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LA GUERRA PSICOLOGICA DI PROFUMO IN FUNZIONE DELLA PEDAGOGIA FINANZIARIA

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A cura di Davide
Il 17 Ottobre 2012
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FONTE: COMIDAD

Il ministro dell’Istruzione Profumo in queste ultime settimane ha adoperato contro la Scuola la tipica tecnica della doccia scozzese. Dopo aver fatto intravedere ai precari uno sbocco occupazionale con la promessa di un concorso, poi di fatto si è rimangiato tutto prospettando un irrealistico orario di ventiquattro ore per gli attuali insegnanti, ovviamente a stipendio inalterato. Con un eventuale aumento degli orari si chiuderebbero le porte agli insegnanti più giovani, aumentando a dismisura la già elevatissima età media degli insegnanti attuali. Dopo le effimere e false speranze, le nuove proposte-shock di Profumo hanno causato il panico non solo fra gli insegnanti a tempo determinato, ma anche fra quelli a tempo indeterminato, i quali, in pochi mesi, si sono visti sostituire la prospettiva della pensione con quella di una morte in scena, come Molière. A proposito dell’attentato di Brindisi, il ministro Profumo parlò di guerra psicologica contro la Scuola; ma oggi quelle sue ambigue parole appaiono più come un programma di governo che come una denuncia.[1]

La Rete degli Studenti Medi nel frattempo ha adottato come slogan la frase: “Make school, not war”; una formula che ha un suo indubbio fascino, ma non è del tutto storicamente attendibile. L’istruzione di massa è nata e si è sviluppata dalla seconda metà dell’800 in funzione delle esigenze militari degli eserciti di massa. Non a caso il Paese che elaborò il moderno modello di istruzione pubblica fu la Germania del Cancelliere Otto Von Bismarck. Non sarebbe stato possibile il macello della prima guerra mondiale, se la scuola pubblica non avesse preparato centinaia di migliaia di diplomati per coprire i ruoli degli ufficiali. Tra l’800 ed il ‘900, la Scuola è stata anche il principale veicolo della propaganda nazionalistica e colonialistica.[2]

La Scuola ed il militarismo non possono quindi essere presentati in alternativa, e ciò non vale solo per il passato, ma anche per il presente. La Scuola attuale non sembrerebbe più militarizzata nei comportamenti e nei contenuti, ma ciò riguarda soltanto l’abbandono di vecchi modelli di educazione nazionale, che sono stati sostituiti dai miti della superiorità occidentale, veicolati attraverso le formule della “Educazione alla Legalità” e della “Educazione ai Diritti Umani”. La “Scuola democratica” è ancora un veicolo di propaganda bellica, poiché se da un lato predica l’accoglienza verso immigrati e “diversi”, dall’altro lato criminalizza tutto ciò che esula dal recinto del Sacro Occidente. La Scuola pubblica riesce comunque ad imporre un atteggiamento acritico verso la “democrazia”, cioè verso l’alibi “occidentale” (“Occidente” sta per NATO) per nuove avventure coloniali.

La Scuola Pubblica istruisce sempre meno, perché la vera istruzione deve essere a pagamento; oppure a credito, come negli USA, dove gli studenti escono dal sistema dell’istruzione con decine di migliaia di dollari di debiti. Negli Usa già le High School annoverano la carta di credito tra le materie di insegnamento, perciò si può supporre che lo standard di istruzione media debba adeguarsi al livello necessario per potersi indebitare elettronicamente.[3]

Le linee dettate dall’OCSE hanno mirato per decenni a svuotare l’istruzione pubblica, per rendere l’istruzione funzionale alla privatizzazione ed alla finanziarizzazione. L’effetto è stato di trasformare la Scuola Pubblica in una sorta di pseudo-istituzione, uno zimbello istituzionale da offrire in pasto ai media ed alle famiglie. Congedata l’antica disciplina funzionale all’inserimento nel lavoro e nella produzione, un altro effetto – voluto o collaterale – è stato quello di creare nella Scuola una sorta di realtà virtuale, in cui vigono regole e consuetudini che assegnano allo studente un ruolo di falso protagonismo ed illusorio potere sul mondo adulto. Infatti, mentre si liquidava lo Statuto dei Lavoratori, alla fine degli anni ’90 il ministro Berlinguer sfornava quel monumento al falso diritto allo studio che è lo Statuto degli Studenti. Più o meno lucidamente, è nata quindi una nuova pedagogia, mirante a creare un cittadino che non abbia il senso della realtà e dei propri limiti. Sarà un caso, ma è il ritratto del perfetto fruitore dei servizi finanziari e del gioco d’azzardo.

Non è vero quindi che la funzione di indottrinamento propagandistico delle masse sia stata interamente assorbita dai grandi media, dato che la Scuola continua a svolgere una funzione di propaganda e di manipolazione. In un’intervista di una ventina d’anni fa, Giorgio Gaber affermava che mentre la televisione è dannosa e fa bene solo a chi la fa, la Scuola invece fa bene, poiché costringe all’applicazione. In realtà oggi l’istruzione fa male sia a chi la fa, sia a chi la riceve, poiché non ha altro risultato che avviluppare tutti in formule incongruenti.

Il mito democratico scolastico infatti non esclude neppure le suggestioni elitarie, con il mito della valorizzazione delle presunte “eccellenze”, un vocabolo ormai sacro del gergo didattichese.

A proposito di mitologia elitaria, c’è anche da notare che alla crescente umiliazione reale della funzione docente (divenuta “finzione” docente), fa riscontro nella propaganda ufficiale il crescere del mito di un insegnante ideale, capace di dimostrarsi irreprensibile e “degno” della sua missione in qualunque condizione di stress ambientale.

Questo mito del super-eroe, “Superteacher”, crea una specie di effetto paralizzante, tale da trasformare gli insegnanti reali in bersagli fissi della guerra psicologica. Lo stato di frustrazione trova sbocco in una competizione fine a se stessa fra gli insegnanti. Niente di strano quindi che la Scuola sia divenuta uno dei luoghi privilegiati del mobbing, non solo da parte dei dirigenti, ma anche fra gli stessi colleghi.

Tutto ciò porta al solo apparente paradosso di una Scuola Pubblica che è contemporaneamente un bersaglio, ma anche un veicolo della guerra psicologica. Il tema della guerra psicologica è quasi assente dal dibattito politico. Nel maggio scorso però è uscito un film che affronta questo tema: “Psywar”, un documentario di Scott Noble, con contributi di Noam Chomsky, Howard Zinn ed altri. Il film ha parecchi limiti, ma rappresenta un tentativo serio di proporre la questione psywar ad un pubblico più vasto. [4]

Comidad
Fonte: www.comidad.org
Link: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=512
18.10.2012

[1] http://www.umbria24.it/brindisi-ministro-profumo-assisi-%C2%ABuna-guerra-psicologica-fatta-scuola%C2%BB-umbria24/99610.html
[2] http://www.articolo21.org/2012/09/make-school-not-war/
[3] http://translate.google.it/translate?hl

[4] http://www.youtube.com/watch?v=2xuoa7tF-x8&playnext=1&list=PL8266F6313ADE33C9&feature=results_video

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