato l’espressione Vai ad ovest, ragazzo, integrando così finalmente il Tibet, per decenni visto come la spina nel fianco per la Cina, nel continente in rapida espansione.

Ed è proprio questo, molto più che l’obiettivo di sviluppo economico, che numerosi giornalisti stranieri così come attivisti della causa “Tibet indipendente” leggono nel mastodontico progetto ferroviario. Lo storico Tsering Shakya, autore del romanzo “The Dragon in the Land of Snows”, ha affermato in un’intervista nel 2002: “L’economia tibetana è indirizzata verso occidente, verso l’Asia meridionale. Pechino vuole a tutti i costi unirla ad est con la Cina e incentivarne l’immigrazione interna.”

Ma anche questo non è tutto. Come per altre aree ad ovest della Cina, uno dei principali obiettivi della ferrovia è garantire maggiore accesso ad alcune delle risorse naturali sepolte sotto lo strato di ghiaccio. L’uranio del Tibet serve in particolare al gigante cinese per i programmi nucleari. Petrolio, oro e altri minerali saranno caricati sui treni merci per raggiungere l’Oriente e dare impulso all’economia costiera in ascesa. Ancora una volta dunque, sembra che gli investimenti in occidente aiutino soprattutto ad affermare i già fiorenti paesi orientali, mentre milioni di abitanti del posto vivono in condizioni di estrema povertà e con una speranza ancora più bassa di crescita.

L’attivista tibetana prova pena per la situazione del suo popolo, né vede un futuro roseo. “I Tibetani stanno subendo fin dagli anni Cinquanta; stanno perdendo la loro cultura, il loro stile di vita tradizionale, per ricevere ben poco in cambio. Mi piacerebbe vedere i cinesi adottare la filosofia del “giusto mezzo” insegnataci dal Dalai Lama e vederli impegnati alla ricerca di un reale dialogo con il Tibet, riconoscendo veramente l’autonomia della regione; tutte cose che purtroppo non stanno avverandosi con questo regime.

A giudicare dalle sue parole –e dalla tristezza che si legge nei suoi occhi- sembra che sarà lo stridio dei nuovi treni ad annunciare una nuova epoca per la regione himalayana e forse anche la marcia funebre per il Tibet delle origini.

Rui Xia
nome d’arte cinese- è un’insegnante occidentale e scrittrice freelance residente in Cina.
Fonte: www.atimes.com
Link: http://www.atimes.com/atimes/China_Business/GK30Cb05.html
30.11.05

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di R´n´B

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